Capitolo 16: I timori di Carina
Mi ero sistemata nella stanza con mia sorella e con Chiara ed ero sotto le coperte. Chiusi gli occhi e mi addormentai ripensando a quella giornata che di sicuro non avrei dimenticato. Era stata bella, ma mi aveva portato un timore che non era andato più via: se Max e Ciro fossero stati davvero fratelli Max ne avrebbe approfittato e avrebbe detto chissà cosa a Ciro per farlo sentire in colpa e incastrare me.
Ciro era in mezzo alla strada e correva come se lo inseguissero. Io ero ferma, con le spalle al muro, e sentivo il bisogno di piangere, anche se non potevo né volevo farlo perché avrei fatto star bene Max con le mie lacrime. Rimasi lì a guardare quel volto d'angelo che ora aveva un'espressione davvero triste.
Guardarlo mi provocò una stretta al cuore. Erano fratelli, ma per Max quel legame non significava proprio niente!
Max mi si avvicinò, mi colse alla sprovvista e mi afferrò, tirandomi a sé.
Sentii le nostre labbra che si avvicinavano, fin troppo per i miei gusti. Mi agitavo come un'anguilla, ma lui mi strinse forte fino a farmi male.
"No, basta! Lasciami andare!" gridai.
"Cari, svegliati!" Aprii gli occhi e sentii una mano che mi accarezzava la fronte, dolce e delicata come Lucia.
Mi voltai di poco e la vidi accanto a me. Mi teneva un polso con una mano e mi aveva posato l'altra sulla fronte, forse per farmi sentire più tranquilla.
"Hai il cuore che batte fortissimo! Ti sei spaventata tanto, vero?" mi chiese.
"Non sai quanto!" risposi. Avevo il respiro agitato per colpa di quel sogno.
Anzi, non sogno! Quello era un incubo!
Forse il peggiore dei miei incubi! Il fatto che lui mi tenesse stretta per il busto fino a farmi gridare non mi piaceva per niente, mi metteva tensione.
"Cosa ho fatto prima di svegliarmi?" Quel dubbio iniziò subito a torturarmi.
"Ti agitavi e gridavi: "No, lasciami!" Per questo abbiamo pensato che sarebbe stato meglio svegliarti" disse Chiara.
"Avevi un'espressione terrorizzata" disse Lucia, stringendomi forte la mano e dandomi un bacio sulla fronte. "Ora stai tranquikla tesoro, è tutto finito!"
"E se fossero davvero fratelli?" dissi.
Scoppiai in lacrime e raccontai il mio incubo a Chiara e Lucia. Loro mi compresero e mi diedero tutto l'affetto possibile per farmi stare meglio. Non potevo credere che esistessero persone così dolci, così care, e persone così contorte, spietate e violente. Non era facile per me nen pensare alle parole di Max, alla sua voce ridente e malvagia.
Non mi faceva affatto bene quanto me ne faceva pensare alla voce gentile di Ciro, ai suoi modi di fare, a quel suo considerarmi "la sua piccola", a quel suo chiamarmi: "Tesoro" che mi faceva sempre sciogliere e battere forte il cuore. Quello mi faceva sentire bene. Ciro non mi faceva sentire in imbarazzo anche se mi faceva sentire emozionata.
L'imbarazzo di uno scherzo per me era un nemico e lui lo sapeva, o almeno per quello che avevo visto, l'aveva sentito.
Forse anche Max l'aveva percepito e me lo stava facendo apposta. Come potevano due fratelli essere così diversi? Sempre che lo fossero davvero?
Quella mattina, mentre ci preparavamo per tornare a casa, ripensavo a quello stramaledetto incubo. Guardavo a terra, mi sentivo malissimo e avevo paura che, se Max e Ciro fossero stati fratelli, Max ne avrebbe approfittato per dire a Ciro cose orribili sul mio conto, come aveva fatto un nobile al protagonista di un libro che mi piaceva. Non sapevo come fosse finita, ma avevo molta paura.
