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Capitolo 7

~ Da ascoltare: Promise of the World - Howl's Moving Castle (OST) ~

https://youtu.be/tLVDOTq5Vc0

Mi fa male la testa, ecco. Un'altra volta.

Ora dove mi trovo?
C'è un bellissimo prato in fiore che costeggia un lago. Anche questo paesaggio mi sembra conosciuto, ho la sensazione di averlo già visto in un dipinto, e forse proprio in un suo dipinto...

«Bentornata, bambina indaco.»
Eccolo, è qui. Devo farci l'abitudine, in questi sogni ormai lui appare sempre. Sì, ma perché?

«Non sono una bambina ormai» preciso.
«Oh giusto,» bisbiglia ridendo «sono molto legato al passato, sai com'è. Sarebbe bello tornare a quei tempi, eri una bambina spensierata, Violet.»

Abbasso lo sguardo sul tappeto fiorito. È pieno di tulipani scarlatti, che brillano alla luce del sole, non potrei stancarmi di ammirarlo.
«Vuoi venire?»
«Dove?»
Indica con il dito una tenda, apparsa in mezzo alla distesa di fiori. È una di quelle tende da campeggio, bianca come il latte. «È da tanto che volevi andare in campeggio, dormire sotto le stelle, accendere il fuoco... ti ricordi?»

Certo che me lo ricordo, era il mio sogno da sempre. Lui mi aveva promesso che mi avrebbe portata in campeggio, esattamente il giorno prima di morire. Avverto una sensazione sconosciuta, una specie di tristezza amara.

«È il rimpianto,» sussurra Heric «avviene quando hai perso qualcosa per sempre e vorresti tornare indietro per riaverlo.»
«Lo so cos'è il rimpianto,» borbotto, con un groppo in gola. «Ma io non...»
«Lo stai provando, ammettilo.»

Cosa vuole? Se pretende di guardare attraverso i miei occhi fin dentro la mia anima, e scrutare i miei sentimenti, deve sapere che non concedo a nessuno di sapere cosa penso. E poi lui non ne ha bisogno. Non serve a nulla. È morto.
«Devi accettare anche la parte peggiore della tua storia, Violet» sospira l'uomo fissando l'orizzonte. «La tua tristezza, i tuoi rimpianti, l'amarezza, i ricordi perduti. Non pensare di dover dimostrare a qualcuno di essere sempre serena e a posto. I sentimenti negativi sono legittimi, se li reprimi si impadroniranno di te e li confonderai con la tranquillità.»

Cosa sta dicendo?
Lo osservo attentamente, i suoi capelli biondi sono immobili nonostante tiri una brezza leggera. Quel sorriso, con la fossetta sulla guancia... automaticamente viene da sorridere anche a me. Infonde leggerezza.

«Allora, entri?»
«Va bene» rispondo riluttante. Non so se posso fidarmi, ma in fondo è soltanto un sogno.
Apro lo zip della tenda bianca, e dall'interno proviene una luce chiara come quella del sole che brilla sulla distesa del lago. Avanzo tentoni e quando la luminosità diminuisce un po', riesco a intravedere una classe rischiarata da un tenue bagliore pomeridiano.
Una classe?

«Questa è la mia classe delle elementari» rifletto ad alta voce. Heric Lail, che trucchetto è mai questo? Ero entrata in una tenda da campeggio e mi ritrovo qui.
«Shh, osserva». Anche lui adesso è in questa classe, seduto sulla cattedra. Sta fissando l'ingresso.

Una bambina dai capelli neri a caschetto, dall'aspetto vivace e trasandato, si trova nella stanza assieme ad un'altra piccola me.

