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Capitolo 17: Tra un dubbio e una certezza

Quando andai a scuola e incontrai Ciro vidi che per fortuna nulla era cambiato e non gli era stato detto nulla che mi riguardasse di malvagio e soprattutto di falso. Ma lui aveva qualcosa, sapevo che aveva qualcosa. Non era il solito Ciro, allegro e positivo. Il suo volto aveva un'espressione piuttosto turbata.
Volevo chiedergli cosa fosse successo, ma dall'altra parte temevo di essere un po' troppo invadente. Mi avvicinai a lui tremando come una foglia e lui mi prese la mano e mi sorrise con dolcezza.
"So che ti sembrerà una domanda stupida ma... Va tutto bene?" provai a chiedergli, timidamente come mio solito.
"Non è una domanda stupida, tesoro. Mi fa piacere. Beh, domani ci sarà la prova del DNA, per vedere se in effetti io e Max siamo fratelli." disse lui. "E non so che cosa aspettarmi."
"Io non posso capirti, purtroppo, ma posso dirti che andrà tutto bene" dissi.
"Per me questo è molto importante" disse Ciro, guardandomi con quei suoi occhi dolci che mi facevano sciogliere.
E io desideravo tanto stringerlo forte, dirgli che gli sarei stata accanto, ma proprio in quel momento quella voce disgraziata mi sussurrò all'orecchio: "Adesso basta, ti ho concesso già molto bellezza! Ora devi tornare la Rossa!"
La Rossa era il soprannome che io stessa mi ero data perché le mie guance erano in un rossore perenne e quando incontravo Ciro anche più del solito.
Lui sembrò capirmi al volo e mi sorrise per farmi capire di non preoccuparmi. Era incredibile quanto riuscisse a farmi emozionare senza mettermi affatto in imbarazzo, senza prendermi in giro. E io quel sentimento volevo tenermelo stretto, non volevo dimenticarlo per nulla al mondo. Cercavo di non parlare di lui alla mia famiglia perché temevo di aver preso la patente di seccatrice, ma mi riusciva terribilmente difficile.
Mentre entravo in classe ripensai a lui e al fatto che avesse detto tutto agli altri per non mettermi nei guai poiché non ero proprio bravissima a dire bugie.
"Cari, vuoi rimanere là fuori ancora per molto?" Mi voltai e vidi Sandra.
"No, stavo pensando a una cosa" dissi.
"Non a una cosa, ad una persona." Come diavolo faceva a capire sempre al volo?
"Come vuoi, ad una persona" risposi, diventando rossa come un peperone. Ma si poteva dire che più che apparire il rossore del mio viso stesse aumentando.
"Ahi ahi ahi! Sei proprio cotta, eh?"
"Sono cotta da tutta la vita, Sandra!"
"Non mi riferisco alla tua faccia, ma al tuo cuore!" disse Sandra sorridendo.
"Al mio cuore? Che vuoi dire, scusa?"
"Allora è come dice Ciro, sei proprio innocente! Dico che sei innamorata!"
"Ed è un male questo?" chiesi agitata.
"E perché dovrebbe essere un male? Il fatto è che non te ne sei ancora accorta vero?" Sandra si avvicinò al mio viso e sussurrò: "Si tratta di Ciro, vero?"
Feci un cenno d'assenso, rassegnata. Tanto lei l'aveva capito da una vita, che senso avrebbe avuto negare? Poi di sicuro mi sarebbe stato molto difficile.
Entrammo in classe tenendoci per mano.
Ognuna andò a sedersi al suo posto e a pensare ai propri castelli in aria. Io sentivo che poteva essere anche una caverna se non un castello e sarei stata felice perché sarei stata lì con Ciro.
Mi dispiaceva che fosse preoccupato per la faccenda del suo ipotetico fratello.
Come sarebbe andata a finire quella cosa? Cosa sarebbe successo poi tra Ciro e Max? Sarebbe cambiato qualcosa? E, se fosse successo, quel cambiamento sarebbe stato in meglio o in peggio? Quelle domande si rincorrevano nella mia testa come fossero state saette. Non sapevo davvero cosa fare.
