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CAPITOLO TRENTOTTO

Capitolo Trentotto: le anime gemelle.

"Mi dissi che amavi il mio sorriso,
suppongo sia per questo che me l'hai portato via per sempre." -Miriam j.

Missnöjd e Marthìn dormivano, di questo Cameron era sicuro. Suo padre lo aveva mandato a controllare che tutto fosse libero e che non vi fossero intoppi.

Nonostante si sentisse in colpa aveva acconsentito, avviandosi verso la stanza di suo padre.

Era così debole e malleabile che manipolarlo era stato facile, anzi: facilissimo.

La situazione era complicata, forse troppo per un ragazzo come lui: un amante della tranquillità e della pace.

Suo padre stesso aveva sempre professato l'amore tra umani, dispensando perle sulla tolleranza verso i cosiddetti diversi.

La verità era che Caspian non aveva mai amato o tollerato nessuno e non intendeva di certo iniziare a farlo ora.

Dopo la morte di Tommaso, Cameron era passato ancora più in secondo piano: ignorato dal padre e incolpato per la morte del fratello da tutta la sua comunità.

Ricordava ancora il fatidico giorno, il volto lacerato di Tommaso e quello soddisfatto di Styrkur. Non riusciva, nonostante la perdita affettiva, a incolpare totalmente la Serpe.

Per molto tempo aveva assistito alle continue provocazioni e alle tremende angherie che Styrkur aveva subito ed ora, finalmente arrivato ad una maturità psicologica, pensava che la sua reazione fosse stata quasi normale.

Cameron aveva quindi scosso la testa, tentando di non pensarci troppo. Voleva solo esser sereno e aiutare, ma aiutare chi? Fare da complice al padre lo disgustava, certo, ma non aveva altra scelta.

Al tempo stesso desiderava porre fine alla sofferenza di Marthìn, visto che Missnöjd non pareva particolarmente scossa dalla perdita della figlia, perché gli pareva a tutti gli effetti un buon uomo.

Sapeva che aiutarlo era però difficile, se non possibile, con suo padre di mezzo.

Il ragazzo aveva sospirato, bussando un paio di volte alla porta del padre per annunciarsi.

"Avanti." Il tono gli era arrivato alle orecchie talmente debole che per un attimo aveva pensato d'esserselo immaginato. Senza troppa convinzione aveva quindi aperto la porta, intravedendo immediatamente la figura composta di suo padre.

Sedeva davanti una larga scrivania marrone, nuova di zecca, con le braccia appoggiate parzialmente sulle gambe accavallate. Tutto in lui urlava dominio, comando, e Cameron non riusciva a impedire a se stesso di sentirsi intimorito.

Non era mai stato picchiato da suo padre ma l'indifferenza, ah l'indifferenza era ciò che più l'aveva colpito! Cameron era a tutti gli effetti un fantasma, in quella città: ignorato e scostato da tutti.

Tommaso era sempre stato il prediletto, il figlio preferito e il futuro sovrano in cui tutti speravano. Styrkur aveva portato via tutto ciò e la parte più irrazionale di Cameron ne era felice.

Non si capacitava di come tutti lo amassero ancora, dopo tutti quegli anni, e peggio: di quanto a nessuno paresse importare del fatto che Tommaso fosse, a tutti gli effetti, un bullo che tormentava i più deboli.

"Siediti." Caspian aveva puntato l'indice verso una delle due sedie poste davanti alla scrivania, sistemandosi meglio sulla propria seduta per darsi un'aria ancora più cupa. "Non ricevo notizie di Gabriele da ormai qualche giorno, credo che possa essergli accaduto qualcosa."

La prima cosa che Cameron aveva notato del padre era stata la mancanza di preoccupazione che traspariva dalla sua voce e dalla sua espressione. Era evidente che a Caspian non importasse nulla di Gabriele, così come era ovvio che egli gli fosse indispensabile.

Aveva passato anni e anni a manipolare Gabriele per farlo divenire una marionetta pronta ad eseguire ogni suo comando, ed ora ne aveva perso le tracce. Possibile che qualcuno lo avesse ucciso? Difficile, ma non impossibile.

