Settimo Capitolo
Lucian venne da noi una mattina, in uno stato decisamente esagitato e nervoso. Temevo che i lupi avessero scoperto qualcosa del modo in cui aveva aiutati e del fatto che stessi dando qualche goccia del mio sangue a Derek ogni giorno, rimettendolo in sesto. Tuttavia, quando entrò da solo, chiudendosi la porta alle spalle con circospezione, capii che il motivo doveva essere un altro. - Che succede? - gli chiesi - è successo qualcosa? Ci hanno scoperti? -
Anche Derek si era messo sull'attenti, pronto all'azione, a combattere se necessario, ma Lucian scosse la testa. - Per il momento continuano a non sospettare nulla - infilò una mano nella tasca dei jeans scuri e tirò fuori un foglio di carta, piegata su se stesso più volte - ho recuperato questo per ordine della Signora Blanca. È stata lei a scrivergli, perché si conoscono. Un tempo i loro rapporti erano migliori, non si adoravano, certo, ma si sopportavano e avevano un rispetto reciproco non indifferente. La Signora Blanca mi ha chiesto di provare a fare un tentativo, in onore del passato, e lui, sorprendentemente ha risposto. -
-Di chi stai parlando? - gli chiese Derek, dando voce alla domanda che frullava anche nella mia testa.
Lucian prese fiato, porgendomi quel biglietto. La mano che lo stringeva tremava. - Caliba Felton. -
Sia io che Derek lo guardammo sconvolti, a bocca aperta. Entrambi eravamo profondamente legati a Caliba, lo vedevamo un po' come una seconda figura paterna, e sentirlo nominare, dopo tutto quello che era successo, ci strinse il cuore. Entrambi lo avevamo deluso: Derek venendo meno al suo dovere e disobbedendo ai suoi ordini, io scappando senza dire nulla, consegnandomi al più grande nemico e così tradendoli tutti. Sia io che lui avevamo commesso degli errori, ma Caliba non ci aveva dimenticati.
-È l'Antico a capo della tua casata, giusto? - mi chiese Lucian - ho avuto il piacere di conoscerlo per consegnargli il messaggio e per ricevere la risposta. Mi ha spaventato a morte. Ho tenuto che volesse tagliarmi la testa, ma tuo fratello mi ha difeso. Ha detto che sono un tuo amico. Così eccomi qui. -
Senza potere più aspettare, presa dall'ansia e dalla voglia di sapere e mi sedetti, cominciando immediatamente a leggere dopo aver dispiegato quel foglio di carta che Caliba aveva tenuto tra le dita.
"Cara Tamara e/o caro Derek,
Non so chi di voi due stia leggendo questa lettera, perciò mi rivolgerò a entrambi. In fondo, se provo a immaginarvi, riesco a vedervi soltanto insieme, uniti più che mai, a sostenervi e proteggervi a vicenda, come farete sempre. Il vostro amore è un dono, una conquista, perciò non permettete più a nessuno di dirvi il contrario. Custoditelo gelosamente, perché è grande. Grande come l'amore che nutro per entrambi. E per questo, sappiate che non vi ho dimenticati. Sto lavorando senza sosta alla vostra liberazione, preparando la più grande offensiva che sia mai stata costruita dall' Esercito di un Antico. Sto raccogliendo alleati da ogni dove: Catherine, l'Antica che supervisiona sull'Africa, è dalla mia parte, così come la sua guardia; tuo padre, Derek, ha schierato i suoi migliori uomini per salvarti; i vecchi uomini di Tiberio, che ora rispondono a Chris, sono dalla nostra parte. Non possiamo fidarci di lui, ma la nostra alleanza è fondamentale per vincere. Il desiderio di averti è più forte e perciò non permetterà che tu muoia. Penseremo dopo alle conseguenze future. Sappi, mia dolce Tamara, che stiamo lavorando a una tregua, tentando di trovare un accordo: so che la giovane Bessie, tua migliore amica, è ancora viva, e la sua liberazione sancirà la nostra alleanza. Ci prenderemo cura di lei finché tu non potrai rivederla, perciò sappi che, appena Chris l'avrà portata da noi, sarà in buone mani. In cambio, Chris ha voluto anticipare la sua elezione ad Antico e noi gliela abbiamo concessa, limitando però almeno per il momento il suo raggio d'azione. Non possiamo fare di più per il momento, dal momento che non possiamo neppure accusarlo di averti rapita, visto che ti sei concessa a lui spontaneamente. Sicuramente ha un secondo fine e sta tramando qualcosa nell'ombra, ma il pericolo più grande è rappresentato attualmente dai lupi. Perciò sono loro la minaccia da combattere adesso. Spero vivamente che non si arrivi a una vera guerra, anche se le voci sul suo arrivo imminente circolano già da parecchio tempo. Troppe persone moriranno e io spero ancora di poter giungere alla tanto agognata pace. Se Chris non avesse posto come condizione la sua imminente ascesa, avrei continuato la mia battaglia al Consiglio, il cui scopo era la cessione