CAPITOLO QUARANTUNO
Capitolo quarantuno: il piano
"Voler aspettare
ma non avere il tempo
due anime che combatterono
assieme, con fierezza,
la morsa del tempo." -Shilpa Goel
Prätda aveva riacquisito il suo sguardo curioso, saettante e attento mentre osservava il fratello.
Le orecchie sembravano esser sul punto di esplodergli per quante informazioni aveva appena assimilato.
Era rimasto chiuso nel suo bozzolo per così tanto tempo da non rendersi conto di ciò che accadeva attorno a lui.
Seth era tornato con una specie di malattia mentale e ora non solo era diverso, aveva anche una seconda possibilità.
Se non fosse stato Styrkur a dirglielo, non ci avrebbe mai creduto.
Era combattuto sul da farsi.
Da un lato pensava che ucciderlo sarebbe stata una buona idea.
Avrebbe piantato i suoi artigli nelle carni dure del fratello e lo avrebbe torturato, proprio come lui aveva fatto con Cassidea.
L'altra parte, quella estremamente razionale e calcolatrice, era in dubbio. Sembrava infatti che non fosse Seth la causa di tutto, ma Città dei Santi e la sua pseudo-arma.
Un qualcosa di abbastanza potente da sostituire un'intera personalità per crearne una nuova, capace di controllare le azioni di un corpo in carne e ossa.
Cosa avrebbe dovuto fare?
"So a cosa stai pensando, Prätda, ma ti prego di riflettere bene su ciò che ti ho detto. Shahrazād partirà tra qualche giorno per cercare una cura, ma non ne varrà la pena se deciderai di uccidere Seth."
Styrkur si era passato una mano tra i capelli, puntando i suoi luminosi occhi in quelli cupi del fratello.
Era felice di vederlo finalmente attivo, seppur pieno di risentimento. Ora doveva decidere su cosa, o meglio su chi, riversare tutta quella rabbia repressa.
"Potremmo attaccare quella maledetta città ed eliminarla una volta per tutte. Quel posto ha fatto del male a me, a Seth e a Cassidea.
Sono stati loro ad ucciderla, non nostro fratello.
Sii saggio."
La Serpe pensò che, se glielo avesse chiesto, sarebbe stato disposto a partire in quell'esatto momento per Città dei Santi.
Ricordava ogni abuso, ogni parola cattiva che gli era stata rivolta. Tutto era impresso a fuoco nella sua memoria e, se da ragazzino aveva predominato la tristezza, adesso si sentiva pieno di rabbia e rancore.
Li avrebbe uccisi tutti, uno a uno, per lui, per Seth, per Cassidea e per Prätda.
Con il rapimento della Pantera gli avevano rubato un fratello, ma con l'assassinio della ragazza gli avevano preso anche il Falco.
Non lo riconosceva più; era solo un guscio vuoto, il fantasma di colui che era una volta. Le sembianze erano pressapoco quelle, non mutevoli, ma i suoi occhi...diamine, nelle iridi di Prätda non vedeva altro che desolazione.
Si era chiesto per l'ennesima volta cosa avrebbe fatto lui, al suo posto. Probabilmente sarebbe passato immediatamente all'azione, ma poi?
Aveva abbassato lo sguardo sul pavimento in legno, sospirando. Non voleva pensarci, non doveva pensarci, non ora che Shahrazād stava per partite.
Assieme a quel maledetto gattaccio, oltretutto!
Prätda si era lasciato scivolare sulla sedia, portandosi una mano al viso in segno di stanchezza. Finalmente poteva mostrarsi debole, miserabile e solo.
Ma aveva un motivo, adesso.
Una ragione per andare avanti e ricominciare.
Cassidea non sarebbe tornata, nessun incantesimo l'avrebbe riportata da lui ma poteva ancora vendicarla.
Avrebbe fatto sì che la sua morte non risultasse vana e, se fosse servito, sarebbe morto lui stesso pur di onorarla a dovere.
Styrkur aveva ragione: non era stato Seth a ucciderla e lui doveva accettarlo, mostrarsi forte e aiutarlo.
