Capitolo 4
Leo è silenzioso, lo sguardo fisso su "Paura" quasi voglia strapparmelo dalle mani con la sola forza della mente. Non vuole infastidirmi, lo so ed io continuo a crogiolarmi nel mio supplizio. Il silenzio è l'unica cosa che ho voglia di udire, adesso. L'unico amico in grado di comprendere il mio bisogno di trattenere qualcosa per me e non condividerla con altri.
Leo mi conosce molto bene e sa come assecondarmi, ma lui non ha dimenticato quella parte di me solare e divertente che gli ha rubato il cuore e che, da un po' di tempo, giace assopita sotto un sortilegio chiamato inquietudine.
Andare avanti non è facile, se quello di cui si ha bisogno è bloccato in un passato che non tornerà più. Il ricordo di Emis mi lacera l'anima con la stessa tempra di un tornado.
Leo mi accarezza una guancia con un bacio. «Ti sei persa nei tuoi pensieri un'altra volta?» Ero così assorta, che non l'ho sentito sdraiarsi sul letto accanto a me. Scruto il suo viso, i suoi occhi sono dolci, pieni di affetto e un lieve sorriso gli aleggia intorno alle labbra, dalla piega sottile che sanno come sedurmi. Mi avvinghia tra le braccia e mi deposita un bacio sulla nuca, percepisco l'ardore dei suoi respiri tra i capelli. Mi stringe ancor di più contro i suoi pettorali scolpiti, mentre l'eccitazione vena i suoi occhi color nocciola di una tonalità oro scuro; socchiude le labbra per blandirmi il collo e mi sfugge un gemito, ho dimenticato quanto il contatto della sua pelle sulla mia mi mandi su di giri. Siamo labbra contro labbra e la dolcezza s'abbandona alla passione, mandando il cuore in fibrillazione e l'eccitazione alle stelle.
Dischiudo la bocca e lascio cadere le mie inibizioni; la vista mi si annebbia e sento irradiarsi in tutto il corpo una sensazione di calore, quando la sua mano esplora la mia pelle nuda. Mi sente ansimare, mentre s'inoltra nel mio profondo, convinto di riportarmi indietro. Si sbaglia. Sono lì con il corpo, ma la mia anima non so dove sia. Una bambola, inerte e senza vita.
Leo non si accorge di nulla. Come si argina uno tsunami? Le sue labbra così piene e morbide non mi lasciano andare, finché una lacrima gli rasenta una guancia. A quel punto mi scruta, smarrito.
«Mi dispiace tanto», mormoro con voce rotta. Lui cattura quella piccola perla con un dito e ne saggia l'amarezza. «Perdonami, se puoi». Salto giù dal letto e mi precipito verso la porta, lasciandolo solo con il suo cuore respinto.
Oltrepasso l'ingresso della mia camera, sbatto la porta come una furia e scivolo giù sul pavimento gelato, mentre le lacrime sgorgano a fiotti come onde impetuose. "Paura" è ancora tra le mie mani e il segnalibro mi riporta nel medesimo luogo dove ho lasciato lei.
***
Silvia lanciò un'occhiata in direzione della cucina, aveva fame ma si accorse che la stanza era buia. Si chiese se avesse spento lei la luce ma, in preda ai crampi, sfidò la paura e varcò quelle tenebre in cerca di cibo.
I rami degli abeti, che prima colpivano con violenza le finestre quasi a volerle infrangere, improvvisamente si ammutolirono. Anche il vento si era zittito e il silenzio piombò greve e palpabile come in un cimitero abbandonato. Non si udiva neanche il rombo delle automobili sfrecciare in lontananza. Poco dopo iniziò a piovere, una pioggerellina fitta picchiettava il cassonetto della spazzatura.
Silvia accese la luce e afferrò una mela dal cesto della frutta e si appoggiò al bancone della penisola; lo sguardo le cadde sulla cartellina rossa che giaceva lì sopra. Un ricordo si fece strada nella mente: Alex che esultava festante, dopo che lei lo aveva tirato fuori dai guai. Sorrise, compiaciuta dell'ennesimo successo. Aprì la cartellina, sfogliò il fascicolo e si fermò su un ritaglio di giornale. "La regina del Foro", recitava in grassetto il titolo della gazzetta. Sotto campeggiava una foto di lei e Alex, stretti in un abbraccio e il simbolo di vittoria tra le dita. Aveva accettato di aiutare Alex perché quel caso le avrebbe regalato la notorietà a cui ambiva da anni, l'amicizia che la legava a lui non l'aveva neanche sfiorata. L'amico era stato chiamato a rispondere di omicidio colposo ma, trattandosi di un evento non cercato in termini di causalità materiale, la sua pena detentiva era stata sostituita con un lavoro di pubblica utilità.
Improvvisamente un rombo di tuono squarciò la quiete, mandando in corto il quadro elettrico. La casa piombò in un buio fitto, impenetrabile. Silvia trasalì e lasciò andare la mela, che rotolò sul pavimento.
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