Avevo paura che nel mio caso sarebbe finita male. Non avrei reagito e avrei lasciato che tutto procedesse così, come Max sperava che facessi, del resto. La mia timidezza si sarebbe messa in mezzo come sempre per rovinarmi la vita.
Presi il mio zainetto, me lo misi sulle spalle e abbassai la testa, sentendomi malissimo al pensiero che quelle cose avessero una minima possibilità di accadere. Non volevo perdere Ciro. Non volevo che lui si facesse un'idea distorta di me. Non ero un angelo, ma non potevo nemmeno definirmi un mostro.
Lui doveva essersi accorto di quello che stavo pensando. Non sapevo perché, ma sentivo che se ne era reso conto. Mi guardava con dolcezza e mi sentii molto meglio nel vedere quello sguardo dolce.
Okay, era ufficiale. Ero diventata la protagonista del libro: "Non ti vorrei." Ero diventata la timida Linda o, per dirla meglio, lo ero da sempre.
Mentre ci dirigevamo verso il sentiero Ciro mi affiancò e mi prese un braccio.
"Sei triste, tesoro?" chiese.
Non potevo dirgli il contrario, non mi sarebbe servito e neanche volevo farlo.
Non dissi niente, ma mi avvicinai a lui e sentii il cuore che mi batteva forte.
"Un po' sì" risposi molto timidamente.
"Sempre per quella faccenda di Max?"
Feci un cenno d'assenso con la testa. Ciro mi sorrise e mi sentii sollevata.
"Non devi preoccuparti per me, tesoro."
"Sarebbe il minimo se lo facessi. Tu sei sempre così carino, cosi premuroso!"
"Ti è mai venuto il dubbio che il bene di qualcuno sia semplicemente meritato?"
"Lo so, ma io credo di essere la famosa eccezione che conferma la regola, e..."
In quel momento, come sempre, mi mancò la vo_ce e al diavolo eccezioni e leggi.
"Ti assicuro che non è così" disse lui.
Pensai che Ciro mi chiamava in tanti modi, mi dava tante attenzioni, e io non riuscivo nemmeno a chiamarlo per nome.
Non dicevo quasi mai il suo nome perché nel dirlo arrossivo, tremavo e mi si spezzava all'istante la voce. Quella timidezza non era un buon inizio, anche se io tenevo moltissimo a Ciro. Lo conoscevo da pochi mesi, ma avevo impar_ato che non si deve per forza conoscere qualcuno da sempre per volergli bene come io ne volevo a Ciro.
Per esempio conoscevo Max da un bel po' e non dico di non volergli bene, ma i suoi modi non mi erano mai andati giù.
Quella paura di perderlo mi fece avere la fortissima tentazione di piangere, ma non volevo, non lì, davanti a lui. Ma le lacrime non mi diedero ascolto, come sempre, del resto.
"Hai visto? È impossibile non volerti bene! Sei timida, innocente, delicata."
Questa volta riuscii ad agire del tutto spontaneamente e gli gettai le braccia al collo, crollando nella sua stretta che, non sapevo come, mi tranquillizzava sempre. Doveva avere un dono nelle mani o nella voce perché mi faceva stare bene e mi sentivo sempre così con lui.
Ma quello che mi metteva nei guai era la mia timidezza. Ma dico io: proprio con quell'angelo dovevo arrossire, avere il batticuore, tremare e ammutolire? Quando mi guardava, mi parlava, mi dava la mano o faceva qualsiasi cosa che mi coinvolgesse mi accadeva sempre questo.
Non lo sopportavo. Non volevo che lui mi vedesse così fragile, non lo volevo.
Quando tornammo a casa i nostri genitori ci riempirono di domande, ma ci dissero che eravamo stati abbastanza prudenti ad aspettare il giorno dopo per il ritorno e per noi fu un sollievo.
