Capitolo 18: La festa in maschera
Quel giorno mi capitò spesso di sognare ad occhi aperti e mi sentivo bene nel momento in cui mi accadeva. Ad esempio sognai di essermi persa nella neve. Ero con la mia famiglia ma poi ero andata un po' più avanti e si era alzato un vento incredibilmente forte. La neve cadeva fredda, mi sentivo congelare e non sapevo davvero che fare. Anche lui si era allontanato dagli altri e di colpo mi ero sentita sollevare. Ero caduta a terra, priva di forze. Sentivo che lui mi prendeva delicatamente le mani e visto che erano gelide cercava di scaldarle. Con l'altra mano mi aveva sfiorato il viso e quello era il contrario delle mie mani. Mi aveva presa da terra e portata in ospedale. Al mio risveglio lui era lì, seduto su di una sedia, e mi stringeva la mano per farmi sentire che non avevo niente di cui preoccuparmi. Visto che nella mia fantasia non lo vedevo da un bel po' sentire la sua voce che mi diceva: "Non preoccuparti, tesoro", per me era stata la sorpresa più bella del mondo e non potevo in alcun modo crederci.
"Tutto bene, piccola?" Mia sorella mi prese una mano. "Sei rimasta immobile a guardare quella parete per un bel po'."
"Il muro? Ah, è che... Io stavo..."
"Tu stavi pensando al ragazzo con la maschera nera e il cuore d'angelo, cioè Ciro!"
"Sì, stavo pensando a lui" dissi arrossendo. "Ma tu sai perché, Lucia."
"Eccome se lo so, piccola! Si vede che lui è proprio come lo descrivi. Non è un tipo di persona così facile da incontrare, uno che sa essere simpatico sul serio e non se ne accorge nemmeno."
Pensai a quando mi aveva chiesto se mi fossi spaventata per quella rissa, alla dolcezza di un suo gesto, a quel suo chiamarmi con qualche nome carino, a volte anche con qualche diminutivo, al suo modo di fare, a quel saper confortare.
Ricordai quando Chiara si era spaventata e lui le si era avvicinato e, mettendole una mano su una spalla, aveva detto: "Non sei costretta a fare niente di quello che non vuoi, piccola!"
Mi rivolsi a mia sorella e le chiesi: "Cosa dovrei fare secondo te, Lucia?"
"Goditi a pieno questo momento, vivi il tuo sentimento nel modo migliore, cogli tutte le emozioni e tienitele strette."
Di colpo mi vibrò il cellulare e lessi un messaggio di Chiara.
"Cari, Cari, devo dirti una cosa! Cosimo mi ha invitata a ballare per la festa in maschera di fine anno!"
"La... Festa in maschera?" le scrissi.
La nostra scuola, per quanto ne sapevo, non faceva questo genere di cose, ma mi sentii elettrizzata solo al pensiero.
Chiara mi spiegò che questa cosa era nata quello stesso anno e mi disse: "Ho una paura incredibile di fare figuracce con Cosimo, capisci? Ho i brividi!"
"Capisco" risposi, anche se leí non sapeva quanto sinceramente lo dicessi.
"Cosa devo fare?" Mi sentii spiazzata.
Io che diventavo rossa per un saluto, che perdevo la voce neanche avessi una laringite a tempo indeterminato, che ero sempre pronta a chiamare il 118 per il continuo batticuore, cosa potevo dirle?
Ricordai di averle già detto qualcosa e quel qualcosa le era anche stato utile.
"Non far suonare mai la mezzanotte della Rossa!" fu quello che le scrissi.
"La mezzanotte della Rossa? Che cos'è la mezzanotte della Rossa?" chiese.
"È la timidezza" risposi semplicemente.
"E che c'entra la mez_zanotte, scusa?"
"C'entra perché la timidezza ci porta a fare la fine di Cenerentola, il momento del rossore è quello in cui in automatico si serra la bocca. Lo so perché l'ho provato sulla mia pelle. È un problema. Quando suona quel rintocco c'è solo un modo per definirlo: è un problema."
