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17. Fare pace

Pansy si sedette sul tavolo in cucina e, dondolando le gambe, guardò fuori dalla finestra aperta. Era notte e non riusciva a dormire. Aveva accompagnato Theo a casa e lui aveva pianto sulla sua spalla parlandole di Amelia. Lei era rimasta molto sconvolta dal fatto che lui fosse un mago.
Pansy gli aveva accarezzato la testa e promesso che l'avrebbe aiutato. Stava veramente male. Aveva aspettato che si addormentasse e poi era tornata a casa. Però ora...
Le mancava Blaise. Non riusciva a dormire. Non dopo che si erano lasciati così. Perché doveva sempre pensare che lei non sarebbe stata capace?
Perché hai combinato un casino al San Mungo, ecco perché! Stupida. Stupida.
Voleva parlargli. Beh, più che parlargli... Voleva stare con lui. Sospirò rumorosamente. Si strinse addosso la vestaglia e scese dal tavolo per andare verso la finestra.
Poteva andare da lui? Dopo essere scappata via così? Sospirò. E se lui fosse stato già con un'altra? Si morse il labbro guardando la luna. Si avvicinò per chiudere la finestra. Prima di chiudere i vetri, guardò l'ultima volta il cielo.
Certo che la luna era così bella. Era quasi piena. Sentì un cane ululare. O era un lupo mannaro? Era un ululato straziante, denso di disperazione e tristezza. Un po' come si sentiva lei in quel momento. Sospirò ancora.
Il rumore inconfondibile dello sbattere d'ali attirò la sua attenzione. Un gufo? A quell'ora di notte? Qualcuno stava male? Mamma! O papà! Non Daphne!
Poi il gufo si avvicinò e lei notò con curiosità di non conoscerlo. Veniva da lei? O andava da qualcuno dei suoi vicini? Appoggiò un braccio alla finestra e posò il viso sulla mano. Guardò il volo dell'incrollabile gufo fino a quando la raggiunse.
Era grosso. E un bell'esemplare. Tutto bianco. Un allocco. Un allocco degli urali. Non ne vedeva uno da un po'. Uno dei dottori andati in pensione l'anno prima aveva un allocco degli urali. Era un appassionato, le aveva spiegato tantissime cose su quel tipo di rapace.
Lo osservò posarsi sulla sua finestra. Si avvicinò e le tese una zampina. Una pergamena era arrotolata con un nastrino nero. La prese.
L'allocco volò poco più in là. Fuori dalla finestra, come se aspettasse una risposta. Srotolò la pergamena e sorrise.

Non riesco a dormire. Tu sei sveglia?

Non era firmato. Non c'era bisogno. Blaise. Si avvicinò allo scrittoio e intinse una piuma nell'inchiostro.
Era un'offerta di pace. Doveva esserlo per forza. E lei doveva accettarla. Osò. Il cuore le batteva a mille mentre scriveva.

Sono sveglia. Neanche io riesco a dormire. Mi manchi.

Chiamò l'allocco e gli legò la pergamena alla zampa.
"Aspetta" gli disse, accarezzandogli il capo. Prese un biscotto per gufi e glielo allungò. Lui bubulò e volò via.
E lei aspettò. Aspettò. Quanto ci avrebbe messo il rapace a tornare da lei? Camminò avanti e indietro, un po' nervosamente.
Cosa le avrebbe risposto? E se si fosse addormentato e lei fosse rimasta lì ad aspettare una risposta fino... Per sempre? Si agitò. Non doveva scriverlo. Non doveva. Non doveva. Forse avrebbe fatto meglio a chiudere la finestra e tornare a letto. Alzò le mani per accostare i vetri quando un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare.

"Merlino! Scusami."
Blaise si era materializzato in soggiorno e l'aveva vista dalla porta aperta, ma aveva dato un calcio al divano mentre la raggiungeva.
Lei lo guardò sorpresa. Aveva fatto male a venire? Ma no, aveva fatto bene. E si era anche vestito. Aveva perso tantissimo tempo, dopo aver letto la sua pergamena.

