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08. MORTE DI UN FIORE SOTTO IL CIELO COREANO.

Taehyung era nato dall'acqua di un ruscello, dalla terra fangosa e dai petali delicati di un luogo che non aveva nome, non aveva inizio e non aveva fine. Con le ginocchia sbucciate e le guance arrossate, si spingeva emozionato tra gli alberi possenti e lo scorrere dell'acqua, i giochi di luce ed il canto degli uccelli, evitando le mostruose radici degli alberi e accarezzando con gli occhi le forme che la natura dipingeva sulle rugose cortecce. 

E come la foresta che i suoi passi silenziosi avevano scoperto in quel luglio appiccicoso, Taehyung sentiva di non appartenere a nessuno, nemmeno a se stesso. Quando, con i pantaloncini sporchi di terra e di fango osservava la su Corea dall'alto, accarezzando con gli occhi la limpida acqua e sfiorando mentalmente i petali di ogni fiore, desiderava sbiadire tra le pennellate di quella sconosciuta opera d'arte. Non lo diceva a nessuno, ma delle volte aveva sperato di morire, proprio lì, tra i fiori e l'erba e lo scorrere dell'acqua. 

La foresta cominciava dove le spighe di grano sparivano e l'erba cominciava ad essere più verde. Nessuno sapeva per quanto si estendesse, perché la sua bellezza metteva talmente in soggezione da spingere chiunque a non volerla attraversare. Taehyung in effetti non aveva mai incontrato nessuno al suo interno. Si godeva quella solitudine come se fosse una solitudine diversa da quella che viveva tra le strade di New Orleans. 

Morire sotto l'infinito cielo coreano... come dev'essere?, si chiedeva. La morte, quando attraversava la foresta e raggiungeva i campi di fiori ed i ruscelli, non lo spaventava. La solitudine che la precedeva non lo rattristava, piuttosto lo spingeva a voler desiderare di scomparire per l'eternità tra un fiore e l'altro, che tanto non c'era nulla per lui su quella Terra se non il sapore amaro di un giorno senza pioggia tra le note di un sassofono. 

Con gli anni le cose cambiarono. Taehyung conobbe Yoongi. Conobbe occhi sottili e curiosi, i silenzi che tentavano di comprimere la marea di parole che entrambi si tenevano dentro. Conobbe capelli soffici e lacrime salate, mani intrecciate e romanzi sottovalutati, note di un pianoforte e poesie sotto l'ombra di una quercia. E quindi la foresta ed i fiori sapevano un po' anche di questo. Taehyung non lo avrebbe mai ammesso, ma i fiori morti che trovava quando camminava nei campi gli ricordavano un po' lui e Yoongi. Erano bellissimi, ma parevano non avere più nessuna ragione per vivere. 

Nessuno dei due sapeva quanto la vita di uno dipendesse irreparabilmente dalla vita dell'altro. 

Taehyung comunque ci pensava ancora. A dire il vero ci pensava spesso, perciò quel pomeriggio, mentre sedeva alla scrivania del suo ufficio, si mordicchiò le unghie per alcuni minuti prima di prendere il cellulare e aprire l'applicazione dei messaggi. Individuò il contatto di Véronique e fissò il suo nome sullo schermo per ulteriori minuti. Non si vedevano né sentivano da tre settimane, e ora marzo si faceva spazio nelle loro vite con le sue incertezze. 

Stasera usciamo. Dobbiamo festeggiare

Le scrisse. Non sapeva nemmeno se il suo tono potesse sembrare prepotente, ma non sapeva come spiegarle tutta quella situazione. La verità era che non voleva passare per l'enesima volta quella sera in un angolo del suo salotto o sotto le luci del locale che frequentava abitualmente, completamente solo. No, Véronique sapeva di un campo di lavanda in Provenza e di un caldo abbraccio e lui voleva che qualcuno lo aiutasse a non barcollare per strada e a non abbandonarsi sull'asfalto come ogni anno.

[vivì]
Cosa dobbiamo festeggiare?

