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9. Niente donne per il mercenario


André


«Non ci posso credere! Hai guardato in un libro di magia nera!» urlò il principe al mercenario, in groppa al cavallo, mentre il vento gli sferzava i capelli di un tenue color carota. Ma poi si zittì immediatamente, forse perché per poco non si mozzava la lingua con i suoi stessi denti.

«Voi me l'avete dato!» ribatté lui, dando un colpo di redini al manto del suo destriero, per spronarlo a mantenere la velocità. «E poi come facevo a sapere che era di magia ner...ah!» continuò, per poi mordersi la lingua.

«C'era scritto! Sulla copertina!» esclamò, facendo attenzione a non parlare quando il cavallo balzava. Dietro di loro, li seguiva con scioltezza, ma sembrava che il mago potesse cadere e spiaccicarsi al suolo da un momento all'altro, perché si ancorava al manto del cavallo tanto forte da infilare le unghie nella pelle dell'animale.

«Be', scusa se non so leggere!» sbottò, alzando gli occhi al cielo per poi indicarsi la lingua sanguinante. Il principe inarcò un sopracciglio.

«Non sai leggere?!» il tono assolutamente sorpreso di Francis fece sbuffare l'altro.

«Ti spiacerebbe smettere di parlare mentre scappiamo?» sbottò, per poi sbattere ancora più furiosamente le briglie contro lo stallone, superando tutto il gruppo per galopparci davanti. Era così arrogante che non avrebbe ammesso la sua ignoranza ancora una volta.


***


La mattina seguente, reduci da una rocambolesca fuga e una breve sosta nel bel mezzo degli alberi, ci fermammo in un piccolo villaggio, tanto piccolo da non recare neppure il suo nome su un cartello. Diversi paesani sostavano fuori dalle capanne, con mandrie di cavalli sparsi in sporadici gruppetti fra le varie casette. Non c'era un gran via vai, ma non era neppure un posto isolato: sembrava tanto un villaggio di transizione, un posto dove i viaggiatori come noi sostavano per cibo e per rifornire le provviste di viaggio. Nei pressi del negozietto di un mercante, il mercenario smontò da cavallo, ed io lo seguii a ruota.

Alzai gli occhi verso Rhod, che aveva il volto distorto da una smorfia. «Hai bisogno di una mano per scendere?» chiesi, guardandolo ancora appiccicato al suo cavallo. Lui scosse fortemente la testa, per poi tentare di divaricare le gambe per smontare. Ma il suo piede si impigliò nella sella, e così cadde faccia a terra.

«Tutto a posto?» chiesi, mentre mi chinavo verso di lui per assicurarmi che non si fosse fatto male.

«S-sì.» alzò il viso dal terreno, massaggiandosi il naso piccolo e sporco di terriccio. Gli diedi la mano, invitandolo ad alzarsi, e lui la guardò dapprima un po' sorpreso, poi però l'afferrò senza dire nulla.

Mi stavo stranamente slacciando con lui. Era raro per me rivolgere la parola o anche solo toccare qualcuno, quando non c'entrava con il mio lavoro d'erborista. Mi tenevo rigorosamente lontano dalla gente, cercando di farmi coinvolgere il meno possibile. Perché era meglio così. Per me e per tutti.

Una volta in piedi, gli rivolsi le spalle cercando di darmi un contegno, raggiungendo il mercenario, che sembrava avere l'intenzione di entrare nel negozio.

«Non notate nulla di strano?» disse, guardandosi intorno.

«Nessuno indossa cappelli rossi?» azzardò il principe, incrociando le braccia. Il corvino increspò le labbra in un sorriso.

«Ma dai?» ridacchiò. «Non ci sono donne!» continuò, mentre scrutava le masse di viaggiatori e popolani, che si mescolavano tra loro senza far capire chi fosse chi.

«Un'osservazione piuttosto inaspettata, da parte tua.» dissi, con il mio solito tono inespressivo.