Chiara mi mandò uno smile con le guance rosse e dissi che aleva indovinato il segnale d'allarme e che se ne sarebbe accorta subito perché avrebbe avuto caldo nella zona del viso. Avrei potuto insegnare cos'era la timidezza avendo una conoscenza approfondita in materia.
"Non farti vincere da quel rintocco, è normale che sia così. Rimani con lui."
"Ci proverò" mi scrisse la mia amica. E nel leggere il suo messaggio anche io promisi a me stessa che avrei provato.
Il giorno fatidico arrivò molto presto.
Come travestimento avevo scelto quello di Cenerentola ed ero molto emozionata.
"Vai al tuo primo ballo" mi disse Lucia.
"Sì, ma io sono fortunata perché la mia fata madrina è la mia stessa sorella e non ho nessuno che mi blocca la strada."
"Vai Cenerentola! Ma questa volta non ci sarà nessuna mezzanotte a trasformarti, quindi vai e divertiti. Me lo prometti?"
"Te lo prometto!" dissi abbracciandola.
Uscii di casa e incontrai i miei amici.
Tra loro c'era anche Elen che era la nostra compagna di classe. Più avanti vidi Mariano che ci faceva segno di avvicinarci. Corremmo verso di lui e nel vedere un volto coperto da una maschera nera sentii il batticuore, ma non per la paura, perché sentivo di aver capito chi era. Le mie mani divennero gelide e le mie guance presero a bruciare dall'emozione. Se avessi voluto togliermi di dosso quel rossore e quel calore avrei dovuto andare dritta dritta al Polo Nord. No, accidenti, un'altra volta questa cosa no, non di nuovo, non in quel moment o, no, perché?
"Ti senti bene?" mi chiese una voce conosciuta, anche se più lenta e diversa da quella che in effetti conoscevo.
"Sì sto... sto bene" balbettai agitata.
Mi sentivo come Cenerentola quando andò alla sua prima festa da ballo e lei era al settimo cielo. Non avrebbe mai immaginato di trovare l'amore. Io invece l'avevo già trovato ed ero felice che il mio primo ballo fosse con lui.
Quel ragazzo con la maschera nera mi prese una mano gelata e cercò di scaldarla. Sentii un brivido in tutto il corpo e strinsi più forte la sua mano perché avevo paura che fosse un sogno.
Un sogno bellissimo, ma sempre un sogno e se quella stretta fosse sparita non avrei saputo davvero come comportarmi.
Maledette guance! Perché dovevano diventare così rosse? Okay, a me piaceva il modo in cui mi sfiorava il viso, ma era quello il prezzo da pagare?
"Non ti preoccupare" disse lui con la dolcezza che mi piaceva tantissimo del suo carattere. "Sei bella anche così!"
"Cioè... vuoi dire..." balbettai. Ciro mi sorrise e per me fu un gran sollievo perché in quel caso non significava che mi stava prendendo in giro, potevo anzi essere tranquillissima su quel punto. Avevo imparato che ci sono persone che sanno darti tanto con un piccolo gesto.
Solo che queste persone non lo sanno. Se avessi voluto farglielo sapere sarei arrossita all'istante, mi sarebbe andata via la voce e addio rivelazione.
Restai accanto a lui tutto il tempo, ma non lo costrinsi a restarmi vicino. Mi sarebbe piaciuto dirgli che desideravo con tutto il cuore tenere stretta la sua mano, stargli accanto, sentir battere forte il mio cuore in eterno se quello significava restargli sempre accanto.
Mi guardai la mano e la vidi come Costanza di: "Il mondo nei tuoi occhi" aveva visto il biglietto del suo amore.
Entrammo a scuola. La festa era appena cominciata e mi sentivo emozionatissima all'idea di partecipare a quella festa.
Erano tutti mascherati e io e Ciro eravamo la coppia più strana del mondo a livello di maschere. Ma di colpo mi accorsi che Elen guardava un ragazzo che si era mascherato da Spiderman. Mi sentii appoggiare una mano su un braccio e voltandomi vidi che era Elen.
