CAPITOLO DICIASSETTE
Capitolo Diciassette: l'angelo di Dio
"Noi a un certo punto moriamo
per la stanchezza
di non essere capiti.
Le malattie vengono
dopo la delusione,
nessun virus è potente
come il non amore." -Franco Arminio.
Seth si era svegliato con un mal di testa indicibile, tutto gli pulsava ed il mondo pareva vorticargli attorno. Si trovava in una stanza, ne era sicuro, ed era seduto su una sedia.
Aveva provato ad alzarsi, sentendosi bruciare le articolazioni: era completamente legato. Si era quindi fermato, riflettendo sul da farsi.
Era in dubbio, avrebbe dovuto trasformarsi? Era ancora difficile, per lui, farlo a causa della forma enorme del suo animale guida: la pantera nera.
Proprio come quest'ultima, anche Seth presentava una patologia che gli aveva chiazzato di nero il corpo.
Aveva una grande macchia nera sotto al collo, una più estesa sulla schiena e altre più piccole sulle gambe. Sua sorella gli aveva detto che era la manifestazione del suo animale, così come gli occhi di Prätda e la lingua di Styrkur.
Se solo fosse riuscito a far spuntare gli artigli sarebbe riuscito a spezzare le funi che lo legavano.
"Ben svegliato, ragazzo." Non aveva riconosciuto la voce, e nemmeno da quale parte arrivava. La stanza era vuota, solo lui vi era dentro.
"Chi sei?" Seth avrebbe voluto che la sua voce uscisse con più decisione, per mettere in soggezione l'uomo nascosto chissà dove, ma fu il contrario.
"Non ti interessa saperlo", la porta si era aperta, facendo entrare gli uomini che poche ore prima l'avevano rapito.
Ghignavano entrambi mentre si avviavano verso un tavolo all'angolo della stanza.
"Sappiamo chi sei, anzi: chi siete. E non possiamo permetterci di lasciarci sfuggire un'arma come te!" Di nuovo la voce sconosciuta, Seth ancora non aveva capito da dove venisse.
Di certo non dai due uomini che, da quando erano entrati, non avevano detto nemmeno una parola.
Sul tavolo Seth era riuscito ad intravedere diverse siringhe, dei lacci emostatici ed un coltellino svizzero dalla punta smussata.
La voglia di piangere era fortissima, ma decise di trattenersi. Non poteva piangere davanti al nemico, era sicuro che i suoi fratelli sarebbero arrivati per salvarlo.
Ci sperava con tutto se stesso.
"Verranno tempi duri, e bestie come i componenti della tua famiglia sono pericolosi per persone come noi. Ma ora che abbiamo te possiamo dire di sentirci un po' più al sicuro!"
I due uomini avevano quindi afferrato una siringa a testa, il primo aveva persino estratto una pistola per puntargliela contro mentre gli si avvicinavano.
Volevano sedarlo ancora?
"Dio ha creato gli uomini, non bestie. Ma non temere, ti salveremo."
I due uomini gli avevano quindi alzato le maniche della maglia mentre Seth, in preda al panico, iniziava a scalciare e ad urlare.
"Lasciatemi!" Aveva gridato lui, tentando in tutti i modi di liberarsi. Ma gli uomini erano stati più forti di lui, gli avevano afferrato le braccia cercando la vena più sporgente mentre si leccavano le labbra.
"In nome di Dio." Avevano borbottato sotto voce, infilando l'ago.
Seth aveva sentito gli occhi e le macchie bruciargli mentre si piegava, pronto a vomitare. Voleva tornare a casa da sua sorella, dai suoi fratelli e avvisarli di ciò che quegli uomini volevano fare.
Ma nemmeno lui aveva capito cosa gli stessero facendo, cosa contenessero le siringhe e chi fosse l'uomo misterioso.
"Cosa mi state facendo?" Aveva abbandonato la testa indietro, lasciando che le lacrime gli rigassero finalmente il volto.
