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ANNABEL

Cinquecento anni e io l'amavo come il primo giorno. Non pensavo che a lei. Mi appoggiai contro la superficie gelida dello specchio. La mia prigione. Fuori la vita continuava. Amori, stagioni, illusioni. Io non potevo far altro che girare di specchio in specchio. E vivere nel passato. Un'anima in pena. Uno spirito senza corpo. Spettatore e mai attore. Al massimo potevo contare su qualche racconto di cosa succedeva là fuori. Un mondo di cui non m'interessava. E a cui io non interessavo più da anni, da quando mi avevano intrappolato dentro uno specchio, in un castello di mostri. Un licantropo mi passò davanti. Qualcosa volò fuori dal suo zaino.

Una lettera. Mi appoggiai al bordo gelido dello specchio e fui avvolto da un profumo che conoscevo bene. Rose. Il ricordo di Annabel esplose in me. Quel profumo... 

Mi spinsi avanti e la vidi. Una rosa rossa con spine aguzze. Il suo stemma! Non era possibile. Annabel era morta da anni. Anzi, da secoli. Le febbri se l'erano portata via. Avevo assistito al suo funerale, avevo pianto sulla sua tomba in riva al mare, avevo distrutto il regno di suo padre perché l'aveva lasciata morire. E per quello che avevo fatto era stato rinchiuso nello specchio.
La lettera fu trascinata dal vento. La sua lettera. Dovevo sapere che cosa c'era scritto. La seguii. Scivolai di specchio in specchio. Il pensiero era solo per lei. Annabel in lacrime, le gote arrossate. Annabel che ride, bella come una dea. Annabel che si lancia tra le mie braccia. Annabel, sempre lei. Con i lunghi capelli neri, le labbra rosse, gli occhi come il mare di notte. Non avevo mai dimenticato quel suo volto. Non potevo farlo. Era parte di me come il mio respiro.

Uno stridore di pentole. Farina ovunque. Una pozza d'acqua sul pavimento. Ero finito in cucina, dove tutti finivano gli ultimi preparativi per la festa dello yeti. Mi guardai intorno. Dov'era la lettera? Eccola là! Si era posata sul pavimento di pietra. E io non potevo raggiungerla. Serrai le labbra e maledii la mia prigionia. Io...

La cuoca barcollò, la torta in mano. Attesi, il cuore in gola. Urtò una colonnina, che traballò, scricchiolò, cadde. Mi coprii con le braccia e...

Un'esplosione di vetri. Mi sentii spingere avanti. Allargai le braccia per tenermi e... mi schiantai contro il pavimento. Restai fermo, cercando di capire cosa stava succedendo e quando compresi mi sfuggì un sospiro di gioia.  Ero libero! Non attesi un solo attimo. Afferrai la lettera. Annabel. Il nome mi rimbombava in testa. L'aprii, le dita che tremavano. In lontananza si sentiva il rumore dei piatti che venivano spostati. La festa stava iniziando. Io però riuscivo a pensare solo ad Annabel e alle sue parole. "Ti prego, salvami". Non attesi un solo istante. Corsi via. Sapevo da chi dovevo andare.


Avevo conosciuto Stuart William dopo la scomparsa di Annabel. Io avevo bisogno di un esercito e lui trafficava in quel campo. Con il tempo si era instaurata una sorta d'amicizia, sempre che gente come noi potesse avere degli amici. Lo trovai alla sua vecchia palafitta d'ossa sul mare. Se ne stava appoggiato al parapetto, un grande cappello nero in testa, il farsetto con piccoli teschi, una benda nera sull'occhio destro. -Credevo fossi imprigionato-

-E io credevo che fossi morto, le cose non sono mai come sembrano- deglutii, non sapevo come dirglielo. -Annabel è viva ed è prigioniera-

Stuart mi fissò, il viso immobile. -Certo, e io sono bello- 

-Dico sul serio-

-Quindi sei qui per chiedere il mio aiuto- Stuart aggrottò la fronte. La benda sfilacciata sul suo occhio fu mossa dalla brezza. 

Sorrisi. -Mi conosci troppo bene- era strano riuscire a scherzare. L'ansia mi divorava come un animale. Mi faceva a pezzi. Mi rendeva difficile respirare, pensare, parlare. Sentii le mani sudate, la testa che mi girava, la nausea che aumentava. 

-La salveremo- dichiarò Stuart. 

Parole per rassicurare. Parole senza senso. Parole che mi rendevano solo più nervoso. Cominciai a camminare avanti e indietro. La gola secca mi faceva male. E se Annabel non mi avesse più amato?

-Sembri un ragazzino spaventato... forse lo sei-

Alzai lo sguardo. -Non provare mai più a parlarmi così!-

-Bene, bene, la rabbia è un'ottima risposta-

-E tu sei il solito-

Si strinse nelle spalle. -Ognuno è ciò che è- sollevò un angolo delle labbra -e come sono non mi dispiace-

Mi sfuggì una risata. Non mi sentivo a casa come in quel momento da moltissimo tempo.


Il castello, appollaiato su un promontorio, si ergeva contro le nuvole nere. Dietro quelle mura grigie c'era lei. Annabel. Inspirai l'aria che sapeva di cenere.

