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13. Il finto dottore

"No, non è la maledizione che ha colpito Potter. È solo morte apparente. Basta la pozione stimolante. Si sveglierà entro poche ore."
Pansy mise via la bacchetta, si alzò dal letto di Denys e guardò Blaise.
"Non lo portiamo al San Mungo?"
"Non c'è bisogno. Ho detto a Ginny di dire ad April di venire qui, stasera."
Blaise alzò un sopracciglio.
"Ginny?" Pansy arrossì.
"Mi ha detto lei di chiamarla per nome. Oggi abbiamo chiacchierato..."

Blaise si fece più attento. Di cosa avevano parlato? Mica di Goldstein, vero?
"Di cosa avete parlato?" Pansy arrossì. Oh, Merlino! No. No.
"Chissà se la Granger è riuscita a capire cosa c'è nel calderone..." rispose lei scappando via.
Blaise si passò una mano fra i capelli. No. Lei lo aveva abbracciato quando era tornato dalla missione, era contenta di vederlo. Non pensava a Goldstein. No, no. Ma si infilò le mani in tasca e si avviò verso l'altra stanza, ciondolando nervosamente.

***

"Io vengo con voi!"
Pansy si era alzata in piedi, agitata. Erano nell'ufficio di Shacklebolt, il Ministro della magia. Blaise e la Granger stavano spiegando cosa avevano trovato in casa di Denys.
Un calderone di pozione Polisucco (e va beh, era abbastanza scontato, alla fine. Ci sarebbe arrivata persino lei e senza bisogno di analisi), più qualche boccetta di distillato di Morte Vivente (e anche lì, era normale, no? Denys era in quello stato...), ma avevano dovuto fare rapporto. Avevano poi scoperto che il mago che avevano portato al ministero, quello che segregava Denys, era il figlio illegittimo di un mangiamorte arrestato anni prima, da cui aveva imparato l'attacco che aveva scagliato a Potter. Voleva vendicare il padre che ora era ad Azkaban a vita. E chi era suo padre? Era Dolohov. E per forza! La sua maledizione era una variante di quella creata da Dolohov! Ma ci voleva un indagine per arrivarci? Davvero?
Pansy sbuffò quando dissero che dovevano organizzare la cattura di Harris. Organizzare? Ma non bastava andare al San Mungo e schiantarlo? Santo Salazar, come la facevano difficile! Rapporti qua, indagini là, prove su e sospetti giù. Era così e basta. Harris aveva preso il posto di Denys al San Mungo, solo Salazar sapeva cosa combinava con i pazienti, e loro volevano aspettare di organizzare un piano?
Le prudevano le mani, ma stavolta per altri motivi. Si sentiva arrabbiatissima. Soprattutto quando Blaise le aveva detto che lei non sarebbe potuta andare con loro. Ma come? Lei sapeva ogni cosa sul San Mungo, conosceva i posti in lungo e in largo e conosceva tutte le persone che ci lavoravano. Come si permettevano di lasciarla fuori? Harris non solo aveva rapito Denys, ma aveva lanciato a lei un incantesimo Oblivion e aveva tentato di rovinarle la reputazione in ospedale! Possibile che non capissero? Aveva bisogno di vederlo faccia a faccia.
Merlino, avrebbe voluto schiantarlo o lanciargli una maledizione. Era stata buona e paziente e aveva fatto tutto quello che avevano detto. Ma ora...
"Vieni con me."
Blaise la prese per mano e la condusse fuori dall'ufficio del Ministro, nel piccolo corridoio cieco.

Blaise doveva riuscire a far capire a Pansy che non era una sciocchezza. Non bastava andare in ospedale e dire a Harris: 'Ciao, sappiamo che non sei il vero dottore. Vieni con noi al Ministero'.
"Ascolta" le disse, prendendole le spalle. "Non puoi venire. So che sei arrabbiata ed è giusto, ma potresti fare qualcosa di pericoloso, per te o per gli altri. Potrebbe finire male. Potrai parlare con lui, te lo prometto, ma qui. Al sicuro. OK?"
Non voleva assolutamente che lei potesse farsi male. Merlino l'aveva appena ritrovata! E se Harris le avesse lanciato una maledizione? Cosa avrebbe fatto, lui?