Proprio in quel momento entrò la prof della prima ora, distogliendomi in parte da quelle preoccupazioni che mi erano saltate addosso da un bel po' di tempo.
La lezione iniziò, mnon riuscii a concentrarmi, ero davvero preoccupata.
La professoressa se ne accorse subito.
"Che cos'hai, Carina? Non stai bene?"
"No, sto bene, professoressa." risposi.
"Hai qualche preoccupazione, giusto?" chiese la prof con molta dolcezza.
"Beh, sì, ma non me la sento di parlare di questo. Mi scusi" dissi sottovoce.
"Tranquilla, non sei costretta, Cari."
Mi portai le mani al viso e sentii che il mio cuore accelerava visto che mi ero passata entrambe le mani sulla fronte.
Mi venne in mente il giorno del mio malessere, quando Ciro, tenendomi per mano, mi aveva toccato la fronte e aveva detto: "Povera piccola! Devi avere la febbre molto alta." Il suono della sua voce affettuosa, il tocco delicato di quella mano che mi aveva poggiato sulla fronte e il suo volto preoccupato mi avevano fatto provare qualcosa di forte.
Non sapevo neanche io come si chiamasse il sentimento che si era scatenato in me, quello che sapevo era che mi piaceva quello che provavo. Mi piaceva Ciro.
Mi vergognavo tanto e mi sentivo in colpa perché lui era un ragazzo più grande di me, quasi un uomo, anche se a livello di maturità era già un uomo. Lo conoscevo appena e mi sentivo già così?
Com'era possibile provare tutto questo?
Com'era possibile sentirsi così strani?
Pur vergognandomi e sentendomi in colpa non potevo togliermelo dalla testa e in realtà neanche volevo farlo. Pensare a lui mi faceva sentire bene, ero felice.
Quello che sapevo era che mi preoccupava moltissimo vederlo agitato.
Lui era preoccupato per la faccenda del probabile fratello, Max. Lui sorrideva ma capivo che stava malissimo.
Non perché disprezzasse un fratello, chiunque fosse, ma perché un fratello all'improvviso non si trova ogni giorno!
Tra un pensiero e l'altro giunse l'ora dell'intervallo e io, uscendo dall'aula, decisi che sarei andata a cercare Ciro perché volevo tanto sapere come stava.
Camminavo per i corridoi, insicura su dove dirigermi, poi lo vidi appoggiato a una parete. Tentai di raggiungerlo, ma vacillai, mi tremarono le gambe e tutto il mio corpo all'improvviso s'irrigidì.
Sarebbe stata la prima volta in cui io mi sarei avvicinata a lui se non mi fossi fermata di colpo come una sciocca.
Alzai la mano per farmi vedere, ma la ritrassi subito dopo, cambiando idea. Non sapevo perché ma volevo scomparire.
Avevo visto imitare moltissimi animali, ma in quel momento volevo essere una lucertola, un camaleonte, un riccio, qualunque cosa potesse farmi nascondere.
Camminai all'indietro, mi appoggiai ad un'altra parete, sedetti a terra e cercai di rannicchiarmi il più possibile perché Ciro non si accorgesse di me. Ma se lui avesse avuto il cosiddetto: "Occhio di Falco" e mi avesse vista in quella posizione cosa avrebbe pensato?
Sentii qualcuno avvicinarsi, rimanendo il più possibile ferma perché chiunque fosse non si accorgesse che ero lì. Mi ero sentita forse troppo invadente cercando Ciro per i corridoi scolastici e tentando di raggiungerlo. E chi era lì a pochissimi centimetri da me? Ciro!
"Che cosa ci fai lì per terlra, tesoro? Ti è successo qualcosa? Tutto bene?"
"Sì... io sto bene... E tu come stai?"
"Non mi lamento!" disse lui sorridendo.
Ricambiai timidamente quel sorriso. No, no sangue, non di nuovo, non ora! Quello era il mio unico pensiero poiché sentivo le guance che si riscaldavano.
Cercai di non avvicinare troppo il viso al suo perché non sentisse quel calore.