Sia Caspian che Cameron sapevano quanto i Quattro potessero essere fatali ma, dopotutto, Gabriele stesso era forte e agile.

"Cosa pensi di fare?"

L'uomo si era toccato il naso con l'indice, fingendo di pensare ad una risposta. Sapeva perfettamente cosa fare, il problema era come mettere in atto il piano.

Senza Gabriele era tutto più difficile; non poteva contare sulla forza disumana della sua creazione, era quindi costretto a fare tutto da solo.

Come sempre.

L'aveva pensato con una punta di astio mentre osservava suo figlio agitarsi sulla sedia. Un giorno, il suo posto sarebbe passato a Cameron e solo Dio sapeva quanto Caspian non volesse una cosa simile.

Ai suoi occhi il figlio era troppo debole per regnare, ma non poteva far nulla a riguardo. Dopo aver perso Tommaso gli era rimasto solo Cameron, l'unico legittimo erede.

Tempo prima aveva pensato di lasciare il suo pseudo-trono a Gabriele ma, ah! Il maledetto era sparito, dissolto nel nulla, lasciandolo da solo a risolvere tutto quel disastro.

"Il piano iniziale, come spero tu sappia, si basava sulla liberazione di Shahrazād. Gabriele aveva il compito di riportarla qui così da usarla come esca per i Quattro.

Senza Gabriele, però, saremo costretti ad occuparcene noi. Ci serve qualcosa che attiri la ragazza, qualcuno che possa convincerla ad andarsene da quel luogo per venire qui."

Cameron aveva annuito lentamente, abbassando lo sguardo per osservare le proprie scarpe con sguardo perso.

Non conosceva Shahrazād, non le aveva mai parlato e mai l'aveva vista. Non avrebbe quindi dovuto provare pena per quella povera ragazza, ma la sentiva ugualmente.

Suo padre non era mai stato un uomo caritatevole e di certo non desiderava aiutare Marthìn e Missnöjd senza ricevere nulla in cambio.

Cameron era perfettamente conscio del fatto che, una volta portata la ragazza a Città dei Santi, Caspian l'avrebbe usata come cavia per i suoi pazzi esperimenti.

Si era dovuto ripetere più e più volte di non immischiarsi, di lasciare che tutto procedesse come da copione ma non riusciva.

Avevano già ucciso una delle Scelte dei Quattro, potevano davvero portarne via un'altra? No, sarebbe certamente scoppiata una guerra.

Le battaglie, lui lo sapeva bene, significavano solo morte e lui non aveva la minima intenzione di lasciar morire centinaia di persone per gli scopi egoistici del padre.

Nonostante ciò era consapevole dell'odio che i suoi concittadini provavano verso i Quattro. Se fosse scoppiata una guerra, loro non si sarebbero tirati indietro.

"Ci servirà un'esca molto grande per attirarla..." aveva borbottato Caspian, soprappensiero, "suo padre potrebbe fare al caso nostro!"

Aveva quindi battuto le mani sulla scrivania, contento della sua deduzione mentre Cameron sgranava gli occhi.

"Non puoi mandarlo lì, lo uccideranno!"

Per qualche secondo era calato un pesante silenzio nella stanza, un'assenza di rumore colma di consapevolezza: Cameron aveva appena contestato suo padre.

Non era una cosa che faceva spesso, forse non l'aveva mai fatto. Aveva deglutito pesantemente, osservando Caspian sbattere velocemente le ciglia.

"Pensa un attimo, stupido ragazzino." Aveva sibilato l'uomo per poi sporsi verso il figlio.

"Sappiamo che Shahrazād è una Scelta grazie a Gabriele: l'ha vista integra, ben vestita e pulita. Dei servi non verrebbero mai trattati in un modo tanto caritatevole. Non sappiamo, però, di chi sia la Scelta.

In qualsiasi caso, sappiamo che per loro la perdita della propria compagna provoca un dolore enorme. Sai cosa vuol dire, questo? Che se Marthìn dovesse presentarsi lì lo accoglierebbero per non fare un torto a Shahrazād.