"Cari, posso parlarti un momento?"
"Sì" risposi. Elen disse che le serviva il bagno e io l'accompagnai. Una volta lì ci chiudemmo una porticina alle spalle ed Elen mi confidò tutto.
"Chi è quel ragazzo vestito in quel modo?"
"È biondo, alto e magro, giusto? E ha gli occhi azzurri?"
"Proprio così!"
"Si tratta di Max" spiegai, "ma perché ti interessa così tanto quel ragazzo?"
"Mi interessa perché... Ah, non lo so" disse Elen, "da quando l'ho visto mi è successa una cosa che non so spiegare."
"Cioè mi stai dicendo che..." cercai di ridurre al minimo la voce nel dire le ultime parole, "ti sei innamorata di lui Elen?"
"Non lo so, non lo so" rispose Elen. La vedevo scossa e cercai di calmarla.
"Non è il caso che ti agiti così" dissi stringendola, "ma era da solo, Elen?"
"No. Era con una ragazza, Giuditta!"
Vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime.
"No, no, ti prego, perdonami" cercai di rimediare, sentendomi un mostro per averle fatto quella domanda così diretta che sembrava una freccia lanciata da un arciere. E questa volta l'arciere era una donna, ero io! Mi sentivo in colpa.
"No, Cari, non preoccuparti" disse lei quasi rassegnata, "non sapevo avesse una ragazza, dovrò togliermelo dalla testa."
"Non è proprio Giuditta il problema."
Nel dire quella cosa sentii le dita gelide di quel ragazzo che premevano sul mio collo. Non sapevo se andare avanti o lasciare a metà quel discorso. Non volevo che Elen soffrisse nello scoprire per puro caso il vero volto di Max, ma non era neanche quello il modo giusto per non farle del male. Cosa dovevo fare, allora?
"In che senso?" Ecco, la domanda che più temevo era arrivata. E adesso cosa dovevo dirle, che Max era un donnaiolo senza scrupoli, un mostro con una faccia d'angelo? Che cosa avrei potuto dirle?
Ma perché nessuno mi aveva insegnato a tenere la bocca chiusa in quei momenti?
"Ecco, vedi... Mkx è un ragauzo un po' particolare" cercai di tagliare corto.
Mi dispiaceva essere la causa del dolore della povera Elen, sapevo cosa significasse e non lo auguravo a nessuno e a lei che era così cara ancora meno.
"Non capisco" disse lei, molto confusa.
"Forse sarebbe meglio che dimenticassi quello che ti ho detto" cercai di rimediare, "mi sento molto strana oggi."
"In che senso ti senti strana? Non ti seguo" disse Elen, guardandomi confusa.
"Non lo so, ho una brutta sensazione."
Uscimmo dal bagno e tornammo dagli altri. Poi, quando ci separammo, Max mi si avvicinò e mi disse: "Ciao cara Cenerentola! Sai che sei molto bella?"
"E tu sai che sei poco fantasioso?"
"Ma dai, piccola! Non fare così, dai!"
Lui mi prese il mento tra le dita e sentii che la mia faccia si raffreddava.
"Cosa ti prende? Hai paura per caso?"
"Che t'importa?" La mia voce era modificata dalla stretta delle sue dita.
Lui aumentò ancora la pressione e ik cercai di spingerlo via, ma fu inutile.
Dopo l'incidente in quella zona ero diventata molto fragila e sentii che ora la mia faccia si stava riscaldando e mi girò tutto attorno prima di sentire un braccio che mi bloccava la caduta. Avevo gli occhi chiusi e non ci fu bisogno di aprirli per riconoscere chi mi stesse tenendo in piedi perché lui, dopo avermi accompagnata all'esterno, mi sfiorò delicatamente le guance e la fronte. La sua delicatezza mi fece capire di chi si trattava: era Ciro.
"Cosa ti senti?" Quella voce piena d'affetto mi fece sentire più tranquilla e riuscii a sussurrare: "Mi gira tutto intorno."
