Capitolo 12: Doti
Passarono due settimane e tutta la comitiva si ritrovò ad uscire. Facemmo di nuovo la stessa cosa, ovvero quella di camminare a coppie, e di colpo Sandra chiese: "Cosa vi piacerebbe fare dopo la fine della scuola?"
Tirai fuori dalla tasca un foglietto e una penna, anche se non sapevo perché mi fosse saltato in testa di portarli con me. Disegnai un libro e scrissi sotto il disegno le mie iniziali. Ero indecisa se mostrarlo o meno agli altri, ma alla fine pensai che non c'era nulla di male e feci vedere quel foglietto.
"Che carino! Cos'è?" chiese Sandra.
"È quello che mi piace" risposi, "è la scrittura! Mi piace tanto scrivere, ma mi vergogno."
"E se facessimo anche noi questa cosa?"
Sandra procurò foglietti e matite e tutti rappresentarono le loro passioni.
"Saremo colleghi!" mi disse Cosimo.
"Colleghi? Perché?" Cosimo mi porse il suo foglietto e vidi una macchina da presa con su scritto: "Ciack, si gira!"
"Ah, io scrivo e tu giri!" scherzai.
Sandra sul suo foglietto aveva scritto: "NON LO SO!" Chiara aveva disegnato una macchina da cucire e Mariano una barchetta, anche se non avevo idea di che cosa ci volesse fare.
Sembrò leggermi nel pensiero e disse: "Ci voglio portare in giro le persone."
"Cioè, sei un marinaio o qualcosa di simile?"
"Mi sto specializzando" rispose Mariano. "In particolare mi serve per una persona." Detto questo indicò Sandra e le diede un bacio di sorpresa.
"E tu, Ciro?" Sandra si voltò verso di lui e vide che sorrideva.
"Ecco" disse mostrando una faccia con un largo sorriso. Anzi, se quel disegno avesse avuto un suono sarebbe stata una risata vera e propria.
"Non lo so ancora con precisione, ma mi piacerebbe che il mio lavoro producesse un effetto di questo tipo" disse Ciro.
"Allora sei a posto perché questa cosa la fai anche gratis!" Mi vergognai dopo un secondo di quello che avevo detto ma lui sembrava contento di quelle parole.
Mi affrettai a correggermi: "Cioè, sei in grado di far ridere senza saperlo!"
"Ho capito quello che vuoi dire ed è una frase proprio degna di una ragazza sensibile alla quale piace la scrittura" disse Ciro sorridendo. Poi mi mostrò di nuovo quella faccia e per poco non mi prese un colpo quando la riconobbi: ero io! Quella era proprio la mia faccia!
"Ma... ma quella..." balbettai confusa.
"Quella sei tu, tesoro! La persona che più spero di far ridere adesso sei tu!"
Mi sentii investita da un forte calore.
Nessuno mi aveva mai detto quelle cose!
Un sorriso mi illuminò la faccia e mi arrivò da un orecchio all'altro. Ciro mi prese per mano e mi disse: "Hai visto? Era proprio quello che speravo!"
Mi prese anche l'altra mano e sentii il suo viso a pochi centimetri dal mio. Il cuore prese a martellarmi nel petto.
Lui, oltre ad essere molto bravo a strappare un sorriso, era un romantico.
Sentii il calore dell'emozione fondersi con quello accogliente della sua bocca.
I nostri corpi si strinsero, le nostre labbra si toccarono e restammo così per un tempo che mi sembrò lungo di fatto ma allo stesso tempo breve di desiderio.
Di colpo Ciro mi guardò e mi sussurrò: "Perdonami se ti ho messa in imbarazzo, ma non ho potuto resistere!"
"Non... non mi hai messa in imbarazzo."
Mi voltai appena e vidi che non eravamo l'unica coppia a baciarsi in quel momento. Ero rossa come un pomodoro e le mie guance, la mia fronte e la mia bocca avevano preso fuoco già da un po'.
"Hai le labbra più dolci della Terra!"
Quando lui disse quella frase tutto il mio corpo iniziò a dare di matto, il mio cuore, la mia faccia, le mie mani, ogni parte del mio corpo agiva per conto suo come se fosse capace di pensare da sé.