A quel punto lui dovrà convincerla ad andarsene, così che possa attirare i Quattro qui, a Città dei Santi, dove noi saremo pronti a sconfiggerli!"

**

Sover e Wyulma osservavano tacitamente la scena davanti agli occhi, rendendosi però invisibili.
Sarebbe stato più semplice se nessuno li avesse visti o interrogati.

Avevano fatto capire a Shahrazād e agli altri che se ne sarebbero andati ma, ovviamente, non è ciò che avevano fatto.

Volevano studiare bene la situazione e, in caso di necessità, aiutarli.
Si sarebbero dovuti rendere visibili? Sover e Wyulma non sapevano se fosse la scelta giusta da prendere.

Avevano quindi deciso di osservare ancora un po' la scena, notando lo scambio di parole tra Seth e Shahrazād.

Styrkur stesso era rimasto a bocca aperta, senza saper che dire. Aveva quindi fatto un passo in avanti, cingendole i fianchi.

"Stai bene?"

Kyà aveva aggrottato le sopracciglia mentre osservava i presenti, chiedendosi cosa fosse successo.
Era certo che Shahrazād non conoscesse il latino così come era sicuro che Seth fosse troppo debole per parlare.

Aveva annusato l'aria, captando un odore familiare.
Per la prima volta dopo anni era contento di percepire la presenza di un dio.

Shahrazād aveva annuito alla domanda di Styrkur, appoggiandosi a lui con il fiato corto. Si sentiva libera, in un certo senso, leggera e triste al tempo stesso.

Onestamente parlando non avrebbe saputo ripetere ciò che aveva detto a Seth, allo stesso modo non sarebbe stata in grado di tradurre quelle strane parole.

"Cosa è successo?" Aveva gracchiato lei, premendosi la mano contro la fronte per combattere il mal di testa.

La Serpe aveva scosso la testa, stringendola con più vigore. Non lo sapeva, in realtà gli sembrava di non saper più nulla.

Dalla morte di Cassidea si erano susseguiti avvenimenti strani e inspiegabili, una serie di cose che lui non era stato in grado di controllare.

Aveva perso il controllo ed ora che ne era consapevole si sentiva impotente.

"Forse dovremmo chiederlo al dio che Shahrazād si trascina dietro." Kyá aveva voltato la testa verso il punto in cui percepiva l'odore, alzando il mento per darsi un'aria minacciosa.

A quel punto era stato impossibile, per Sover e Wyulma, rimanere invisibili. Non si sentivano mortificati, forse erano semplicemente infastiditi dal fatto che fossero stati scoperti.

"Ci dispiace per l'intrusione." La voce di Sover era riuscita a placare, seppur di poco, l'agitazione della ragazza.

Era irreale e strano il modo in cui il dio riuscisse sempre a tranquillizzarla.

Kyá aveva arricciato il naso in un'espressione di disappunto mentre scrutava le figure dei due. Essere interrotto lo irritava, non importava se a farlo fosse un dio o un umano: lo detestava e basta.

Ma forse, in quella particolare circostanza, un aiuto divino gli sarebbe servito.

"A me non dispiace." Aveva precisato Wyulma, incrociando le braccia al petto.

Si sentiva frustrata e annoiata in maniera terribile.
Fosse stato per lei avrebbe risolto tutto con una guerra contro Död, magari avrebbe persino tolto di mezzo qualche umano.

Si, sarebbe stato decisamente più facile.
Ma Sover era per la pace e spargere sangue non lo avrebbe di certo messo di buon umore.

"A me non dispiace," le aveva fatto il verso Kyá, sperando di non esser stato beccato, "non è una novità che degli dei si impiccino in affari umani." Aveva infine concluso il semi-gatto.

Nella storia dell'umanità gli dei avevano sempre partecipato nella distruzione dell'essere umano e, di tanto in tanto, avevano concesso pietà e misericordia.

Più guardava Shahrazād, però, e più pensava a quanto fosse stata sfortunata.

