BOKUAKA ★ UN OCHOKO DI TROPPO
FANDOM: Haikyu!!
SHIP: Bokuto Koutarou x Akaashi Keiji
PAROLE: 6.367
RATING: ❤️ nsfw
TW: ✶ Yaoi ✶ Lemon ✶ Smut ✶ Spoiler (post Timeskip) ✶ Canon Compliant ✶ Light Angst ✶
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Ci sono due cose che un uomo non può nascondere: quando è ubriaco e quando è innamorato.
(Antifonte)
Il vero carattere di un uomo viene fuori quando è ubriaco.
(Charlie Chaplin)
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Keiji fece ruotare un paio di volte il sakè nel suo Ochoko* prima di portarlo alle labbra e sorbire lentamente il liquore cristallino. Un piacevole tepore si faceva strada in lui ad ogni sorso e aveva quasi ripreso la completa sensibilità delle dita che si erano ghiacciate durante il breve tragitto dall'albergo.
[*Ochoko è il tipico bicchierino in cui si beve il sakè]
Era davvero dispiaciuto che Udai avesse deciso all'ultimo minuto di rientrare a Tokyo la sera stessa per terminare l'ultimo capitolo del suo manga e poter lavorare a quello nuovo; erano già d'accordo che avrebbero passato la serata a Kokubuncho, il quartiere dei divertimenti di Sendai, e ad Akaashi sarebbe dispiaciuto perdere la prenotazione dell'albergo, visto che era già stato pagato dal Weekly Shonen Vai.
Ma conosceva Udai da qualche anno, ormai, sapeva perfettamente che, quando gli arrivava l'ispirazione, doveva cominciare a lavorarci immediatamente. Di sicuro la partita tra i MSBY Black Jackals e gli Schweiden Adlers a cui avevano assistito quel pomeriggio era stata ricca di spunti. Aveva visto Udai sempre più entusiasta set dopo set, e avrebbe quasi potuto aspettarselo che sarebbe ripartito subito, a dispetto dei loro precedenti programmi.
Fortuna che Sugawara, che aveva incontrato poco prima di uscire dal palazzetto, gli aveva poi mandato un messaggio chiedendo se si sarebbe fermato a Sendai e, nel caso, se aveva voglia di uscire a bere qualcosa dopo cena, salvando così la sua serata.
Era da tanto che non vedeva Sugawara, forse davvero dal penultimo anno di liceo, ma erano sempre andati d'accordo. Akaashi aveva molta stima di lui, anche se non avrebbe mai pensato che una persona come Sugawara potesse arrivare in ritardo ad un appuntamento.
Un ritardo di... quindici minuti, verificò Keiji lanciando un'occhiata per la decima volta all'orologio appeso sopra la porta d'ingresso.
Davvero molto strano.
Stava pensando di mandargli un messaggio quando la porta dell'Izakaya* si aprì di colpo facendolo trasalire. E non era solo per l'aria fredda di Novembre.
[*Izakaya è un tipico locale giapponese in cui si servono bevande accompagnate da cibo]
"Akaaashi! Anche tu sei qui! Che combinazione... ti avrei chiamato domani ma già che ti ho trovato... posso sedermi?"
Bokuto si sedette di fronte a Keiji senza aspettare la sua risposta. Sfilò la leggera giacca sportiva che indossava su una semplice t-shirt nera; Akaashi non poté fare a meno di notare che la maglia sembrava quasi sul punto di strapparsi per quanto il tessuto era tirato dai possenti bicipiti dell'atleta e dai suoi enormi pettorali.
"Bo-Bokuto-san!" balbettò prima di buttare giù tutto d'un fiato il sakè rimasto nell'Ochoko.
Il calore lo invase rapidamente, scaldandogli l'esofago e imporporando immediatamente le guance di un bel rosa acceso.
"Che cosa ci fai qui?" riuscì finalmente a chiedere Keiji.
"Qui dove? Qui a Sendai? O qui all'Izakaya?"
"Entrambe, credo..." rispose Akaashi senza riuscire a trattenere un sorriso. Si era reso conto in quell'istante, non senza un pizzico di nostalgia, che non era più abituato alle domande bizzarre di Bokuto.
"Credevo foste già rientrati a Osaka." aggiunse poi, quasi a giustificarsi per la sua domanda.
"No, partiamo domani mattina. Dato che il match è finito tardi e il viaggio fino a Osaka è lungo, il coach ha preferito prenotare un albergo per tutta la squadra. Ci ha dato la serata libera e avevo pensato di passarla in camera a rilassarmi, ma poi mi ha chiamato Sawamura invitandomi fuori, ed eccomi qui... per caso l'hai visto? Ad ogni modo, Akaashi, sono felice di averti incontrato, ti ho cercato tanto dopo la nostra intervista! Avevo davvero bisogno di parlarti!"
Bokuto finalmente arginò il suo fiume di parole solo per fermare un cameriere e ordinargli una birra.
"Ti dispiace se ti faccio compagnia mentre lo aspetto?" aggiunse poi sorridendo.
Restò a fissare Akaashi ancora per un istante prima che la realizzazione lo cogliesse.
"Ma tu, sei qui da solo?" chiese finalmente Bokuto sgranando gli occhi.
"In realtà sto aspettando Sugawara-san ma, a questo punto, immagino che arriverà insieme a Sawamura-san. Non sapevo che fosse un'uscita a... ehm... di gruppo..." Akaashi incespicò sulle ultime parole.