Certo! Lei, poverina, non era capace di fare niente, eh? Era convinto che fosse un'inetta? Mettere in pericolo gli altri? Ma quando mai.
"Non metterò in pericolo nessuno. Voglio solo esserci. Voglio sentire cosa dice, come reagisce."
Merlino voleva vederlo tremare al pensiero di essere stato scoperto. Quel viscido essere immondo! Era peggio di un Troll.
"No". Blaise scosse la testa per rafforzare il divieto.
"Fammi parlare con la Granger, o con Shacklebolt..." Blaise scosse ancora il capo.
"Con loro ho parlato io. Pensiamo tutti che non sia il caso che..."
"Ho capito: non mi volete."
"Non è che non ti vogliamo..." Pansy si arrabbiò ancora di più. In quel momento il moro sembrava lei quando aveva dei piccoli pazienti che non volevano farsi curare e doveva convincerli con parole gentili. Ma lei non aveva cinque anni.
"Ho capito. Dimmi almeno quando sarà."
"Perché?"
"Così smetterò di preoccuparmi". Lui sorrise e Pansy si sentì quasi male per la menzogna.
"Penso stasera. Appena sarà pronto tutto."
"Posso andare da Denys, almeno?" Lui si adombrò un po', ma poi annuì.
"Penso non ci siano problemi."
Perfetto. Non aveva specificato quale 'Denys'.
Quando tornarono dentro l'ufficio, il Ministro alzò gli occhi su di loro. Vide Blaise annuire. Bene. Aveva acquietato il cagnolino. Bravo Blaise.
"Ti ha spiegato il tuo fidanzato i motivi per cui è meglio se..."
"Lui non è il mio fidanzato". Pansy interruppe il Ministro. Al diavolo tutto. Non si voltò verso Blaise perché sapeva che non avrebbe retto il suo sguardo.
Il Ministro annuì e lei disse: "Mi ha spiegato tutto, comunque".

***

"Ciao, April."
Pansy si sedette vicino all'amica che vegliava Denys ancora sotto pozione. Ci sarebbe voluto ancora un po', prima che si riprendesse.
"Pansy! Non pensavo venissi qui. È una... sorpresa?" Pansy guardò il collega ancora steso a letto.
"Sono venuta a chiederti un favore. Per me. Ma anche per lui" disse, indicando il letto.
"Certo. Cosa posso fare?" Lei gli allungò un piccolo bastone di legno"
"Ma questa è..."
"No. Ma se ci sei cascata anche tu, vuol dire che è fatta bene".
April annuì. L'avrebbe aiutata.
"Dimmi cosa devo fare."

***

"Denys."
L'uomo si voltò, sorpreso. Era appena entrato nell'ufficio della dottoressa Parkinson, non si aspettava nessuno. Ma invece, sul divano, quello su cui aveva dormito gli ultimi sei giorni, era seduta proprio lei.
La ragazza si alzò quando lo chiamò. Aveva la bacchetta in mano, ci giocherellava, ma non fece nessun incantesimo.
"Pansy. Come stai? Non dovresti essere qui, lo sai, con quello che è successo..."
"Sai, Denys, io non mi ricordo cos'è successo. Non è che potresti spiegarmelo? Perché lo psicomago dice che ricordare mi sarebbe utile. Sai, capire gli errori, e quelle menate lì..." Fece girare la bacchetta come un bambino che giocava con la sua prima scopa.
"Io l'ho detto, allo psicomago, che non è stata colpa tua, che facciamo turni assurdi e la stanchezza a volte ti porta a fare errori stupidi. A volte gravi. Ma stupidi. Gliel'ho detto, che non dovrebbero toglierti il lavoro, ma non so se li ho convinti. Loro sono così... fiscali, con queste cose... Però dai, al massimo, se non potrai più fare il medimago, potrai pensare ad altro, a sposarti, magari, e avere dei bambini. Non hai detto che ti piacciono i bambini?"

Pansy strinse la bacchetta. Forte. Le sue nocche divennero bianche per lo sforzo, ma lei non lo notò. Dovette fare uno sforzo tremendo per non schiantarlo. Aveva bisogno di chiedergli ancora qualcosa. Ma non sapeva come fare. Non era troppo preparata per una cosa del genere. In quel momento se rese conto di non sapere troppe cose. Da quanto tempo lui aveva preso il posto di Denys? Lei ci aveva pensato, il giorno prima, e cercava di capire quale poteva essere un momento in cui lui gli era sembrato diverso. Ma non ci era riuscita. Aveva pensato anche di chiederlo alla contessa Helena del quadro, ma sapeva che spesso i quadri avevano le idee confuse per quanto riguardava lo scorrere del tempo.
In quel momento, mentre ascoltava il dottore parlare, notò che la sua voce era un po' diversa. Ma i giorni che lavorava, come diceva il mago davanti a lei, facevano turni assurdi, dormivano poco e a volte le cose sfuggivano. Si ricordò di quando lei aveva dovuto far ripetere a Potter il colore della maledizione. O del fatto che non si ricordasse di preciso quale delle due fosse. Per quello avrebbe dovuto parlare con il direttore del San Mungo. Presto lo avrebbe fatto. I turni andavano ridotti.