Qualcosa mi sfiorò la spalla. Sussultai.

-Rilassati, ragazzo- Stuart mi venne accanto.

Facile per lui dirlo. Non c'era l'amore della sua vita là. Sempre che lui ce l'avesse un amore. Fui lieto che non sottolineasse il fatto che stavo tremando. Non l'avrei sopportato. 

-E poi io sono il migliore-

-La modestia non l'hai persa- scrollai la testa. 

-Mai- strizzò l'occhio -prova a sorridere, male non ti farà, al massimo ti verranno le rughe-

Gli lanciai un'occhiataccia. 

-Sei il solito musone-

-Con te sempre-

Stuart rise. -Finisce sempre così, sei un ingrato, dovrò confidare nella gratitudine di Annabel-

Serrai le labbra. 

-In senso buono- sospirò -il mio esercito attacca e tu entri a prenderla, va bene? Una cosa rapida-

Il respiro mi mancò.

-Hai capito? Niente dubbi, niente vendette personali, niente di niente, entri e fai quello che devi, okay?-

-Non sono un bambino- sbuffai.

-E andrà bene, deve andare bene, non ci sono seconde occasioni-

-Molto rassicurante-

-Io non sono rassicurante, non lo sono mai stato- alzò l'occhio buono al cielo plumbeo -tu lo sai bene-

Guardai su e mi parve di vedere qualcosa muoversi dietro la finestra della torre più alta. Annabel. Il nome mi si schiantò nella mente e s'incastrò in gola. Doveva essere lei.

-Vai, John, muoviti-

Ubbidii. Scivolai tra i mostri dall'aspetto leonino di Stuart e corsi.


La mia specialità era l'ingresso nei luoghi inespugnabili. Fin da ragazzino quando io e Annabel entravamo nelle grotte a picco sul mare. Mi chinai e mi misi a lavorare con la serratura della torre. Intorno a me esplodevano urla, scoppi, schianti. Fui svelto. E la porta cedette con un cigolio. Mi lanciai dentro e feci le scale. Rampa dopo rampa. Fino a un antro scuro. Mi fermai, i polmoni che mi bruciavano. Non vedevo nulla. Sbattei le palpebre. Dove...

-John- la sua voce, esile come un sospiro. La voce che avevo sognato per anni. La voce dell'unica donna che avevo amato.

-Annabel- gemetti. Mi lasciai in avanti, le braccia tese. Sbattei contro qualcosa di freddo. Le sbarre. Mi avvicinai e la vidi. Non sembrava cambiata neppure di un giorno. I lunghi capelli neri le scivolavano sul bel viso.

Lei sorrise e mi scaldò il cuore. Avrebbe scaldato perfino l'inverno più gelido.

-Sei bellissima- non riuscii a trattenermi. Mi gettai contro le sbarre. Lei si allungò e i nostri polpastrelli si toccarono. Fu elettricità, com'era stato un tempo. Due parti dello stesso cuore.

-Pensavo che mi avessi dimenticata- le lacrime scesero lungo le sue guance. Mai mi era parsa così bella.

-Amore mio- le accarezzai i contorni morbidi del viso. I ricordi esplosero. Le giornate passate insieme, a stringerci, a nasconderci dalle nostre famiglie. 

Annabel iniziò a raccontare. Di come suo padre l'avesse imprigionata perché voleva fuggire con me. Di come l'avesse consegnata a un suo vecchio corteggiatore. Di come fosse riuscita, ascoltando una guardia, a sapere dov'ero e a mandarmi una lettera. 

-Se avessi intuito- gemetti -ora ti tiro fuori di qua-

Lei piegò la testa e incastrò la mia mano tra la guancia e la spalla. -Non c'è modo per uscire, ci ho provato, ma l'indovinello è complesso-

Da fuori proveniva il suono dell'esercito che combatteva, furioso. Stuart avrebbe resistito?

-Quale indovinello?-

Annabel inspirò, socchiuse gli occhi, parlò. -Lo cerca il coraggioso e anche il codardo, nessuno sa dove trovarlo, porta bene e porta male, salva e uccide, che cos'è?-

Cercai di ragionare. Cosa poteva essere? Non ero mai stato bravo con gli indovinelli. L'adrenalina mi scosse. Mi aggrappai alle sbarre.

-Non importa, amor mio, hai fatto quello che dovevi- sorrise, ma il dolore brillava nei suoi occhi.

-Se non posso liberarti, beh, starò con te, perché la mia vita senza di te è una prigione-

-Oh, John, quanto ti amo-

Ti amo. Le due parole rimbombarono nella mia mente. L'amore. Ogni cosa mi fu chiara, come il sole che all'alba illumina il mondo. -L'amore, è questa la risposta!-

La porta della prigione si aprì con un cigolio. Annabel sgranò gli occhi.

-Torni da me- la strinsi con forza. Non l'avrei più lasciata andare via.

Annabel singhiozzò. Mi erano mancati i suoi singhiozzi contro la mia spalla.  Le trombe risuonarono in lontananza. La battaglia era vinta. Io la baciai. La felicità era quella. Io e Annabel. Il resto era solo polvere.

NOTE DELL'AUTRICE:

Per scrivere questa storia mi sono ispirata liberamente alla poesia Annabel Lee di Allan Poe.

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