Il lunedì successivo tutta la scuola andò al cinema a vedere un film che mi portò non poco orrore. Il titolo non prometteva bene e i professori ci dissero che l'impatto sarebbe stato forte e il film era piuttosto cruento, ma non immaginavo fino a quel punto!
Mi trovai seduta proprio accanto a Ciro e mi sentii più tranquilla. Ma, non sapevo perché, volevo che si rompesse il dischetto o che lo schermo andasse in tilt o qualsiasi altro incidente pur di non vedere quel film. Poi si spensero le luci e tutto ebbe inizio. Al principio solo il sottofondo era un po' eccessivo, ma non ci feci troppo caso. C'erano due contadini che tagliavano la legna e c'era il canto di alcuni uccellini, ma di colpo udii un grido e subito dopo dei colpi. Mi coprii il viso per non guardare e sentii che mi si stava gelando il sangue. Pur non guardando capii cosa stessero facendo gli uomini che erano entrati in casa di quei poveretti. E loro gridavano disperati: "Pace! Pace!"
Di colpo dalla mia gola uscì un suono strozzato dal pianto: "Vi prego, basta, vi prego!" Mi agqrappai al sedile con tutte le mie forze, ma di colpo, per la prima volta in vita mia, mi alzai e presi a correre, il più lontano possibile da quelle grida e da quei colpi troppo frequenti e privi di pietà.
Ero appena fuori dal cinema e volevo allontanarmi il più possibile da lì. Pur essendo lontana quel maledetto film era sempre davanti ai miei occhi e lo sentivo mentre correvo. Non avevo mai sopportato alcun genere di violenza, in particolar modo di guel tipo. Persino il nome dell'oggetto che era stato usato mi faceva venire i brividi!
Di colpo mi sentii una mano sulla spalla, mi voltai e vidi la prof che ci aveva accompagnati al cinema. Non aveva un'espressione arrabbiata come credevo.
Era preoccupata e mi guardava.
"Dove ti sei fatta male?" Guardai dove mi guardava lei e vidi di avere la maglietta sporca di sangue. Mi toccai la testa e sentii dolore. Poi realizzai: ero caduta dalle scale del cinema, ma mi ero rialzata subito dopo e avevo continuato a correre per fuggire.
In quel momento prese a girarmi la testa, ma prima che crollassi a terra mi sentii afferrare l'altra spalla. Non mi voltai perché conoscevo quella presa.
"Calmati Cari, adesso è tutto finito."
"Mi dispiace che tu ti sia spaventata."
LLa professoressa mi guardò con affetto e mi sentii tranquilla, ma quel giramento mi portò a crollare a terra di lato, nonostante Ciro e la prof mi sostenessero proprio per non farmi cadere a terra.
Quando riaprii gli occhi mi trovai nel mio letto. Accanto a me c'erano i miei fratelli. Lucia mi sorrise con dolcezza e disse: "Dove volevi andare, Cari?"
"Il più lontano possibile dal cinema."
"Cosa ti è successo? Mi hanno detto che correvi, che eri terrorizzata. Cosa vi hanno fatto vedere?" chiese Lucia.
Le raccontai quella scena e lei mi strinse forte e disse: "Sapevo che avevi qualcosa quando sei uscita oggi."
"Avevo un brutto presentimento, ma non potevo immaginare che fosse così" dissi.
"Se tu fossi una soldatessa terresti solo uno scudo, ti conosco!" disse lei.
"Quando l'ho visto... è stato orribile! Non ho potuto guardare molto a lungo."
"Lo so amore mio, lo so, tranquilla. È tutto finito, non pensarci" disse lei.
Sarebbe stato piuttosto difficile visto che rivedevo quella scena dappertutto.
Poi mi ero messa nei panni di quei due contadini, con la differenza che Max mi feriva con le parole, non con il legno.
L'unica cosa che ero riuscita a dire era un: "Basta" quasi impercettibile.
"Sai che c'era una persona che si è preoccupata più degli altri per questo?"
"E di chi si tratta?" chiesi sorpresa.