"Non so se sarò in grado di guardarlo," aveva mugugnato l'uomo, rivolgendo uno sguardo timoroso al fratello.
Se non altro era sincero.
La Serpe aveva annuito per poi posargli una mano sul braccio, in segno di conforto.
"Lo so e non sarà necessario che tu lo faccia. Ci sono così tante cose di cui dobbiamo occuparci, Prätda.
Per ora non voglio dire nulla a Terseo: è troppo irrazionale e bruto per capire la situazione."
Il Falco aveva inclinato la testa di lato, dandogli ragione. Si, l'Orso non sarebbe stato in grado di trattenere i propri istinti.
Aveva rivolto uno sguardo al dipinto che teneva sulla parete, quello raffigurante Cassidea, e aveva sorriso.
"Mi hai detto che Shahrazād partirà a giorni, assieme all'ex gatto di Vårdande. Posso seguirli nella mia forma animale e controllare che arrivino sani e salvi.
A quel punto, quando troverà una cura, contatterà te attraverso questo link di cui mi hai parlato.
Noi dovremmo mettere assieme un esercito, Styrkur, uno grande e forte che possa sostenere la perdita di qualche uomo."
Styrkur aveva sorriso, mostrando le due file bianche di denti.
Ora si che riconosceva suo fratello!
Finalmente parlava da stratega, da mente del piano, con tono duro seppur a tratti vacillante.
Gli aveva fatto cenno di continuare mentre estraeva dal cassettone nero la mappa. Quest'ultima era stata perfezionata con gli anni e ora conteneva tutte le città esistenti sulla Terra.
Quelle segnate da delle X erano state distrutte, da loro o a causa della fame, mentre quelle cerchiate erano i loro prossimi obbiettivi.
Città dei Santi era a circa sei giorni di cammino dal punto in cui si trovavano loro, per la strada avrebbero trovato dei ruscelli e qualche bosco in cui cacciare.
La cittadina era piuttosto grande, Styrkur pensò che per abbatterla sarebbero serviti all'incirca mille uomini.
Ne avrebbero presi di più.
"Noi quattro attaccheremo ognuno a un estremo della città. Io mi occuperò, come sempre, di controllare che non vi siano sopravvissuti e di incassare le loro riserve d'oro.
Tu, Terseo e Wëskø vi dividerete i compiti rimanenti."
Styrkur aveva cerchiato Città dei Santi con dell'inchiostro rosso, applicando talmente tanta pressione da macchiare il legno sottostante.
"E se Shahrazād non dovesse trovare la cura?"
Prätda era rimasto in silenzio, contemplando l'opzione. La rossa era una donna curiosa, certo, e pareva che avesse ritrovato sia dei ricordi passati che le sue emozioni.
Adesso era quindi più umana e questo la rendeva debole. Non voleva, però, che Styrkur finisse come lui e quindi doveva evitare che la ragazza si facesse uccidere.
"Diamole qualche giorno di tempo, una settimana al massimo, e se per allora non avrà trovato nulla...attaccheremo. Mi dispiace, Styrkur, ma Seth potrebbe rimanere senza una cura.
In quel caso, dovremmo ucciderlo. Dovrò ucciderlo."
Gli sembrava un'idea giusta e sensata. Non potevano rischiare le vite di altri per salvare la mente ferita di uno.
Se Seth fosse tornato a esser Gabriele, se ne sarebbero dovuti liberare.
La Serpe non aveva potuto far altro che abbassare lo sguardo e annuire, accordandosi tacitamente con il fratello.
Si, non poteva rischiare di perdere Shahrazād, non importava se Seth ne avrebbe sofferto.
"Wëskø si stava occupando dell'addestramento; gli dirò di velocizzarlo e renderlo più duro. Dobbiamo perfezionare la tecnica dei nostri soldati. Potremmo puntare su un attacco a distanza, magari con degli archi."
Aveva borbottato Prätda, soprappensiero.
Se fosse riuscito a rendere almeno buone le capacità con l'arco dei suoi uomini, ne avrebbe portati alcuni sopra ai tetti, con lui, per mirare ai cittadini sottostanti.