Lui, però, mi conosceva fin troppo bene e fu lui ad avvici"narsi a me. Provai il desiderio di restare attaccata a lui.
"Povero tesoro! Non volevo metterti in imbarazzo, davvero" disse con dolcezza.
"No, non sono imbarazzata" balbattai, "il fatto è che sono emozionata all'idea di vederti, di parlarti. E poi tu non mi fai mai sentire in imbarazzo in quel senso, non sei come gli altri. Non mi prendi in giro per essere simpatico, mi tratti sempre con dolcazza e mi dai quel nome così carino, così dolce! Ma io di solito non riesco a parlare e mi chiedo perché con te che sei tanto generoso?"
In quel momento la timidezza mi si parò davanti, bloccandomi le parole in gola.
"Come sei dolce, piccola! È molto bello quello che dici, sai? Riesci a farti amare fin dall'inizio, sul serio!"
Avrei voluto dirgli che lui non era da meno, ma in quel momento non c'erano più parole che mi facessero la carità di arrivare sulla lingua e correre lontano.
Poi qualcosa dissi: "Sei preoccupato?"
"Anche per te è stato facile conoscermi perché in effetti sono preoccupato."
"Vedi, io... Volevo parlarti proprio di questo. Anch'io in questi giorni mi sono preoccupata per questa faccenda. È che io conosco bene Max e ho sofferto. Ricordi la questione di quel video?"
"Non potrei mai dimenticarlo. Stavi così male! Non potrei mai dimenticare."
Ricordai quando lui era uscito dalla sua classe per sapere come mi sentissi.
Io ero in lacrime e gli dicevo che non ero una bugiarda, che non ero malvagia.
Lui mi aveva sfiorato una guancia e il suo sguardo era preoccupato. Diceva che sapeva che non ero una ragazza cattiva.
E io avevo sofferto, avevo sofferto così tanto per quella storia del video.
"E se lui ti dicesse qualcosa su di me? Cosa faresti in quel caso?" domandai.
"Che dovrei fare? Ti conosco, tesoro."
I suoi occhi erano sempre più dolci e come al solito il mio cuore era sempre più veloce e io non sapevo cosa pensare.
Poi sentii una voce inconfondibile. Mi voltai e vidi Max. Aveva preso con sé la mia amica Chiara e la teneva stretta. La tirò più vicina e le loro labbra quasi si toccarono, ma Chiara si tihò indietro e prese a divincolarsi. Poi vidi Cosimo correre verso di loro.
"Lasciala, idiota!" gridò. "Lasciala!"
"Sei il suo ragazzo, per caso?" Non sopportavo quando Max parlava così. Lo guardai, l'unica cosa che provai fu una rabbia quasi incontenibile. Cosimo era molto più furioso di me e lui e Max si scontrarono e si presero a pugni. La povera Chiara gridava loro di smetterla, ma loro non le davano retta.
Poi io e Ciro decidemmo la stessa cosa, Ciro afferrò Max per un braccio, io invece mi occupai di Cosimo.
"Perché invece di agitarti così non vai a rassicurare Chiar_a?" dissi tirandolo da parte.
Chiara correva, voleva allontanarsi dal terribile spettacolo, non ne poteva più e aveva anche le sue ragioni, poverina!
"Vai da lei, parla con lei e cerca di non creare occasioni di rissa con Max."
Questa volta Cosimo si era fatto molto male e feci del mio meglio per medicarlo.
Poco più in là c'era "ciro che invece provvedeva a Max.
"Ti piace tanto creare problemi, vero?"
"Quali problemi? A cosa ti riferisci?"
"Alla rissa di poco fa con Cosimo! Mi spieghi cosa ti abbiamo fatto di male?"
"Io mi godo semplicemente la vita."
"E c'è bisogno che ti spacchi la faccia per goderti la vita?"
Non sapevo che pensare. Più li vedevo insieme più mi sembravano agli opposti.
Lasciai andare Cosimo e tornammo in classe. Questa volta fu Chiara a mettersi seduta accanto a me e vidi che i suoi occhi erano rossi di pianto. Non sapevo se chiederle come stava o aspettare che fosse lei a parlarmene. La vedevo giù di corda e capivo il perché. Max con me aveva fatto lo stesso e sapevo cosa si provasse. Sulle prime si comportava come un cavaliere, poi si trasformava nell'esatto opposto.