"Ma dai che lo sai bene chi è, tesoro!"
"L'unica persona che mi viene in mente in questo momento è..." Il mio cuore prese a battere forte e dissi: "Ciro!"
"Hai visto che lo conosci molto bene?"
Avevo il cuore che cercava di scappare e quasi non potevo crederci. Ciro era corso subito dietro di me per fermarmi nel momento in cui ero saltata in piedi.
"Chiara era qui e mi ha riferito che ti ha guardato con una faccia preoccupata che non puoi neanche immaginare, Cari."
Mi dispiaceva che lui si preoccupasse.
Lui mi diceva che gli dispiaceva che io mi sentissi triste per quello che stava accadendo. Era davvero meraviglioso.
"Ti senti un po' meglio?" chiese Lucia mettendosi seduta accanto a me.
"Sì, un po' sì" risposi. Ero stanca di stare in quel letto, non mi piaceva.
"Che ne diresti di uscire a prendere un po' d'aria per toglierti di dosso tutte queste preoccupazioni?" propose Lucia.
Accettai la proposta, uscimmo insieme e iniziammo a camminare. Di colpo, però, vidi una grossa figura dirigersi verso di me. Ricordavo benissimo chi era e mi faceva più paura di prima. Iniziai ad avere i sudori freddi e quasi trascinai mia sorella per un braccio. Saltai su di un muretto e rimasi pietrificata.
"Non muoverti per nessun motivo" disse Lucia, mettendosi davanti al muretto.
Rimasi agghiacciata mentre Lucia prendeva il compagno di Max e lo riportava indietro dicendogli: "Non devi fare come il tuo padrone, potresti provocare dolore a chi ti sta intorno."
Poi incontrò Max. "Ah, eccoti!" disse guardandolo male. "Perché non ti volti e vedi che cos'hai combinato, eh?"
Max si voltò e guardò dalla mia parte.
"Mi sembra che tu lo faccia apposta!" gli disse Lucia.
"Perché ho bisogno di lei per quello che voglio ottenere" le rispose Max.
"Allora vai e portati via anche lui!"
Lucia indicò il compagno di scherzi di Max e guardò malissimo lo stesso Max.
Lui si voltò e si allontanò, ma prima lanciò l'ultima freccia: "Mio fratello? Come sta mio fratello?"
Nessuna di noi due gli rispose niente.
Una domenica andammo al maneggio. Chiara ci accompagnò con molto sforzo perché temeva molto i cavalli, come me con i cani.
Quando stavamo per arrivare la vidi entrare letteralmente in crisi.
Mi avvicinai e le chiesi: "Chiara, che cos'hai? Non stai bene?"
"Non voglio entrare! Non voglio andare lì dentro, non ci voglio andare!" rispose Chiara.
Alcuni le dicevano: "Dai, non è niente, non è niente, vieni!"
"Ragazzi, lasciatela stare!" Disse Cosimo. "Sta entrando in crisi, basta! Smettetela!"
C'era tutto il gruppo-classe e qualcuno di loro era leggermente antipatico.
Ciro si avvicinò e le appoggiò una mano su una spalla. "Ehi! Stai tranquilla, non devi farlo per forza, tranquilla!"
"Io vado a salutare un'amica e torno" dissi, "ma tranquilla, torno subito!"
Entrai nel maneggio, salutai con la mano Amica, la cavalla, mi avvicinai con cautela e dissi: "Ora devo correre, c'è una mia amicca che ha bisogno di un po' di conforto. Tu però stai buona qui e non cercare di seguirmi, va bene?"
Corsi fuori stando attenta a richiudere la pohticina alle mie spalle, Chiara era già in crisi, non mi sembrava giusto gettarla nel panico più assoluto. Andai da lei a le presi la mano. Stava tremando. Era in piena crisi d'ansia.
"Ti capisco" dissi stringendo lasua mano, "capisco quello che provi, Chiara. Se vuoi pkssiamo andare via."