Seth piangeva sangue.
"È impossibile eliminare la tua mostruosa personalità, ma possiamo sdoppiarla. Esiste una malattia, se vuoi chiamarla così, chiamata disturbo dissociativo d'identità."
Seth iniziava a sentire sempre più caldo, le orecchie gli fischiavano ma non importava: voleva capire.
"Scinderemo la tua mente in due, così che prevalga una nuova personalità in te. Tranquillo: non morirai, semplicemente verrai relegato in un angolino della tua mente per far spazio ad un nuovo te che prenderà il controllo del tuo corpo e dei tuoi pensieri.
Da oggi non sarai più Seth la pantera, sarai Gabriele come l'angelo fidato di Dio! E seguirai i miei ordini, ci proteggerai.
Addio, Seth."
Shahrazād aveva partecipato al rito funebre con una leggera nota di confusione e dispiacere. Cassidea era sempre stata giusta con lei e non si capacitava di cosa fosse successo.
Styrkur le aveva detto che era stata assassinata, ma nulla di più. Le aveva impedito di lasciare le sue stanze senza di lui e le aveva affidato una scorta. Il palazzo dei Quattro era piombato in un silenzio infernale, tutti gli adepti si sentivano spaventati, confusi, arrabbiati.
Cassidea era conosciuta lì e nessuno le aveva mai voluto male, per questo il suo assassinio aveva destato stupore. Prätda era rimasto accanto al rogo in cui Cassidea era stata bruciata per un giorno intero, senza bere ne mangiare nulla.
Era a pezzi, tutti potevano vederlo.
Prätda, conosciuto come un uomo duro e senza emozioni ora sembrava così fragile. Una sola parola l'avrebbe ucciso, Shahrazād ne era sicura.
"Come sta?" Aveva chiesto lei a Styrkur, sedendosi sul letto. La Serpe aveva sospirato, chinandosi ai suoi piedi per poggiarle la testa sul grembo.
Shahrazād aveva preso ad accarezzargli i capelli, giocando con qualche ciocca più lunga.
"Cassidea era tutto per lui, anche se non lo dava a vedere. Sta male, non so come farà ad andare avanti."
Styrkur si era chiesto cosa avrebbe fatto lui al posto del fratello, come avrebbe reagito e la risposta non gli era piaciuta.
"Sapete chi è stato?"
"Si."
Shahrazād non aveva indagato oltre, sapeva che non avrebbe ricevuto risposte più approfondite.
"Ti proteggerò, non preoccuparti."
Lei aveva annuito, nonostante la voglia di dirgli che non temeva un possibile attacco a lei. Era di questo che le Dee parlavano?
Si erano quindi stesi entrambi sul letto, rimuginando sul da farsi. "Sembrava una persona buona." Aveva borbottato Shahrazād, con una nota di tristezza.
Aveva sempre accettato la morte, ma ora si trovava a chiedersi il perchè Cassidea se ne fosse dovuta andare così presto e così inaspettatamente.
Sover l'avrebbe sicuramente accolta nel suo regno, dopo la morte, ma ciò che più le dispiaceva era che Cassidea avesse sofferto nel morire.
Per lei era un'idea ambigua, perchè la morte non doveva essere cattiva ma giusta. Ed un umano non avrebbe mai dovuto avere il potere di levarla a qualcuno, e se anche l'avesse avuto era vietato usarlo.
Lei non aveva mai ucciso nessuno, eppure avrebbe potuto.
"Prätda mi ha chiesto di prendere il suo posto, non riesce più a governare con il lutto."
Styrkur aveva quasi timore nel parlare con la ragazza, perchè pareva non riuscire a fermarsi quando le parlava. Si fidava di Shahrazād, nonostante la conoscesse da poco meno di un mese.