«Ehi, non fare battute con quella faccia impassibile!» sbottò lui. «Mi fai venire voglia di prenderti a pugni.» continuò, scoccandomi un'occhiataccia, per poi scuotere la testa. «Vado a comprarmi una pietra per affilare le armi. Voi rimanete qui.» E quindi si avviò verso quella sorta di bottega. Senza seguire il suo consiglio, gli andai dietro, anche perché avevo bisogno di un mortaio più piccolo di quello che mi ero portato dietro, e magari di legno, invece che di pietra, così da ridurre il peso nelle borse.

L'interno del luogo era di pietra grigiastra e un po' sporca, dando l'impressione che il luogo fosse abbastanza vecchio. La merce era esposta su scaffali di legno, mentre varie cibarie erano riposte dentro cestelli di paglia, su cui troneggiavano cartellini che ne riportavano il nome. Cyran smozzicò un saluto e il mercante gli rivolse un cenno del capo.

«Cosa vi occorre?»

«Una pietra per affilare la mia spada.» rispose il mercenario, mentre io mi limitavo a rimanere in silenzio, facendo scorrere lentamente gli occhi sulla merce. Da un filo di ferro teso lungo il muro pendevano recipienti colmi di limoni verdi e fragole rosse. Il mercante trafficò fra la merce del suo negozio. «Senti, tizio...» continuò Cyran. «perché non ci sono donne?» domandò subito dopo, senza mezzi termini. L'uomo si fermò dal cercare l'oggetto per il mercenario.

«Viaggiate con delle donne?» chiese, rimanendo di spalle.

«No.» parlai io, spostando la mia attenzione dagli oggetti all'uomo.

«Ah, ne sono lieto.» disse lui, voltandosi verso di noi con la pietra in mano e un sorriso di finta cortesia in faccia. Avevo passato anni a fingere quei sorrisi, per cui non era difficile riconoscere quando qualcuno li riproduceva.

«Che vuoi dire?» domandò il moro, alzando un sopracciglio. L'uomo strinse la bocca in una linea sottile, tanto che i suoi baffi la coprirono.

«Non voglio guai, prendete questa pietra e andatevene.» sbottò, cambiando totalmente tono di voce per poi sbattere l'oggetto sul bancone e fare un cenno della mano per ricevere il pagamento. Cyran aggrottò la fronte ma lasciò una moneta, prendendo ciò che aveva appena acquistato per poi uscire con un'espressione confusa stampata in faccia.

«Oh, finalmente!» esordì il principe, una volta all'esterno. Il mago era dietro di lui, gli occhi blu elettrico rivolti a terra e il volto nascosto dietro alle treccine poste davanti alle orecchie. «Allora, avete comprato qualcosa di carino?»

«Se per carino intendi questo.» Il mercenario scosse la solida lastra di pietra nonostante tutto maneggevole, che gli sarebbe servita per affilare l'arma che portava a tracolla sulla schiena.

«Nessun regalino interessante?» mormorò il rosso, guardando perplesso l'oggetto. Il mercenario gli si avvicinò, con un ghigno stampato sul viso, per poi scostargli i capelli dagli occhi.

«Se vuoi, posso sempre regalarti me stesso.»

A quel punto, persi completamente interesse nella loro conversazione e mi avvicinai al mago, che teneva gli occhi bassi.

«C'è qualcosa che non va?» chiesi, cercando di acchiappare il suo sguardo col mio. E, per qualche inspiegabile motivo, gli posai le mani sulle spalle. Solo a quel gesto, alzò velocemente lo sguardo verso di me. Sempre con quell'espressione imperturbabile sul viso, strinsi le labbra e gli tolsi le mani di dosso. Come era possibile?

Non riuscivo a capire come mai, dopo tanti anni passati ad evitare la vicinanza con le persone, il mio corpo volesse invece ribellarsi. Sì, perché per qualche strano motivo, quando guardavo quel mago, mi veniva voglia di toccarlo e di urlargli di guardarmi. Forse perché era come me. Perché anche lui sembrava evitare un contatto con il resto del mondo.

«N..n..no.» balbettò, alzando per la frazione di qualche secondo gli occhi blu verso i miei, per poi abbassarli fulmineo. Aprii le labbra, come per volerlo rassicurare, ma poi le richiusi, senza capire il perché di quel comportamento. Dopo, all'improvviso, successe qualcosa di inaspettato.

