La scelta - 3 anni prima
Drake Freycone
Apre gli occhi di scatto, appena si sveglia. Si tira su fino ad essere seduto con la schiena appoggiata al muro e le gambe ancora sotto le coperte.
Punta automaticamente lo sguardo sul calendario sopra la scrivania.
Oggi iniziano i corsi alla Victoria Academy. Oggi c'è la scelta. Oggi la vita di parecchi quattordicenni cambierà radicalmente all'interno della città a forma di stella esagonale.
Oggi lui non sarà lì.
Serra le mani a pugno conficcandosi le unghie nella carne e stringe la mascella. Non è giusto. Ragazzi che non sanno nulla del mondo nascosto, che potrebbero continuare a vivere tranquillamente le loro vite, che non saranno capaci di disegnare una runa decente o di apprezzare le Arti, che non si renderanno mai conto della fortuna che hanno avuto, sono lì.
Ma lui no.
Lui, che fin da bambino giocava con le rune invece che con i pupazzi, che sfogliava affascinato le storie dei Cacciatori e delle Custodi al posto delle fiabe.
Butta di lato le coperte e si alza.
Si trova con i vestiti in mano senza ricordarsi di averli presi. Probabilmente è troppo agitato per concentrarsi su cosa fa. Si spoglia e si veste senza pensarci. Si passa una mano tra i capelli neri giusto per controllare che non ci siano troppi nodi.
I suoi occhi grigi ricordano più che mai una tempesta. Esplorano la stanza come un uragano, in cerca di qualcosa con cui prendersela. Alla fine si limita ad andare a spalancare la finestra. Fa ancora abbastanza caldo e l'aria e pulita. Ispira profondamente più volte, ma non si tranquillizza per niente. Anzi. Si sente ancora più furente.
Non vorrebbe avercela con sua madre perché conosce le sue buone ragioni e le rispetta. Ma chi prendersela allora? Con se stesso? È colpa sua se non si è imposto abbastanza da convincerla a mandarlo a Victoria?
Sferra un pugno al davanzale.
Si volta.
La stanza è improvvisamente in disordine, come se fosse stata scossa da un'improvvisa e forte folata di vento. Se c'è stata non se la ricorda.
Sente dei passi ed esce in corridoio.
Hope, ancora in pigiama, sta venendo verso la sua camera.
-Ho sentito dei rumori.- si giustifica.
Drake la guarda. È carina per avere dodici anni anche se ne dimostra di meno, minuta com'è. Per qualche motivo non può fare a meno di sorridere difronte ai suoi occhioni verdi.
-Tranquilla. Ho solo urtato... qualcosa.-
Hope abbozza un sorriso. -La colazione è già pronta?- chiede poi.
-Non lo so. Scendiamo e chiediamo.-
Devonne sorride vedendo i figli e li saluta con un caldo buon giorno, poi va in cucina.
Drake non riesce a non guardarla male. Non ricorda nemmeno che giorno è? Non ha segnato sul calendario che in questo giorno suo figlio dovrebbe essere alla Victoria Academy? Il segno rosso intorno al numero di oggi non è calcato fino a bucare il foglio, come se bastasse desiderare abbastanza intensamente le cose perché accadano?
-Che cos'hai?- chiede Hope.
Drake si costringe a rilassare le spalle, aprire i pugni e a far tornare neutra l'espressione. Non vuole che la sorella si preoccupi.
-Nulla. Non ho dormito molto bene.-
-Neanche io.- commenta Hope, ma sorridendo.
-Sei stata male?- domanda subito.
-No, ho solo sognato molto. È come non dormire affatto per certi versi.-
Ride della logica della sorella.
Devonne torna da loro con il latte caldo e riempie la tazza di Hope. Mentre si avvicina a Drake si blocca di scatto, come se avesse sentito qualcuno chiamarla, e alza lo sguardo.
Dopo pochi istanti si sentono dei passi.
Drake si volta.
I pochi secondi che seguono sembrano dilatarsi a dismisura. Chi c'è nella casa?
Nel punto esatto in cui sta guardando Devonne compare un uomo castano, vestito sportivo, sui trent'anni.