Taehyung scosse la testa, digitando velocemente una risposta:

Per favore, dimmi solamente che ci sarai

Nemmeno gli importava il fatto che sembrasse rude e terribilmente disperato, voleva solamente sentire la gola bruciare ed osservare le luci colorate che dipingevano sul viso di Véronique. Taehyung temeva che gli chiedesse se ci fosse qualcosa che non andava, eppure lei rispose senza esitazione con un "ci sarò".  

*

Taehyung osservò il viso distorto di Véronique attraverso il fondo del bicchiere, cominciando a ridere. 

«Non mi hai ancora detto perché siamo qui» disse lei, passando le dita pallide e sottili sulla superficie tondeggiante del suo bicchiere. 

Taehyung poggiò il suo sul loro tavolo, sollevando la testa ed osservando una delle ballerine mentre con disarmante delicatezza lasciava scivolare lungo le braccia sottili i guanti rossi che indossava. 

«Taehyung» lo richiamò Véronique. 

Lui la guardò, desiderando di affogare nei suoi occhi scuri. «Ho bisogno di qualche altro bicchiere, e poi mi ritroverai a piangere fra le tue braccia. Pensi di poterlo sopportare?».

Lei scavò nel suo sguardo per qualche secondo. «Se è questo quello che vuoi» rispose annuendo debolmente. 

Taehyung sorrise, sussurrando un grazie che lei non potè mai udire. Poi entrambi cominciarono ad osservare le ballerine. 

«Vorrei essere come loro. Vorrei essere loro» disse quindi Véronique.

Taehyung non disse nulla. Non c'era nulla da dire quando entrambi si sentivano due rondini con le ali spezzate. 

«Una volta che hai perso la linea, che la realtà ti ha rubato il potere di eluderla... suppongo non ci sia più nulla da fare. Posso ballare per strada o sui tetti. Posso farmi prendere per pazza, ma non sono più libera e sono incastrata nella realtà. E la realtà è che non posso più ballare» continuò quindi lei.

Al che Taehyung aggrottò le sopracciglia. «E chi ti impedisce di farlo? Anche se perdi l'equilibrio, anche se non sei sul palco di un teatro, tu sei meravigliosa» le disse. Ripensò ai fiori morti che trovava in Corea del Sud. Anche Véronique era uno di loro. 

«No, Taehyung» lo interruppe lei, con gli occhi che gridavano e graffiavano, «ho il fallimento inciso sulla pelle. Nessuno guarda una ballerina che non sa tenere l'equilibrio, che storce la faccia per il dolore». 

«Io la guarderei» rispose lui. La guarderei per sempre, che scivola e sbiadisce tra i fiori, che muore con il tramonto e fa brillare la sua anima di notte, che risorge con l'alba e danza sino allo sfinimento

Véronique gli sorrise. «Sei un caldo abbraccio» gli disse. 

Lo sei anche tu.

Qualche bicchiere dopo Taehyung aveva la gola che bruciava ed il petto pesante. 

Cosa dobbiamo festeggiare?

«Il compleanno del mio migliore amico» disse ad un certo punto, la voce impastata dall'alcol. 

Véronique sollevò lo sguardo, aggrottando le sopracciglia. «Come?»

«Dobbiamo festeggiare il compleanno del mio migliore amico» ripeté, ingoiando un groppo di saliva. 

«Taehyung...» Véronique aveva le labbra rosse ed il viso che brillava, cosparso di brillantini. Taehyung voleva baciarla e dimenticare il motivo per cui erano venuti lì. Voleva dimenticare il dolore e persino il suo stesso nome. «Tae, lui dov'è?»

«Non lo so» Prese un sorso dal suo bicchiere, cominciando a sentire gli occhi pizzicare. 

Véronique non rispose, ma rimase ferma a guardarlo. 

«Mi dispiace di averti trascinato in questa cosa. Io... mi sentivo così solo. Volevo solamente che qualcuno, per una volta, mi dicesse che non sono stato io a sbagliare qualcosa, perché non c'è mai stato nessuno oltre a lui» disse quindi Taehyung. 