Ma era davvero giusto che le rivelasse tutto? Voleva parlarle di Seth, di ciò che sapeva, e al contempo stesso voleva parlare della fioritura dei tulipani. Wëskø gli aveva detto che Shahrazād era diventata un'ottima fioraia.
"Hai intenzione di accettare?" Gli aveva chiesto lei lasciando che Styrkur le accarezzasse le clavicole con le punte delle dita. Lui aveva annuito, mordendosi l'interno guancia.
"Ti affiderò una scorta. Non voglia che giri sola, è pericoloso."
Shahrazād non aveva ribattuto, consapevole della veridicità delle parole di Styrkur.
C'era un assassino in giro, un assassino che Styrkur conosceva e la cosa agitava persino l'animo quieto di Shahrazād.
In quel momento desiderava solo recarsi in giardino, a sentire il profumo dei fiori e a sporcarsi di terra le mani.
Styrkur, dal suo canto, non riusciva a capacitarsi di come Seth avesse potuto superare il confine senza esser notato dalle guardie. Pensava fosse scomparso nel nulla, che non l'avrebbe mai più rivisto.
E di certo non sperava di avere sue notizie in circostanze tanto macabre e tristi. Doveva dirlo a Vårdante, doveva aumentare le guardie e dare a Shahrazād una scorta, poi si sarebbe dovuto prender cura del fratello, scovare Seth e...
E cosa avrebbe fatto dopo averlo trovato? Avrebbe forse dovuto giustiziarlo? Sarebbe stata la giusta pena, quella di ucciderlo, eppure era suo fratello.
Per la prima volta in vita sua, Styrkur era in dubbio.
E se al posto di Cassidea ci fosse stata Shahrazād?
Gli aveva sussurrato una vocina, insinuandosi nella sua mente come un pensiero fastidioso ed assordante. No, non poteva permettere che Seth ferisse Shahrazād.
Avrebbe voluto sparire, dissolversi per ritirarsi da tutti quei problemi. Dov'erano le Dee in quel momento? Perchè non li proteggevano?
Shahrazād aveva fatto passare le dita sul viso contorto dai pensieri di Styrkur, notandone le smorfie e le pieghe della fronte.
Non ci volevano due occhi per notare lo stato di pena in cui versava Styrkur. Lei non era mai stata brava a consolare gli altri, l'empatia non le era però sconosciuta.
La cecità le aveva tolto la vista, dandole però una capacità nel comprendere le emozioni altrui. Era una sorta di vivida consapevolezza, sentiva le loro emozioni con il tatto ma, nonostante ciò, non sapeva come prenderle.
Si era quindi piegata come meglio poteva, baciando la fronte di Styrkur con le labbra fredde.
Ricordava che suo padre lo faceva spesso quando si ammalava, sperava di insinuare un senso di conforto in Styrkur.
Più che conforto, però, lui aveva provato stupore.
"Fallo ancora."
Shahrazād aveva ascoltato in silenzio, baciandogli la fronte e poi il contorno del viso con lentezza. Styrkur era rimasto fermo, chiudendo gli occhi per conservare quel momento.
Avrebbe voluto rimanere cosí, immobile, per tutta la giornata.
Shahrazād gli aveva quindi accarezzato i capelli mentre continuava con il suo tenero attacco. Anche quella era una forma di intimità mai provata prima, che però non le dispiaceva. "Va meglio?" Gli aveva domandato, ricevendo un movimento positivo del capo.
Aveva tirato le labbra in un lieve sorriso, baciandogli la punta del naso e poi le palpebre chiuse. Styrkur, a contatto con le sue labbra, pareva incandescente.
Era poi seguito un colpo alla porta: qualcuno stava bussando, ma a Styrkur non importava. Non rispose affatto.
L'uomo dietro la porta aveva quindi continuato, sperando che la stanza non fosse deserta.
"Signore, la cartomante desidera parlare."
Angolo Me:
Scusate il tremendo ritardo, ho avuto difficoltà con la scuola e non ho avuto tempo di aggiornare.
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