CAPITOLO NOVE
Capitolo Nove: Ritrovamenti.
"Vorrei che il mio amore morisse
che piovesse sul cimitero
e sui vicoli per cui vado
piangendo quella che credette di amarmi"-
Samuel Beckett.
Vårdande aveva dato ordine di far fermare la carovana, sentendosi scombussolata dal viaggio. Non importava da quanti anni viaggiasse, non si era mai abituata alla sensazione.
Kyá si era stiracchiato le zampe, agitando in aria la coda. "Siamo arrivati?" Aveva domandato, saltando verso l'uscita della carovana.
Vårdande aveva annuito, uscendo. Lo stalliere aveva versato da bere ai due cavalli, accarezzandoli. L'uomo lavorava per lei da sei anni, l'aveva accompagnata in tutti i suoi viaggi ma non avevano mai realmente parlato.
Al poveretto era stata infatti tagliata la lingua durante una battaglia.
Kyá si era aggrappata alla maglia di Vårdande fino a salirle in spalle. "Sei forse un pappagallo?"
"Avresti dovuto sceglierne uno come animale da compagnia, donna, mi avresti sollevato da un arduo compito. Piuttosto: quelli non sono i tuoi fratelli?"
Vårdande aveva alzato gli occhi circondati da piccole rughe, puntando lo sguardo davanti a se. L'avevano vista arrivare? Probabilmente era stato Prätda ad avvistarla, non aveva dubbi.
Non si era comunque sia mossa verso di loro, aspettando pazientemente che la raggiungessero. Era un modo per dimostrare la sua superiorità, dopotutto erano stati loro a contattarla, non di certo lei.
"Sorella," aveva esclamato Wëskø, abbracciandola di slancio. Le aveva quindi dato un bacio sulla guancia, sorridendole con i suoi denti bianchissimi.
Vårdande aveva sorriso a sua volta, stringendo poi le mani degli altri tre. Gli sembravano in qualche modo invecchiati, forse più maturi.
"Sono contento che tu abbia deciso di accettare il nostro invito." Era stato Prätda a parlare, con il suo classico tono discreto e pacato.
"I soldi sono pur sempre soldi." Vårdande aveva ghignato, sentendo Kyá aggrapparsi di più contro i suoi vestiti. "E parlando sempre di ricompensa vorrei chiedere a quanto ammonta il mio compenso," Vårdande era stata veloce e pragmatica, puntando subito al dunque.
Terseo aveva quindi infilato le mani nelle tasche, restando in silenzio. Non aveva mai avuto un buon rapporto con la cartomante, entrambi troppo testardi per darsela vinta a vicenda.
"Sono cento monete d'oro e cinquanta d'argento." Aveva detto Wëskø, accarezzando Kyá con mano esitante. Vårdande aveva sorriso soddisfatta: quello era il guadagno di tre mesi di lavoro.
"Accetti?"
"Accetto."
Shahrazād aveva fatto colazione con calma, assaporando il gusto della marmellata contro il palato. Non l'aveva mai assaggiata, ed ora aveva già deciso che era il suo alimento preferito.
Il sapore le era esploso in bocca tutt'assieme, lasciandola senza parole. Aveva fatto colazione con uno Styrkur piuttosto taciturno, erano all'incirca le otto del mattino e Shahrazād aveva notato un'aria tesa.
"È successo qualcosa?" Si era pentita subito di averlo chiesto, perchè interessarsi sarebbe stato come cercare di avvicinarsi a lui o di comprenderlo, e lei non poteva permetterselo. Aveva un orgoglio da Stanca da mantenere.
"Mia sorella, una famosa cartomante, è venuta qui per aiutarci a capire le intenzioni delle Dee. Sono quindi piuttosto frustrato, non capisco il perchè le Dee continuino a non parlarmi." Styrkur era stato sincero, completamente, e Shahrazād ne era rimasta confusa.
La conosceva da quanto? Una settimana, forse, e già le parlava dei suoi affari. Ma quello che l'aveva colpita di più era stato l'argomento della conversazione.
"Per caso la cartomante si chiama Vårdande?" Aveva domandato lei, sempre più curiosa. Non conosceva altre cartomanti di grande fama, forse non ve ne erano affatto.
Styrkur aveva fatto saettare lo sguardo verso Shahrazād, confuso. "La conosci?"
