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Forte e Fragile- Capitolo 11

Avevo giurato che non mi sarei mai piú innamorata, avevo troppa paura di soffrire di nuovo.
Almeno finché Mario non ha fatto irruzzione nella mia vita. Certo nei suoi confronti non mi sono comportara bene inzialmente, ma devo dire che quel pomeriggio quando me lo trovai davanti mi fece rimanere di sasso inizialmente.
Poi fece quella battuta da due soldi e io risposi in maniera aggressiva, ultimamente ero abituata a comportarmi cosí per autodifesa.
Ma lui non si é scomposto minimamente né si é arreso. Di certo non pensavo che potevamo avere delle cose in comune, delle mancanze affettive che ci hanno segnato nel profondo.

Quello che sto per fare oggi lo faccio per noi, per il nostro amore. Sento che é arrivato il momento.

Trovo mio padre in cucina, intento a farsi un caffé con la Moka.
Mi ripeto mentalmente" Ora o mai piú".

"Senti papà ho bisogno di un favore" esordisco, con voce leggermente roca.

Lui si volta a guardarmi, prestandomi attenzione

"Mi dovresti accompagnare da Aaron, credo che sia arrivato il momento per me di voltare pagina" asserisco.

Mi guarda leggermente perplesso
"Sei sicura tesoro?"

Annuisco decisa, inutile rimandare.

Abbozza un timido sorriso, poi torna a prestare attenzione alla Moka. Il caffé é venuto su, cosi spegne il fuoco e prende due tazzine e lo versa dentro.
Un po' di caffeina può farmi solo bene, lo ringrazio.

Metto un cucchiaino di zucchero e poi mescolo decisa, l'aroma che sprigiona dalla tazzina mi fa sentire bene.
Assaporo il caffé seduta al tavolo, mentre penso a come sarà mettere piede per la prima volta al cimitero da Aaron.

Forse é meglio che avvisi la mia psicologa, cosí finisco di bere e la chiamo.
Taylor risponde al terzo squillo e dopo i convenevoli le dico cosa ho intenzione di fare. É entusiasta della mia decisione e mi incoraggia dicendo che é la cosa giusta da fare.
Sono molto fortunata ad avere lei, mi ha sempre detto che in caso di assoluta necessità averei potuto chiamarla per un consiglio, cosa che il 90% degli psicologhi non fa.

Dopo aver mandato un veloce messaggio a Mario, seguo mio padre fuori dal palazzo e salgo in auto.
Per tutto il tragitto rimango a guardare fuori dal finestrino, mordichiando l'unghia dell'indice, come faccio ogni volta che sono tesa.

Solo quando l'auto si ferma guardo dritto davanti a me: vedere il cimitero mi fa sentire un certo brivido e sento l'ansia salire.
Apro lo sportello e mi incammino pian piano verso l'ingresso, sotto i piedi la ghiaia scricchiola a ogni mio passo.
Il cielo é nuvoloso e grigio, come il mio umore in questo momento.

Vicino all'ingresso c'é un fioraio e decido di comprare qualche fiore, dopodiché procedo verso la tomba.
Tempo fa avevo chiesto alla mamma di Aaron il posto esatto dove era sepolto, cosí non mi é difficile trovarlo.

Davanti alla sua lapide provo un sussulto, vederla mi fa sentire come se un coltello mi trapassasse da parte a parte. Era cosí bello: i capelli leggermente lunghi e ramati gli cadevano sbarazzini sugli occhi di un colore misto tra nocciola e verde. Era sempre sorridente, di un sorriso genuino.

Poso i fiori dentro un vaso e mi siedo davanti a lui.

"Hai visto pucci, alla fine ho trovato il coraggio di venire" mormoro e sento le lacrime pungermi gli occhi, mentre un flash di ricordi mi invade la mente.

"Sai che ho imparato a fare la torta Caprese, quella che ti piaceva tanto. Sognavi di fare il pasticcere e passavi un sacco di tempo ad esercitarti con varie ricette e io ti sfottevo. Preparavi sempre i cannoli per la mia famiglia, perché piacevano tanto a Lara.
Mi manchi e manchi tanto anche ai miei amici. Sai che Luna sta facendo un corso da fotografa, mentre Marco lavora come cameriere. Tony fa ancora il commesso.
Per quando riguarda me: faccio la barista, ho trovato un posto dove lavora anche mia sorella.
Mi sono innamorata, pensavo che non sarebbe piú successo, invece mi sbagliavo di grande.
Si chiama Mario, ma tu lo conosci come Tedua. Ti ricordi? Non amavi tanto la musica Rap, ma per lui avevi fatto un'eccezione, amavi la canzone "Fabricante di Chiavi" la ascoltavi sempre.
Chi l'avrebbe mai detto che lui sarebbe entrato nella mia vita e sarebbe diventato il mio ragazzo. Abbiamo tanto in comune".

