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Capitolo 9


Era lì da circa mezz'ora e si stava godendo la scena. Gli occhi di lei avevano un'espressione di terrore, puro e folle, che gli procurava un doloroso piacere. Finalmente si era accorta della sua presenza. Il respiro affannoso, la mascella contratta, il suo tormento stava per finire e la sua ira liberata. L'unica volontà che, in quel momento, sentiva battere dentro di sé e che offuscava ogni ragionamento era quella di uccidere. Sotto l'influsso di un'eccitazione fisica, avanzò verso quello specifico e unico fine.

La paura la fasciò, invisibile e imballante come nastro adesivo, quando sentì dei passi avvicinarsi. Un soffio d'alito fruttato le sfiorò il viso, poi, d'improvviso, si sprigionò una luce abbacinante. Le retine le bruciarono e Silvia calò giù le palpebre come saracinesche. Dischiuse appena gli occhi e provò a guardare attraverso le ciglia. Tutto era nebuloso. Le danzava davanti un'ombra scura e, a quel punto, un ricordo le rese la vista più nitida.

All'altezza dei suoi occhi, c'era una bocca di un rosa pallido e semiaperta, come sul punto di dire qualcosa. L'odore fruttato la investì nuovamente, in modo così intenso da penetrarle a fondo le narici. La cornice della bocca, il mento e le guance erano glabri. Il resto del volto occultato dal cappuccio nero di una felpa. Il cuore prese a picchiarle forte il petto e la gola le si chiuse in una morsa, quando il cappuccio scivolò sulle spalle, svelando la sua identità.

Silvia sbarrò gli occhi, incredula, quando vide Ombra procedere al fianco della ragazza che le era di fronte. Fissò con sgomento i suoi occhi azzurri, che la stavano studiando a fondo. Lì, dove era sepolta la verità.

«Ti ricordi di me?» le chiese lei, accarezzandole la guancia con la punta del coltello che stringeva in mano. «Sono la sorella del ragazzo che hai ucciso sei mesi fa.»

L'odore metallico del sangue si mescolò ai ricordi, che presero a sferragliare nella mente di Silvia. Come un flash, il passato le accecò la mente. Gli abbaglianti fendevano la pioggia, mentre lei, alla guida di un Suv e in compagnia di Alex, sfrecciava sulla provinciale stretta e buia. Un sorpasso pericoloso su una strada a doppio senso di circolazione, poi due fari dietro una curva. L'utilitaria che procedeva in direzione opposta evitò lo schianto, uscendo fuori strada. Un impatto violento contro un albero. La pioggia si sbriciolava nella luce dei fari, diretti verso la radura. Le lamiere ritorte, il parabrezza ridotto in briciole, schegge di vetro sparsi ovunque. Dopo il boato, un silenzio straziante. Nessun rumore. Nessun movimento. Neanche un piccolo respiro. Tutto intorno a lei era immobile. Solo il suo sguardo su quei corpi inermi. Silvia rabbrividì, l'umidità che sentiva addentrarsi attraverso i vestiti la strappò dai suoi pensieri. Con le dita bagnate tastò il metallo gelido e la mente tornò immediatamente lucida. Lo sguardo le scivolò giù sull'altra mano, quella che stringeva ancora il collo di una bottiglia di vodka. La pioggia continuava a schiaffeggiarle la faccia, i capelli incollati al viso. Silvia strizzò gli occhi e provò a scrollarsi di dosso quel senso di oppressione. Doveva riflettere e in fretta: si era messa alla giuda della sua auto in stato di ebbrezza; aveva provocato un incidente con una manovra proibita; due persone erano morte per mano sua. Era un'assassina. Non sarebbe finita in prigione, di questo era sicura. La primogenita del Principe del Foro della Bari bene se la sarebbe cavata, ma avrebbe dovuto dire addio alla sua carriera. Non poteva permettere che accadesse. Un rapido ragionamento e la soluzione si materializzò sul volto innocente di Alex. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, persino addossarsi la colpa di un crimine che non aveva commesso.

L'unica superstite, ora, era lì con lo sguardo concentrato solo su di lei, che la fissava con aria di rimprovero a ricordargli che il passato non muore. «Avvocato Silvia De Angelis», ringhiò la giovane, conficcando ancor più a fondo la lama nella carne. «A chi chiederai aiuto, questa volta?»

Silvia avvertì un dolore acuto come infilzata da innumerevoli spilli, ma non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi che ardevano di vendetta. L'istante tra la paura e la consapevolezza le sembrò spietatamente lungo.

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