Pansy osservava Blaise vicino al divano. Era venuto da lei. Perché gli aveva detto che le mancava. Che carino.
Lo osservò meglio mentre si avvicinava a lui. Aveva i jeans abbottonati, ma la cintura penzolava aperta e la sua maglietta era al contrario, infatti riusciva a vedere le cuciture. Sorrise. Si era vestito velocemente.
"Immagino di non dover aspettare il tuo allocco..." Anche lui sorrise.
"No. Sono venuto di persona."
Forse avrebbe dovuto scusarsi. Per come era scappata fuori dal locale. Dovevano parlare. Mentre camminava, la sua vestaglia si aprì e lo sguardo di lui cadde sul suo abbigliamento notturno. Sorrise famelico. Lei rise.

Blaise si leccò le labbra. Pansy aveva addosso una canottiera che le arrivava appena a metà coscia e sotto cui non aveva il reggiseno. Ed era sottilissima. Riusciva a vederle...
Quando si chiuse la vestaglia brontolò. Ma sorrise quando fu davanti a lui e gli tolse la maglietta. Lui era stato bravo, aveva alzato le braccia per collaborare, nonostante lei fosse più bassa. Ma quando la vide girare la maglietta sul verso buono e rinfilargliela, imprecò.
"No!" Lei sorrise.
"Sì. Stavolta non mi freghi."
Brontolò ancora, quando gli chiuse la cintura dei pantaloni. Poi lo tirò verso il divano e lo fece sedere.
"Penso di dovermi scusare per essere scappata così... Ma Theo..." Giusto. Theo. Scosse il capo.
"Non che mi interessi più di tanto, però... Theo come sta?" Pansy sorrise per la sua domanda.
"Theo sta benino. L'ho lasciato quando si è addormentato."
Addormentato? Erano insieme a letto? Nello stesso letto? Si passò una mano fra i capelli e si alzò.
"Tutto bene?" gli chiese lei. Sì, sì. Annuì. Si alzò anche lei.
"Ti dà fastidio Theo?" Gli appoggiò una mano sul braccio. No. Sì. Quella sera avrebbe voluto vederlo cruciato. Alzò una spalla.
"Io e Theo siamo amici. Ci frequentiamo da tantissimo tempo. Ci sono cose che ho detto a lui e non a Daphne. Per me è importante. Ma, appunto, è un amico..." Nonostante tutto, capiva quello che intendeva. "Io non ci vado a letto".

Pansy vide Blaise annuire sorridendo.
"E non perché sono un disastro" disse in un sussurro.
"No. Non sei un disastro". Le prese la mano e tornò a sedersi sul divano, tirandosela sulle gambe. La sua mano le accarezzò il viso.
"Non mi piacciono gli ordini. Non voglio che tu me li dia."
Blaise spalancò gli occhi. "Non l'ho mai fatto!" La strega alzò un sopracciglio.
"E invece sì. Forse neanche te ne accorgi..."
"E quand'è che ti ho dato ordini?"
"Quando volevi venire con me da Theo o quando hai detto che non potevo venire al San Mungo a prendere Harris con voi."
"Beh, non mi sembra tu mi abbia ubbidito, comunque. Nessuna delle due volte."
"Con Harris ho combinato un casino, hai ragione, ma con Theo..."
"Casino? Tu? No, perché? Sei stata bravissima. Sono io che ho rovinato tutto. Se non fossi entrato così all'improvviso... È che non immaginavo che dentro l'ufficio ci fossi tu. Quando lui ti ha preso e voleva smaterializzarsi, mi sono spaventato. Ho avuto paura che..." Non riuscì a finire la frase.
Come? "Ma non ce l'hai con me perché non ho fatto quello che hai detto?" Il suo sguardo confuso era bellissimo e continuò. "Beh... io so che non dovevo, che avrei dovuto lasciare a voi Auror quella cosa lì... Ma volevo parlare con Harris, avevo bisogno di sapere cosa aveva fatto ai miei pazienti, dovevo controllare..." Si agitò un po' sulle sue gambe e lui, per farla calmare, le mise una mano sulla coscia.