Devonne spalanca gli occhi e perde la presa sul bricco del latte che cade a terra con un rumore metallico. Drake sta per scattare, ma poi si rende conto che sua madre non è spaventata, solo incredibilmente sorpresa. Stupita. Meravigliata. Agitata. Confusa. Felice. Attonita.
Non l'ha mai vista guardare così nessuno. Tantomeno un uomo.
-Ciao Devonne.- saluta intanto l'uomo -Drake, Hope.- aggiunge rivolgendo loro un cenno del capo e un mezzo sorriso. Come fa a sapere i loro nomi? -Mi dispiace per il mio ingresso, devo avervi fatto prendere un colpo.- parla guardando Devonne. Si conoscono? Da quando? Perché?
Chi é?
-Seth- boccheggia Devonne tentando inutilmente di riprendere il controllo. Le sue mani hanno una specie di tic, di scatto in avanti, poi il suo sguardo guizza verso di loro, i suoi figli, e esita -Che... che cosa ci fai qui?-
Seth le rivolge un sorriso sghembo, accompagnato da uno sguardo magnetico che sembra avere un effetto immediato su Devonne.
Drake si sente ribollire. Da quando sua madre guarda così un uomo che non sia suo padre? Lui è morto è vero, ma agli occhi di Drake fa poca differenza.
-Passavo di qua.- risponde intanto Seth con un tono cordiale e sbrigativo. Qualcosa gli dice che da queste parti ci è venuto apposta. -È così che saluti un vecchio amico Devonne?-
Lei se ne sta ancora imbambolata a guardarlo, senza sapere cosa fare.
Drake non riesce a sopportarlo. Si alza in piedi con uno scatto, quasi senza accorgersene.
Ora tutti lo guardano.
Seth sembra ricordarsi di qualcosa mentre lo studia e aggrotta leggermente la fronte.
-E tu che ci fai qui? Non hai quattordici anni?-
Non riesce a sopportarlo. Chiunque sia questo Seth, è un amico anche troppo intimo di sua madre e lei non ha mai detto nulla di lui. Sa che ha quattordici anni. Persino lui sa che dovrebbe essere alla Victoria Academy.
Traccia una runa dei passaggi per aria, con una maestria e un'abilità che sono dovuti ad una dote personale oltre che agli anni di esperienza. La attraversa all'istante.
Si ritrova in un angolo della campagna vicina che conosce bene. Si rifugia sotto un grosso albero la cui ombra è così fitta che sembra di essere al buio.
Tira pugni alla corteccia fino ad avere le mani scorticate e sanguinanti, ma non sente dolore. Solo rabbia. E lacrime. Si accorge che gli stanno bagnando il volto solo quando sono ormai troppe per poterle asciugare. Cade a terra in ginocchio, la testa ancora appoggiata al tronco. Le mani gli si chiudono intorno a dei malcapitati ciuffi d'erba che tira via con forza, rivoltando parte di terra.
Serra gli occhi. Tenta di calmare il respiro.
Dovrebbe essere alla Victoria Academy. Ad aspettare insieme agli altri ragazzi che la voce di Alya, amplificata dai suoi poteri, chiami il suo nome. Dovrebbe farsi strada tra file di sedie e cumuli di zaini fino ad arrivare a quella porta. Dovrebbe arrivare davanti alle Custodi. Farsi riconoscerle e studiarle. Ignorare Dafne e la sua presunta gelosia. Individuare Alya.
E scegliere Aria.
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Jared De Lux
Si abbassa per poter guardare per l'ennesima volta attraverso il vetro del forno. La torta sta venendo bene. È sempre stato bravo a cucinare e ora aveva bisogno di tenersi occupato per tenere a bada l'agitazione.
-Che buon odorino.-
Si volta. Sua madre è sulla soglia della cucina. I capelli castani che sfuggono alla crocchia dietro la testa le incorniciano il volto a cuore. Tiene in braccio la piccola Jocelyn che si guarda intorno con occhi curiosi.
Jared si avvicina.
-Spero sia anche buona.- commenta intanto.
-Ne sono sicura.- sua madre gli passa una mano tra i capelli biondi, poi gli afferra dolcemente un orecchio.
Lui fissa rapito la sorellina.
Non ha gli occhi azzurri come lui e come la maggior parte degli altri illuminatori e nemmeno di quel blu intenso e meraviglioso della loro sorellastra.
