19. Trappola
Quando spalancò gli occhi, all'alba, Sarah si sentiva irrequieta.
Stava accadendo tutto troppo in fretta, ma lei era consapevole che, se Jon aveva deciso di partire subito, doveva esserci qualcosa sotto, qualcosa che lo rendeva estremamente nervoso. Inoltre, si fidava del proprio istinto. Era certa che fosse la scelta giusta.
Lui era già in piedi e vestito quando Sarah fu costretta ad alzarsi. Si stava infilando qualcosa nella cintura che gli stringeva i calzoni, qualcosa che non riuscì a identificare, e le dava le spalle. Sarah notò che anche lui sembrava alquanto nervoso.
Osservò la sua ampia schiena, poi spostò lo sguardo in basso dove i fianchi si restringevano e delineavano la curva del fondoschiena. Avvertì una scarica di calore percorrerle lo stomaco, e quello le diede l'impulso per destarsi completamente. Non era il momento di soffermarsi su certi particolari.
Appena fu in piedi, Jon si girò.
—Puntualissima— sorrise, ma quel sorriso era colmo di forzature. Lei sapeva che era agitato tanto quanto lo era lei. — Buongiorno, Sarah.
—Buongiorno, Jon.
Per alcuni istanti rimasero a fissarsi senza dire nulla. Lei voleva dirgli quanto gli fosse grata, lui avrebbe voluto ripetere che l'avrebbe difesa da tutto e tutti, a qualunque costo, ma nessuno dei due fu in grado di pronunciare una sola parola in merito.
Alla fine Jon si chinò verso il letto, afferrò l'abito di Claire e glielo porse.
— Su, vestitevi. Io vado ad avvertire mia madre, voi aspettatemi fuori, nella stalla. Timothy è già in piedi e io ho già fatto aprire il cancello.
Sarah annuì e, quando Jon fu uscito dalla stanza, si prese un momento per riflettere. Mentre si spogliava della camicia da notte per indossare l'abito da giorno, pensò a come sarebbe inevitabilmente cambiata la sua vita entro poco tempo. Sarebbe stata sposata a Jon Charters, a quello che ormai era un uomo aitante, bello e affascinante, e sarebbe stata finalmente salva dalle angherie a cui suo zio avrebbe potuto sottoporla. Sarebbe diventata la moglie dell'uomo che in passato aveva schernito e mai apprezzato. Si concesse il lusso di ridere per una situazione che si era abissalmente capovolta. Nove anni dopo il loro ultimo incontro, lei aveva baciato Jon. Jon aveva baciato lei. Le aveva giurato che l'avrebbe protetta. Era talmente surreale che stentava ancora a crederci.
Ma Sarah si sentiva talmente libera e piena di energie, quella mattina, che impose a se stessa di credere che fosse tutto vero, che tutto sarebbe andato per il meglio. Certo, prima o poi sarebbe dovuta tornare ad Ashton House per affrontare lord Ashton, ma lo avrebbe fatto con a fianco suo marito. Jon.
Una volta che ebbe indossato l'abito, senza corsetto, afferrò il mantello che Jon le aveva dato la sera del primo giorno e se lo drappeggiò sulle spalle abbottonandoselo sotto al mento. Ripiegò la camicia da notte, prese la spazzola di Claire — che Jon le aveva donato il giorno precedente per pettinarsi dopo il bagno — e li ripose nella borsa da viaggio. Era tutto pronto. Istintivamente si sfiorò il polso sinistro con l'altra mano e qualcosa le fece aggrottare la fronte. Abbassò lo sguardo sulla pelle nuda del polso. Il suo nastro. Era sparito. Come aveva fatto a non accorgersene prima?
Probabilmente doveva averlo perduto da qualche parte, forse quando era fuggita da Ashton House, forse si era impigliato nelle siepi del giardino, forse l'aveva perduto durante la notte. Si impose di mantenere la calma. Quel nastro era tutto ciò che rimanesse di sua madre. Prese un respiro profondo per attenuare i battiti improvvisamente divenuti rapidi e afferrò la maniglia della borsa. Non c'era tempo, adesso. Doveva raggiungere le stalle.
L'aria frizzante del primo mattino le investì il volto quando si ritrovò sul retro, facendola rabbrividire.
Il sole stava sorgendo in quell'istante, diffondendo un chiarore aranciato sul profilo delle colline in lontananza, e lei si perse ad osservarlo. Era uno spettacolo mozzafiato, come aveva sempre creduto, ma non si era mai alzata in tempo nell'arco della sua vita per poterne trarre beneficio. Ora che ne aveva l'opportunità, pensò che il sole che sorgeva fosse un panorama che valesse davvero la pena di vedere.
Incassò il viso nell'allacciatura del mantello, pronta a dirigersi verso la stalla quando un movimento alle sue spalle la fece impietrire all'istante. Non poteva trattarsi di Jon, lui doveva essere ancora dentro a discutere della partenza con lady Charters. Ma allora chi era? Timothy era nelle stalle, e lei non ci era ancora arrivata.
—Voltati, Sarah — ordinò una voce dietro di sé.
Il cuore le saltò in gola.
Suo zio.