Stava per dire 'a coppie' ma aveva realizzato all'ultimo istante che lui e Bokuto non erano più una coppia ormai da tempo. Anzi, in quel senso che in cuor suo Keiji aveva sempre sperato, non lo erano mai stati.
Per due anni, da quando Keiji era entrato nella quadra di pallavolo del liceo, avevano vissuto praticamente insieme ogni singolo momento, in campo e fuori dal campo, e nelle uscite con Kuroo e Kenma. Era stato forse il periodo più bello della sua vita; intenso e coinvolgente, avvolto da un alone di magica perfezione, in cui Keiji si era sentito per la prima volta davvero sé stesso, appagato, completo.
Ma quando Kuroo e Bokuto erano andati all'università, un po' di quella magia si era dissolta. Le loro uscite 'a quattro' si erano via via diradate. Per un anno ancora lui e Kenma si erano visti ai tornei del liceo, ma poi aveva gradualmente perso i contatti anche con lui.
E Bokuto gli era mancato infinitamente sin dal primo giorno, il loro rapporto sempre così intenso e stimolante, a prescindere dai sentimenti che Keiji nutriva per l'amico, aveva lasciato un vuoto incolmabile nell'animo di Akaashi. Sapeva di doversene fare una ragione, entrambi avevano seguito i loro sogni e, per quanto l'amore per la pallavolo li avesse tenuti uniti al liceo e continuasse ad essere un interesse sempre presente, la diversa intensità di quell'amore si era riflessa nelle loro scelte di vita, che avevano portato ormai Bokuto ad essere per lui quasi un estraneo.
E qualche messaggio sempre più sporadico non era stato certo sufficiente a colmare le distanze tra di loro, che si facevano via via sempre più ampie.
"Akaashi va tutto bene?" la domanda di Bokuto lo riscosse, i suoi occhi grandi e caldi che lo scrutavano attenti, la testa inclinata in quell'espressione interrogativa che era tipica di Bokuto.
"Sì, sì, certo. Allora, hai detto che volevi parlarmi..."
"Sì, Akaashi. Dopo l'intervista sono stato bloccato per gli autografi ma volevo parlare ancora con te. Ti ho cercato dappertutto. Volevo sapere... ecco... come ti è sembrata la partita, come ho giocato... insomma, volevo il parere del mio alzatore, dopo quello del giornalista." Bokuto buttò fuori tutto d'un fiato e, probabilmente, avrebbe continuato ancora a nascondere la sua agitazione dietro alle parole che si accalcavano confuse sulla sua lingua, se il cameriere non gli avesse portato la birra proprio in quel momento.
Akaashi fu davvero grato al ragazzo che, oltre a servirgli da bere, chiese a Bokuto di fargli un autografo sul retro del blocchetto delle ordinazioni.
Perché si era reso conto che non era in grado di rispondere.
Il suo cuore stava ancora correndo all'impazzata, quel 'mio' prima della parola 'alzatore' lo aveva colpito dritto al cuore, che gli era saltato direttamente in gola mozzandogli il respiro.
Si sentiva davvero uno stupido per quella reazione, ma si rese conto che non poteva farci niente.
Gli mancava Bokuto.
Gli era mancato ogni giorno negli ultimi cinque anni e, per quanto si fosse tuffato nel lavoro per tenersi occupato, ecco che bastava una parola di Bokuto per farlo piombare nella confusione più totale. Gli bastavano quegli occhi grandi, così limpidi e sinceri, per sentirsi sciogliere dentro, rischiando di annegare in un sentimento che credeva di essere riuscito a reprimere, ma che invece si stava ripresentando più forte e invadente che mai.
Per non parlare di quei pettorali e di quei bicipiti!
Bokuto era sempre stato grosso, ma adesso era imponente! Akaashi avrebbe tanto voluto sentire quelle braccia attorno alle sue spalle, posare la guancia sul suo petto e abbandonarsi a quelle emozioni che lo stavano soffocando, quando sapeva benissimo che avrebbe dovuto essere lui a soffocarle.
"Scusami Akaashi! Ogni tanto mi succede che mi riconoscano. Non posso deludere i miei fan, dico bene?"
Bokuto gli fece l'occhiolino e Akaashi capitolò. La risposta alla domanda di Bokuto gli uscì in un soffio dalle labbra, prima ancora che il cervello avesse davvero realizzato quello che stava facendo.
"Penso che oggi tu sia stato fantastico, Bokuto-san..." mormorò, il fiato corto e il cuore che ancora non voleva saperne di rallentare la sua corsa.
Il viso di Bokuto si illuminò subito di un sorriso così radioso e brillante che Akaashi dovette socchiudere gli occhi; riusciva a percepire sulla pelle il calore ardente dell'incontenibile entusiasmo che irradiava dalla sua persona, e fu costretto a sbottonare il primo bottone della camicia.
Faceva caldo.
Faceva davvero troppo caldo.
"Dici sul serio, Akaashi?"
Bokuto si appoggiò coi gomiti al tavolo e si sporse verso Akaashi che nel frattempo aveva di nuovo riempito l'Ochoko di sakè.
"Eppure oggi mi hai detto che ero stato fin troppo normale... Cioè, io volevo che vedessi che sono normale, ma nel senso che non mi agito più come un tempo, però..."
Akaashi buttò giù il sakè tutto d'un fiato ancora una volta e appoggiò l'Ochoko sul tavolo. Forse ci aveva messo troppa forza, perché Bokuto si bloccò nel suo discorso e lo fissò stranito per un istante prima di ripetere ancora una volta "Akaashi ma sei sicuro di stare bene? Sei tutto rosso e stai sudando..."