Sono marrone chiaro intorno alla pupilla e poi sfumano al grigio fino a diventare così chiari che la divisione tra iride e bianco del cristallino non è marcata. Sono bellissimi.
Lei allunga le manine verso di lui, stringendogliele intorno al collo e lui è costretto a prenderla tra le braccia della madre che invece si avvicina al forno.
-È vero che te ne vai?- domanda la bambina, con una parlata fin troppo spigliata per avere solo due anni. Come quasi tutti gli illuminatori, si sta dimostrando precoce.
-Sì.- conferma Jared -Ma non per sempre. Solo per qualche mese. Torno per Natale, poi per Pasqua e poi per tutta l'estate. Contenta?-
Jocelyn scuote leggermente la testa facendo oscillare i capelli biondi e ondulati, ma dallo sguardo si capisce che si è già distratta. Sta annusando, sente l'odore della torta e ne è come rapita. Jared sa perché. È buono, le ricorda qualche emozione positiva di cui imparerà a nutrirsi. Suo padre, Andrea, ha detto che devono ritardare il più possibile quel momento.
Jared legge le sensazioni nella mente della sorella e ad ognuna associa un nome: cannella, arancia, limone, zucchero a velo.
Jocelyn rimane con lo sguardo concentrato fisso nel vuoto per un po', poi guarda di nuovo il fratello.
-Anche la mamma sa di cannella e arancia.-
Jared annuisce.
-E tu di arancia e zucchero a velo.- quando cucina non può fare a meno di ispirarsi alle persone che ha vicino, alla loro aura, alla loro essenza. Non è positivo che Jocelyn abbia già fatto questa associazione, ma negarlo sarebbe inutile e controproducente.
-Tu sai di limone e cannella.- sentenzia intanto Jocelyn soddisfatta.
Jared sorride. Limone e cannella. È una bella accoppiata, ma gli piace. -Allora suppongo che papà sia limone e zucchero a velo.-
Jocelyn evidentemente non capisce, ma non fa domande.
-Dovresti andare Jared.- osserva sua madre mentre tira fuori la torta dal forno.
-Ho tutto pronto e posso arrivarci in un attimo.- le fa notare lui -Non mi dispiace aspettare fino all'ultimo.-
La donna annuisce.
-Ci mancherai Jared.-
-Anche voi mamma.- replica lui con affetto. Lei sospira.
-Senza né Andrea né te la casa sembrerà ancora più vuota. E forse un po' noiosa senza maschi.-
-Magari riesco a convincere papà a venirci a trovare per Natale.-
-Vai da papà?- ora Jocelyn sembra offesa. Naturale. Lei ha passato così poco tempo con il padre.
-Già.- conferma lui -E gli dirò quanto ti sei fatta grande e bella.-
Lei non può fare a meno di sorridere. -E mi dirai se sa davvero di arancia e zucchero a velo.-
-Promesso.- le assicura Jared.
-Ora è meglio che tu vada.- insiste Gladys allungando le braccia per prendere la figlia.
Jared gliela cede, poi stringe entrambe in un forte abbraccio.
Va in camera sua a prendere zaino e valige, poi le saluta di nuovo, definitivamente, ed esce di casa. Scende solo un piano prima di lasciare che il proprio corpo si illumini per poter scattare alla velocità della luce ed arrivare a Victoria. L'importante è che Jocelyn non lo veda.
Più tardi si renderà conto di cosa e capace e più tardi sarà costretta ad entrare nella Colonia e rispettarne le regole.
Già, la Colonia.
Jared avverte una stretta allo stomaco.
La stessa Colonia che, per quanto ogni singola cellulare del suo corpo gli urli di scegliere Morte, gli impone la Vita.
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Wow che capitolo conteso! Se la giocano i nostri due ragazzi preferiti, Drake e Jared. Entrambi con una sorella più piccola a cui vogliono molto bene. Entrambi che vivono senza padre, anche se per situazioni diverse. Entrambi incapaci di fare ciò che vorrebbero. Solo che il primo è pieno di rabbia e risentimento, il secondo continua comunque ad essere dolce con la madre e la sorella, ad impedire che si preoccupino per lui.
Eh eh.
Difficile. Difficile.
Sorpresi? Fatemi sapere!
Spero intanto di non avervi annoiato.
Artemide❤
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