Vidi Chiara che si gettava per terra.
Era letteralmente sconvolta. Corsi da lei e cercai di tranquillizzarla.
"Che cos'hai, Chiara?" le domandai.
"Ho paura che riprendano a litigare e di quello che potrebbe pensare Cosimo."
"Quello che ha visto" risposi tranquilla mentre la stringevo forte.
"Io non ne sono così sicura, Cari."
"Lo capisco perché mi è accaduto lo stesso, ma conosco benissimo Cosimo e sono sicurissima che andrà tutto bene."
Ora Chiara si sentiva come me, tra un dubbio e una certezza. Eravamo amiche e l'avrei aiutata e sostenuta per sempre.
Anche Ciro si sentiva in quel modo perché non sapeva cosa aspettarsi dalla vita, non sapeva se aveva un fratello con un cuore di ghiaccio o un comp"agno di classe con lo stesso cuore gelato. E srprattutto non sapeva se il suo possibile fratello l'avrebbe pugnalato alle spalle come faceva di solito. Non potevo mettermi nei suoi panni, ma mi faceva male vederlo così triste per la faccenda di quel probabile fratello. Mi sentivo male nel vederlo in quel modo.
Prima della fine dell'intervallo andai da lui per salutarlo, ma la voce venne a mancarmi proprio in quel momento.
"Guarda che non ti mangio, tesoro, anche se sei molto dolce" disse con un sorriso.
"Lo so, perdonami, non è per quello. È proprio la coscienza che mi tormenta."
La mia coscienza era un po' ambigua, mi diceva di andare a parlare con lui, ma nel momento in cui lo facevo iniziava a trascinarmi via con tutte le sue forze.
"No sangue, non devi venire qui" pensai mentre Ciro mi prendeva le mani.
Sentivo il rossore salirmi alle guance.
"Ma ti costa così tanto graziarmi almeno una volta? Non devi salire qui!"
M'irritava tantissimo quando arrossivo.
"Non preoccuparti, sei tanto dolce anche quando diventi rossa" disse Ciro.
Nessuno mi aveva mai fatto un complimento del genere e ne fui felice.
Mi salutò con un bacio sulla guancia ed ognuno si diresse verso la sua classe.
Mentre camminavo il mío cuore spingeva contro lo sterno, come se cercasse di uscire dal mío petto. Conoscevo quella sensazione e mi piaceva davvero molto. Il cuore accelerava e ralbentava, ma il suo ritmo non si poteva mmai dire lento perché il cuore andava sempre di corsa.
Mentre camminavo qualcuno mi urtò. Vidi una ragazza dall'espressione dolce e mi accorsi che era arrossita di colpo e guardava a terra.
"Scusami, non l'ho fatto apposta" disse con voce tremante. In lei rividi me ogni volta che incontravo Ciro.
"Trannvilla, tutto bene" risposi. "Come ti chiami?"
"Mi chiamo Elen" rispose la ragazza.
"Molto piacere, Carina" dissi. "Mi chiamo Carina, non lo sono."
Elen rise a quella constatazione. Stava andando verso un ufficio.
"Ora devo andare" dissi correndo verso la mia classe.
Sedetti al mio posto e chinai la testa.
Avevo vissuto molte emozioni quel giorno, alcune le conoscevo, altre poco.
Ma non potevo evitare di pensare a Ciro, al suo stato d'animo, alla sua preoccupazione per il giorno successivo.
Tornai a casa e mi confidai con Lucia.
"È moltk bello che tu sia in pensiero per lui, gli farà piacere di sicuro perché è raro che qualcuno si preoccupi così tanto per un'altra persona, Cari."
"Sarebbe impossibile fare il contrario. Lui è sempre così carino, così dolce."
"In poche parole è identico a te, sai?"
"No, perché lui non è introverso, se ti vuole offrire il suo conforto lo fa, non si chiede se fa bene o male, Lucia. Ed è quello che vorrei fare anche io."

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