Quella era l'inconfondibile voce che apparteneva a Robert Ashton.
—Subito — rettificò quando si accorse che lei non accennava a muoversi. Sentiva i piedi ancorati al terreno. Come era possibile? Come aveva scoperto dove si nascondeva?
Con un istantaneo senso di panico, lentamente Sarah si girò e quello che vide la pietrificò ancora di più. Davanti a lei, con una pistola puntata alla tempia, lo stalliere Will tremava e la fissava con gli occhi sgranati e le labbra che vibravano a causa del respiro affrettato che ne fuoriusciva. Ashton premette l'arma contro la tempia del ragazzo, osservando in cagnesco la nipote. — Come avete... — tentennò lei, inorridita dalla scena che si parava davanti ai suoi occhi.
— È opera di questo tanto fedele domestico — rispose Robert sollevando un angolo della bocca. —Tiene così tanto a te da essersi lasciato sfuggire di aver trovato il tuo nastro proprio in questo giardino.
Ammutolita, Sarah lanciò un'occhiata al polso per poi chiudere gli occhi. Ecco, doveva l'aveva perduto.
— Will non c'entra nulla con tutto questo— disse tentando di mantenere un tono di voce fermo, nonostante dentro di sé ogni cosa sembrasse andare a fuoco. Spavento, sconforto, amarezza le serravano il petto come le zanne affilate di una bestia inferocita.
— Lasciatelo andare, zio, vi supplico.
In tutta risposta, Ashton assestò una gomitata nelle reni del ragazzo che si piegò in avanti digrignando i denti e strappando un gemito a Sarah.
Gli occhi di suo zio sembravano essere fatti di brace pura.
— Vieni con me, Sarah, o giuro sulla tomba di mio fratello che ammazzerò questo bifolco e l'altro parassita del tuo amante prima che tu possa battere ciglio.
A Sarah si ghiacciò il sangue nelle vene.
—Di che cosa state parlando? — biascicò mentre il cuore sembrava all'improvviso volerle sfondare la cassa toracica.
Jon.
Jon era ancora dentro, ma presto sarebbe uscito e se avesse assistito alla scena di sicuro suo zio non l'avrebbe scampata. In ogni caso, però, Will sarebbe morto. Ashton avrebbe sparato, Sarah ne era consapevole. Percepì le proprie dita allentare gradualmente la presa sulla maniglia della borsa.
Robert inarcò le sopracciglia cespugliose.
— Sei sparita da cinque giorni, ti sei nascosta qui e credi che sia tanto sciocco da non sapere che sei già stata abbondantemente disonorata?— Scoppiò in una risata amorfa. — Sei solo un'ingenua sgualdrina.
Sarah serrò le labbra. — Non vi permetto di trattarmi così— ringhiò. — Non sono io la persona che dovrebbe provocare disgusto, ma voi. Perché voi non avete idea di quanto mi disgustiate.
Robert fissò prima lei, poi la casa, poi Will. Infine, gli assestò un altro colpo. Tra le gambe, a tradimento, un gesto rabbioso che lo fece urlare e cadere a terra in ginocchio. Sarah trasalì, la rabbia che montava dentro di lei come un toro imbizzarrito. Non si sarebbe fermato. Lo sapeva.
La stava tenendo sotto tiro, in trappola. Le mancava il respiro. — Lasciatelo, ho detto! — Strinse gli occhi.
— Vi sto implorando.
—Ti concedo un minuto, Sarah, uno solo. Perché prima o poi qualcuno uscirà per raggiungerti e tu sai perfettamente che io pianterò una pallottola nel cervello di questo inutile rettile se non farai esattamente quello che dico.— Fece una smorfia sprezzante. — Che cos'hai organizzato, un'altra fuga? Magari questa volta una fuga d'amore con un libertino che si è infilato nel letto di decine e decine di donne prima di te. Congratulazioni, Sarah. Non sei altro che una baldracca, bella soddisfazione per i tuoi cari genitori! —
Lei avvertì il peso della lacrime sul retro degli occhi. Non riusciva a tollerarlo. Non poteva permettergli di insultarla ancora, non poteva accettare che riesumasse il ricordo dei suoi genitori, né che attentasse di nuovo alla vita di Will. Ma nonostante tutto, sapeva che se non avesse seguito suo zio, quel ragazzo sarebbe morto. E la colpa sarebbe ricaduta su di lei.
La borsa le scivolò dalle dita con una lentezza estenuante. Una gabbia di sconfitta parve piombarle addosso, mentre una dolorosa oppressione al petto le faceva dubitare di avere ancora un cuore. Sembrò fluttuare nell'aria quando Ashton mollò la presa su Will per trasferirla sul suo braccio. — Hai preso la decisione più saggia, nipote.
L'uomo le si avvicinò, la osservò dall'alto con una cupidigia che la terrorizzò, che scosse ogni anfratto del suo giovane corpo con una violenza inaudita, mentre Will continuava a mugolare di dolore.
Robert la fissava all'apparenza calmo, senza battere ciglio. Un istante dopo, abbatté il calcio della pistola sulla sua tempia sinistra prima che Sarah avesse anche solo il tempo di rendersene conto.
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