"Oh non proprio, sono andata da lei due volte. Quando ero bambina e il giorno prima dell'attacco."
Il cuore della rossa aveva preso a battere freneticamente, ricordando l'esito della sua visita alla cartomante. La profezia era ancora vivida nella sua mente, forse non l'avrebbe mai dimenticata.
"E cosa ti ha detto, del tuo futuro?" Styrkur si era sporto in avanti, toccandole una mano con le dita.
"Sono piuttosto superstiziosa, in realtà. Non penso che porterebbe fortuna rivelartelo." Shahrazād si era morsa l'interno guancia, tremando superficialmente. Non era affatto superstiziosa, eppure la profezia della cartomante era un qualcosa di intimo.
Styrkur ne era rimasto deluso, sulla punta della lingua sentiva già le parole inquisitorie radunarsi per sfuggirgli. Ma si era trattenuto, lasciando sfuggire la mano di Shahrazād dalla sua presa.
"Capisco."
Shahrazād aveva percepito la voce in modo schietto, con un'intonazione tendente quasi al cattivo, all'aspro.
Era riuscita ad infastidire la Serpe.
Quel giorno pioveva, le gocce d'acqua cadevano al suolo come sassi tanto era il rumore che producevano. Esse si abbattevano sulla finestra di Shahrazād, alla quale era poggiata in cerca di tranquillità.
Aveva contato i battiti e, a pieni polmoni, aveva inspirato l'odore che si propagandava nell'aria.
A Città dei Peccatori non pioveva spesso, e quando ciò accadeva gli abitanti si affrettavano a raggiungere il pozzo per prendere generosi secchi d'acqua.
Shahrazād era sempre l'ultima a recarsi al pozzo, altrimenti vi sarebbe stata troppa gente, troppa confusione per orientarsi e per mantenere l'equilibrio.
Ci si recava quando erano tutti ormai nelle loro abitazioni, con il vestito impregnato di fango sollevava il secchio, trascinandolo fino a casa. Bisognava riempirlo almeno tre volte per ritenersi apposto. Ma lei, ricordiamoci, poteva appropriarsi solo dell'acqua che rimaneva.
Questo significava un'acqua più insapore, marcata dai residui del fondo del pozzo.
L'acqua, che dono meraviglioso.
Shahrazād aveva sentito la porta della stanza cigolare, e un'odore sottile arrivarle al naso. Il rumore dei passi era pesante e insicuro, come quello di uno zoppo.
"Come stai, bambina?" Vårdande si era seduta sul letto, guardando la rossa con aria dolce. Come una madre che rivede la figlia dopo molto tempo.
"Sei te la sorella di cui mi ha parlato Styrkur?" Shahrazād era passata subito alle sue domande, evitando quelle della cartomante.
Vårdande aveva annuito lentamente, Kyá ancora ancorata alla padrona.
"Dubitavo te ne avesse parlato."
Shahrazād aveva aggrottato le sopracciglia, confusa: perchè avrebbe dovuto nasconderglielo?
"L'ha fatto." Era stata la sua risposta, uscita dalle sue labbra con forse troppa veemenza. Lo stava forse difendendo? Ma perchè avrebbe dovuto farlo.
Dopotutto Shahrazād era sicura di non provare affetto per quell'uomo, quindi fece la cosa più naturale che le venne in me te: ignorare il problema.
"Volevo sapere come stavi, vedo che ti ha presa come Scelta." Kyá aveva soffiato, strofinandosi contro le gambe di Vårdande.
"Cos'è una Scelta?" Shahrazād era riuscita, dopo giorni, a dar voce alla sua domanda. Era sicura che Styrkur non le avrebbe risposto, e le due donne che aveva incontrato parevano troppo succubi dei loro compagni per parlare.
Ma aveva riconosciuto una nota di fastidio nel tono di Vårdande quando le aveva parlato di Styrkur, era quindi sicura che la cartomante non si sarebbe fatta scrupoli ad infangare la Serpe.
"Era prevedibile, il fatto che non te l'avesse spiegato intendo. Le Scelte sono le compagne o i compagni dei Quattro, create appositamente dalle Dee per supportarli e accompagnarli nel loro viaggio.