"Sì, sì, scusami, è che..." il telefono di Akaashi prese a vibrare, togliendolo dall'imbarazzo di dover spiegare a Bokuto come si sentiva.
Perché, in realtà, nemmeno lui lo sapeva.
Si sentiva caldo e stordito, si rendeva conto che stava perdendo il controllo e aveva il timore che avrebbe potuto dire o fare qualcosa di inopportuno.
Aveva bevuto troppo sakè, pensò, mentre tirava fuori il cellulare dalla tasca, la presa sul telefono così insicura che quasi gli scivolò sul tavolo.
Sbloccò lo schermo, le dita che ancora tremavano un po', e vide che gli era arrivato un messaggio di Sugawara:
Questa è una seconda occasione
non sprecarla... 😉
Ci sentiamo domani
Akaashi si aggrappò al tavolo mentre una vertigine lo coglieva e, ancora una volta, non era in grado di dire se avesse bevuto troppo sakè (beh, quello sicuramente sì, in ogni caso) o se fosse perché aveva finalmente realizzato tutte le implicazioni del messaggio di Sugawara.
Si alzò in piedi e ondeggiò per un istante, temendo di doversi sedere di nuovo.
"Scusami, Bokuto-san, devo proprio andare."
Buttò sul tavolo alcune banconote senza nemmeno contarle. Sarebbe stato forse il sakè più caro della sua vita ma in quel momento non aveva importanza. Doveva solo schiarirsi le idee e mettere quanta più distanza possibile tra il suo cuore confuso e i bicipiti di Bokuto.
Prese il cappotto dallo schienale della sedia e si diresse con passo malfermo verso l'uscita dell'Izakaya.
Bokuto restò per un istante a fissare le banconote, quindi scolò in un colpo solo la birra che ancora restava nel suo bicchiere e si alzò a sua volta, afferrò la giacca e corse all'inseguimento di Akaashi.
Keiji camminava svelto sul marciapiede, la testa incassata tra le spalle e le mani in tasca. L'aria fredda della notte gli aveva subito restituito un po' di autocontrollo e il suo passo non gli sembrava nemmeno così instabile come aveva temuto.
Non rallentò nemmeno quando Bokuto gli si affiancò correndo.
"Akaashi che succede? Per favore, dimmelo..."
"Sono solo stanco e ho bevuto troppo, ho bisogno di tornare in albergo e stendermi un po'." riuscì a rispondere senza ancora rallentare, lieto che la sua voce non sembrasse così fuori controllo come lo erano invece le sue emozioni.
"Ma... non dovevi vederti con Sugawara?"
Akaashi finalmente si fermò e si voltò verso Bokuto. E subito se ne pentì.
Gli occhi di Bokuto erano sgranati e immensi, la confusione che vi aleggiava chiara ed evidente. Ed era solo colpa sua.
"Sugawara non verrà."
Aveva usato il tono calmo e paziente che usava sempre con Bokuto al liceo quando doveva spiegagli qualcosa. Gli era uscito naturale, come se non fossero stati separati per cinque lunghi anni. Era come se il suo subconscio avesse messo il pilota automatico tornando alle vecchie abitudini, e Akaashi era terrorizzato dalla possibilità di andare a schiantarsi un'altra volta contro a quel muro che era convinto di aver già superato da tempo, ma che invece si stagliava ancora massiccio davanti a lui.
"E non verrà nemmeno Sawamura." aggiunse subito "Faresti bene a tornare anche tu in albergo. Buonanotte Bokuto-san."
Ma il corpo di Akaashi non reagì come avrebbe dovuto. Le sue gambe sembravano non volersi muovere e gli risultava sempre più difficile anche solo stare in piedi senza perdere l'equilibrio. Forse gli occhi grandi e dorati di Bokuto lo stavano ipnotizzando, o forse era la cacofonia fastidiosa di luci e rumori che invadeva la strada a renderlo così stordito; fino a che aveva camminato non si era reso conto di quanto davvero fossero instabili le sue gambe, ma lo realizzò in un istante quando prese a ondeggiare pericolosamente, e fu solo grazie alla presa salda di Bokuto sul suo gomito che riuscì a non cadere a terra.
"Ma Akaashi, tu non stai bene, lascia che ti aiuti."
"Non ho bisogno di aiuto." rispose secco, ma dovette distogliere lo sguardo perché non era mai stato capace di mentire guardando Bokuto negli occhi.
"Sì che ne hai bisogno." rispose Koutarou con dolcezza "Mi hai aiutato così tante volte quando eravamo al liceo che il minimo che posso fare, ora, è quantomeno accompagnarti in albergo."
Akaashi non rispose, la bocca gli si era seccata e gli sembrava davvero uno scherzo crudele del destino, pensare di aver bisogno dell'aiuto di Bokuto, quando lui stesso si struggeva al ricordo di quando era Bokuto ad avere bisogno di lui.
Era consapevole che fosse piuttosto strano, forse malsano, il modo in cui Akaashi si sentiva realizzato, al liceo, quando riusciva ad aiutare Bokuto a uscire da una delle sue crisi, o quando semplicemente anticipava i suoi gesti – prendere al volo la giacca lanciata per aria, passargli la borraccia quando aveva sete – supportandolo senza che Bokuto stesso se ne rendesse conto.
Ma dentro di sé urlava di gioia perché solo lui riusciva a guidare Bokuto all'interno della sua stessa testa per farlo uscire dagli strani labirinti che la sua mente iperattiva costruiva; solo lui capiva Bokuto così intimamente da poter prevedere i suoi gesti o terminare le sue frasi.
