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Capitolo 2: Un vero angelo

Finalmente arrivò il momento di tornare a casa e io uscii dalla classe insieme ai miei amici. Mentre camminavamo, però, d'istinto mi voltai e vidi un gruppetto di ragazzi tra cui c'erano i due opposti: Max e Ciro. Max stava conversando animatamente con un ragazzo.
Non m'importava cercare di ascoltare perché dalle parole che sentivo mi sembrò chiaro che parlavano dell'argomento preferito da Max: questa o quella ragazza?
Mi voltai e guardai Ciro. Se ne stava in disparte e guardava dritto. Accanto a lui c'era un ragazzo che guardava Sandra con un'espressione molto timida.
Mi accorsi che Sandra lo ricambiava e ad un tratto lo raggiunse.
Di colpo Ciro fu tirato in ballo nella conversazione tra Max e l'altro ragazzo.
"Ehi, Ciro! Per curiosità: come hai fatto a conquistare quella ragazza?" gli domandò Max, avvicinandosi a lui.
"Ma di chi stai parlando?" chiese Ciro che si sentiva molto confuso e sembrava non gli piacesse quello che diceva Max.
"Ma dai, non fare il finto tonto! Sto parlando di Carina, quella con i capelli ricci, gli occhi castani! Ti ho visto, le tenevi la mano! Come ci sei riuscito?" insisteva Max.
"Io non ho conquistato proprio nessuno! E poi l'hai presa per un trofeo per caso?" Guardai il suo viso: aveva le guance in fiamme. Ma perché prendersi tanta pena per una ragazzina come me?
"E dai, Ciro, non ti scaldare, nessuno te la tocca!" lo prese in giro Max.
""Non ti scaldare?" Come puoi dire una cosa del genere, sei fuori di testa?"
"Non mi dirai che ti piace?" continuò Max, imperterrito.
"Perché no?" Quelle parole mi fecero provare un'emozione tanto violenta da gettarmi per terra. "Per quel poco che l'ho conosciuta è una ragazza dolcissima e non vedo perché non potrebbe piacermi o almeno essermi simpatica!"
Dopo quelle parole ebbi paura di non riuscire più ad alzarmi per l'emozione.
Alla fine ci riuscii ma i miei amici si erano allontanati. Mi diressi verso l'uscita quando mi sentii trattenere per una spalla. Non ebbi bisogno di voltarmi, avevo capito che era Max.
"Dai, piccola! Vieni con me" mi disse.
"Lasciami o mi metto a gridare!" gli intimai, ma proprio in quel momento mi andò via la voce. Max mi strinse forte le spalle fino farmi sentire dolore, ma in quel momento vidi proprio chi speravo e sentii la voce di chi cercavo: Ciro!
"Ma cosa stai facendo? Lasciala stare!"
Ciro si avvicinò e mi liberò, ma senza creare scompiglio né occasioni di risse.
Max mi lasciò e se ne andò con un sorrisetto ebete stampato sul volto e la cosa mi diede trrribilmente sui nervi.
Sentii un peso premere sulla mia gola, poi quel peso crebbe fino a premermi sul petto e diventare insopportabile. Non ressi più e scoppiai in lacrime. Ciro mi si avvicinò e mi sfiorò dolcemente la testa per tranquillizzarmi. Quel gesto mi fece subito un certo effetto. Lui mi strinse in un abbraccio e mi sussurrò all'orecchio: "Non agitarti, piccola, è tutto passato! Non fare così, non è niente!"
Dopo un po' oiuscii a smettere di piangere e gli dissi: "Grazie."
Lui mi guardò un po' esitante.
"Ti ricordi di avermi detto che mi dovevi un favore?" mi chiese.
"Sì, me lo ricordo" risposi.
"Allora non soffrire per qualcuno che non merita le tue lacrime" disse Ciro.
"Cosa?" Il mio cuore prese a battere forte e non volevo che lui lo sentisse, ma allo stesso tempo mi sentivo protetta tra le sue braccia e non volevo allontanarmi da lui. Mi strinsi più forte a lui. Non potevo credere che come favore lui mi avesse chiesto qualcosa che in realtà sarebbe stato un sollievo per me.
Mi consideravo una ragazzina sciocca, debole e incapace di difendermi e se lui avesse pensato lo stesso avrei capito, anzi, gli avrei dato tutte le ragioni. Ma quello che mi disse mi stupì: "Non prendertela con te stessa per quello che è successo. Tu sei dolce, delicata, ma non debole. Debole è chi ti ferisce."
Sentii che il mio cuore iniziava a dare di matto. Proprio la persona alla quale volevo fare un'impressione decente pensava cose così belle sul mio conto!

"Posso chiederti dove abiti?" chiese Ciro, dopo un po'.
"Qui vicino" risposi. "Ma... Perché?"
"Perché vorrei riaccompagnarti a casa."
"Ma... Ma non rischierai di arrivare tardi a casa tua?" Non volevo che Ciro avesse dei problemi per causa mia.
"No, tranquilla! Anche io abito qui vicino, e poi arriveremo tardi lo stesso se non ci sbrighiamo." Detto questo Ciro mi prese per mano e uscimmo dalla scuola, ma appena fummo fuori provai un brivido di freddo. Ciro mi si fece più vicino e strofinò la mia mano tra le sue.
"Ti senti un po' meglio, tesoro?" mi chiese con dolcezza, stringendomi la mano che aveva riscaldato con le sue.
Quando mi chiamò in quel modo il mio cuore riprese a dare i numeri e le mie guance presero fuoco in pochi secondi. Mi piaceva tanto quella sensazione, ma non mi piaceva il fatto che la timidezza, puntuale come un orologio, non mi permettesse di parlare con lui se non era lui a darmi una piccola spinta.
Riuscii a rispondergli per puro caso. Anzi, meglio dire per puro miracolo!
"Sì... Va... Va molto meglio" dissi.
Era così bello camminare con lui! Mi sentivo come se mi fossi trovata in una di quelle strade incantate tipiche dei film o dei romanzi, anche perché il nostro quartiere era molto tranquillo.

