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pensiero 88

una volta mi assegnarono un tema su una persona cara in modo oggettivo e soggettivo, la descrizione oggettiva era abbastanza assente niente descrizione del volto, del fisico dei capelli, era molto soggettivo. Alcuni di voi wattpadiani lo hanno letto nella mia storia "un' amicizia inaspettata" dedicato a zia Carola. Adesso mi chiedo cosa uscirebbe se provassi a dedicarlo alla persona che ho riscoperto essere importante, rapporto che avevo semplicemente accantonato con il passaggio dalle medie al liceo, cambio di scuola, cambio di compagnia, stavo voltando le spalle all'ambiente che non mi era mai piaciuto, e di conseguenza anche alle persone conosciute in quell'ambiente...

Voglio parlare di lei R. era la mia infermiera alle elementari/ medie per sicurezza sono epilettica e all'epoca ero un caso più grave. Non ricordo esattamente da che anno delle elementari arrivò prima di lei c'era un'altra, di quest'ultima ricordo solo il nome. Comunque ero piccola e ricordo più che altro frammenti di vita, come il fatto che alle mensa -in cui mangiavo poco e niente-. lei  stava sempre  alla mia sinistra -se non sbaglio-  spezzava la rosetta per farmi mangiare qualcosa in più e poi ne chiedeva un'altra così che tornata a casa potessi farci merenda farcendola con la nutella -se in quel particolare pomeriggio c'era mia cugina la dividevo con lei.- Ricordo che per mia fortuna a scuola assenze o vere e proprie crisi non si sono mai verificate, il massimo era il sangue dalle pellicine, pelle indurita vicino l'unghia, ragadi, a farla breve la mia pelle, le mie dita, hanno  avuto sempre la peggio con l'arrivo del freddo. Così quando mi trovavo in infermeria lei mi chiedeva in tono scherzoso se non l'avessi fatto apposta per andare a trovarla, io sorridevo e non dicevo niente, ero timida e perché mai rompere quell'atmosfera ammettendo che il vero "colpevole" era il freddo mal supportato dalla mia pelle e una buona dose di stupidità andando a stuzzicare la pelle indurita in quei momenti in cui avevo bisogno di avere tra le mani qualcosa con cui giocare -solo al liceo nacquero le mie molle,ovvero fogli a4 ripiegati su se stessi come anti-stress personali- altrimenti a parte quella forma autolesionistica inconsapevole, le miei vittime erano le pagine dei libri scolastici più che altro gli angoli, un vero problema in effetti se poi dovevo ricercare la pagina da studiare ma avevo strappato l'angolo in cui c'era il numero della suddetta pagina. In ogni caso se usciva il sangue da queste piccole ferite non dicevo niente, l'avvolgevo in un fazzoletto e continuavo a seguire la lezione, finché il compagno che avevo accanto no se ne accorgeva e mi mandavano da lei.  E ricordo che ai rari eventi organizzati che si svolgevano in palestra lei girava con una borsa dell'acqua calda e non stava mai troppo lontana da me. Ricordo che mi faceva dei regali, anche se nello specifico  ne ricordo due. Ricordo che se mi dimenticavo di togliermi gli occhiali -da riposo- andando in palestra li prendeva lei e me li restituiva alla fina dell'ora. E più di tutti ricordo che una mia compagna mi aveva chiesto chi preferissi tra lei e l'altra .ci trovavamo sulle scale mentre andavamo a mensa- ed io più che risponderle sorrisi e mi girai a guardarla, suddetta compagna suppose che preferissi lei per i regali, aveva ragione preferivo lei ma non per i regali bensì  percepivo l'affetto e le attenzioni materne e il suo sorriso che sembrava non mancare  mai quando me le dedicava. Quel sorriso che fa brillare gli occhi , la parte più bella è che a quei tempi non era ancora una madre eppure si comportava già come tale per il semplice fatto che considerava me proprio come una figlia, da proteggere per farla stare più serena possibile.

Poi gli anni passarono, lei ebbe un figlio e passai dalle medie al liceo e così facendo accantonai tutto ciò che riguardava quel periodo, inclusi il mio rapporto monosillabico e di sorrisi timidi con lei. Poi ad ottobre scorso accadde qualcosa che mi spinse a riprendere i ricordi che mi legavano a lei, facendomi capire che ero grata per quell'affetto ricevuto e non ricambiato, che in un ambiente in cui ero sola, lei mi aveva fatta sentire amata le scrissi per dirle sostanzialmente io ci sono, e mi dispiace per ciò che è accaduto, e mi spiace ancora di più perché se non fosse accaduto io non avrei compreso che sei importante per me!

Non ho usato proprio queste parole, sono partita da me e ho cercato di arrivare ad un altro punto, per farle vedere un punto di vista dolce amaro rispetto ad uno totalmente amaro, ho cercato di trovare le parole, dove pensavo non ce ne fossero, ma se fossi stata una tra le tante ad ammetterlo avrei detto solo ci sono e per quanto potesse essere d'aiuto sapere di non essere sola in questo presente tragico non sarebbe stato abbastanza non per me, io forse qualcosa in più ho potuto dire. Anche se non è stato facile vari pensieri si sono rincorsi nella mia mente mentre pensavo a cosa avrei potuto dire come: è giusto, è sbagliato, sei anni di silenzio non saranno troppi? E se per quello che voglio dire sarebbe troppo presto?

L'ho fatto lo stesso ingoiando l'incertezza e per conclusione un non troppo semplice: se è realmente troppo presto, puoi anche non rispondermi.

Ma mi ha risposto e anche velocemente laddove a scrivere mi occorre mezz'ora a leggere si impiegano pochi minuti, infondo sei anni di silenzio non era troppi a quanto pare e ne è valsa la pena perché la gratitudine si è tradotta in affetto.

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