Solo lui.
Ma tutto questo ormai era un ricordo lontano e Akaashi doveva andare avanti, in tutti i sensi. Anche se, in quel momento, le sue gambe sembravano non voler collaborare.
"Va bene. Puoi accompagnarmi fino all'albergo." si arrese Keiji.
Proseguirono in silenzio per un paio di isolati, ma la mano di Bokuto sul suo tricipite era rovente anche attraverso il cappotto. Si sentiva ormai andare alla deriva, la sua stabilità fisica così come quella emotiva erano a un passo dal collasso.
Ma perché si era andato a cacciare in quella situazione? Perché si era fermato a Sendai per la notte? Avrebbe dovuto rientrare con Udai a Tokyo, pensò, mentre si fermava davanti all'insegna illuminata del suo Hotel.
"Ecco. Sono arrivato. Buonanotte Bokuto-san e grazie per avermi accompagnato."
Akaashi frugò nelle tasche del cappotto per qualche istante e finalmente estrasse la tessera magnetica che riportava il logo dell'Hotel. Ma le sue dita erano ancora una volta fredde e insensibili, e la tessera gli cadde sul marciapiede.
Si piegò per raccoglierla e il gesto gli fu fatale.
Il mondo ondeggiò davanti ai suoi occhi ancora una volta, il marciapiede sembrava sempre più vicino, così vicino... e poi sentì due braccia forti sorreggerlo saldamente un attimo prima dell'impatto col cemento.
"Akaashi, hai davvero bevuto troppo. Ti accompagno in camera."
Bokuto raccolse la tessera da terra mentre sosteneva Akaashi contro al fianco, e trascinò il suo corpo barcollante all'interno della Hall.
Keiji sentì gli occhi che si chiudevano contro la sua volontà, la testa che lentamente si inclinava fino ad appoggiarsi su quei meravigliosi pettorali che lo avevano così turbato fino a pochi minuti prima. Le sue gambe erano gelatina e riusciva a muoverle solo perché Bokuto lo trascinava con forza tenendolo saldamente avvolto attorno alla vita.
Tutto sommato andava bene così, non aveva la forza di fare altro che sospirare e abbandonarsi tra quelle braccia forti e rassicuranti.
Non era più nemmeno sicuro di essere ancora sveglio, si sentiva galleggiare e girare, come imbrigliato in un vortice di acqua calda. I suoni erano ovattati, le parole confuse; e poi una vibrazione e poi ancora la corrente che lo trascinava di nuovo con sé, per poi fermarsi infine su qualcosa di morbido, soffice e avvolgente.
Non sapeva davvero se fossero passati minuti o ore quando riuscì finalmente a riaprire gli occhi; il soffitto della camera ondeggiò per un istante prima di stabilizzarsi.
Sollevò piano la testa dal cuscino. Bokuto lo aveva steso sul letto, ancora vestito ma senza scarpe, e stava rovistando nel frigo-bar borbottando tra sé se fosse meglio l'acqua o una bevanda energetica.
La posizione sdraiata evidentemente doveva avergli restituito il controllo sul suo corpo, quantomeno era tornato cosciente, ma si sentiva ancora piuttosto confuso.
Akaashi chiuse gli occhi ancora una volta cercando di riordinare le idee.
Dopo un istante sentì il letto cedere sotto al peso di Bokuto che si era seduto accanto a lui.
"Dormi bene, Akaashi..." mormorò.
La sua voce, di solito così energica e tonante, era uscita bassa e roca, con una sfumatura graffiata e calda che Akaashi non gli aveva mai sentito, e che gli fece partire un brivido caldo lungo tutta la spina dorsale.
Restò ancora per un istante con gli occhi chiusi sperando che Bokuto parlasse di nuovo.
"Ti lascio una bottiglia d'acqua sul comodino per quando ti sveglierai..."
Akaashi sentì il cuore accelerare, Bokuto era di una tenerezza disarmante e in quel momento ebbe la consapevolezza che, se avesse aperto gli occhi, non avrebbe potuto più nascondergli i suoi sentimenti.
Così decise di tenerli chiusi, lasciando che Bokuto pensasse che stesse ancora dormendo. Sperava che sarebbe finalmente andato via, lasciandolo a leccarsi le ferite ancora una volta e a rimettere insieme i pezzi del suo cuore frantumato e sanguinante.
"Sei così bello quando dormi..." aggiunse invece Bokuto, dolce e delicato, e Akaashi si sentì ancora una volta fortunato a poter essere forse l'unica persona a cui era concesso vedere quel lato di Bokuto così prezioso e meraviglioso.
"Anche se però non posso vedere i tuoi occhi, e questo mi dispiace tanto perché i tuoi occhi sono bellissimi, Akaashi. Hanno un colore unico, quel blu spruzzato di verde che non ho mai visto in nessun altro."
E poi aggiunse piano "Ho sempre amato i tuoi occhi."
Il cuore di Akaashi batteva all'impazzata.
Il suo piano non stava funzionando.
Bokuto, non solo non se ne andava, ma stava anche dicendo delle 'cose' e Akaashi non era sicuro di volere che andasse avanti. Forse doveva aprire gli occhi e far sapere a Bokuto che non stava davvero dormendo. Perché c'era il rischio che le parole di Bokuto lo inducessero a credere, a sperare in qualcosa che non poteva realizzarsi...