«ATTENTI ARRIVANO!» Gli uomini che popolavano le strade, ben presto iniziarono a correre come matti per le vie, cercando possibili rifugi e abbandonando qualsiasi cosa si portassero dietro.

«PRESTO FUGGIAMO!» urlò qualcuno, assieme al gran caos di porte che sbattevano, persone che inciampavano l'una sull'altra e grida d'allarme.

«METTETE IN SALVO LE DONNE!»
Mi guardai intorno, analizzando le strade che ci circondavano.

«Cosa succede?» domandò Francis, alzando le mani in due pugni improvvisati a mo' di autodifesa, senza accorgersi di avere una spada allacciata al fianco e riposta nel fodero.

«SCAPPIAMO! VIA! VIA!» gridò uno degli ultimi rimasti nel villaggio, che ora si chiudeva a chiave la porta alle spalle. Immediatamente, ci accorgemmo di essere rimasti soli in una strada deserta.

Cyran mise mano alla spada, voltandosi verso il principe. «Monta a cavallo.» Poi si girò verso di me. «Fioraio, stagli vicino.» Sorvolai ancora una volta sul suo simpatico soprannome e montai a cavallo subito dopo il principe, sedendomi dietro di lui sulla sella. Non mi dava poi tanto fastidio il fatto che cercasse di prendermi in giro. Semplicemente non poteva importarmene di meno. «Mago. Dimostrami che ci sai fare e dammi una mano.» continuò, sfoderando la spada e facendola roteare sulla testa, probabilmente giusto per mettersi in mostra.

Immediatamente, dalle strade spuntarono gruppi di uomini vestiti di blu, con grandi copricapi dotati di corna d'antilope. Iniziavo a stancarmi di tutti quei cappelli. Si gettarono contro al mercenario a spada tratta, mentre altri invece si dirigevano contro Rhod.

Per un momento pensai di smontare e correre da lui, che sembrava piuttosto intimidito dalla situazione, se non indifeso. Invece, intrecciò indice e medio, disegnando una X nell'aria. Subito, i suoi nemici vestiti di blu vennero sbalzati a qualche metro di distanza. Cyran tentò un affondo contro uno di loro che, per proteggersi, rotolò sull'erba. Poi si voltò verso uno alle sue spalle e tentò un affondo, che affettò l'aria, perché il suo aggressore era sparito. Tutti gli uomini vestiti in blu erano spariti.

Sbattei le palpebre.

«Ma che accidenti...» Il mercenario girò su se stesso. «Avete appena visto anche voi?» chiese, le sopracciglia alzate, gettando uno sguardo verso di me e il principe... che non c'era. Ero talmente concentrato a controllare che il mago non si facesse male nel combattimento, che non avevo proprio notato ciò che succedeva davanti ai miei occhi. «Dov'è il principe?» disse, notando il vuoto davanti a me. «Francis!» gridò. «FRANCIS!» Dopo, imprecò sonoramente.«Dannazione! Tu dovevi controllarlo!» urlò verso di me, mentre smontavo da cavallo e lo guardavo distrattamente.

Mi afferrò per il bavero della camicia e mi rivolse un'occhiata furente, mentre io scrollavo le spalle. Non è che non mi dispiacesse per il principe, ma mi sembrava esagerata la sua scenata. Il mago mi rivolse una breve occhiata, prima di spiaccicare nuovamente lo sguardo al suolo. Invece, Cyran sbuffò e si mise le mani sui fianchi.

«Già dobbiamo salvare una principessa. Adesso anche il principe?!» sbottò, stringendo l'elsa della spada tanto forte da farsi sbiancare le nocche. Dopo, si diresse come una furia verso la bottega del mercante, ed io lo inseguii insieme al mago, che mi stava dietro impaurito.

Aprì la porta con un sonoro calcio, che per poco non fece tremare l'intera caparra e, ancora con la spada nella mano, sbatté contro una botte il grasso negoziante, puntandogli la lama dello spadone sotto il collo.

«Hanno preso un mio amico. Chi sono quelli? Dove sono andati?» ringhiò, intuendo subito che quel tizio, così come tutti i paesani, sapeva qualcosa. L'uomo deglutì sotto la pressione della lama, ed io non feci niente per calmare i modi bruschi del corvino.

