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CAPITOLO DIECI

Capitolo Dieci: Il segreto dei fiori.

"Stanca essere, sentire fa male, pensare distrugge.
Estranea a noi, in noi e fuori,
frana l'ora e tutto in essa frana.
Inutilmente l'anima piange."-Fernando Pessoa

Il Sole illuminava pigramente il volto pallido di Styrkur. Non aveva dormito la notte precedente, era rimasto sveglio ad aspettare il sorgere del sole con espressione atona, persa nel vuoto.

Styrkur non aveva mai dormito molto, non gli piaceva regalare tempo al sonno e perderne quindi da sveglio. Le sue occhiaie erano pronunciate, ma nessuno gliele rimproverava mai.

Aveva sbadigliato, senza coprirsi la bocca, mentre zuccherava il suo the. Davanti a lui Cassidea aveva iniziato a mangiare un cornetto vuoto, adocchiando di tanto in tanto.

"Non hai dormito?" Cassidea era abituata a dargli del tu, nonostante fosse una cosa concessa a pochi. Ai Quattro si dava del voi, il massimo a cui potevano aspirare gli adepti era di usare il "lei".

"Scaltra constatazione." Styrkur l'aveva presa in giro, mandando giù un sorso bollente, si era quindi pulito con la mano una goccia di the, tornando a guardare Cassidea.

"Prätda vuole sapere l'abilità della ragazza, è già una settimana che vive con noi e dobbiamo darle un incarico." Cassidea aveva afferrato i suoi occhiali malconci, sperando di intravedere in Styrkur un'espressione collaborativa.

Quest'ultimo non aveva risposto, osservando la cucina piena di erbe lasciate ad essiccare. Emanavano un profumo pungente, ma ormai viveva li da anni e ci aveva fatto il callo.

Non sapeva cosa proporre a Prätda, forse perchè ancora non aveva capito le abilità della sua Scelta. Era aggraziata, ma non abbastanza per condurre le ragazze della setta a ballare.

E possedeva un'intelligenza niente male, ma pur sempre al livello di una campagnola di città, quindi non abbastanza colta da insegnare ai bambini.

Cosa avrebbe potuto fare Shahrazād per la setta? Styrkur aveva iniziato a provare una certa ansia, avrebbe voluto tenere la ragazza nel modo in cui era, lasciandola vagare per ore tra i fiori come fossero un tesoro.

Non voleva che le sue mani facessero i calli, che si indurissero per il lavoro. Non voleva sforzarla o renderla forte come Matilde, semplicemente la voleva cosí.

Non che fosse una cosa particolarmente romantica, chiariamo. Styrkur amava la sensazione di dover aiutare Shahrazād, il modo in cui la mano di lei si aggrappava alla sua quando avvertiva un cambiamento di strada.

"Serpe, mi stai ascoltando?" Cassidea aveva molta pazienza, che con Styrkur veniva, purtroppo, meno.

"Come potrei non ascoltare l'incantevole Scelta di mio fratello?" Styrkur aveva poggiato la guancia contro il palmo della mano, sospirando.

Aveva sonno, per la prima volta dopo tanto desiderava crogiolarsi nel letto e riposare.
Riposare, che strana cosa era per lui.

"Penso che tornerò a dormire, le Dee non hanno bisogno dei miei servigi oggi. Parlerò io con Prätda, tu preoccupati di svolgere il tuo compito."

Si era quindi alzato dalla scomoda sedia il legno, dirigendosi verso la stanza di Shahrazād.

La rossa si era ridestata qualche minuto prima, ancora avvolta tra le nuove coperte color vermiglio, dall'odore esotico.

Non aveva trovato la volontà per alzarsi, era quindi rimasta ferma nella sua posizione, respirando pesantemente mentre tentava di recuperare il sonno perso. Le sue occhiaie erano quasi completamente svanite da quando aveva iniziato a soggiornare in quella Villa.

Poteva riposare quanto voleva, Styrkur non le avrebbe detto nulla in qualsiasi caso. Era a tutti gli effetti padrona di se stessa, poteva fare ciò che voleva senza preoccuparsi di sopravvivere.

Le bastava chiamare la sua cameriera se le serviva qualcosa, non che lo facesse spesso in quanto il senso di colpa glielo impediva.

La porta della sua camera si era aperta, portando con se un dolce odore a lei familiare. "Dormi ancora, piccola volpe?"

Styrkur si era seduto accanto a lei, non troppo vicino per non intimorirla, ma abbastanza per farle percepire la sua presenza.