"Questa bocca è la più innocente che mi sia mai capitato di conoscere!" disse.
"Non mi stai dicendo una cosa da poco."
"No, ma lo dico perché lo penso davvero e ti conosco. Tu sei forte, ma allo stesso tempo sei così piccola e dolce."
"E tu sei un angelo" avrei voluto dire.
Peccato che come al solito rimasii muta come un... come un.. come qualsiasi cosa che non sia in grado di parlare. Ma perché mi accadeva proprio con lui?
Perché arrossivo, ammutolivo e avevo il batticuore proprio con lui che era così caro, così buono, non mi prendeva in giro e mi strappava sempre un sorriso? Molti ragazzi per scherzare mi facevano sentire in imbarazzo prendendomi un po' in giro. Lui invece si comportava in tutt'altra maniera: era come se avesse percepito come ero fatta, come mi sentivo, anche perché era sempre lui ad avvicinarsi, a salutarmi, a parlarmi...
Lui mi si avvicinava spesso, mi faceva cenni di saluto dalla finestra, mi dava la possibilità di stargli sempre vicino.
Era come se leggesse o sentisse i miei pensieri. Era un principe. Non sapevo se avesse percepito come mi comportavo a seconda delle situazioni o se quello fosse proprio il suo carattere, quello che sapevo era che in entrambi i casi i miei sentimenti per lui erano bellissimi e mi riempivano il cuore di emozione. Le sue carezze, le sue parole dolci, il suo modo di rassicurarmi o confortarmi quando ero triste o spaventata facevano diventare sempre più matto il mio cuore.
"Angioletti delle emozioni, vi prego di cuore, toglietemi di dosso la timidezza! Ve lo chiedo... per favore!"
La timidezza non mi lasciava far nulla.
Era sempre là, pronta a intervenire per frenare qualsiasi mia iniziativa, per quanto innocente questa potesse essere.
Ciro, da perfetto gentiluomo quale era, mi accompagnò a casa. Quando entrai in casa avevo il sorriso stampato io faccia e Lucia mi venne incontro e mi disse: "È un angelo il tuo Ciro, eh?"
"Sì, è un cavaliere, ma io sono una timida cronica! Perché divento muta con lui che invece è sempre così gentile?"
"Non demoralizzarti per questo, tesoro. Lui ti conosce, te l'ho detto, sa bene che sei timida, non devi fartene una colpa e non devi preoccupartene troppo."
"Tu credi?"
"Non credo, io ne sono sicura! Goditi la felicità e al diavolo la timidezza!"
"Hai ragione, ma non sai quanto mi urti questa cosa, balbetto, arrossisco e non riesco a parlare quando lo vorrei."
Lei si avvicinò e mi strinse forte a sé sussurrandomi all'orecchio: "Vedrai, non durerà per sempre! Soprattutto con Ciro, perché lui è tanto buono con te!"
"Tu lo sai, spesso con i ragazzi mi sento in imbarazzo perché scherzano con me in un modo che mi mette agitazione."
"E lui? Come ti fa sentire lui?"
"Lui mi tratta bene, è sempre dolce, mi piace il modo in cui mi chiama, mi dice qualsiasi cosa, come è premuroso con me e come mi tranquillizza quando ho paura o mi conforta quando mi sento triste."
"Quindi per te Ciro è un protettore."
"È un protettore, un angelo... Tutto!"
"Ah, allora la cosa si fa molto seria!"
"Oh santo cielo! Che cosa devo fare?"
"Prima di tutto non devi sentirti la persona più egoista del mondo! Se Ciro ti vuole bene, e te ne vuole altrimenti non avrebbe agito come ha agito, non ti devi sentire in colpa, non c'è motivo."
Le sue parole mi fecero salire il morale alle stelle e le gettai le braccia al collo come ringraziamento. I miei occhi dovevano essersi illuminati.
Lo capivo perché Lucia mi guardava e sorrideva.
"Non potevi essere più fortunata!" mi disse. "Un ragazzo molto generoso che, oltretutto, ricambia i tuoi sentimenti."
"E non dimenticare che lo vedo tutti i giorni! Non tutti sono così fortunati!"
Poi, però, mi venne in mente una cosa.