«Sono la setta dei Mistici, venerano Somnus, Dio dei sogni.» Si divincolò sotto l'arma. «Probabilmente ora saranno già al tempio del Dio. E' il solstizio, i mistici hanno bisogno di una vittima. E' la ragione per cui nascondiamo le nostre fanciulle, credevo lo sapeste!»

«No. Ho visto una strana luce nei tuoi occhi quando siamo arrivati al villaggio.» sibilò lui, mentre le sue iridi color lava parevano bruciare. «Dimmi cosa gli faranno!» ringhiò, sbattendo nuovamente la testa del negoziante contro la botte con un sonoro tonfo. A quel punto mi avvicinai un po' di più.

«Basta, ti supplico!» pregò lui. «Sei troppo forte per un povero mercante come me.»

«Allora rispondi!» disse, rincarando la dose di forza per schiacciarlo ancora di più contro il legno massiccio.

«Durante il solstizio, i Mistici scendono dalle montagne e rapiscono una fanciulla. O in questo caso fanciullo.» aggiunse. «E noi... non le abbiamo mai più riviste.»

Per un momento mi sentii quasi in colpa per l'accaduto. Ma poi il sentimento, con la stessa velocità con cui era arrivato, svanì. Cyran imprecò fra le labbra. «Non c'è un modo per arrivare a loro? Per fare qualcosa?» disse, stringendo gli occhi ed allentando la presa.

«Sì...» rifletté per qualche momento il suo interlocutore. «Sì. Potete andare da un vecchio membro della setta, un cieco.» Continuò ad annuire fortemente. «Se ne avete il coraggio.»

«D..d..dobbi..amo d..d..dav..vero a..a..ndarci?» biascicò il mago, a bassa voce, in modo che solo io potessi sentirlo.

«Temo di sì.» risposi, mentre il mercenario usciva dal negozio con la stessa furia con cui era entrato.


***


A non troppa distanza, raggiungemmo l'unica casetta che giaceva solitaria al limitare del bosco. Notammo subito l'uomo che trafficava con le ceste nel giardinetto rovinato e abbandonato della sua capanna.

«Chi siete?» disse, udendo il rumore dei passi sul terriccio. «Sono solo un povero cieco, ma questo non mi impedisce di avvertire il pericolo prima di chiunque altro.» Sfoderò un pugnale che teneva allacciato alla cintura. «Ditemi i vostri nomi, stranieri.» e puntò il coltello nell'aria, senza poterci vedere. Il mercenario si avvicinò all'uomo.

«Non hanno importanza. Perché non ci parli dei Mistici?» chiese, mantenendo un tono calmo che non mi aspettavo, da uno come lui. Il cieco rimase in silenzio per qualche minuto, come indeciso fra il lasciar trapelare informazioni o meno.

«Sono malvagi. Uomini corrotti che obbediscono a Sanxo, lo spietato sacerdote di Somnus.» Guardò un punto indefinito nell'aria, con la faccia rivolta al corvino. «Io posso dirvi tutto.» Si strofinò le mani con fare preoccupato, come se non riuscisse a stare fermo. «Appartenevo alla setta, quando era ancora pura.» Prese un profondo respiro, il tono pieno d'amarezza. «Ma perché me lo chiedi?» Si fece di un passo più vicino a Cyran, tuttavia con lo sguardo rivolto al suo petto, invece che alla sua faccia. «Chi sei?»

«Sono un semplice viaggiatore. Hanno rapito un mio amico e devo liberarlo.» spiegò lui, contraendo la mascella e sottolineando quel devo. Come se la cosa fosse di sua responsabilità, e non nostra. Le sopracciglia dell'uomo si contorsero con apprensione.

«E' stato scelto come sposo di Somnus, perderà la sua innocenza nel sangue.» disse, con tono cantilenante, come se si trattasse di una profezia.