"Io parlerò con gli artigiani, chiederò loro di inspessire i nostri scudi e migliorare le armi.
Dobbiamo renderle più leggere, così che il viaggio sia il meno faticoso possibile." Aveva aggiunto Styrkur, appuntandoselo mentalmente.
La testa del Falco era scattata in alto, i suoi occhi spalancati mentre osservava il fratello.
"Da quanto non ti trasformi?"
"Non lo so, è passato qualche mese. Perché?"
Prätda aveva scosso la testa, ridendosela di gusto mentre frugava nei suoi cassetti. Con le mani che fremevano e tremavano aveva afferrato una scaglia verde.
Posizionandola davanti al viso di Styrkur, lo aveva visto sorridere. Sapeva a cosa stava pensando.
"Posso trasformarmi oggi stesso, visto che è passato così tanto tempo dovrei essere in grado di fare la muta.
Diamine, sei un genio! Con alcune delle mie scaglie potremmo fabbricare delle armi più resistenti."
Si erano sorrisi, anche se sembravano più dei ghigni che altro, per poi tornare a sedersi.
La pianificazione non era finita, certo, ma avevano appena fatto un punto generale dell'operazione.
Styrkur era felice dell'andatura di quel colloquio, del fatto che Prätda non fosse andato in escandescenza e che, sopratutto, si fosse fatto avanti per attuare un piano.
Adesso doveva semplicemente parlare con Wëskø, ordinargli di aiutarlo con l'esercito e poi dedicarsi interamente a Shahrazād.
Sarebbe partita presto e lui non aveva alcuna voglia di trascurarla; se possibile, desiderava passare ogni minuto con lei.
Era certo di avere il suo odore addosso; sui vestiti, sulle lenzuola e sulla sua stessa pelle.
Gli apparteneva tanto quanto lei apparteneva a lui e amava quella sensazione. Era tutto così caldo, dentro di lui, quando le stava vicino.
Il mondo sembrava prendere una piega più dolce e colorata e la sofferenza diveniva secondaria. Ma solo se l'aveva vicino, altrimenti tutto diveniva più lento e monotono.
Non sapeva, con tutta onestà, come fosse riuscito a vivere senza di lei.
"Cosa pensi di fare, con Död? Ha cancellato i vostri ricordi e ha maledetto tutta la stirpe di Shahrazād, non è esattamente qualcosa sulla quale puoi passare sopra."
Prätda era certo che lui, al suo posto, avrebbe imprecato in faccia alla dea. Provava pena per suo fratello e per la ragazza, ma non glielo disse.
Amava Styrkur con tutto se stesso e il fatto che fosse stata sua madre a ferirlo in quel modo lo disgustava.
"Dopo Città dei Santi ho intenzione di ritirarmi.
Niente più distruzione, violenza e uccisioni. Rinnegherò Död e mi consacrerò solo a Liv; voi altri potrete fare ciò che piú desiderate ma io, io credo che me ne andrò, fratello mio.
Magari a sud. Shahrazād non ha mai sentito l'oceano, credo che potrebbe piacerle."
Prätda aveva ridacchiato nell'udire l'idea del fratello. Sembrava quasi una vacanza, la sua.
Rinnegare Död, poi, pareva davvero un qualcosa di inconcepibile. Una volta allontanata, comunque sia, la dea non avrebbe più potuto far parte della sua vita.
Sia nel bene che nel male.
Liv sarebbe invece rimasta accanto al figlio, proteggendolo con amorevolezza e senza giudicarlo.
Sperava che il suo piano andasse a gonfie vele e che potesse realmente ricominciare da capo. Certo, Styrkur non avrebbe mai potuto cancellare completamente il suo passato ma riscriverlo non era una cattiva idea.
"Credo che mi ritirerò anche io, una volta che tutto questo sarà giunto al termine. Non so dirti cosa faranno Wëskø e Terseo, ma non mi importa.
Potrei andare verso est, dove le montagne si stagliano alte verso il cielo, e rimanere lì per un po'.
Senza Cassidea, però, sarà dura ricominciare."