Era stata maledetta da Död solo perché discendente della prima compagna della Pantera, aveva quindi incontrato Styrkur per poi perderne i ricordi ed ora, che finalmente pareva esser tornata ad avere delle emozioni, parlava in latina con Seth!

"Cosa mi sta succedendo?" La ragazza si era allungata verso Styrkur, alla ricerca di un po' di sostegno, mentre con le mani tentava di raggiungere Sover.

Non sapeva dove fosse ma lo percepiva, lo sentiva contro la pelle e nella testa. Il dio era ovunque e da nessuna parte al tempo stesso e lei, che mai aveva smesso di amarlo e adorarlo, voleva assicurarsi di averlo vicino.

Le dava un senso di sicurezza che, in realtà, non esisteva.

Non era al sicuro e chissà se lo sarebbe mai stata. Nonostante ciò non aveva mai perso la sua fede così come non l'avevano fatto le sue consorelle e i suoi confratelli al momento della loro morte.

Sover si era mosso in una nuvola chiara fatta di vapore, chinandosi dinnanzi a lei per accarezzarle il viso.

La sua bambina, l'ultima che gli rimaneva, gli suscitava pena e amore al tempo stesso. Aveva bisogno di lei per non morire così come lei aveva bisogno del suo aiuto.

"Ciò che è avvenuto tra te e Seth viene chiamato interscambio o, se preferisci, ultimo addio. Tutto questo accade quando due anime gemelle vengono separate contro la loro volontà.

Quando si ritrovano, quindi, riemergono per potersi dire addio. Shahrazād tu, essendo una lontana discendente della prima compagna della Pantera ospitavi in te parte della sua anima e lo stesso vale per Seth.

Poco fa questi due brandelli d'anima, che per anni hanno viaggiato in corpi diversi, si sono riconosciuti e sono quindi riaffiorati per salutarsi e trovare finalmente la pace."

Styrkur aveva aggrottato le sopracciglia, mentre il petto gli vibrava di fastidio e sdegno.

Senza nemmeno rendersene conto aveva rafforzato la presa contro il corpo di Shahrazād, trascinandola più vicina a lui.

"Stai forse insinuando che Seth sia la sua anima gemella?" Aveva ringhiato la Serpe, sporgendosi verso il dio senza un minimo cenno di paura.

"Perché se è quello che stai cercando di dire, allora ti consiglio di sparire il più velocemente possibile."

La sola idea di non esser lui la persona destinata a Shahrazād lo mandava su tutte le furie. Non gli importava che a dirlo fosse un dio, non avrebbe permesso che una cosa del genere accadesse!

Lui l'aveva incontrata quando erano solo dei ragazzini e lui l'aveva scelta, non Seth o qualcun altro.

Avrebbe scritto da solo il suo, il loro, destino e al diavolo ciò che un misero dio aveva da dire.

Shahrazād era sua così come lui stesso si sentiva di appartenerle e il fatto che Seth fosse suo fratello non lo rendeva più caritatevole.

Se si fosse messo in mezzo tra loro due sarebbe intervenuto, di questo poteva essere certo.

Sover aveva inclinato la testa di lato, esibendosi in un sorriso divertito. Ah, gli umani!

"Non intendevo insinuare proprio nulla. La prima compagna della Pantera e la Pantera stessa erano anime gemelle, non Shahrazād e Seth.

Ospitavano dentro di loro parte delle anime dei due, ma ora queste sono andate, finalmente in pace. Non hai di che preoccuparti."

Kyá aveva roteato gli occhi, mentre batteva ritmicamente il piede a terra. Lui e Wyulma parevano essere i soli a trovare quella situazione noiosa.

Si era quindi puntato un dito verso il volto, attirando l'attenzione dei presenti.

"Certo, non hai nulla di preoccuparti per quanto riguarda Seth." I pensieri del semi-gatto erano volati verso Wëskø mentre ripensava a tutte le conversazioni che aveva origliato.

Il ringhio di Styrkur non aveva fatto altro che divertirlo e così, senza dargli troppo peso, aveva alzato le mani in aria con espressione innocente.