"Amo tutto di te, in realtà..." ammise Bokuto, e poi prese un profondo respiro, il letto che si inclinava appena sotto la schiena di Akaashi prima che Bokuto proseguisse.
"Io ti amo, Keiji."
Soffiò fuori le parole così piano che Akaashi ebbe quasi il dubbio di esserselo immaginato, che i suoi sentimenti risvegliati e il sakè che aveva in circolo gli avessero fatto sentire quelle parole che aspettava dalla seconda liceo.
Forse credeva di essere sveglio e invece stava dormendo, ma era un sogno talmente bello che non voleva più svegliarsi.
"Ti amo da così tanto tempo" Bokuto continuò "ma non ho mai avuto il coraggio di dirtelo. Tu sei così bello Akaashi, e sei così in gamba. Lo sei sempre stato. Io per te ero un peso, e tu eri sempre costretto ad aiutarmi. Ma ora sono cambiato. Ora sono 'normale', e vorrei davvero che tu potessi innamorarti di me così come io ti amo da tanto tempo."
Sospirò.
"Ma non so se avrei davvero il coraggio di dirti queste cose se tu fossi sveglio..." aggiunse piano, e poi emise un altro sospiro angosciato.
Il cuore di Akaashi batteva talmente forte che era certo che Bokuto potesse sentirne le vibrazioni correre attraverso il materasso.
Cosa doveva fare?
Bokuto aveva detto di amarlo!
Akaashi aveva soffocato per anni i suoi sentimenti pensando che fossero unilaterali. Ma questo cambiava tutto... sempre che davvero non fosse tutto un sogno.
Sentì il materasso muoversi, il peso di Bokuto che si sollevava, l'aria attorno a lui che diventava un po' più fredda.
Bokuto si era alzato e stava andando via.
"Dormi bene, mio Keiji."
Akaashi aprì gli occhi esattamente nel momento in cui Bokuto si voltava verso la porta.
Allungò la mano e lo trattenne per il polso, la sua presa forte e salda come non si sarebbe mai aspettato visto il quantitativo di sakè che aveva ingerito.
"Bokuto-san..."
"Akaashi, ti sei svegliato!"
Bokuto si rimise seduto e sorrise di un sorriso dolce e caldo.
"Dillo ancora." mormorò Keiji senza lasciare la presa sul suo polso.
"Che-che cosa?" chiese Bokuto confuso.
Il rossore si diffuse in un istante sulle sue guance non appena la realizzazione lo colpì.
"Da-da quanto sei sveglio?" chiese, la voce strozzata per l'imbarazzo.
"Un po'..." mormorò Akaashi distogliendo lo sguardo.
"Hai sentito tutto?"
"Penso di sì."
Bokuto si coprì il volto con entrambe le mani.
"Oddio che imbarazzo!"
"Dillo ancora." ripeté Keiji.
"Cosa?" chiese Koutarou senza ancora togliere le mani dal viso.
"Quello che hai detto."
"K-Keiji?"
"C'era anche qualcos'altro." mormorò sorridendo.
"M-mio?"
"Sì, c'era anche quello... e mi è piaciuto molto, ma non era quello che intendevo." Akaashi si puntellò sui gomiti, la testa ora molto più stabile e il sorriso sempre più ampio.
Provò a scostare il braccio di Bokuto dal suo viso ma Koutarou fu svelto a coprirlo un'altra volta. Akaashi era comunque riuscito a scorgere un rossore davvero adorabile sulle guance di Bokuto.
"Bokuto-san..." mormorò piano "Non volevi vedere i miei occhi? Però per vederli devi togliere le mani..."
Akaashi si tirò completamente seduto, il busto accanto a quello di Bokuto e gli prese di nuovo i polsi scostando le sue mani dal viso. Koutarou questa volta non oppose resistenza e pian piano sollevò lo sguardo negli occhi di Keiji che gli sorrideva con dolcezza.
"Dillo ancora." ripeté.
"Mio Keiji..." sussurrò, incoraggiato dal sorriso di Akaashi.
"E poi...?" lo provocò ancora Keiji. Perché il rossore sulle gote di Bokuto era bellissimo, e forse era un po' sadico a insistere così, ma aveva aspettato quel momento per così tanto tempo che voleva gustarselo, parola per parola.
Bokuto cedette a quegli occhi limpidi e cristallini in cui riusciva a leggere per la prima volta una promessa, il coraggio che gli era sempre mancato che emergeva prepotente davanti al volto sereno ed emozionato di Keiji.
Non lo avrebbe rifiutato, ormai Bokuto ne era certo.
"Ti amo, Keiji."
"Anche io ti amo, Koutarou." confermò infatti Akaashi.
Il volto di Bokuto si illuminò come quello di un bambino che trova un mucchio di regali sotto l'albero la mattina di Natale.
"Dillo ancora." fu Bokuto a chiederlo questa volta.
"Ti amo." riconfermò Akaashi con una risatina.
"Non quello... Dì il mio nome."
Akaashi rise, ma non fece in tempo a ripeterlo che le labbra di Bokuto erano sulle sue. Si staccò subito, un tocco rapido, per poi guardarlo come estasiato.
"Come sei bello quando ridi, Akaashi!"
"Koutarou..." mormorò ancora Keiji.
Questa volta le labbra di Bokuto si posarono sulle sue con delicatezza, uno sfioramento lento e morbido, mentre una mano grande e forte si posava tra il collo e la spalla attirandolo a sé.