Il Falco aveva tenuto gli occhi fissi sul dipinto, pensieroso e malinconico al tempo stesso.
Era stanco di tutto, si era chiesto se Shahrazād si fosse sentita così fino a quel momento.
Se la risposta fosse stata di si, l'avrebbe compatita.
Comunque sia voleva provare almeno ad andare avanti, magari aggregarsi a qualche comunità e fingere di essere umano.
Eventualmente si sarebbe stancato e a quel punto avrebbe raggiunto la sua amata nel sonno eterno.
Styrkur gli aveva sorriso, alzandosi dalla sedia con aria preoccupata. Voleva andare a vedere come stava Shahrazād e accertarsi che lei e Kyá avessero fatto passi avanti.
"Parlerò io con Wëskø. Per oggi credo di averti chiesto abbastanza."
Con una stretta di mano si erano salutati, promettendosi di rivedersi l'indomani, e con passo felpato Styrkur era uscito dalla stanza.
**
La pelliccia soffice del Lupo era come seta sotto le dita di Shahrazād. Non riusciva a credere di essersi persa una spettacolo simile.
Riusciva a figurarsi la forma dell'animale ma vederlo, oh vederlo sarebbe stato mille volte più piacevole.
Si chiedeva di che colore fossero il suo manto, i suoi occhi e le sue zampe.
Wëskø aveva un forte odore di erba e terra addosso, dando l'impressione di un animale in completa sintonia con la natura.
Shahrazād l'aveva sentito ringhiare, una volta finito il racconto, per poi strofinare il muso contro la sua guancia e leccargliela.
Non voleva che andasse a Città dei Santi.
La ragazza gli aveva quindi dedicato qualche carezza leggera, strofinando a sua volta la guancia contro quella del Lupo.
"Andrà tutto bene," aveva borbottato lei, calmandolo. Non ne era pienamente convinta, ma che senso avrebbe avuto agitarlo ancora di più?
Ora che Wëskø sapeva tutto, sarebbe stato più facile organizzarsi. L'indomani si sarebbe vista con Kyá e avrebbero provato a stipulare il link tra lei e Styrkur.
Mancavano pochi giorni alla sua partenza e una parte di lei era eccitata al solo pensiero di rivedere suo padre.
Come avrebbe reagito nel vederla così cambiata? Lei stessa stentava a riconoscersi.
Aveva bisogno di chiedere un ultimo favore al Lupo, uno difficile e non facilmente realizzabile. Ma si fidava di lui e parlargli le era sempre risultato semplice.
"Ascoltami bene, Wëskø." Si era piegata su di lui, poggiando la testa sotto il suo collo per farsi sentire bene.
L'animale aveva guaito quasi con sofferenza nel sentirla così vicina. Avrebbe potuto avvolgerla interamente con il suo corpo e far di lei la sua- no, non poteva pensare a simili questioni quando Shahrazād si stava aprendo con lui.
Era inoltre una persona fedele e ciò che voleva andava contro il fratello. Non avrebbe dovuto trovare così piacevole la presenza della ragazza.
"C'è una formula che si insegna agli Stanchi, una parola talmente potente e magica da costringere coloro che la odono a un suicidio involontario.
Fu insegnata anche a me, molti anni fa, per usarla non come arma, ma come ausilio."
Wëskø aveva ringhiato in risposta, posando il muso sulla testa di lei in segno di protezione. Perché gli stava dicendo tutto ciò?
"Ho bisogno di tramandarla a qualcuno per far sì che Sover non muoia. Non può essere un estraneo o qualcuno di cui non mi fido.
Penso che tu sia la persona più indicata. Sei dolce, tranquillo e fedele, so che non la useresti per far del male così come sono consapevole che sei una persona affidabile.
Ma devi darmi il consenso per farlo, Wëskø."
Il silenzio era calato placidamente su di loro, entrambi pensierosi. Era stata una scelta difficile, certo, ma Shahrazād credeva fosse quella giusta.
Non era una sciocca e sapeva dell'affetto che il Lupo provava per lei. Il suo spirito calmo e protettivo, poi, era essenziale per un compito del genere.