totale di tutto il sud America ai lupi, rendendolo un territorio vietato completamente ai vampiri, tranne ai nostri funzionari, per il mantenimento della pace. Tuttavia tutto questo è saltato e non sappiamo più cosa ci riserverà il futuro. Quale chiave potremo usare per porre fine a tutto questo. Di certo, anche quando vi avremo liberati, il loro scontento non sarà sparito e perciò la situazione non si sarà risolta. Avremo vinto la battaglia ma non la guerra. Tutto ciò andrà avanti ancora per molto. Comunque, il mio primo obiettivo, resta liberarvi. Continuata allora a non arrendervi, Lucian mi terrà aggiornato su ogni cosa. E io, ogni volta che potrò, farò altrettanto. Vi amo entrambi.
Vostro, Caliba"
Mi strinsi quella lettera al petto, senza riuscire a trattenere l'emozione. Per qualche motivo dai miei occhi scesero alcune lacrime, causate da ciò che avevo appena letto. Caliba non ci aveva pensati, anche se io non l'avevo mai pensato neanche per un secondo. Sapevo che ci stava cercando, d'altronde anche Chris me l'aveva detto. A pensare a lui, ricordai le parole di Caliba, il fatto che avesse posto come condizione al suo aiuto di diventare l'antico successore di suo padre, e repressi un brivido. Non era una cosa buona, per niente. Però Bessie era ancora viva e presto sarebbe stata libera. Piansi di gioia al pensiero che avrei rivisto la mia migliore amica e che non avessi causato anche la sua morte. Almeno lei era sopravvissuta.
Derek mi si avvicinò e mi porse la mano, senza dire nulla. Non ce n'era bisogno. Gli porsi la lettera e lui la lesse, apparentemente impassibile, duro come sempre. La sua espressione non mutò di una virgola. Ma quando ebbe finito mi si avvicinò, mi posò il mento sulla testa e mi strinse. Sapevo che condivideva le mie stesse emozioni, perciò non avevamo bisogno né di parlare né di guardarci. Ero felice, più leggera. Come se un peso enorme mi avesse liberato il petto.
-Grazie, Lucian - gli dissi, la voce rotta dal pianto - grazie per questo regalo. -
Lui annuí soltanto, rivolgendomi un caloroso sorriso. Ma la nostra felicità sembrava destinata a durare molto poco.
Leo Teràn venne alla nostra cella personalmente. Per la prima volta, dopo un mese rinchiusi lì dentro come suoi prigionieri, espresse il desiderio di parlarmi da sola. La cosa mi spaventava e incuriosiva allo stesso tempo, perché l'alpha della Melena Dorada era una figura decisamente misteriosa che ancora non ero riuscita a inquadrare. Incuteva timore, certo. Con il suo portamento deciso e autoritario, lo sguardo affilato, la mascella dura e l'aria di un soldato. Tuttavia era anche estremamente affascinante, come soltanto i cattivi sanno essere: i capelli biondo cenere sempre scompigliati sulla testa, gli occhi verdi profondi e enigmatici, i muscoli scolpiti ben evidenti sotto la canotta aderente. Eppure, nonostante ci avesse tenuti prigionieri lì dentro, e pur sapendo le sofferenze che i suoi uomini avevano fatto patire a Derek, non riuscivo a considerarlo davvero malvagio. Una volta, mentre ero in volo con Chris e il suo amico vampiro Carlos, diretti in Venezuela, mi avevano detto che i licantropi agivano soltanto secondo il loro istinto animale, privo di ragione e di strategia. Avevo provato queste loro parole personalmente durante la mia prigionia al quartier generale, in seguito alla violenza di per sé priva di logica che Jeffrey ci aveva rivolto fin dall'inizio. Avevo notato nei suoi occhi un desiderio profondo e spaventoso della mia morte, nonostante io non gli avessi fatto assolutamente nulla. Eppure Chris e Carlos mi avevano anche parlato bene di Leo, definendolo diverso dagli altri: lo avevano definito intelligente e sveglio, abile come un vero stratega, forte e carismatico. E io avevo provato tutto questo sulla mia pelle: Leo Teràn non aveva mai mostrato di volermi uccidere solo per un desiderio di violenza gratuita e aveva detto che la cosa non gli piaceva. Voleva farlo soltanto per salvare il suo branco e, in un certo senso, se guardavo la questione dal suo punto di vista, riuscivo a capirlo. In fondo i vampiri si erano eletti in automatico a padroni del mondo, relegando in un angolo del globo i licantropi, spesso braccati e maltrattati, perché un vero pericolo solo nelle notti di luna piena. La loro più grande debolezza stava proprio nello stare da soli, vivendo come vagabondi perché spaventati, costretti a rintanarsi nelle fogne come topi. Ma Leo era riuscito a riunirli tutti sotto un unico grande branco, il più forte mai costruito, che li aveva trasformati in una vera minaccia per i vampiri. Io ero ciò che li separava dalla vittoria.
