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Clare's pov

Appena sollevo la testa da questo cuscino completamente piatto una fitta al collo mi fa stringere con forza gli occhi. Porto una mano ad esso e cerco di schricciolare un po' le ossa per cercare di farmi passare questo odioso torcicollo. Mi chiedo se dovrò svegliarmi con questi dolori ogni giorno a causa di questo letto scomodo.

Mi dirigo verso il mio nuovo guardaroba. Apro le due ante e una smorfia di sofferenza compare sul mio viso. Sbatto i piedi con forza e comincio a piagnucolare. Non è davvero possibile che io mi debba togliere questo body in pizzo e questi jeans per mettere una semplice tuta con magliettina nera. Poi questi miei indumenti di classe che fine faranno? Come faccio a lavarli? Non credo di aver visto nè lavatrici nè doccie. E se tutti qui non si lavassero?! Un brivido di disgusto percorre la mia spina dorsale al solo pensiero.

È come se fossimo all'isola dei famosi. Mi sono sempre chiesta come facessero i personaggi di quel programma a depilarsi, a lavarsi e ad avere sopracciglia perfette senza nessuna estetista. Mi sembra di essere in un incubo.

Infilate la t-shirt, tuta e anfibi tutti e tre neri e terminate le mie riflessioni decido di uscire dalla mia nuova camera. Noto una cosa che prima non avevo visto. Nel lungo corridoio c'è un orologio che segna l'ora. Beh, così almeno possiamo sapere con quanta velocità passeranno le giornate in questo posto di merda. Sono le 10.00.

Vorrei chiedere a qualcuno se esistono delle docce, qualcosa per lavarsi. Busso nella camera di fronte alla mia, cioè quella di Fleur. Nessuna risposta. Tento di girare la maniglia ma non si apre, non sapevo avessimo le chiavi delle porte. Vado alla stanza accanto alla mia porta, ovvero quella di Erik e Sebastian e qui non mi risponde ancora nessuno. Allora vado da Natalie e niente. Rimangono solo i gemelli. Spero con tutto il cuore che si trovano qui, incrocio le dita di una mano e con l'altra busso.

<<Sto entrandoo!! >>

Grido, siccome la porta è semiaperta. Quando sono all'interno di questa stanza dai colori del tramonto vedo subito i due ragazzi dai capelli corvini sdraiati ognuno sul suo lettino. Sono pallidi in volto. Mi avvicino ad uno di loro e gli accarezzo i capelli che noto sono sudati.

<<Non ti preoccupare Clare. È solo un po' di febbre >>

Annuisco debolmente ed esco da questa stanza. Chiudo la porta alle mie spalle e mi chiedo dove si siano cacciati tutti. Eppure dicevano "siamo una famiglia " "siamo tutti uniti", però a me sembra che mi stiano proprio lasciando in disparte.

Percorro questo lungo corridoio guardando i miei anfibi fare un passo dopo l'altro su queste mattonelle azzurrine senza personalità. Ad un tratto il mio viso si scontra contro il petto di qualcun'altro. Alzo lo sguaro da questa camicia nera che porta e lo rivolgo al suo viso pallido e direi ingrigito. È un vampiro. Non sono la mia prima scelta però meglio che rimanere sola è.

<<Io sono Clare>>

Gli dico porgendogli la mano. Lui la guarda e non mi porge la sua nè mi dice niente. Dopo un minuto di silenzio che sembrava eternità pronuncia delle parole con un timbro strisciato ed annoiato.

<<Sono Jacob>>

È davvero molto strano. Noto come i suoi occhi sembrano contornati da una matita nera, così il mio volto si illumina e un'idea balena nella mia mente.

<<Non mi dire che voi vampiri avete i trucchi qui sotto?!>>

Non sembra che ciò che gli abbia detto gli scateni nessuna reazione, solo apatia. Dopo un 'seguimi' detto sempre con lo stesso tono di voce, faccio ciò che mi dice e arriviamo nella stanza dei vampiri.

<<Come mai vivete tutti in un'unica stanza?>>

Gli chiedo dopo che mi presenta a tutti gli altri e mi porta nel bagno di questa stanza. Ogni stanza ha un bagno, anche la mia, solo che non è presente la doccia, e non capisco il perché. Entro assieme a lui in questa piccola stanza e non appena chiudo la porta e mi volto verso il ragazzo, lui si avvicina velocemente e mi tappa la bocca con la sua mano gelida e bianca. Il mio cuore comincia a battere velocemente e la paura si fa spazio tra le mie emozioni. Ho superato tanti ragazzi sfacciati e sfidato persino un guardiano, quindi non ho nessuna intenzione di essere sovrastata da un vampiro. Gli do un morzo alla mano e gli grido contro.

<<Non mi puoi mangiare! E sai perché?! Perché il mio corpo è fatto di schifezze, ho passato tutta la vita a mangiare pizza e patatine, e non credo che a te possano piacere>>

I suoi occhi nerissimi contornati di nero rimangono sempre gli stessi identici. Le sue labra sottili e rosse però si increspano in uno sorriso storto. Sembra che si stia sforzando di sorridere, come se fosse una cosa che non sa fare. Una risata scappa dalla mia bocca nel vedere questa buffa scena e aumenta sempre di più quando lui cerca di imitare la mia risata.

<<Non ho mai riso così >>

Mi dice ad un tratto stoppando di colpo la sua risata.

<<Beh, io direi che non hai mai riso in generale>>

<<Sono nato vampiro, perciò non ho mai avuto modo di provare emozioni umane>>

La curiosità che è in me adesso ha trovato la sua felicità. Non vedo l'ora di sapere di più su questi vampiri. Così comincio con le mie domande.

<<Da quanto tempo sei qui?>>

<<Mi hanno catturato insieme a tutta la mia famiglia cinque anni fa. Avevamo un patto con i guardiani di non uccidere nessun umano>>

Il suo sguardo si incupisce quando pronuncia quest'ultima frase.

<<Però cinque anni orsono io andai ad una festa. Scappai dal nostro castello per cercare di provare emozioni umane e quando queste si impossessarono del mio corpo uccisi una ragazza. Non era mia intenzione..io..aveva cominciato a dire che sono pallido..e..e tutti ridevano di me..e così la uccisi davanti a tutti e feci scoprire a tutti i ragazzi partecipanti a quella festa i vampiri. Così i guardiani catturarono me e tutta la mia famiglia e convinsero i genitori di quei ragazzi che alla festa erano tutti ubriachi, quindi non sanno ciò che hanno visto >>

<<Mi dispiace >>

Ed è vero. Mi dispiace sia per il suo racconto che per averlo giudicato male. A dire il vero pure gli altri giudicano male i vampiri definendoli noiosi ed apatici, preferisco stare con loro che con quella 'famiglia' che mi esclude.

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