Capitolo 3
~ Da ascoltare: Roaring Tides - Clannad (OST) ~
https://youtu.be/vdk_76z38bA
In quella soffitta non ero entrata dal giorno della sua morte.
Lo ricordo come se fosse ieri, la bambina che è in me ha ancora ben segnato nella mente lo stupore che si era impadronito di lei quando, cercando i dipinti che ammirava tanto, non li aveva ritrovati. Erano lì, proprio lì, poco prima che succedesse.
Il mio patrigno aveva un esercito di colori e tele... Tutti i suoi strumenti da lavoro sembravano così unici, impregnati di lui com'erano.
Però usava sempre e solo un pennello. Era grande, aveva un'impugnatura solida, la punta morbidissima e dalla forma di una goccia d'acqua color castagna. Era un pennello così perfetto che sembrava uscito da un'illustrazione di libri per bambini. Ogni volta lo lavava con estrema cura, per lasciarlo sempre soffice e pulito, lucidando anche il manico di legno antico con l'aceto bianco.
In occasione del suo funerale ero salita in soffitta, perché la mamma mi aveva chiesto di portarle un vestito nero di raso che teneva chiuso in un armadio da tanti anni. Tornando lì, dove lui aveva l'abitudine di dipingere sotto il mio sguardo attento, avevo voluto rivedere un'ultima volta i disegni a cui ero tanto affezionata. Spostando le travi, mi aspettavo di trovarli tutti, in ordine uno dietro l'altro. Mi aspettavo di perdermi nei loro colori e nella sensazione entusiasmante di realtà che davano. Invece...
A quell'epoca sì, rimasi sorpresa, anche un po' delusa, ma non diedi tanto peso all'accaduto. Mi sembrò solamente strano. Con il passare degli anni però, ripensandoci, la scomparsa dei dipinti assunse nella mia mente una dimensione irrealistica e quasi mitologica. Tutte le ipotesi che formulavo riguardo l'accaduto non avevano senso, probabilmente sarebbe rimasto un mistero per sempre. Nemmeno mia madre sapeva dove fossero, lei non aveva messo piede nella stanza dalla scomparsa del marito, o almeno così mi disse.
Mi pervade un profumo di vecchio, ragnatele, e tanta polvere.
Oggi sono qui per vedere se, assieme ai suoi dipinti, è scomparso anche il famoso pennello con la punta a goccia. So dove lo teneva: c'è un mobile vecchio al centro della stanza, ai cui piedi ci sono scatole accatastate una sopra all'altra. Il mobile ha un cassetto pieno di cianfrusaglie e uno completamente vuoto, nel quale il mio patrigno riponeva il pennello. Da solo.
Ammetto di essere leggermente tesa mentre mi avvicino al posto in cui spero di trovare uno degli oggetti più carichi di suoi ricordi. Tiro il manico del cassetto per aprirlo e noto che è incastrato. Dò ancora qualche spinta, ma niente da fare, non ci riesco.
"Recuperare questo pennello sarà più difficile del previsto", mi viene da pensare. Dopo circa dieci minuti di tattiche più o meno violente per tentare di aprirlo, finalmente il cassetto viene via con un botto sonoro e una raffica di polvere...
Ed è vuoto.
«Quanta fatica sprecata!» esclamo sfinita dallo sforzo.
Evidentemente non è destino che io riesca a dipingere qualcosa oggi, mi toccherà fare altro.
Però mi dispiace non essere riuscita a trovare quell'oggetto, avrei tanto voluto avere un piccolo, piccolissimo segno materiale del passaggio di quell'uomo nella mia vita, soprattutto dopo così tanti anni. Come capita a volte in certe notti senza luna, in cui mi ritrovo inspiegabilmente a pensarlo, mi rendo conto che ancora non sono riuscita a lasciar andare il suo ricordo. Altrimenti non sarei qui.
Sto per lasciare la stanza scoraggiata, quando sul davanzale della finestrella a destra, rigata di pioggia, vedo la bellissima forma di una goccia d'acqua color castagna.
È proprio lui, e non ha fatto la stessa fine dei dipinti.