Akaashi chiuse gli occhi e si abbandonò al tocco tenero di quella bocca che aveva sognato per così tanto tempo. E forse era colpa del suo animo da romanziere mancato, ma non poté fare a meno di pensare che la realtà era mille volte meglio di come aveva mai immaginato quel bacio tra di loro.
Bokuto era dolce e delicato, assaporava Akaashi senza fretta, le sue labbra che sfioravano quelle di Keiji provocando una reazione che non tardò ad arrivare quando Akaashi schiuse le labbra. La sua lingua si insinuò tra quelle di Bokuto che emise un gemito e, come era sempre successo anche in campo, seguì immediatamente la regia di Akaashi, lasciandosi guidare in un bacio sempre più intimo e profondo.
La mano di Bokuto scivolò sulla nuca per attirarlo più vicino mentre l'altra lo stringeva per la vita, una presa salda ma delicata, come se fosse qualcosa di fragile e prezioso.
Akaashi si lasciò scivolare di nuovo sdraiato attirando Bokuto con sé; gli girava la testa e gli mancava il fiato, ma era abbastanza certo che questa volta non fosse colpa del sakè. Le dita aggrappate nella sua t-shirt e il cuore che correva furioso nel petto, Akaashi si sentiva fluttuare e, per la prima volta nella sua vita, perdere il controllo era inebriante.
Un sottile mugugno si levò dalla sua gola mentre tirava il corpo di Bokuto ad aderire completamente al suo; lo voleva addosso, cercava il suo calore e la sua solidità, aveva bisogno di un ancoraggio prima di perdersi completamente, di lasciarsi travolgere dal sentimento che ormai sgorgava senza più argini dal suo cuore.
Bokuto si sollevò su un gomito ma Akaashi lo strattonò di nuovo con forza, cercando la sua bocca, vorace e bisognoso ora che il fuoco dentro di lui era stato risvegliato; poteva sentire i muscoli irrigiditi di Koutarou, lo sforzo di non pesargli addosso e anche qualcos'altro, come un'energia ronzante sotto la sua pelle bollente, e la sensazione che sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro.
"Kou..." mormorò sulla sua bocca "Guarda che non mi rompo..." aggiunse, sentendo che Bokuto si sollevava da lui ancora una volta.
"E' che... se ti sto troppo vicino, io non rispondo più di me stesso..." ansimò trascinando baci umidi lungo la linea della mascella.
Akaashi infilò le dita tra le ciocche rigide, muovendo il bacino in cerca di più attrito. Il movimento tirò fuori da Bokuto un suono che non gli aveva mai sentito emettere, un uggiolio a metà strada tra la soddisfazione e il lamento, che cercò di seppellire nell'incavo della sua spalla.
"Non farlo..." mugugnò Keiji accanto al suo orecchio.
"Cosa?"
"Trattenerti... Non farlo. Ti voglio, Koutarou, è da una vita che ti voglio..."
Bokuto si puntellò sul gomito sollevandosi ancora una volta per guardarlo negli occhi.
"Dillo ancora."
"Koutarou..."
"Non quello."
Akaashi alzò per un istante gli occhi al cielo sorridendo, ma poi si fece serio e riportò lo sguardo in quello di Bokuto. Prese il suo viso tra le mani, le dita lunghe e affusolate di Akaashi spiccavano candide sulla pelle abbronzata.
"Ti voglio, Koutarou." mormorò scandendo bene le parole "Voglio essere tuo. Voglio baciarti ed essere baciato. Voglio toccarti ed essere toccato. Voglio fare l'amore con te. Voglio sentirti dentro di me."
Le emozioni scorrevano sul viso di Bokuto come i sottotitoli di un film muto, lo stupore e poi la gioia e infine, ancora, il dubbio.
"Akaashi, non possiamo. Tu sei ubriaco. Non voglio approfittarmi di te."
"Non sono ubriaco... Beh, non così tanto in ogni caso; e ho come l'impressione di essere io a cercare di approfittarmi di te." ridacchiò.
"Ma non voglio fare l'amore con te sapendo che domani potresti non ricordarlo nemmeno..." aggiunse Koutarou.
Ed era sincero, tremendamente serio e assolutamente adorabile.
"Kou, non succederà. E se domani dovessi aver dimenticato qualche dettaglio, tu sarai ancora qui a rinfrescarmi la memoria con il bis. Giusto?"
Giusto.
Non c'era altro da aggiungere.
Akaashi aveva sempre ragione.
Qualsiasi cosa Keiji avesse detto, per Bokuto era come un dogma, una verità assoluta, sacrosanta e indiscutibile.
Le sue labbra tornarono su quelle di Akaashi in un istante, la sua bocca affamata, la sua lingua ingorda, le sue mani avide; tutto di lui trasmetteva il bisogno impellente che lo guidava, finalmente sbloccato e libero di esprimersi senza più freni.
Ed era così intenso, era coinvolgente, era travolgente, era... 'Bokuto', in tutto e per tutto; e anche a letto Koutarou era un vulcano in eruzione, uno tsunami inarrestabile. Era una forza della natura, e Keiji non voleva altro che lasciarsi rimodellare e assumere finalmente la forma di quell'amore che aveva sempre cercato di rifuggire.
Akaashi chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalle sensazioni, da quei baci irruenti e quelle mani grandi e forti che cercavano di raggiungere ogni angolo nascosto della sua pelle.
Fu solo quando si sentì sfilare i pantaloni e poi anche la camicia che si decise a riaprirli. Perché c'era uno spettacolo che non aveva nessuna intenzione di perdersi.