"Non avevo voglia di alzarmi." L'aveva confessato con gli occhi chiusi, sentendo i flebili raggi del sole compirle il viso. Styrkur aveva sorriso, strofinandole il cuoio capelluto con i polpastrelli.

"Posso coricarmi vicino a te?" Non aveva mai avuto il bisogno di chiedere, era abituato a prendersi quello che voleva, ma con lei le sembrava sbagliato.

Shahrazād aveva annuito, concentrandosi sul massaggio che stava ricevendo. Styrkur si era quindi tolto le scarpe, sdraiandosi con estrema lentezza.

Una sorta di via di fuga per Shahrazād, per permetterle di cambiare idea e cacciarlo.

Styrkur aveva continuato a massaggiarle i capelli, senza toccarla ulteriormente. Gli piacevano i capelli di lei, ora morbidi e più brillanti rispetto alla prima volta in cui l'aveva incontrata.

Shahrazād si era voltata quindi verso di lui, i suoi occhi puntati contro il mento di Styrkur. A lui era mancato il fiato a vederli, innamorandosi di essi ancor di più.

"Posso provare?" Shahrazād aveva alzato le mani, mentre la Serpe bisbigliava un si confuso. Provare cosa?

La rossa aveva quindi toccato il viso di Styrkur, arrivando sino ai suoi capelli, provando anche lei a regalargli un po' di relax con un massaggio improvvisato.

Il contatto era per lei un'enorme tabù, nessuno la toccava a Città dei Peccatori, se non suo padre e le sue consorelle.

Aveva quindi mosso lentamente i pollici sulle tempie di Styrkur, con lentezza e mettendoci poca pressione, imitando i movimenti di lui. Con la mano sinistra aveva poi iniziato ad accarezzargli i capelli, avvertendo il respiro di Styrkur farsi più lento e pesante.

Aveva continuato cosí per minuti interi, sino a quando era stata sicura si fosse addormentato e anche allora non aveva smesso di accarezzarlo.

Era la cosa più intima che aveva mai fatto in vita sua, se Styrkur fosse stato sveglio avrebbe notato il rossore sulle guance di lei. Ma non lo era, quindi il suo imbarazzo era rimasto un segreto, con sua immensa gratitudine.

Aveva comunque sia iniziato a pensare alle parole di Vårdande. Si era chiesta se dovesse davvero dubitare di quell'uomo che, accanto a lei, dormiva sereno.

Non le era sembrata una cattiva persona, nonostante sapesse benissimo quello che lui e i fratelli facevano. Poi i suoi pensieri si erano sposati verso i sue genitori, si era chiesta quanta pena il padre provasse, magari persino sua madre era rimasta intristita.

Shahrazād avrebbe voluto affogare negli abbracci di suo padre, nel cinguettio del suo animaletto domestico e nelle care premure delle sue consorelle. Quelli erano piccoli dettagli che ad ella mancavano.

Chissà se le sue consorelle si erano lasciate morire, o se avevano permesso ai Quattro di ammazzarle. Avevano sofferto? La risposta era no, dopotutto gli Stanchi amavano la morte e la ricongiunzione con il loro Dio era una visione magnifica.

Si era quindi chiesta quanto avesse perso e quanto avesse acquisito da quella situazione. Ora viveva in modo dignitoso, ma stava iniziando a perdere la sua fede. Troppo spesso aveva iniziato a provare interesse verso il nuovo mondo in cui abitava, e troppo spesso aveva iniziato a desiderare di svolgere una qualsiasi azione.

Stava forse iniziando a dimenticare le sue origini? Oh quale vergogna sarebbe stata per lei, che tanto amava il suo credo ed il suo Dio.

L'unica consolazione era sapere che, in quanto Stanca, poteva concedersi la curiosità. Essa apriva infatti numerose porte ed il suo Dio desiderava che gli Stanchi conoscessero il mondo prima di abbandonarlo.

Si, la curiosità era ammessa e questo la consolava.

Aveva quindi smesso di pensare, riuscendo a trovare sonno.

"Avete un bell'aspetto oggi, mia signora." La cameriera di Shahrazād aveva iniziato a spazzolarle i capelli bagnati con un pettine fine, tentando di districare tutti i nodi sulla testa rossa della ragazza con più delicatezza possibile.

"Cosa è cambiato?" La ragazza si era toccata il volto, confusa ma con vago interesse. La cameriera, Nora, aveva sorriso mentre le passava un unguento sui capelli.

"Si sta abbronzando, mia signora. E le sue occhiaie sono quasi completamente sparite, pare inoltre star mettendo su qualche chilo." Aveva quindi preso a strofinare con un asciugamano le punte dei capelli, afferrando le forbici sul mobiletto dinnanzi a Shahrazād.