Corro verso il davanzale non prestando attenzione al pavimento della soffitta, cosparso di vari oggetti e scatoloni, quindi inciampo in modo abbastanza ridicolo e cadendo a terra si solleva una fitta nuvola di polvere. Ancora.
Tossisco, ho i vestiti sporchi, ma sono felicissima. Il pennello è qui, potrò usarlo... e prometto che lo conserverò come se fosse un tesoro.
Mi alzo a malapena e mi faccio strada tra tutto quel ciarpame, raggiungendo la finestrella. Ho un po' di timore nel toccare un suo oggetto, chissà, potrebbe riportarmi indietro nel tempo, farmi venire le lacrime agli occhi, e io odio piangere per qualcuno. Non voglio mostrarmi così debole.
Nel momento esatto in cui lo prendo in mano, noto un'iscrizione a caratteri dorati in corsivo che non avevo mai visto prima. "Heric Lail", il suo nome.
Mi appare subito il suo viso sorridente e calmo, i capelli biondi come il grano e gli occhi color cioccolato, la pelle dorata e la vecchia camicia bianca che indossava sempre per dipingere, cosparsa da schizzi multicolori.
Questo pennello è davvero speciale, se penso che è appartenuto ad una persona che, ora l'ho capito, è stata veramente importante per me.
Non vedo l'ora di usarlo, anche se mi sento stranissima all'idea. Scendo le scale di corsa e mi chiudo a chiave in camera, non voglio essere disturbata. La finestra aperta illumina di un grigio deprimente la stanza, quindi mi tocca accendere una lampadina che inonda di luce bianca la tela che ho pronta davanti a me, sulla quale dipingere il mio acchiappasogni.
Mentre immergo la mia anima in questo disegno, gli acquerelli creano morbide sfumature sul foglio bianco, rifinisco i bordi delle piume, creo luci e ombre... il dipinto prende forma e diviene sempre più realistico, e quando dopo due ore di lavoro riesco a terminarlo sono quasi senza fiato per la bellezza del risultato. Non credevo di essere capace di realizzare opere così splendide.
Accarezzo la punta del pennello mentre lo pulisco con un po' di carta assorbente, le setole sono morbide da bagnate, in questa maniera è veramente facile rimuovere il colore. «Abbiamo fatto veramente un bel lavoro, vero?» sussurro osservando l'impugnatura di legno solido. Lo poggio sulla scrivania, prendo in mano il disegno e mentre lo ammiro ancora una volta, lo accosto all'originale... è quasi più reale, più vivo, e i colori brillanti lo esaltano.
La finestra si spalanca lasciando entrare una fresca folata di vento che fa cadere il foglio a terra. Che sbadata, credevo di averla chiusa bene. Quando mi chino per raccogliere il dipinto mi fermo ad osservarlo ancora una volta e i miei occhi ne vengono rapiti, è così perfetto e armonioso che non smetterei mai di guardarlo. Finalmente realizzo di aver creato qualcosa che potrebbe concorrere con le opere del mio patrigno...
Tuttavia più osservo il disegno, più mi rendo conto che sta accadendo qualcosa di estremamente irreale. È come se lo spazio nelle fessure all'interno del cerchio centrale si stesse allargando sempre di più, ed è come se perdessi letteralmente il mio sguardo all'interno della pagina bianca. In mezzo al dipinto mi pare di vedere una luce, che cresce e diventa sempre più vivida mentre l'ombra colorata dell'acchiappasogni sembra riempire tutti i muri della mia stanza.
Sono stanca, sfinita, e mi gira la testa. Non capisco nemmeno cosa stia succedendo attorno a me, forse è solo qualche gioco di luce, il riflesso della finestra, della pioggia, o forse...
Chiudo gli occhi lentamente, e sento il mio corpo accasciarsi a terra al ritmo delle oscillazioni di ombre sui muri attorno a me.
~~~
Cosa starà succedendo a Violet? Disegnare l'ha stancata veramente tanto... si sarà addormentata?
Ma soprattutto perché il pennello è ancora qui se i dipinti di Heric Lail sono scomparsi?
Spero che vi piaccia questo nuovo capitolo, non esitate a dirmi cosa potrei migliorare♥
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