Derek non voleva che andassi. Si oppose fermamente alla mia decisione di seguirlo, ma io non volli sentire ragioni. Desideravo parlare con lui da sola, discutere ancora una volta della Libertà di Derek e magari scoprire come procedessero le operazioni delle streghe per spezzare il legame tra me e la signora Blanca.
Proseguimmo per il corridoio in silenzio. Leo non mi stette davanti come Jeffrey, come se non esistessi, ma rimase accanto a me, adattandosi al mio passo, ma non parlammo e non mi guardò mai. Io non potei fare a meno di lanciargli un'occhiata di tanto in tanto, più per curiosità che per altro. Mi vergognavo al pensiero che lui se ne accorgesse ma, se successe, non lo diede a vedere. Con mia sorpresa, questa volta non mi condusse al suo appartamento. Entrammo in una piccola stanza per lo più vuota, che sembrava più un'aula per gli interrogatori. Vi era un tavolo molto semplice al centro, con due sedie ai lati opposti, e in un angolo una macchina del caffè. Leo si diresse dritto in quella direzione.
-Vuoi interrogarmi per caso?- gli chiesi.
-Non ti nascondo che spero che tu risponda ad alcune mie domande - cominciò a trafficare con la macchinetta - vuoi del caffè?-
-Non lo bevo- risposi, accomodandomi al tavolo. Era inutile restare in piedi. - Alla tua prima domanda ho risposto. -
Leo rise alle mie parole. -Quella non valeva. - Una volta che il caffè fu pronto nel bicchiere, lo rigirò con la palettina e cominciò a berlo, anche se doveva essere bollente. Cercai di capire dal suo atteggiamento se sapesse ciò che io e Derek stavamo combinando e il fatto che Lucian ci stesse aiutando con sua madre, ma dal suo modo di fare non traspariva niente. Sembrava tranquillo ma non mi fidavo di lui.
-Bene- cominciai, nascondendo la mia insicurezza e le mie paure dietro a una maschera di indifferenza e strafottenza proprio come faceva lui - cosa vuole sapere l'alpha della Melena Dorada da me? -
Lui rise ancora davanti al mio atteggiamento e pensai che, in qualche modo, fosse in grado di leggermi dentro e avesse capito immediatamente ciò che stavo cercando di fare. MI si sedette di fronte, poi quel sorriso svanì. Si rigirò tra le mani il piccolo bicchiere ormai vuoto, macchiato di nero, e mi rivolse una domanda quasi bisbigliando. - Come definiresti la tua vita?-
-Cosa?- lo guardai interdetta. Non capivo dove volesse arrivare e perché, tra tutte le cose che avrebbe potuto chiedermi, avesse scelto proprio quella.