"Non ti preoccupare" disse Chiara, sforzandosi al massimo per sembrare tranquilla. Ci riusciva, ma la conoscevo benissimo e sapevo che dentro di sé stava ancora malissimo.
"Davvero, Chiara, se vuoi andiamo. Mi sembra ingiusto che tu debba stare così mentre noialtri ridiamo e scherziamo."
Ciro e Cosimo si avvicinarono a noi.
"Poverina!" disse Cosimo con dolcezza.
"Se ce ne andassimo da qui?" disse Ciro sorridendo. "Anche Sandra e Mariano hanno deciso di andare, siamo tutti uniti e non va bene che uno di noi soffra e tutti gli altri si divertano."
Sandra e Mariano ci raggiunsero, andammo tutti a lavarci le mani e andammo via dal maneggio. Chiara non si sentiva ancora del tutto tranquilla, ma la sua espressione era davvero cambiata rispetto a quando eravamo al maneggio.
Mi sentii un po' più tranquilla anch'io nel vedere che lei stava un po' meglio.
Quella tranquillità però duurò poco. Infatti poco più in là c'era Max e stavolta voleva prendersela con la mia amica. Aveva preso Guerriero, un cavallo che lui "curava."
"Ragazzi, mettetevi attorno a Chiara!"
Tutti e quattro coprirono Chiara e io spiccai un salto e atterrai sulla schiena del grosso cavallo.
"Fermati accidenti, fermati!" gridai. "Non andare di là! Non andare di là!"
Proprio per disperazione tirai le redini e finalmente riuscii a fermarlo.
I responsabili vennero a prenderlo e a Max fu tolta la possibilità di curarlo e lui, quasi per vendetta, mi si avvicinò e mi disse: "Visto cosa succede a non fare quello che dico io?"
"Ma quando ti decigerai a metterti in quella testolina che quando è no è no?"
"Né adesso né mai, bellezza!" Max mi prese un polso e lo strinse fortissimo.
"Vieni con me" disse con voce smielata.
"NO!" gridai liberandomi dalla stretta di quel ragazzo che voleva ad ogni costo farmi soffrire. "Ci siamo intesi? Non voglio venire da nessuna parte!"
"Qui c'è troppa gente" mi disse Max. "Ti porto a fare un giretto, piccola!"
"Ma allora sei scemo? Non Vo-Glio!"
Presi a correre e raggiunsi gli altri.
Quella sera andai a letto molto scossa.
C'era Max che parlava sottovoce a Ciro e quel modo di parlargli non mi piaceva affatto. Mi metteva agitazione.
Infatti poco dopo Ciro si voltò verso di me, mi guardò in modo insolito, direi quasi sprezzante, e si allontanò con il volto rabbuiato e le guance in fiamme.
Sapevo che quando arrossiva era perché era furioso. Non me la sentii di andare a cercare Max, qualunque cosa lui gli avesse detto avrebbe solo confermato quelle parole. Poi lo vidi. Lui mi si avvicinò e mi guardò quasi... ridendo!
"Che cos'hai detto a Ciro?" gli chiesi agitata, timorosa di perdere Ciro.
"Gli ho detto la verità" rispose Max.
Quelle parole mi spaventarono. Sentii i"l bisogno di correre via, ma Max mi stava alle costole. Non sapevo cosa fare. Ero semplicemente terrorizzata...
Mi svegliai di soprassalto con il cuore che batteva a mille, tremante e gelida.
Quando mi spaventavo la mia faccia diventava sempre molto fredda. Dopo un incubo, poi, ero davvero tremenda, non me la sentivo di scendere dal letto perché avevo paura che quell'incubo in qualche modo potesse diventare realtà. O meglio, avevo paura che ci fosse un varco d'accesso all'incubo sul pavimento e mi faceva paura l'idea di scendere da quel letto perché non volevo entrarci.
Non volevo entrare nel varco dell'incubo. Non volevo viverlo ancora.
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