Lui mi strinse più forte e quando me la sentii di guardare vidi che. Lui mi guardava e diceva: "Sei tutta rossa e hai la fronte che scotta! Forse sarebbe meglio andare in ospedale, piccola."
Tremavo tutta, avevo freddo in tutto il corpo escludendo la testa e lui se ne rese conto. Mi strinse più forte e ci allontanammo. Vidi tutti i miei amici.
Oltre a loro c'erano anche Elen e Giuditta, la quale mi guardò spaventata e disse: "Maledetto, maledetto! Come ti senti?"
Lei di solito era una ragazza vanitosa, ma mai come quella volta vidi che il suo Io non era il centro del suo mondo.
Mi sentivo molto male e Ciro se ne era accorto. Mi teneva più stretta a sé e mi aveva dato un delicato bacio sulla guancia per tranquillizzarmi. Sentii la sua mano sulle mie spalle e sentii un abbraccio dato a metà che mi diede provare la sensazione più dolce di tutte e speravo che quel momento non finisse.
Avrei voluto girarmi verso di lui e stringerlo forte o almeno tendere una mano e appoggiarla sulle sue spalle come aveva fatto lui, per ricambiare il suo semi-abbraccio. Ma restai ferma, con le mani sul cuore, incapace di fare nulla.
Fu lui a fare il primo passo, si spostò davanti a me e mi strinse in un abbraccio completo. Visto che il mio cuore stava mar_tellando lui dovette sentirlo. Le nostre guance si toccarono e lui disse: "Che cos'hai, tesoro? È per Max?"
"No" risposi arrossendo, "non è quello. È che sono così felice di stare così."
"Di stare come? Non ti capisco."
"Di stare così nel senso... Così vicina a te, perché sei così buono con me _ io desideravo abbracciar_ti, dirti che ti sei un angelo, che io... Io..."
Le parole mi si spezzarono in gola e il mio viso si fece sempre più rosso. Lui mi passò le mani tra i capelli con una dolcezza infinita e disse: "Vedi perché ti chiamo così? S un tesoro, davvero!"
Avrei voluto dirgli: "Restiamo così!", ma la voce mi aveva già abban$onata.
Lui continuò a farmi quelle carezze sulla testa e sentii quel batticuore che mi accompagnava da quando lo conoscevo.
Mi sentii un po' meglio. Era come se lui avesse una sorta di potere curativo.
Aveva la ricchezza dei semplici, quella che nessun milionario può comprare, era in grado di voler bene a qualcuno in un modo speciale, fin dal primo momento, e da quello che vedevo era capace di legarsi ad una timida sconosciuta come me. Ed io ne ero felice, così felice! Poi mi fulminò un pensiero di tutt'altro genere: Elen. Lei aveva visto quello che era successo e non avevo idea di come stesse in quel momento.
"Sai qualcosa di Elen?" gli domandai.
"No, ma quando era qui sembrava triste" disse Ciro. Era come se sentisse che che ero molto preoccupata per Elen.
"E quelle analisi?" Dissi quella frase sottovocce, non volevo farlo sapere a chi c'era intorno.
"Il medico ha detto di no, ma queste analisi non lo convincono" disse Ciro.
"Cioè, qualcuno potrebbe averle modificate o qualcosa del genere?" gli chiesi.
"È probabile" rispose Ciro, "ho sempre avuto l'impressione di conoscere Max da molto tempo e questa storia non mi convince. Non lo so, da una parte ci credo, ma dall'altra ho l'impressione che ci sia qualcosa che ci è sfuggito."
Tornammo a casa, ma di colpo provai una stanchezza incredibile e mi appoggiai a lui. Lui mi accarezzò i capelli e mi prese tra le braccia.
"Stai tranquilla, ti porto a casa io."
Mi sentivo così sicura tra le sue braccia che avrei voluto restarci per sempre. Lui mi diede un bacio sulla guancia.
"Hai scelto proprio bene la maschera!"
"Perché?" La mia voce era esile per l'imbarazzo. Ero diventata rossa e lui se n'era accorto.
"Perché sei dolce. Come Cenerentola."
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