"Non chiamarmi signora, non sono la signora di nessuno."

"Siete certamente troppo giovane per essere una signora, di questo le do conto, ma lei affianca la Serpe e in quanto tale è la mia signora."

Shahrazād non aveva trovato la voglia di controbattere, sapeva che non avrebbe ottenuto alcun risulto.

Nora aveva quindi riunito i capelli, iniziando a tagliare le punte rovinate di Shahrazād con estrema cura.
"Li taglierai molto?" Non era preoccupata, i suoi capelli non rappresentavano nulla per lei. Sarebbe potuta essere calva e la cosa non l'avrebbe colpita.

"Oh no, li taglierò poco: cresceranno meglio. Deve sapere che tutti le guardano i capelli, è l'unica ad averli di questo colore. Qualche donna li ha simili, ma non di un rosso cosí vivace. E pare che la Serpe li adori. Ma non fatene parola a nessuno, mia signora, che rimanga un segreto tra noi."

Nora non si sbagliava, aveva visto Styrkur sfiorare i capelli della sua signora, lisciandoglieli e raccogliendoglieli.

"Come possono dei capelli attirare cosí tanto interesse?" Shahrazād non desiderava realmente una risposta, era una domanda fatta a se stessa alla quale non riusciva a trovare risposta.

"Tutto ciò che  viene dall'esterno è fonte di interesse, mia signora. Anche le sue efelidi lo sono. Deve essere sensibile al Sole con tutte quelle macchie e il suo incarnato vagamente pallido."

Nora sarebbe stata un'ottima Lussuriosa, Shahrazād ne era sicura. Aveva quindi sorriso, scuotendo la testa con divertimento.

"Le ho preparato un vestito giallo, è una bella giornata per indossarlo. Vuole fare qualcosa, dopo che le avrò tagliato i capelli?" Nora era sicuramente una creatura curiosa. Aveva confidato a Shahrazād di avere diciannove anni, gli occhi azzurri come il cielo e i capelli castani come il tronco di un albero.

Pareva entusiasta d'essere la sua cameriera, la lusingava tremendamente e le raccontava le novità del giorno. A Shahrazād non interessavano particolarmente i pettegolezzi, ma si divertiva a sentirli da lei.

"Volevo tornare in giardino."

Nora aveva aggrottato le sopracciglia, lasciando che qualche ciocca toccasse il pavimento. Il rumore delle forbici in uso aveva riempito la stanza.

"Si rovinerà le mani, mia signora."

"Non importa."

Nora aveva sorriso, posando le forbici per massaggiare il viso di Shahrazād con una pomata idratante fabbricata da lei stessa.

"Vuole sapere le novità?" Aveva strofinato i polpastrelli contro le labbra di Shahrazād, passando poi al naso.

"Certamente."

Nora non aveva molte conoscenze con cui parlare. La sua padrona era forse tra i pochi a prestarle attenzione. Passava con lei due ore al giorno, aiutandola e parlando quanto più poteva.

"Il Lupo le ha preparato un mazzo di rose carnicine e alcune color corallo, nessuno sa che sono per lei, ma io l'ho sentito borbottare. Parla spesso da solo, bisbigliava la sua speranza in una sua approvazione dei fiori. Non l'ho detto a nessuno. La Serpe non ne sarebbe affatto felice."

Nora era brava a mantenere i segreti, tranne che con Shahrazād. Sentiva di doverle raccontare tutto, le era totalmente fedele.

Comunque sia la rossa era rimasta allibita mentre inclinava il viso, lasciando che la ragazza le profumasse il collo di pesca.

"Cosa vi è di cosí scandaloso in delle rose, tanto da far arrabbiare Styrkur?" Shahrazād aveva puntato le sue iridi bianche in quelle di Nora, senza rendersene conto.

Quest'ultima ne era rimasta impietrita. Pareva quasi la stesse davvero vedendo.

"Le rose carnicine simboleggiano i segreti, e quelle corallo la passione. Mia signora, non voglio intendere nulla che io non abbia sentito, ma qualsiasi persona provvista di istruzione penserebbe a un messaggio d'amore."

Nora aveva finito, iniziando quindi a lavarsi velocemente le mani in una tanica ai suoi piedi. Se le era quindi asciugate sul grembiule, tornando ai capelli di Shahrazād.

"Impossibile." Aveva borbottato Shahrazād, roteando gli occhi.