Il corpo di Bokuto era la perfezione, i vestiti un inutile accessorio di cui per fortuna si era liberato alla svelta, così come quelli di Keiji che erano volati da qualche parte nella stanza.
"Akaashi come sei bello." ripeté ancora Bokuto scivolando con le dita lungo la sua pelle candida.
Akaashi rabbrividì al tocco e non poté fare a meno di sorridere all'assurdità della situazione. Ma non replicò. Aveva ancora la bocca secca, il fiato spezzato e i brividi continuavano ad attraversare il suo corpo come piccole scosse telluriche.
Quello che Bokuto gli stava facendo era fisicamente impossibile, eppure Akaashi sentiva la gravità ribaltarsi, le certezze venire meno, la realtà così come l'aveva conosciuta fino a quel momento che diventava un pallido ricordo sfuocato e lontano.
C'era solo Bokuto.
Le sue mani che scivolavano sulla sua pelle, la lingua che gustava il suo sapore, i denti a saggiare la consistenza della sua carne. Era come immolarsi sull'altare di una divinità e Akaashi chiuse di nuovo gli occhi, pronto al sacrificio e desideroso solo di compiacere e soddisfare l'unico uomo che avesse mai amato.
A dispetto della sua mole, Bokuto fu delicato e premuroso, le sue dita scivolavano lente in lui strappando dalle labbra di Akaashi gemiti e sospiri che Bokuto beveva avidamente; le sue labbra e la sua bocca assetate di Keiji ingoiavano ogni mugugno, respiravano ogni sospiro, succhiavano ogni gemito. E sarebbe andato avanti così per sempre, Bokuto, vendendo l'espressione estasiata di Akaashi, le ciglia tremolanti e umide che a tratti lasciavano intravedere frammenti di cielo.
Ma Akaashi lo aveva già detto, voleva di più.
"Scopami, Koutarou. Scopami adesso!" ordinò, la voce che tremava di bisogno e anticipazione.
E forse fu per il tono imperioso e allo stesso tempo disperato, o per il suo nome invocato con voce spezzata, o, ancora, per la prima parola sporca che avesse mai sentito uscire dalle labbra di Akaashi, che Bokuto dimenticò tutti i suoi buoni propositi.
Aveva bisogno di prendere Akaashi. Di possederlo. Di farlo suo.
Subito.
"Dimmelo se ti faccio male." mormorò prima di ricominciare a baciarlo, cercando la sua lingua, succhiando le sue labbra mentre lentamente scivolava nel suo corpo caldo e magnifico.
"Oh, sì..." gemette Keiji, le unghie piantate nella carne di Koutarou e la schiena inarcata, mentre il suo corpo accoglieva finalmente quella parte di sé che credeva di aver perso per sempre.
"Sì, così..." mormorò ancora accanto all'orecchio di Koutarou, incoraggiandolo a continuare, a spingersi dentro di lui, ad affondare lentamente, riempiendolo e facendolo sentire così bene come mai si era sentito in vita sua. Così appagato. Così completo. Corpo e anima un tutt'uno, e la certezza che niente sarebbe stato mai più come prima.
"Diommio Keiji..." mormorò Bokuto fermandosi, per lasciare ad Akaashi (e a sé stesso) il tempo di abituarsi. Cercò ancora la sua bocca, seguì con la punta della lingua il labbro inferiore di Keiji, la carne già martoriata dai suoi stessi denti, e una luce febbrile in quelle pozze celesti.
"Ora puoi muoverti." mormorò Keiji, calde lacrime che scivolavano lungo le guance, e Bokuto le baciò via, una per una, assaporandone il gusto salato come il sapore più dolce del mondo.
E poi cominciò a muoversi sul serio, lenti affondi e brividi lungo tutta la spina dorsale che lasciavano Akaashi senza fiato, gli occhi spalancati dallo stupore.
Non era mai stato così bello, le gote arrossate e le sue ciocche ribelli dello stesso colore della notte, e Bokuto seppe che avrebbe ricordato quell'immagine per sempre.
"Di più..." gemette Keiji.
Perché aveva bisogno di sentire Bokuto, di sentirlo ancora di più, più a fondo, fin nel suo nucleo che sentiva espandersi ad ogni spinta, il bisogno di arrivare al culmine che cozzava col desiderio di far durare quel momento per l'eternità.
Ma sapeva che sarebbe stato solo il primo di molti, e quindi si abbandonò al piacere senza più alcuna riserva.
Spinse con i fianchi, andando incontro col bacino ad ogni affondo, mentre anche Bokuto si abbandonava completamente al desiderio, le sue spinte sempre più decise e gli occhi che non si staccavano da quelli di Keiji nemmeno per un secondo.
"Più forte! Sì! Così!" e Bokuto rispose con entusiasmo al suo incitamento, e spinse sempre più forte, sempre più veloce, e ogni cosa intorno a loro scomparve; c'erano solo loro due, e un sentimento così grande e potente da annullare ogni altra cosa.
Gli occhi di miele di Koutarou si perdevano in quelli di Keiji, mentre il moro si inarcava e si aggrappava ai bicipiti di marmo nelle ultime spinte prima di arrendersi finalmente al suo piacere e abbandonarsi stremato tra le lenzuola.
Era un'immagine così sublime che anche a Bokuto bastò un'ultima spinta prima di sciogliersi nel corpo caldo di Keiji.
La sua testa crollò sulla spalla di Akaashi, le labbra nel suo collo a succhiare la pelle salata mentre cercava di recuperare il fiato e domare il suo cuore impazzito.
"Akaashi... Keiji... Amore mio..."