Hanno diversi compiti, so ad esempio che la compagna dell'Orso supervisiona i lavoratori mentre la Scelta del Falco si occupa degli inventari e delle faccende burocratiche. Ogni Scelta deve servire le Dee, dedicando la loro vita alla setta
Cassidea e Matilde non potranno mai smettere di svolgere il loro ruolo, sino a quando le loro anime non verrano richiamate a Död: la morte."
Shahrazād aveva annuito, un po' più sollevata. Anche lei doveva quindi svolgere un compito, ma quale? Non le era stato detto nulla, forse per la sua condizione fisica.
Avrebbe quindi dovuto passare tutta la sua vita in quel palazzo? Lei aveva un solo dio, Sover, e non avrebbe mai servito qualcun altro. Inoltre non aveva doti particolari, non possedeva l'intelligenza di Cassidea, ne la forza di Matilde.
Qual era il suo compito di Scelta?
"Anche io ho un compito da svolgere?" Aveva domandato la ragazza, volta dosi completamente verso Vårdande.
"Sono sicura di si, Prätda dovrà capire quale è la tua dote per renderla fonte di guadagno. Ma conosco bene Città dei Peccatori, so come funziona e di certo non sviluppate doti artistiche. Shahrazād, cosa ti hanno insegnato gli Stanchi?"
Kyá, rimasto in silenzio per tutto il tempo, aveva drizzato improvvisamente le orecchie. Aveva percepito il battito accelerato di Shahrazād, avrebbe potuto tagliare la sua paura con gli artigli per quanto era spessa.
Shahrazād aveva esitato, mordendosi l'interno guancia con ansia. "Si insegna ad uccidere," aveva infine rivelato, lasciando Vårdande con un'incredula espressione in volto.
Una consapevolezza taciuta si era infilata tra le due donne, destabilizzando entrambe.
L'abilità di Shahrazād era uccidere, gli altri e se stessa.
Vårdande si era guardata intorno, avvicinandosi velocemente alla ragazza con aria severa e preoccupata. "Ascoltami bene, bambina mia. Non rivelare mai a nessuno ciò che hai appena detto a me, non ti gioverebbe affatto. Mi hai capita?"
Le aveva afferrato il braccio, conficcandole le unghie nella carne. Shahrazād aveva sussultato, spalancando gli occhi per l'improvviso contatto, ma si era ripresa velocemente.
Gli occhi di Vårdande erano colmi di apprensione e paura, paura per il futuro della rossa.
Kyá aveva quindi aguzzato le orecchie, captando rumori di passi. Aveva quindi graffiato lievemente Vårdande, avvertendola.
"Non fidarti di nessuno di loro, sono bestie malvagie e faranno di tutto per inseguire il loro obbiettivo. Non metterti tra i loro piedi, sii silenziosa e renditi invisibile. E, quando arriverà il momento, scappa. Fuggi più lontano che puoi, corri sino a quando le tue gambe cederanno e anche allora non fermarti." Vårdande le aveva baciato la fronte, spostando Shahrazād sul letto per poi spalancare la finestra.
"È un bel salto, sicura di volerlo fare?" Aveva mormorato Kyá, osservando il terreno. Vårdande aveva annuito, lasciando la presa sul suo magico gatto.
"Prendi possesso delle mie gambe, veloce."
Shahrazād aveva seguito l'interazione con palese confusione, chiedendosi con chi stesse parlando la cartomante. Kyá si era invece affrettato a stringere la coda contro la caviglia di Vårdande, sparendo secondi dopo.
La vecchia si era quindi alzata in piedi e con un ultimo sguardo alla rossa si era lanciata contro il terreno. Era atterrata a quattro zampe, sentiva le gambe formicolarle mentre si alzava lentamente, scattando lateralmente verso la carovana.
Aveva insegnato a Kyá l'arte della possessione corporale qualche mese prima, consisteva nel fondere le loro energie insieme per far si che il gatto riuscisse a prendere possesso di una qualunque parte del corpo di Vårdande.
Era un rituale che, alla lunga, risultava estenuante e perciò non lo praticava mai troppo spesso. Si era domandata se avesse fatto bene a rivelare a Shahrazād tutte quelle informazioni, non era suo compito proteggere gli umani, eppure lo aveva fatto.
Non desiderava che la ragazza si trasformasse in un'assassina, ne che mettesse in atto qualche metodo suicida. Prätda sarebbe stato estasiato nell'avere una ragazza con tale dono al suo volere, perchè avrebbe significato un incremento di velocità nello sterminare le città rivali.