«Che cosa vuoi dire, vecchio?» domandò, il tono che iniziava a farsi più brusco. Il mago mi afferrò inaspettatamente la mano, ed io in un primo momento fui quasi tentato di allontanarla. Ma, una volta che il suo palmo fu a contatto con il mio, non ci riuscii. Mi strinse forte, e pareva molto preoccupato dalle svolte che la situazione stava prendendo.

«Scommetto che il vostro amico non ha mai ucciso. Sarà costretto a superare una serie di prove. Dovrà uccidere con l'inganno per sopravvivere.» Chiuse gli occhi, gettando fuori un respiro grave. «E non appena lo farà, verrà sacrificato.»

«L-lo s..s..s..apevo.» biascicò il mago, forse a me, forse a se stesso. Sembrava dispiaciuto, perché il suo tono non era esattamente quello di chi era a conoscenza della situazione. Era dispiaciuto perché non era riuscito a prevederlo.

A questo punto, il mercenario annullò la distanza che separava lui dal vecchio, e il suo sguardo si fece truce.

«Tu sai dove si radunano. Portaci là.»

«Ve lo sconsiglio. E' un luogo nascosto nelle montagne e protetto da una schiera di armati.» L'uomo gli tastò le braccia, cercando di mettergli le mani sulle spalle, decisamente troppo in alto per lui. «Ci vorrà troppo tempo. Per riuscire a penetrare là il vostro amico sarebbe già morto.» Si «A meno che...» Voltò lo sguardo verso di noi. O più precisamente, verso Rhod. «Un mago, vero? Riesco a sentire la tua energia.» Il bruno mi lasciò la mano per avvicinarsi al vecchio, ed io avvertii una strana sensazione. Come di freddo, nel punto in cui mi aveva lasciato. «Sì, grazie a te, ci sarà un modo.»


***


Aspettammo fino all'imbrunire, quando il cielo divenne scuro e la luna piena si levò in alto. L'uomo ci accolse nella sua capanna, dove accese il fuoco in un piccolo camino e riempì il tavolo di bottiglie, scodelle, pozioni ed erbe.

«Erborista, dunque.» disse, ricordando le parole che gli avevo rivolto per metterlo a conoscenza del mio mestiere. «Il tuo aiuto sarà fondamentale.» continuò, mentre ordinava a Cyran di stendersi su un letto. Rhod cercava una formula precisa fra i suoi libri di incantesimi, mentre sfogliava furiosamente le pagine.«Non troverai mai una formula del genere fra i tuoi libri.» parlò dopo, prendendo una piccola pergamena dagli scomparti di un armadio di legno dall'aria rovinata, piena di buchi e bruciature. Gli porse il pezzo arrotolato di carta. «Segui queste parole. Avrei anche condotto io il rito, ma dopo aver lasciato la setta, ho perso tutti i poteri che il Dio Somnus mi aveva conferito.» confessò, mentre il mago annuiva e accoglieva la pergamena con delicatezza fra le sue piccole dita.

Dopo, il cieco mi ordinò di riempire una bacinella di bronzo con una pozione scura, violacea, che profumava di papavero.

«Nel mondo dei sogni, ci sono diversi percorsi.» esordì, mentre io gli porgevo la bacinella e lui si sedeva accanto al letto, vicino a Cyran. «Ma è possibile seguirne solo uno da un estremo all'altro. E affinché ciò avvenga, bisogna superare il mondo corporeo.»

«Sarà difficile?» chiese lui, mentre sollevava le spalle dal materasso ed incrociava le gambe lungo il letto, con l'aria di qualcuno che stava prendendo bellamente il sole.

«Quello che accade in sogno avviene solo nella tua mente.» disse, guardando un punto indefinito del muro, l'espressione seria e allo stesso tempo cupa in volto. «Entrerai nel regno di Somnus, dove niente è a lui sconosciuto. Ricordati che cercherà di fermarti.» Gli porse la bacinella. «Ora bevi questo.» invitò.

La pozione aveva un aspetto davvero poco invitante, ed anche l'odore non presagiva nulla di buono. Anche se l'avevo preparata io, non conoscevo gli ingredienti di quel singolare composto, e non ero sicuro di quello che stesse facendo. Sapevamo solo che, dai racconti dell'uomo, le prove del principe si sarebbero svolte in sogno, e in sogno il mercenario avrebbe dovuto raggiungerlo per salvargli la vita.