↪
"Aspetta! Aspetta! Bro, rallenta... non ci ho capito un cazzo!" sbottò Kuroo mentre infilava il rullo nel secchio e lo faceva poi passare sulla griglia per rimuovere la vernice in eccesso.
"Devo ricominciare dall'inizio?" chiese Koutarou, l'espressione delusa sul viso mentre cercava di togliere una macchia di vernice dalla guancia, ma riusciva solo a peggiorare la situazione spalmandosela fino al collo.
"Oppure dalla fine." gli rispose Tetsurou ridacchiando "Da quando il nostro comune amico, ex capitano del Karasuno, ti ha confessato di averti teso il trappolone..."
"Però ci hanno offerto la cena... E comunque l'idea in realtà è stata di Sugawara. Era lui che doveva passare il favore e, quando ha incontrato Akaashi al palazzetto, ha pensato bene di indossare le ali di Cupido e scoccare un paio di frecce nella nostra direzione."
Kuroo si bloccò col rullo che gocciolava sulle scarpe e prese a fissare l'amico per un lungo istante con un'espressione sorniona in volto.
"Cazzo, Bro, che metafora romantica! Si vede proprio che sei innamorato..." lo canzonò prima di schizzare un po' di vernice verso Bokuto.
"Eh, lo sai, Akaashi mi fa questo effetto!" rispose Bokuto con espressione trasognata, incurante della tintura azzurra che colava sul suo petto massiccio strizzato nella tuta di carta.
"Lo vedo, lo vedo. Quando parli di lui ti brillano gli occhi!" confermò Kuroo con un sorriso.
"Naaaaa, quello è colpa delle due birre che mi hai offerto a pranzo!" rise, dando una manata sulla spalla di Kuroo.
L'impronta azzurra della sua mano grande spiccava sulla tuta di carta come l'opera artistica di un bambino delle elementari, ma Bokuto non ci prestò attenzione e continuò imperterrito a mostrare il suo incontenibile entusiasmo.
"Comunque, Bro, non sono mai stato così felice in vita mia. Se avessi saputo che anche Akaashi mi amava, non avrei aspettato così tanto."
"E' colpa tua che non ha mai voluto ascoltare Kenma. Era dalla terza liceo che ti diceva di buttarti!"
"Kenma lo diceva solo perché si sentiva in imbarazzo. Eravate sempre lì a sbaciucchiarvi, voi due. Ammetto che a volte io e Akaashi ci sentivamo un po' di troppo."
"Beh, in parte hai ragione. Ma credo che Kenma avesse comunque capito quello che Akaashi provava per te. Solo che eravate così stupidi e cocciuti che è davvero un miracolo che finalmente vi siate messi insieme!"
"E io che pensavo che Akaashi mi aiutasse solo perché gli facevo pena... Certo che ero proprio tonto, eh, Bro?"
"Beh, allora devi ringraziare quell'impiccione di Suga-chan che non si è fatto i fatti suoi! Anzi, devo ringraziarlo anch'io, visto che mi stai passando il favore aiutandomi a imbiancare la nostra nuova casa!"
"Figurati Bro! Allenamento extra per questi muscoli e birra gratis! Sono io che ti devo ringraziare!"
"A proposito di birra.... Pausetta?"
"Come potrei mai rifiutare?"
Kuroo immerse il rullo nel secchio e si pulì le mani in uno straccio, intanto che Bokuto finiva di passare l'ultimo angolo vicino alla porta.
Tornò dalla cucina con due birre ghiacciate e ne porse una a Bokuto. Fece tintinnare il collo della bottiglia contro quella dell'amico e ne bevve subito un lungo sorso rigenerante.
"Aahh! Che buona! Non c'è niente come il primo sorso di birra!" dichiarò Bokuto.
"Nemmeno il sesso?"
"Ok, niente come il primo sorso di birra E il sesso! Ma solo con Akaashi, però!"
Kuroo rise ma non obiettò. Era da tanto che aspettava di vedere il suo migliore amico così felice. Per quanto la nuova relazione con Akaashi presentasse alcuni ostacoli legati alla distanza (Akaashi viveva a Tokyo e Bokuto a Osaka) Kuroo era certo che avrebbero trovato il modo di farla funzionare. Era dai tempi del liceo che era convinto che Bokuto e Akaashi fossero destinati a stare insieme, ed era assolutamente felice e soddisfatto di vedere finalmente le sue speranze realizzate. Amava Bokuto come un fratello e sapeva da sempre che Akaashi era la persona giusta per lui.
"Senti, Bro, ma come mai avete deciso di comprare casa proprio qui, a Roppongi Hills? Kenma non ha sempre detto che era troppo cringe trasferirsi qui solo per aver fatto un po' di soldi?"
"Beh, sai, la sua casa in affitto era vecchia e avremmo dovuto fare un sacco di lavori per potermi trasferire da lui. Avrebbe dovuto sacrificare parte della 'sala giochi' per creare il mio studio. Alla fine, abbiamo deciso che fosse meglio per entrambi spostarci in un posto più grande."
"Troppo grande, Bro! Questo attico è enorme! Sto cominciando a non sentirmi più le braccia!"
"Ma come, hai appena detto che eri contento dell'allenamento extra! Su, su, riprendiamo a imbiancare! Deve essere tutto pronto per la festa di inaugurazione di settimana prossima!"
"Sei proprio uno schiavista, Bro!"
"Non lamentarti! Piuttosto, dai un senso a quei bicipiti stupidamente grossi che ti ritrovi!"
↪
[segue]
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