Ok. Basta. "Ho capito perché sei andata da Harris. Quello che non ho capito... Non sei arrabbiata con me per averti messo in pericolo?" Lei corrugò la fronte.
"Io mi sono messa in pericolo. Lo sapevo che non sarei stata all'altezza della situa..."
"La moglie di Potter mi ha detto che ti ha insegnato degli incantesimi."
Pansy annuì. "Non potevo mica affrontarlo senza sapere niente di niente!" Blaise sorrise. La sua Pansy.
"Ok, allora basta parlare. La prossima volta che ci sarà un problema, studieremo il modo per risolverlo insieme, ok?"

Pansy sentì la mano di Blaise farle scivolare la vestaglia giù dalla gamba e osservò la sua coscia scoperta sorridendo. Quando lui scivolò sotto l'orlo della camicia da notte con le dita, si morse il labbro. Quando la sua mano le accarezzò la coscia fino alla sua fine emise un'esclamazione divertita e sorpresa. Sorrise.
Aveva appena scoperto che non indossava biancheria. Il suono gutturale che emise le diede un brivido.
"Ora, ragazzina, sei nei guai."
Pansy rise. Con un gesto calcolato lui la fece stendere sul divano e la baciò.

***

Un rumore svegliò Pansy. Non capì subito cosa fosse, così si guardò intorno.
Era nella sua camera da letto. Di fianco a lei Blaise dormiva e teneva una mano sul suo ventre. Si mise a sedere, spostandogli la mano. Lui brontolò nel sonno.
Ancora quel rumore. Realizzò cosa fosse quando vide il gufo che beccava contro la finestra chiusa. Malvolentieri si alzò. Cercò la camicia da notte, ma doveva essere rimasta sul divano.
Chi le scriveva? Era notte fonda e Blaise era lì con lei.
Era notte fonda. Era successo qualcosa di grave? Cercò di calmarsi. L'aveva pensato anche prima. Andò vicino alla finestra e l'aprì.
Riconobbe il gufo della madre. Per Salazar! Sua madre! Doveva essere successo qualcosa per forza. Prese la pergamena e il gufo volò via. Oh, non voleva una risposta. Bene.
La lesse e imprecò. Coloritamente e ad alta voce.

Blaise si svegliò nel momento che Pansy apriva la finestra. Vide il gufo andare via e lei prendere una pergamena. La lesse mentre camminava verso il letto e si fermò quando arrivò in fondo. La sentì borbottare qualcosa.
"Che succede? Brutte notizie?" I suoi occhi si sbarrarono.
"Mia madre sta venendo qui!" Come? Cosa? In quel momento?
"Adesso?" Lei annuì.
"Dov'è la mia vestaglia?"
"Sul divano."
Annuì ancora e uscì dalla stanza.

Pansy si diresse velocemente in soggiorno. Sua madre stava arrivando! Santo Merlino! Non era mai successo che le mandasse un gufo per annunciare una sua visita. Beh, non era mai successo neanche che si presentasse senza avvisare con largo anticipo. O che venisse di notte.
Ok, era confusa. Raccolse la vestaglia sul divano e la indossò stringendo la cintura. Quando si girò per raccogliere la camicia da notte, sua madre si materializzò di fronte a lei.
"Pansy..." La sua voce era un po' incerta.
"Mamma. Che è successo?" Raccolse anche i vestiti di Blaise. Sua madre osservò i suoi gesti e la sua bocca divenne una linea diritta.
"Non sei sola?"
"No."
"Puoi mandarlo via?" disse, guardando i jeans di Blaise un po' pensierosa. Cosa faceva? Valutava la sua taglia?
"No."
"È una cosa di famiglia."
Le passò davanti per raggiungere la camera da letto. Quando arrivò davanti alla porta questa si aprì e Blaise le prese i vestiti di mano. Sospirò e tornò da sua madre, che aveva osservato ogni sua mossa con una faccia critica.
Che bella novità, mamma.
"È casa mia."
"Si tratta di tuo padre."
"Che è successo a papà?" Si spaventò.
Sentì la porta della camera alle sue spalle aprirsi e Blaise salutare sua madre prima di fermarsi dietro di lei. La faccia di sua madre era impagabile. Ma non era il momento.
"Cos'è successo a papà?" chiese ancora, avvicinandosi alla donna.
"Devi venire a casa. Subito. Lui... Non sta bene..." Si voltò velocemente. Pansy annuì.
"Mi vesto". E corse in camera.