"E di chi dovrei preoccuparmi, allora? Di te?"

Kyá era scoppiato a ridere come se la sola idea gli risultasse immensamente divertente. Shahrazād stessa aveva roteato gli occhi mentre scuoteva la testa, divertita anche lei dalla conversazione.

"Oh no, io sono troppo per qualsiasi umana. Senza offesa, Shahrazād."

Lei, comunque sia, aveva smesso di ascoltarlo mentre si chinava in avanti. Sover l'aveva stretta in un abbraccio paterno, sotto lo sguardo infastidito di Styrkur, mormorandole tra i capelli parole di conforto.

"Hai concorrenza, eh, piccolo serpente." Kyá aveva dovuto premersi una mano contro la bocca per impedirsi di scoppiare a ridere.

"Ah, Shahrazād, se solo potessi vedere la sua espressione!" Si era quindi voltato verso il muro, battendovici una mano contro mentre veniva scosso dalle sue stesse risate.

Wyulma stessa aveva trovato la scenetta del semi-gatto piuttosto divertente e così, soddisfatta e con un ghigno contro, si era mossa verso il corpo addormentato di Seth.

Quel gattaccio si era appena guadagnato una mano.

La ragazza, ormai oggetto di risa e di gelosia, aveva sospirato, per poi far scorrere le dita sulle braccia di Styrkur.

Il risultato era stato veloce e sicuro: la Serpe si era rilassata contro di lei, lasciando perdere lo scontro verbale con Kyá.

"Come possiamo aiutarlo?" Aveva mormorato Shahrazād, toccando con la mano libera il braccio di Seth.

Dal calore che il suo corpo emanava riusciva a comprendere la gravità della sua febbre e, in un'epoca dispotica come la loro, non era inusuale morire in un modo simile.

Doveva però ricordarsi del fatto che Seth fosse comunque il figlio di due dee; aveva quindi un sistema immunitario migliore del suo.

Ma quanto migliore? Era stato torturato per anni, sottoposto ad un lavaggio del cervello e solo recentemente era riuscito a riprendere il controllo del suo corpo.

Seth era quindi debole, sia fisicamente che mentalmente, e tutti potevano notarlo.

Wyulma aveva posato una mano sulla fronte della Pantera, scuotendola un paio di volte mentre i suoi occhi si illuminavano di viola.

"Posso guarirlo dalle ferite fisiche, ma per quanto riguarda la sua psiche," si era fermata un attimo per concentrarsi, canalizzando la sua energia per compiere l'incantesimo, "non credo di poter far nulla."

Sover aveva osservato la sorella con un cenno di felicità. Non capitava spesso che si prendesse cura di un'umano ed ora eccola lì, a guarirne uno!

La dea aveva spostato un solo occhio verso Shahrazād, tenendo l'altro fisso sul corpo incosciente di Seth.

"I tuoi genitori ti stanno cercando. Si trovano a Cittá dei Santi, potrebbe esservi utile per organizzare un piano."

Non aveva detto altro, decidendo di averli aiutato abbastanza.

Immischiarsi negli affari umani non le piaceva ma ormai il danno era fatto: si era lasciata trascinare da Sover in quella situazione, o forse se l'era cercata da sola, e ora aveva quindi l'obbligo di aiutare.

Al pensiero dei genitori Shahrazād aveva chinato la testa, giocando nervosamente con le maniche di Styrkur.

La stavano cercando.

Non riusciva a smettere di pensare a quelle parole. Con tutta onestà credeva che i suoi genitori sarebbero andati avanti, dimenticandosi di lei.

Il fatto che non si fossero dati per vinti la rincuorava e la spaventava al tempo stesso.

Se i suoi genitori si trovavano davvero a Città dei Santi voleva dire che erano in pericolo e che, con molta probabilità, erano stati manipolati.

Aveva quindi alzato il mento, posando un bacio leggero contro la mascella di Styrkur.

Shahrazād aveva un piano.

A T T E N Z I O N E
Che ne pensate? l

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