"Io sono fortunata, ma non credo di meritarlo perché non sono capace di dare frutto alle concessioni del destino."
"Se così fosse non avresti accettato di giocare al gioco della bottiglia e meno che mai di dare un bacio sulle labbra a Ciro davanti a tutti!" mi ricordò lei.
Mi rividi davanti il mio primo bacio. Sentivo il calore di quella stretta, il mio cuore e quello di Ciro battevano a ritmo di musica, la musica più bella. Il mio viso era rosso ma sorridente. I miei occhi erano illuminati dalla gioia che mi aveva portato quell'emozione. E quello che Ciro mi aveva detto dopo il bacio, poi? Era stato bello, così bello!
Andai in camera mia, mi misi a letto e depositai il mio cartellino accanto a quello di Ciro perché lui alla fine me lo aveva regalato. Guardavo quel volto sorridente e il mio cuore era impazzito, batteva così forte, così forte da sembrare un piccolo motoscafo.
Mi svegliai molto presto e mi venne una gran voglia di andare nel mio rifugio.
Presi un quaderno e una penna, li misi in uno zainetto e scesi silenziosamente le scale per non svegliare gli altri. I miei fratelli, però, erano già svegli.
"Dove vai, Cari?" chiese mio fratello.
"Qui vicino, nel rifugio sull'albero."
Tommaso sapeva tutto, quindi non dovevo preoccuparmi di nascondere niente. Lui mi vide con lo zainetto e mi disse: "È il momento dello sfogo su carta, vero?"
"Sì" risposi sorridendo, "è il momento. Lo sai, riguardo a queste cose non mi trattengo in nessun modo, neanche quella strega che è sempre con me ci riesce."
Appena uscita dal cancello di casa mia, sentendomi tranquilla, presi a correre.
Arrivai in quel posto che non era molto distante da casa mia. Raggiunsi l'albero e, con le gambe che tremavano, iniziai a salire. Ci andavo spesso, quindi stavo facendo un po' di pratica.
Arrivai alla casetta, aprii la piccola porta ed entrai nel mio posto speciale.
Sedetti sul pavimento di legno. Faceva un po' freddo là dentro, ma a me faceva sempre piacere stare in quella casetta.
Presi il quaderno e la penna e iniziai a scrivere. Scrissi quello che pensavo.
"Lei tiene tanto a lui perché ha tutto quello che le piace: è dolce, simpatico, sensibile, affettuoso e premuroso, ma lei non ha il coraggio di dirgli che è uno dei pochi ragazzi con cui non si sente in imbarazzo, ma allo stesso tempo è l'unico che le fa vibrare il cuore."
Di colpo mi venne un'idea. Forse avrei potuto dirgli quello che pensavo di lui senza essere costretta a parlare. Forse potevo dargli quel foglio di quaderno sul quale stavo scrivendo! Non sapevo cosa fare, perché non avevo idea di come dargli quel foglio di quaderno.
Decisi intanto di scrivere, poi avrei pensato a un modo per farglielo trovare.
"Lui è un ragazzo che sa scherzare, ma non prende in giro nel farlo e non la fa sentire in imbarazzo. Lui è un ragazzo che sa rassicurarla e confortarla. Lui è un ragazzo che, con i suoi gesti di premura, sa farle apprezzare la febbre."
Sentii molta pace, molta tranquillità in quella casetta sull'albero e il cuore mi si riempì di calma come mai prima di allora. Attraverso una minuscola finestra sul lato che avevo aperto entrò un soffio di vento che mi scompigliò i capelli e mi passò sul viso come fosse stata la carezza di una mano gelida. Mi appoggiai ad una delle pareti e tesi la mano sinistra verso l'esterno. Quando lo feci sentii il tiepido calore di un Sole appena sorto e quella carezza sulla mia mano mi fece rilassare e mi addormentai tranquilla come una bambina.
Aprii gli occhi e mi accorsi che era giorno fatto. Di colpo ricordai che i miei genitori, se Lucia e Tommaso non gli avessero detto nulla, si sarebbero preoccupati. Raccolsi in fretta e furia le mie cose, mi misi lo zaino in spalla e scesi in fretta da quell'albero. Mi gettai a capofitto in una corsa verso casa e mi fermai solo quando arrivai davanti al cancello. Tirai fuori le chiavi, aprii e corsi in casa. Per fortuna ero stata attenta a non mettere le mani al posto sbagliato e non mi ero sporcata altro che le mani per salire.