Nora aveva sbuffato, acconciandole i capelli in una treccia.
"Penso che il fornaio voglia dichiararsi a me, sa?" Aveva cambiato argomento, sorridendo a se stessa nello specchio. Shahrazād aveva accolto il cambiamento repentino con piacere, chiedendo di più.

"E a te piace?"

"Certo che no, mia signora. Ma mi lusinga sapere di poter interessare a qualcuno. Non si sente cosí anche lei?"

Nora aveva osservato Shahrazād con speranza, lasciando scintillare l'interesse nei suoi occhi azzurri.

La risposta di Shahrazād era no, ma non poteva dirlo alla dolce fanciulla, quindi aveva risposto di si, accennando un sorriso.

"Andiamo, la accompagno in giardino."

L'addestramento fisico era una delle attività non discutibili o facoltative per far parte della setta dei Quattro. Ogni membro, uomo o donna che fosse, doveva prestarsi ad una sessione di tre ore consecutive di allenamento, quattro di formazione 'scolastica' e le ore restanti erano di lavoro o di svago.

Nessuno aveva il privilegio di poter oziare tutto il giorno, era importante che tutti svolgessero un'attività. Nessuno escluso. Non importava che fosse poco faticosa, l'importante era svolgerne una.

Vi erano gli agricoltori, i costruttori, i cuochi e decine di lavori diversi. Gli adepti potevano scegliere di dedicarsi alle attività che più preferivano, questo perchè un'attività riusciva meglio se si provava piacere a svolgerla.

La preferita di Wëskø era il giardinaggio. Aveva fatto crescere molteplici fiori tropicali, non appartenenti alla zona in cui vivevano. Aveva preso i semi duranti i loro viaggi, riuscendo a coltivarli con successo.

Shahrazād aveva iniziato ad aiutare il Lupo con entusiasmo ben nascosto, ricevendo dritte da lui su come far crescere a dovere quelle piante a lei sconosciute. L'uomo era dotato di grande pazienza. Non l'aveva mai rimproverata per i suoi risultati alle volte scarsi, incoraggiandola con bontà a fare di meglio.

"Questi sono semi di Psychotria Elata, è una pianta allucinogena, quindi quando sarà cresciuta non ti consiglio di avvicinartici. Viene dalla Colombia e ha bisogno di ombra per crescere bene."

Shahrazād aveva annuito mentre solleva il suo vestito giallo, sedendosi a terra. "Perchè li coltivate se sono cosí pericolosi?" Aveva domandato, mentre Wëskø le faceva scavare un piccolo solco nel terreno umido.

"Vengono usati durante gli attacchi o contro i prigionieri, per drogarli."

Avevano quindi continuato in silenzio la loro attività. Davanti a loro si trovava una serra dalle dimensioni considerevoli, colma di piante estranee a Shahrazād. Loro erano seduti a qualche metro di distanza, Wëskø indossava una camicia bianca sporcata di terra e dei pantaloncini verde scuro.

Parevano due poveri campagnoli.

"Come ti trovi qui?"

Shahrazād si era presa il suo tempo per pensare ad una risposta, aveva annusato il profumo delle rose a lei vicine ed era riuscita a rilassarsi.

"Mi trattano bene." Era, tutto sommato, vero. Ma ancora non sapeva definire se il sentimento che provava era benessere.

Wëskø aveva annuito lentamente, grugnendo.

"I tuoi fratelli non piantano i fiori con te?" Shahrazād aveva annaffiato con mano tremante il giglio ai suoi piedi, sorridendo quando aveva terminato l'opera.

"Non ne sarebbero capaci, per far crescere un fiore ci vuole delicatezza e questo temine è a loro sconosciuto."

Wëskø era infatti, tra i Quattro, il più delicato. I suoi fratelli spesso lo deridevano, perchè "scommetto che con una gonna sembreresti a tutti gli effetti una fanciulla."

Gliela avevano ripetuta più volte quella frase, e lui essendo il più piccolo non aveva mai replicato. Erano cosí bravi i suoi fratelli nell'arte della guerra che ignoravano la magnificenza della delicatezza.

"Pensi che potrei diventare brava quanto te?"

Wëskø l'aveva guardata mentre si pizzicava le mani, gli occhi bassi e l'espressione ansiosa. Aveva quindi sorriso, pervaso dalla felicità, afferrandole le mani.

"Certo che puoi! Anzi, sono sicuro che diventerai più brava di me."

Shahrazād aveva sorriso a sua volta, inclinando la testa come da abitudine, pensando alle parole di Nora.

Che fossero vere?

Cosa ne pensate?

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