Shahrazād era comunque sia rimasta in silenzio, gli occhi ancora spalancati dalla sorpresa mentre rimuginava sulle parole della donna.
Con chi stava parlando Vårdande?
Non poteva di certo domandarlo a uno dei Quattro perchè, secondo la cartomante, erano un pericolo. Forse avrebbe fatto meglio a tenere i suoi dubbi per se, rimanendo in silenzio sino a quando non avrebbe avuto l'opportunità di parlare ancora con Vårdande.
"Ehi piccola volpe, non pensi che dovresti chiudere la finestra? Il vento pare essersi infervorito, potresti ammalarti." Styrkur era entrato nella stanza con passo lento, senza preoccuparsi di bussare.
Shahrazād aveva provato a sorridere, cercando di scacciare quell'alone di preoccupazione che aveva in volto. Una parte considerevolmente grande di lei si fidava di Styrkur, ma l'altra si fidava altrettanto di Vårdande.
"Sembri più silenziosa del solito, oggi." Styrkur le aveva accarezzato la guancia scarna, arrossata leggermente e abbellita da una ciocca rossa di capelli.
Era in lieve apprensione per la sua piccola volpe, Styrkur non era un'amante dei lunghi silenzi, forse perché non ne sapeva apprezzare il valore. Si era quindi seduto dietro di lei, spostandola al centro del letto mentre le massaggiava le spalle.
La schiena di Shahrazād era tesa, forse lo era tutto il suo corpo. Non sapeva se a causa di Styrkur o della strana conversazione con Vårdande.
"Perché mi hai portata qua?"
Styrkur non aveva fermato il massaggio alla giovane mentre, con i pollici, le premeva sulla parte iniziale del collo. Shahrazād si era lasciata andare ad un vago gemito di soddisfazione nel sentire quei gesti dolci e confortevoli.
"Mi sei sembrata perfetta, l'altra parte della medaglia insomma. Sono in vita da molto tempo, Shahrazād, ed ho il desiderio di passare il mio tempo con qualcun altro oltre ai miei fratelli." Styrkur aveva quindi preso a premere i polpastrelli sulla parte inferiore della schiena di Shahrazād.
Bugia.
Quest'ultima parola aveva iniziato a ripetersi nella mente della rossa sino allo sfinimento, fino a perderne il significato. Le aveva mentito, o meglio: non aveva specificato tutti i motivi.
"Non sono perfetta." Non l'aveva detto per sentirsi dire il contrario, era semplicemente ciò che pensava.
Shahrazād non era perfetta.
Era una ragazza malata, ignorante, denutrita e pigra.
Insomma: un agglomerato di imperfezioni.
Non che la cosa la infastidisse troppo, proprio per il suo peccare d'accidia. Era una sorta di consapevolezza interiore che possedeva.
Styrkur, a quel punto, non sapeva che dire.
La perfezione era un concetto astratto per lui, le sue Dee erano perfette e così lo era la sua causa. Mai aveva accollato quell'aggettivo ad una persona.
Perchè le persone non erano perfette e lui lo sapeva bene, ma per Shahrazād avrebbe fatto un'eccezione. Il modo di ella di camminare, di vedere, di parlare e di apparire era perfetto ai suoi occhi.
Ma non glielo disse.
"Quando capirai quanto perfetta sei fuggirai via da me, per venerare il tuo essere così divino. Ma finché non amerai te stessa non temere: t'amerò io al posto tuo." Styrkur le aveva baciato una spalla, senza malizia ma solo con gran tenerezza.
Il cuore di Shahrazād aveva accelerato la sua corsa, sbattendo contro la cassa toracica come ad implorare di uscire. Era una sensazione strana l'essere amati, o almeno lo era in quell'anni.
"E chi amerà te?"
"Me? Oh, piccola volpe: nessuno m'amerà mai, io sono inamabile da ogni punto di vista. Ma non preoccuparti, non reca dispiacere al mio cuore perchè troppo distratto dall'adorare te."
Styrkur sembrava un poeta d'altri tempi, quando parlava. E tanto carezzevoli e lusinghiere erano le sue parole da sembrare quasi false.
"Buonanotte Styrkur."
"Buonanotte, piccola volpe."
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