«Violet uffa, sei veramente stupida. Quando riuscirò a spiegarti che i gatti sono diversi dai cani? Guarda! Non si assomigliano per niente» dice la bambina con tono sfrontato ridendo a crepapelle, additando un libro illustrato.
«Ma Vera, sono uguali» sento la piccola me replicare timidamente.
«Sei proprio una stupida. Lo sapevo io,» ride Vera. «Dovresti essere un po' più sveglia sai».
La piccola me sembra offesa, ma sorride e fa finta di nulla.
«Guarda, tieni un po' della mia merenda, stupidotta

«Mi ricordo di Vera,» sussurro «credo fosse la mia migliore amica in seconda elementare...»
«Esatto, è proprio così.»
«Poi abbiamo smesso di giocare insieme, forse perché mi sono accorta che non aveva senso preoccuparsi di avere sempre tanti amici...» rifletto «Se ne vanno tutti, alla fine.»
«Lei non se ne sarebbe andata, se solo tu fossi stata un po' più paziente con lei» ride Heric «In realtà era veramente una ragazzina insopportabile. Pretendeva di avere sempre ragione e non faceva caso a ciò che le dicevi, era anche pazzerella e irrequieta, però...»

Vedo Vera abbracciare con calore la piccola me, in classe, e ho un tuffo al cuore.
«Però?»
«Però ti voleva davvero bene.» Heric sorride. «C'era sempre quando avevi bisogno di lei, e anche se come tutti i bambini era abbastanza egoista, tu eri il suo tutto.»
Mi pizzica la gola, perché?

«Come mai... ho smesso di frequentarla?»
«Non l'hai detto tu? Probabilmente è perché» sospira «se ne vanno tutti alla fine?»
Rimango in silenzio per qualche istante. «Se una persona ti vuole davvero bene, non se ne va. Continua a cercarti. Così dicono.»
«Lei lo ha fatto, ma non la sopportavi, pur volendole bene anche tu. L'hai rimandata indietro, perché semplicemente non ti andava più. Non eri più disposta a lottare contro te stessa per sorvolare i vostri piccoli disaccordi.»

Vedo la piccola me davanti alla cattedra, presa di mira da un bambino più grande, che mi aveva buttato un portachiavi con un coniglietto di stoffa nella spazzatura e mi stava prendendo in giro.
«Tu, lasciala stare!»
«Vera, non fa niente...»
«Sì invece! La mia migliore amica non si tocca, schifoso!»
Vera sferra un pugno al bambino con forza micidiale e lui inizia a sanguinare dal naso.
«Vera! Guarda cosa gli hai fatto» sussurra la piccola me terrorizzata.
«Non importa, se lo meritava! Non fa niente se mi metteranno in punizione.» Vera mi abbraccia ridendo e...

Perché ho l'impressione di sentire tutt'ora il suo caldo abbraccio confortante?
Con Vera pensavo di essere al sicuro da tutto.
Invece non ero al sicuro dalla cosa più importante, dai conflitti. Quelli ci sono sempre, con chiunque. Nessuno è al riparo dalle incomprensioni e dall'ansia di essere sbagliati per chi ci sta di fronte.

Quando io e Vera non ci parlammo più, dopo che l'avevo allontanata per l'ennesima volta in uno dei nostri innumerevoli litigi, iniziai ad essere vittima di bullismo. Rimasi sola, un'inguaribile solitaria, delusa dal mondo e da tutti, delusa dalle persone che erano state solo veleno per me. Mi prendevano in giro perché ero bassa, perché sembravo più piccola, perché ero calma e non simpatica e divertente come le altre bambine della mia età... e perché non avevo un papà.

Il papà.

«A cosa stai pensando?»
Che domande sono? Finora ho sempre avuto l'impressione che mi stesse leggendo nel pensiero, e che conoscesse ogni cosa del mio presente e del mio passato. E ora se ne esce con una domanda del genere... lo fa apposta. Che presuntuoso.
«A te.»
Una folata di vento sposta ciocche dei miei capelli.

La mia risposta sembra soddisfarlo.
«E cosa pensi di me?»
«Penso...»
Esito un attimo. No, questo non posso dirlo. Rimarrà tra me e me, anzi non lo dirò nemmeno a me stessa.
Non voglio che i miei pensieri facciano troppo rumore.

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Ecco il settimo capitolo a voi!
Vi è piaciuto?
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