I miei non sapevano niente del rifugio.
Pensai che fosse opportuno avvertirli.
Poi mi venne in mente un'altra cosa: il foglietto. Come avrei potuto darglielo? Avevo scritto tutto, anche il mio problema di timidezza, prima di chiudere gli occhi. Speravo che lo leggesse e lo apprezzasse. O almeno che non gli suonasse come una scortesia. No, niente ripensamenti! Dovevo dargli quel foglietto e non ci avrei ripensato come avevo sempre fatt. Non ne potevo più. Rilessi il foglietto e mi soffermai sull'ultima parte: "lei vorrebbe dirgli tutto quello che sente, ma ogni volta che lo vede il suo cuore batte fortissimo, le sue guance diventano rosse e si surriscaldano, le tremano le gambe e le manca la voce. E lei soffre solo per quello perché sente di essere sciocca e ridicola per le sue reazioni e vorrebbe parlare con lui, gli vorrebbe fare delle domande senza pentirsene un attimo dopo, vorrebbe dirgli quello che sente senza pensarci troppo, ma la timidezza non fa sconti.)
Poi trovai un modo per consegnare a Ciro quel foglio. Spesso andavo a portare delle cose a sua sorella Flora, una mia compagna di classe, e avrei potuto darlo a lei. Avevo saputo dopo molto tempo che erano fratelli e con lei avevo uno splendido rapporto, quindi non mi sarei sentita troppo imbarazzata.
Dovevo restituirle un libro e decisi di infilarvi il biglietto. La incontrai mentre uscivo e le porsi il libro. Ero molto agitata all'idea di dare a Ciro quel biglietto, ma questa volta non avevo alcuna intenzione di retrocedere.
"Cari, va tutto bene? Ti vedo nervosa. C'è qualcosa che non va?"
"No, niente. Solo che all'interno del libro che ti ho dato c'è una cosa che vorrei che dessi a tuo fratello, sempre che per te non ci siano problemi, però!"
"Stai tranquilla, Cari! Ci penso io."
Corsi via dopo averle lasciato il libro e le feci un cenno come ringraziamento.
Tornai a casa e mi chiusi in soffitta.
Lucia venne a chiamarmi poco dopo e mi chiese: "È successo qualcosa, tesoro?"
"Diciamo che ho fatto sapere tutto a Ciro" dissi.
"Cioè? Che cos'hai fatto?"
"Gli ho mandato uno pseudo biglietto in cui gli spiego tutto quello che provo."
"Per questo sei così agitata! Ma non ce n'è bisogno, piccola mia! Ciro ti vuole bene e sono più che sicura che se quello che hai scritto è quello che dici sempre a me lui ne sarà molto felice."
"Tu credi davvero che gli farà piacere? Davvero?"
"Ma è ovvio che gli farà piacere, Cari! Non devi preoccupartene tanto."
"Non credo sia così ovvio! Non perché non mi fido di te, ma perché nod mi fido di me stessa, capisci? Non mi fido..."
"Ma non solo per quello che scrivi! Ne sono convinta perché si vede che lui ti ha presa a cuore, che ti vuole bene..."
Lucia mi abbracciò forte e mi sorrise.
"La mia piccola è proprio innamorata!"
Lucia mi chiamava spesso in quel modo.
Mi piaceva tanto quando diceva così. I miei occhi brillavano per l'emozione.
Non dovetti aspettare molto per ricevere la risposta di Ciro al mio pseudo biglietto. Vidi dalla finestra un foglio gigante, a forma di cuore, sul quale era scritto: "Anch'io ho trovato il mio angelo. Ti ricordi quando dicesti che degli angeli non c'è da aver paura riferendoti a me? Beh, vorrei dirti il nome del mio angelo: si chiama Carina."
"Carina!" Mi si fermò quasi il cuore.
Carina era il mio nome! Quell'angelo dunque ero io? Si stava riferendo a me?
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