"Hai ragione. Forse è il caso che pensi a sposarmi. Così farò anche contento mio padre..."
L'uomo annuì. Sperò di fare presto e di mandarla via. Era meglio non attirare l'attenzione, se qualcuno l'avesse vista lì al San Mungo, magari avrebbero iniziato a fare domande e non era il caso.
Doveva aspettare solo altri due giorni e Potter sarebbe morto. Due giorni in quel posto orrendo e poi avrebbe potuto andarsene. Il figlio di Dolohov gli aveva promesso del denaro, tanto denaro. Avrebbe potuto vivere senza più lavorare, in un bel posto sperduto da qualche parte.
Già gustava il sapore del dolce far niente, altro che luridi folletti che controllano ogni singolo zellino che usciva dalle camere blindate. Se una camera blindata non ha eredi non è più di nessuno, no? E invece no. Aveva dovuto lottare contro quel folletto impiccione e l'aveva dovuto sistemare in una delle cantine. Era stato bravo con gli incantesimi, quella volta. Sospirò. Se solo Potter si fosse sbrigato a passare all'altro mondo! Doveva per forza essere giovane e così in salute?
Doveva mandare via la dottoressa. Ma in quell'ufficio, come in tutti gli ambulatori e gli uffici dei dottori, non ci si poteva smaterializzare, così le propose: "Tuo padre sarà contento, sì, e magari smetterà di crearti casini alla Gringott. Che dici adesso di andare a casa? Magari ti fai un bel bagno..." Lei sorrise.

"Non ho mai raccontato a Denys di mio padre, Harris."
Quando lui capì quello che intendeva, la sua faccia fece una smorfia così strana che Pansy quasi rise. Ma non c'era niente da ridere. Pansy alzò la bacchetta e incantò la porta. Poi continuò. "So che mi hai lanciato un Oblivion. Ma non è una cosa un po'... vile, Harris? E poi per cosa? Per uccidere una persona? Una sola persona? Tutto questo casino per Potter?" Lui spalancò gli occhi.
"Potter ha fatto rinchiudere i mangiamorte!" Lei annuì.
"È vero. Persone che agivano illecitamente per scopi personali. Non è la cosa giusta?" Lui alzò le spalle.
"Non mi interessa di Potter o dei mangiamorte. Carter ha denaro a sufficienza da farmi vivere da nobile purosangue per tutta la vita. Non dovrò più lavorare. Stare a contatto con i folletti, o con gente come te, ricca e viziata. E lui voleva Potter morto. L'ho solo aiutato. Uno scambio di favori. E ormai sarà morto. Ricordi? Otto giorni al massimo."
"Chi è Carter?" chiese ancora lei. Doveva essere l'altro mago, il figlio illegittimo. Oppure un altro ancora.
"Il figlio di Dolohov. Pensavi che non sapessi che Potter fosse stato colpito da una maledizione discendente da quella di Dolohov? Tu lì che controllavi e tastavi, con la bacchetta lo visitavi e gli facevi tutte quelle domande. Io lo sapevo già. Fuori non si vede niente: i danni sono tutti all'interno!" Rise nervosamente e prese la fiaschetta da cui beveva. Diceva che doveva idratarsi, ma adesso Pansy sapeva cosa c'era dentro: la pozione polisucco!
Ecco da quanto tempo era stato sostituito, da quando aveva iniziato a 'idratarsi' così spesso. Merlino, e quando aveva iniziato?
"Pozione polisucco, eh? Ci vuole quasi un mese per prepararla. Chissà come dev'essere stato difficile aspettare tutto quel tempo prima di poter agire, vero?"
"Non abbiamo aspettato la pozione, piccola idiota. Abbiamo aspettato il momento giusto per colpire Potter. La pozione era già pronta."
Pansy sorrise: era quello che voleva sapere.
"Quindi sei diventato Denys solo una settimana fa? Quando Potter è stato attaccato? Al momento giusto?"
"Già. Non sei proprio sveglia, vero? Forse ha ragione tuo padre, che dice che dovresti sposarti. E farti guidare da un uomo..." Pansy strinse i denti e alzò la bacchetta.
Quando lui alzò quella del dottor Denys, lei rise, perché non ne uscì nessun incantesimo. Lui guardò la bacchetta, sorpreso. "È una copia innocua. Te l'ho fatta sostituire prima di venire qui. Sembra che un bel paio di gambe ti facciano perdere la ragione come a me la mancanza di sonno. Ora chi è quello poco sveglio?"
Comunque lei aveva finito. Voleva solo sapere da quanto tempo fingeva di fare il dottore. Avrebbe dovuto controllare tutti i pazienti che aveva visitato, gli incantesimi che aveva fatto e le pozioni che aveva prescritto. Per il resto... Poteva lasciarlo agli Auror.
"È stato un piacere, Harris."
Ma mentre si incamminava verso la porta, questa venne spalancata e lei si trovò di fronte Blaise con la bacchetta in mano. Merlino! Ci aveva messo troppo tempo?

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