Ora la mia voce é rotta dal pianto, attiro le ginocchia al petto e ci affondo il viso, lasciando che le lacrime sgorgano libere.

Non so quanto tempo passa, quando ad un certo punto sento dei passi dietro di me e sento un profumo: non ho bisogno di voltarmi perché so a chi appartiene.
Mario si siede vicino a me e mi attira tra le sue braccia, incurante che posso bagnarli la t-shirt con le lacrime.
Non palra, in questo caso non servono le parole. Si limita ad accarezzarmi la schiena, mentre io affondo il viso nel suo collo.
In questo momento tra le sue braccia mi sento piccola, quasi minuscola.
Mi stringe di piú a sé, come a volermi proteggere e dentro di me qualcosa scatta, una specie di istinto, come una vocina che sussurra al mio cuore e mi dice che lui é il ragazzo giusto, che insieme potremmo costruire il nostro futuro.

Quando finalmente mi sono calmata alzo il viso e incrocio i suoi occhi, vedo che é preoccupato per me.

"Dovevo farlo, era l'unico modo per andare avanti definitivamente. L'ho fatto per noi, per il nostro amore". Sussurro, la voce ancora incrinata dal pianto.

Mi bacia sulla testa

"Sei cosí forte ma anche tanto fragile".

Ha ragione, mi sento proprio cosí.

Si alza e mi aiuta a tirarmi su, do un'ultimo sguardo alla lapide e dico addio ad Aaron.
Mario intreccia la sua mano con la mia e ci incamminiamo verso l'uscita.

Nel parcheggio c'é ancora mio padre ad aspettare, Mario gli fa un cenno e dice

"Grazie signor Bandera, se non le dispiace mi occupo io di Nina".

Mio padre annuisce

"Puoi chiamarmi Claudio, ormai sei di famiglia".

Ringrazio mio padre e salgo in macchina con Mario.

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Seduta in divano sono ancora scossa da quanto é successo, ho bisogno di calmarmi.

Prendo dalla borsa un pacchetto di sigarette, ma quella che tiro fuori é una canna.

Mario mi osserva e mi sento di giustificarmi

"Scusa, ma ho bisogno staccare o impazzisco".

Scrolla le spalle, senza aggiungere niente.

Accendo la canna e aspiro una boccata di fumo, aspetto che l'erba mi aiuti a rilassarmi.

Al terzo tiro comincio a stare bene, sento la tensione abbandonare il mio corpo.

"Avevo giurato che non mi sarei piú innamorata, non volevo piú soffrire. Cosí mi sono costruita un muro, fatto di straffotenza e agressività, pur di tenere i ragazzi lontani.
Ma quando ti ho conosciuto, qualcosa é cambiato: siamo cosí simili, con cicatrici provenienti dal passato.
Una piccola parte di me ha paura di perderti, perché la vita non é stata facile. Ma ti amo e questo sentimento va oltre a tutto".

Dirlo mi fa sentire piú leggera, perché sto imparando che devo esprimere le mie emozioni.

Mario si avvicina a me e prende la canna, alzo un sopracciglio mentre se la porta alle labbra per fumare a sua volta. Sbuffa una nuvola di fumo e dichiara

"Nina sei l'unica ragazza che mi capisce veramente. La mia vita non é stata semplice. Tu mi vedi per come sono veramente, non come Tedua, ma come Mario, un ragazzo di 29 anni, che ha sofferto per la malattia della madre, che non ha mai conosciuto suo padre, che si é trovato a passare da una famiglia affidataria all'altra.
Quando ti guardo mi specchio nei tuoi occhi, vedo me stesso riflesso.
Ti amo Nina, anche se non te lo dico spesso, perché io le cose preferisco dimostrarle".

Fa un'altro tiro prima di riconsegnarmela, finisco la canna e la spengo nel posacenere.

Mario mi bacia: un misto di sapore tra erba e menta si mescola, mentre le nostre lingue si cercano, in una rincorsa senza tempo. Ci baciamo con passione, assaporandoci a vicenda, scavandoci nell'anima. Infilo la mano nei suoi capelli, ho bisogno di lui come si ha bisogno dell'ossigeno, perché grazie a lui sono tornata a vivere dopo tanto tempo.

Ci stacchiamo dopo diversi minuti per riprendere fiato, sento le mie labbra gonfie per il bacio.

"Tu sei il mio angelo in questo inferno,
Il mio amore, quello vero, quello raro, quello eterno".

Pronuncio queste parole con il cuore, lui é il mio salvatore che mi spalanca le porte del paradiso dopo tanto dolore.

Mi posa un dito al centro del labbro, colpito da queste mie parole

"Sei la mia salvezza da una vita di casini".

I suoi occhi brillano mentre dice ciò e un'attimo dopo riprendiamo a baciarci con trasporto.

Ho lasciato una fetta del mio passato alle spalle, vorrei solo poter parlare con mia madre e sciogliere alcuni dubbi, poi mi sentirei davvero libera di pensare al futuro.


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