Quando arrivammo davanti al mio cancello lui mi salutò con un bacio sulla guancia e mi disse: "A domani!"
"A... A domani" balbettai, emozionata.
Mi fermai davanti al mio cancello e guardai il cancello che aveva infilato Ciro, proprio di fronte al mio. Restai lì incantata a guardare quell'oggetto.
"Cari, ti sei incantata là fuori per caso?" Lucia mi aveva aperto il cancello e mi aveva presa per mano.
"Andiamo dentro che ti spiego" risposi.
Entrammo in casa e quando fummo in camera mia raccontai tutto a mia sorella e lei disse: "Ti ho vista con un ragazzo e mi è sembrato molto gentile."
"Sì, ma io mi vergogno" dissi, agitata.
"Ti vergogni? E di che cosa, tesoro?"
"Lui è più grande di me e non lo conosco nemmeno da un giorno" risposi, "se lo venisse a sapere mi prenderebbe per pazza di sicuro!"
"E chi ti ha detto che lui debba saperlo? E soprattutto ora che questo sentimento è allo stadio iniziale? Ti prometto che questa cosa resterà qui."
"Lo so, mi fido di te, per questo non ti ho detto: "Non dirlo a nessuno!" Ma è come se avessi scritto sulla fronte quello che sento, qualunque cosa sia. Quando lo vedo arrossisco, tremo, ho il cuore che comincia a dare i numeri!"
"Vedrai che andrà tutto bene" disse Lucia, e io le credevo perché me l'aveva già detto ed era successo. "E così Ciro ti ha difesa anche da Max."
"Sì e non mi considera nemmeno debole."
"Forse perché non lo sei e lui se ne è accorto fin dall'inizio?" disse Lucia.

Tornò a casa anche Tommaso e vedemmo che stava peggio della mattina, quindi ritenemmo opportuno non chiedergli niente. Ne avrebbe parlato quando sarebbe stato pronto per farlo. Ci limitammo a salutarlo e lui ricambiò. Durante il pranzo, però, percepii una strana sensazione. Quello sembrava un momento familiare come un cimitero può sembrare una sala da concerto. C'era molta tensione. Come nei film horror. Lì la tensione si respirava, si vedeva nelle stanze e negli oggetti, si sentiva nelle porte che cigolavano o sbattevano e sussurrava all'orecchio del poveretto che si trovava nella casa un: "Attento!", con una voce dolce, lenta e penetrante che poi si trasformava in un urlo. Io non sopportavo quei film e quel silenzio mi piaceva ancora meno.
Alla fine sparecchiai la tavola, azionai la lavastoviglie e dissi: "Vado a studiare, con permesso."
"Vai pure, tesoro" mi disse mia sorella sorridendomi.
Andai a studiare, ma ogni volta che incontravo il nome Ciro mi fermavo a rileggerlo con una mano sul cuore. Me la sbrigai presto, per fortuna, e presi il cellulare. Mi era arrivata una notifica di WhatsApp e a scrivermi era Chiara: "Ciao Cari! Scusami se ti disturbo, ma ho bisogno di un consiglio. Puoi venire a casa mia, per favore?"
"Non preoccuparti, nessun disturbo" risposi. "Dammi il tempo di avvertire i miei fratelli e corro a casa tua!" Avvertii Lucia e Tommaso, mi buttai addosso un cappotto e corsi fuori.
Arrivai a casa sua rossa in viso, agitata e senza fiato. Suonai il campanello e attesi. Chiara aprì dopo un po' di tempo e disse: "Scusami, ero al piano di sopra."
"Non preoccuparti, va tutto bene" dissi vedendola molto agitata. "Vuoi che andiamo in camera tua per parlare?"
"Sì" rispose Chiara, molto emozionata.
Andammo in camera sua e sedemmo sul suo letto. Lei, non so come, riuscì a dirmi: "Cari, mi sono innamorata." Aveva il respiro agitato, le guance rosse e quando le presi una mano per cercare di tranquillizzarla mi accorsi che stava tremando.
"Ti... Ti senti bene?" balbettai, un po'preoccupata.
"Sì, sto bene. Scusami tanto" rispose.
"No, non devi chiedermi scusa, solo che ho paura che tu ti senta male dall'emozione per quello che mi dici!"
Non sapevo che fare, non volevo farle pressione, quindi attesi che fosse lei a parlare.
"Mi sono innamorata di Cosimo, Cari."
"Cosimo? Vuoi dire il nostro Cosimo?"
"Proprio lui! È sempre così carino con me, mi sta vicino, mi tratta molto bene e quando lo vedo divento rossa, mi vengono i brividi, mi manca la voce e mi viene il batticuore. Non so che fare."
"Senti... Senti che lui è la persona più bella del mondo, che il solo vederlo ti provoca un'emozione fortissima che può farti cadere a terra e vorresti parlare, parlare, parlare, ma senti che non puoi perché la timidezza ti blocca?"
"Sì, Cari! Mi sento proprio così!"
"Io non sono molto brava a consigliare, Chiara, ma ti posso dire solo una cosa: sii te stessa e vedrai che l'amore e il tempo ti concederanno un premio."

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