Blaise rimase lì in piedi e un po' imbarazzato. La cara Lilian lo aveva riconosciuto? Non era sicuro. Alla Gringott era stata tutto un profuso di sorrisi e complimenti. Ora... Sperò che fosse solo preoccupata per il marito. Che cosa orribile aveva pensato! Lei era preoccupata e lui pensava solo a se lo avesse riconosciuto o meno.
"Buonasera."
Lei si voltò. Sì, l'aveva riconosciuto. Ma non era contenta. Borbottò qualcosa in risposta. Poi lo guardò negli occhi.
"Lei non ha una casa dove dormire?" Oh, Merlino.
"Mamma!" strillò Pansy dalla camera. Sorrise, ma si passò nervosamente una mano fra i capelli. Fece dietro front e tornò in camera da Pansy.
"Pansy..." Lei si stava pettinando velocemente davanti allo specchio. Raccolse alcune cose dal comodino e si girò verso di lui.
"Scusa, Blaise. Mia madre quando è preoccupata è un po' scortese... No, a dir la verità lo è sempre. Ma non è colpa tua". Lui scosse la testa. Doveva andare a casa?
"Se vuoi me ne vado..." Aveva sentito quando lei aveva detto alla madre che non lo avrebbe mandato via. Ma poteva averlo fatto solo per presa di posizione. Il suo sguardo si adombrò un attimo.
"Sì, ok. Vai pure a casa. Non c'è bisogno..." Abbassò lo sguardo e si incamminò verso la porta. La bloccò per un braccio.
"Dimmi cosa vuoi tu."
"Io?"
"Sì. Se vuoi che venga con voi, verrò. Se hai contraddetto tua madre per dispetto e ora hai cambiato idea, me ne vado. Dimmi tu."
"Ti direi di venire con noi. Ma non ti voglio così male". Cercò di sorridere. Blaise annuì.
"Vengo con voi, allora."
Pansy aprì la porta di quello che sembrava un armadio e prese una borsa da medico.
"A tuo rischio e pericolo." E tornarono in salotto dalla madre.

"Dov'è?" chiese Pansy alla madre.
"A casa. L'ha portato Okklely poco tempo fa. Lui... Devi vederlo" disse la strega, scuotendo la testa.
La ragazza annuì. "Andiamo".
Sua madre guardò i suoi vestiti. Ma non disse niente. Per comodità aveva infilato un paio di jeans e un maglioncino. Ma sapeva che neanche se avesse messo un vestito d'alta moda sarebbe andato bene comunque.
"Lui viene con noi?" Sua madre squadrò Blaise come se fosse stato un Doxy su una tenda ammuffita.
"Sì, mamma". Sentì la mano del ragazzo posarsi sulla sua spalla.
"Non vi darò fastidio. E non dirò niente a nessuno."
Pansy prese la borsa.
"Oh, non preoccuparti. Mia madre pensa che tu sia una persona molto discreta."

Blaise non capì bene cosa intendesse Pansy, ma sembrava un'altra frecciatina per sua madre, che fece un'altra smorfia, così stette zitto.
Lei lo prese a braccetto e tutti e tre si materializzarono a casa dei genitori di Pansy. Nell'ingresso, iniziarono a salire la scala. Quando entrarono nella camera dei genitori di Pansy, suo padre giaceva a letto, incosciente. Il suo viso e una gamba, le uniche parti non coperte dal lenzuolo, erano rosse come il fuoco e coperte di pustole giallognole. Era veramente impressionante.
"Merlino!" Sentì esclamare Pansy alla sua destra.

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