Wëskø aveva grugnito, leccandole il viso ancora una volta. Per lei avrebbe fatto di tutto, ma non glielo disse.
"È un si?"
E l'animale aveva guaito ancora, dandole ragione e sentendola drizzare la schiena. Shahrazād stava sorridendo al nulla, incapace di individuarlo con lo sguardo, e le sue mani lo premiavano con qualche carezza affettuosa.
Al Lupo si era fermato il cuore nel vederla così felice.
"Ogni volta che ti lascio sola, ti ritrovo con lui."
Shahrazād aveva sentito il Lupo sobbalzare sotto il suo tocco e spostarsi, quasi spaventato o sorpreso. Lei si era limitata ad aggrottare le sopracciglia, mostrando tutta la sua confusione.
"Come è andata, Styrkur?" Si era sentita cingere la vita e baciare la guancia.
D'istinto aveva reclinato la testa all'indietro, posandola sulla spalla della Serpe per avvertirne il calore soffuso.
"Tutto bene," le aveva sussurrato lui, sorridente, "cosa ci fa Wëskø, qui?"
Era geloso nonostante non ve ne fosse motivo e, consapevole di esserlo, si era impedito di dire altro. Non voleva pressarla e opprimerla perché sapeva che il risultato sarebbe stato distruttivo.
Lei si sarebbe allontanata e lui non avrebbe potuto far altro che guardare.
Il Lupo aveva mosso la lunga coda chiara, accovacciandosi a terra per ritrasformarsi in umano.
Le ossa si erano accavallate una sopra l'altra, spezzandosi e ricomponendosi a loro piacimento.
Il processo era stato veloce ma doloroso, lasciando a Wëskø una fastidiosa sensazione di intorpidimento in tutto il corpo.
Aveva sentito le gambe formicolargli mentre si grattava il retro del collo, ormai di nuovo umano, senza incontrare lo sguardo del fratello.
Era il più piccolo e come tale gli era stato insegnato a rispettare i maggiori, portando loro rispetto. Sguardo basso, quindi, e parole scelte accuratamente.
Non voleva farlo arrabbiare tanto quanto non voleva che se la prendesse con Shahrazād. Forse lo capiva, in realtà.
Se la rossa fosse stata la sua Scelta, ne sarebbe stato altrettanto geloso.
"Mi ha raccontato tutto." Erano state le parole soffici del minore. Pensava sarebbe stato meglio dirlo a Styrkur prima di finire nei guai.
Non aveva nulla da temere: lui stava dalla loro parte.
"È così?" La Serpe aveva strofinato il naso contro la guancia di Shahrazād, chiedendole conferma. Era sollevato che non vi fosse altro ma, allo stesso tempo, si sentiva agitato.
Cosa avrebbe dovuto fare se Wëskø si fosse opposto al loro piano?
"Si, ma non hai nulla di cui preoccuparti. Possiamo fidarci di lui."
Il cuore del lupo si era fatto più caldo nel sentirla parlare. Si fidava di lui, diamine non pensava che una simile parola avrebbe mai potuto renderlo così felice.
Senza rendersene conto era arrossito, sorridendo verso il terreno per nascondere l'imbarazzo. Non l'avrebbe delusa per nulla al mondo e se questo significava assecondare il piano di Styrkur, allora lo avrebbe fatto.
Il fratello gli aveva scoccato un'occhiata veloce, glaciale, stringendo un po' di più la presa sui fianchi di lei.
Doveva calmarsi e lasciar stare l'atteggiamento di Wëskø, concentrandosi solo sulla ragazza. Non voleva far la figura dell'uomo possessivo ma era così difficile trattenersi.
"Bene, allora penso che potrà aiutarci con i preparativi."
Styrkur aveva inclinato la testa di lato, aspettando una risposta. Aveva bisogno di lui per organizzare l'attacco e addestrare le truppe, inoltre serviva che qualcuno insegnasse a Shahrazād qualche mossa di autodifesa.
Il Lupo aveva annuito con serietà, sorridendo al fratello.
"Certo, perché no."
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