Cyran prese un lungo respiro, fissando il liquido violaceo e vischioso. Guardai per un po' Rhod, che studiava con attenzione le parole sulla pergamena. Se fosse stato rapito lui, anche io mi sarei buttato nel pericolo come il mercenario? Forse. Ma non ero il tipo adatto a salvare qualcuno. Una volta ci avevo provato, e non era finita bene.

«Stenditi.» continuò il cieco, quando Cyran buttò giù tutto d'un colpo la pozione, storcendo le labbra in una smorfia di disgusto.

«Non mi starai avvelenando, vero, nonnetto?» domandò, mentre poggiava la testa sul cuscino e chiudeva lentamente gli occhi. Corsi ad accendere le candele che circondavano il letto e che giacevano sui davanzali delle finestre.

«E' una pozione ipnotica. Non appena il tuo spirito intraprenderà il viaggio nel sogno, il tuo corpo inizierà a perdere i fluidi vitali. Ma questo preparato ti manterrà in vita più a lungo.» spiegò, mentre mi porgeva una grande tinozza e mi incitava ad immergere una pezza bagnata dentro l'acqua gelida.

«Quanto tempo ho?»

«Meno di una notte, ricordalo.» Bagnò anche lui una pezza, per poi strizzarla direttamente sopra al corpo del mercenario, che aveva lasciato il torso scoperto, in modo che la pelle potesse essere bagnata e inumidita con facilità. Dallo straccio, l'acqua sgocciolò e seguì la traiettoria del muscoli del corvino. «Devi trovare il varco che ti permetterà di ritornare dal mondo dei sogni.» Iniziai a passare sulle sue braccia il panno bagnato, occupandomene principalmente.«Quando l'avrai superato, il tuo corpo si ricongiungerà allo spirito.» Ritornò a bagnare la pezza nell'acqua. Gli occhi di Cyran si chiusero completamente.«Altrimenti... morirai. Ma noi veglieremo su di te, e il mago pronuncerà l'incantesimo che ti guiderà. Puoi fidarti di noi.»

A quel punto, fece un cenno con la testa a Rhod, che si avvicinò, con la pergamena dinnanzi e una piccola scodellina ripiena di polvere viola.

«Questo, è il fuoco dei sogni.» pronunciò, schioccando le dita. La polvere esplose e subito un fuoco di un vivo colore viola divampò nella scodella. «Questa, è la chiave!» continuò, passando una mano sul fuoco e chiudendo poi un pugno fra le fiamme.

«Somnus sa cosa vogliamo fare.» ci disse il vecchio cieco, per poi inginocchiarsi ai piedi del letto e sussurrare a Cyran: «Ascolta quello che ti dico. Cercherà di usare la tua mente contro di te, ragazzo. Se riuscirai ad impedirglielo, lo sconfiggerai. Non potrai tornare indietro, dovrai sconfiggere i fantasmi del tuo passato.» Guardò nuovamente il mago, mentre la testa del mercenario ciondolava di lato, segno che doveva essersi ormai addormentato. La pozione aveva fatto effetto. «Che gli Dei siano con te.»

A quel punto, Rhod chiuse gli occhi e passò una mano sopra al viso di Cyran, iniziando a cantilenare parole sconnesse che non avevano alcun senso logico.

«Rüya, rüya, loy rirgöste
gingez gitmek gerekir
Haperyalest kuuy dirvar
yol stegörir, rüya rüya
»

«Continua a bagnarlo, dobbiamo tenere il suo corpo al fresco e fare in modo che la temperatura non aumenti.» mi sussurrò il vecchio, mentre io immergevo lo straccio nell'acqua gelida e tamponavo la fronte e il collo del mercenario, che dormiva profondamente e non dava segno di svegliarsi.

I minuti passavano, e con loro sembrava che il tempo non scorresse mai. Il mercenario sudava copiosamente, e il suo petto si sollevava e si abbassava velocemente, come se stesse facendo un terribile incubo. Rhod invece teneva gli occhi aperti, spalancati, e il loro colore blu era come acceso, perché brillava di luce propria, mentre continuava la litania con fare cantilenante.