Non c'è mai stato nessuno oltre a lui. In migliaia di modi. In migliaia di posti. In migliaia di cose. 

«Patetico! Sono patetico» continuò passandosi una mano tra i capelli. 

Ed il resto fu un mucchio di stralci confusi, tra le dita di Taehyung che stringevano il vestito blu notte di Véronique e le lacrime che bruciavano sul suo viso come fossero state fatte di lava, come se qualcuno lo stesse punendo per aver pensato per un solo attimo di essere senza peccato. Ed ancora, sul sedile posteriore della sua auto tutto quello che riusciva a vedere era una serie di pennellate confuse. Tutto sapeva di sangue e di fallimento. Di pazzia e di solitudine. Taehyung desiderava tanto morire e rinascere dalla sua foresta. 

Voleva rinascere in un fiore e sfiorare i petali di Yoongi fino alla sua morte, sotto il blu ed il rosso del cielo coreano. Sbiadire tra le nuvole ed il cielo, sfiorare il sole con le dita e abbandonarsi al bianco della luna. 

Le mani di Véronique carezzavano la pelle del suo viso, pallide e sottili, mentre anche lei cominciava a piangere di un dolore silenzioso e senza lacrime, senza singhiozzi. «Taehyung, mi senti?» gridava sul suo volto. 

Ma Taehyung non la sentiva più, desiderava che gli strappasse il cuore dal petto e che lo desse in pasto ai leoni. Desiderava che strappasse via i gambi giallastri dei fiori che un tempo vivevano nel suo petto e che lo baciasse per farli ricrescere. E chissà se sarebbero rinati. Chissà se sarebbe riuscito a dimenticare il modo in cui Yoongi e solo Yoongi era riuscito a strangolargli il cuore in quel modo, a strappare via le radici morte e le cimici che gli mangiavano il petto. 

Finiscimi, gridava. Ma nessun suono lasciava le sue labbra schiuse, nessuna supplica rimbombava all'interno della sua auto, se non quelle di Véronique che lo pregava di non abbandonarla. 

«Staremo bene» gli diceva lei sussurrando, lo ripeteva così tante volte che quasi riusciva a convincere se stessa. 

Quando Taehyung fu abbastanza lucido da riuscire a vedere il suo viso, ringraziò il cielo che lei fosse con lui. Se fosse stato solo, se avesse camminato per quelle strade senza lei accanto, se non avesse avuto lei a sorreggerlo, non voleva nemmeno provare ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere. 

«Scusa» riuscì a sussurrare. Scusa, perché ho fatto una promessa al cielo e già desideravo di sbiadire, di cancellarmi

«Scusa io...» iniziò, ma lei lo strinse a sé. Era proprio vero: Véronique era un caldo abbraccio, profumava di lavanda e le sue labbra sulle sue guance bagnate erano morbide persino più della seta. Era un piccolo riparo per il suo corpo stanco, un riparo malandato e fragile, ma pur sempre valido. Taehyung ricambiò il suo abbraccio. «Vivrò un altro giorno» Lo vuole il cielo. Lo faccio per te e per Lisa

Forse, da qualche parte in Corea aveva cominciato a confondersi con la terra e con l'erba. Forse da qualche parte non devo contare più i giorni, perché essi non esistono più, ma qua ho il dovere di essere forte per tutti e tre.

«Dov'eri?» gli chiese Véronique, con il viso sul suo collo. «Non eri con me, eri cieco e sordo, eri prigioniero di un altro mondo».

«Non importa più, Vivì, ora sono con te. Rimarrò con te, va bene?» le disse lui. Aveva ancora la voce roca e sentiva ancora odore di sangue e fallimento, ma sentire Véronique che annuiva sul suo collo lo fece sorridere. La strinse di più a sé. 

Sei felice di vedermi morire un'altra volta? Buon compleanno Yoongi.

*

è stato un parto, ma dopo un altro mese eccomi qua. 

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