Cyran iniziava a diventare sempre più caldo, come se la febbre stesse pian piano prendendo le redini del suo corpo. Dovevano essere passate ormai più di quattro ore, quando mi parve così bollente da dover intervenire. Corsi al tavolo, sperando di trovare l'occorrente. Mi rimboccai le maniche della camicia fino alle spalle, inforcando gli occhiali rotondi, mentre i miei occhi guizzavano per cercare gli ingredienti giusti.

Non trovandoli, corsi in quello che doveva essere la cucina e cercai fra le mensole e gli scaffali rotti dell'aceto, che non feci fatica a trovare in un barattolo coperto dalla polvere. Tornai velocemente nella camera da letto, mescolai il liquido con dell'acqua ed effettuai delle spugnature rapide sui polsi, sulle caviglie e sui polpacci.

«Vattene via...» mormorò lui nel sonno, e probabilmente delirava.

«La sua temperatura sta aumentando troppo.» osservò il vecchio, una traccia di apprensione nella voce apparentemente calma e decisa, mentre velocizzava la procedura versando piccole quantità d'acqua gelata in determinati punti sul corpo del mercenario.

«Perché ci stai aiutando, vecchio?» chiesi, dandogli una mano nell'operazione, mentre la cantilena di Rhod ci faceva per tutto il tempo da sottofondo.

«Perché la setta va fermata.» spiegò, in modo secco e convinto.

Rimasi per un attimo a fissare il mago, i luminosissimi occhi blu, le labbra che si muovevano costantemente a pronunciare quelle parole senza alcun senso. Lo ammiravo. Era un ragazzo per qualche strana ragione timido, faceva fatica a parlare con le persone. Per la prima volta mi chiesi chi fosse, cosa nascondesse alle spalle, cosa lo portasse ad essere così insicuro e allo stesso tempo così potente. Ebbi la voglia irrefrenabile di sapere di più su di lui. Indugiai con gli occhi sul suo viso, chiedendomi ancora come riuscisse ad intonare l'incantesimo da ben oltre quattro ore senza bloccarsi o sentire il bisogno di bere.

Mentre facevo quel pensiero, la porta si spalancò all'improvviso a causa di un calcio violento. E, con gli occhi ancora sul volto del piccolo mago, vidi una punta di metallo spuntare dalla sua fronte. La pezza mi cadde dalle mani, mentre il vecchio sobbalzava e si voltava verso i nuovi arrivati: alcuni membri della setta dei Mistici, armati fino ai denti. Dovevano essersi accorti della nostra bravata.

Però la mia attenzione non era rivolta a loro, ma al mago, che cadde a terra e non si mosse.

«No.» La sillaba mi salì sulle labbra ancor prima di averla pensata. Senza badare più al mercenario, senza badare al vecchio, o agli uomini che lo attaccavano, corsi verso di lui. Mi inginocchiai sul suo corpo.

I suoi occhi blu erano spenti e spalancati, e la freccia gli spuntava dalla fronte, trapassandogli il cranio da parte a parte.

«No.» sussurrai. Sentii alle mie spalle il rumore degli uomini vestiti di blu che sollevavano la spada verso di me. Ma io non feci niente, perché realizzai che il mago, quello che doveva accompagnarmi in un lungo viaggio, quello dall'aria timida e dolce, quello dallo sguardo minaccioso e spaventoso davanti ai nemici, ora non respirava più.

Era morto. 






❧❧❧❧❧❧

Un angolo di non giustificata nullafacenza ~

*siamo qui riuniti per celebrare la resurrezione dell'autrice*

Salve °v°

Sono in ritardo per l'ora del tè, ahia. Meh, comunque ho aggiornato xD E sì, questa volta il capitolo è solo da un punto di vista! Nel prossimo, ci sarà quello di Francis (un personaggio che amate molto! Ahahah) Che dire? Le avventure di questi quattro stanno ufficialmente prendendo piede!

Non mi dilungo troppo, perché mi sto ricordando giusto ora di avere dei compiti da fare (sono per la campagna pro studio notturno v.v) quindi spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Alla prossima! ^^


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