-Sei mai stata felice? Ti sei mai sentita al sicuro? Hai mai desiderato... una vita diversa?-
Aspettai prima di rispondere, osservandolo e aspettando una spiegazione che, capii subito, non sarebbe arrivata. Poi era talmente serio e deciso che voleva arrivare fino in fondo a questa storia per sapere il perché. -Non è stato facile - ammisi infine - questa non è la vita che, se avessi potuto, avrei scelto. In passato, quando ero una ragazzina frivola e viziata, ho odiato la mia famiglia, ritenendola la causa della mia sofferenza. In fondo, sono stati i miei genitori a mettermi al mondo, a darmi questo fardello da portare. Non ho scelto io di nascere. Eppure, mi sono accorta di avere talmente tante persone nella mia vita che mi vogliono bene, per cui io sarei morta, che mi hanno fatto capire che questa vita è degna di essere vissuta. E che in realtà sono molto fortunata. Perché ho loro con me: i miei genitori, i miei fratelli, i miei amici. E Derek. Se io non fossi stata una Pandora, non avrei conosciuto Derek. E allora non avrei mai saputo il vero significato della parola amore. -
Leo mi ascoltò in completo silenzio, assorbito dalle mie parole e colpito dal fatto che io avessi deciso di rispondere alla sua domanda. Così giunse la seconda, proprio come mi aspettavo. - Tu non cambieresti la tua vita solo per un vampiro?-
Mi mossi a disagio sulla sedia. -Lui non è "solo" un vampiro. È l'uomo che amo. Ed è inutile trovare una ragione dietro l'amore. Esso non può essere controllato o pianificato. Arriva e basta, quando meno te lo aspetti. Tu non hai mai amato nessuno?-
L'uomo mi guardò con occhi spalancati, come spaventato dalla mia domanda. Io non abbassai lo sguardo come a mettergli pressione, proprio come lui aveva fatto con me poco prima. -Non di un amore dello stesso tipo del tuo, ma altrettanto grande e infinito. Quello per mia sorella, Adele. -
Vidi quanto parlarne lo facesse soffrire e per la prima volta mi sembrò davvero fragile. Quell'uomo, nonostante la giovane età, si portava sulle spalle un peso grande quanto il mio, e questo lo schiacciava e soffocava. Conoscevo la sensazione. -E lei dov'è ora?- chiesi.
Incontrai gli occhi verdi del lupo, che non mi erano mai sembrati più freddi. -È morta, quando aveva quindici anni. Uccisa da un vampiro. -
Annaspai. -Mi dispiace. -
-Davvero? Tu difendi i vampiri, a qualunque costo - si sporse verso di me. La fragilità era scomparsa, sostituita da una furia cieca. -Tiberio, che avrebbe dovuto supervisionare sul Sud America, sul continente che lui aveva scelto di governare, ha liquidato la faccenda e mia sorella non ha mai avuto giustizia. Perché i vampiri è questo che fanno. Portano morte e distruzione ovunque vanno e non si sentono neppure in colpa per questo. -
Mi allungai verso di lui e lo guardai dritto negli occhi senza paura. - È orribile quello che ti è successo, Leo. Sul serio. Ma Tiberio era una persona orribile. Come suo figlio e i suoi uomini. Però non tutti i vampiri sono come lui. Altri cercano davvero di mantenere la pace. Come Derek e come Caliba. Non puoi condannare la loro razza per gli sbagli fatti da alcuni di loro. -
-Ah sì? E dov'era Caliba in quei momenti? Dove si trovava quando mia sorella fu uccisa e la mia gente cacciata, torturata e schiavizzata? Dov'era quando i Vampiri si sono presi tutto senza neanche lasciarci delle briciole?-
Non sapevo cosa rispondere, perché non mi aspettavo quella conversazione. Ma dovevo dire qualcosa, cercare di fargli capire. Così gli raccontai che, subito dopo la mia nascita, Caliba avrebbe voluto tenere me e la mia famiglia alla sua Villa, per poterci proteggere ed evitare che potessero farmi del male. Gli altri Antichi non glielo avevano concesso, perché temevano che lui volesse usare il mio potere tutto per sé. -Caliba è solo uno - conclusi - fa ciò che può. E voi, comportandovi così, non lo state di certo aiutando. -
-Ah, ora è colpa nostra? - mi chiese con rabbia.
-È colpa di entrambi! - esclamai - non capite che è stato questo atteggiamento a portarvi a questo punto? -
Lui si alzò e mi diede le spalle, tenendosi la mano tra i capelli. Il nervosismo cominciava ad affiorare e io mi chiedevo quale fosse il motivo di questo suo comportamento. Respirò con forza e, quando sembrò essersi calmato, si risedette davanti a me. - Scusa, sto andando fuori tema. È di te che stavamo parlando. -
-Ma perché? - esclamai - per quale motivo all'improvviso sei così interessato a me?-
Leo Teràn portò i suoi verdi occhi su di me e vi vidi dentro qualcosa che mi spaventò. - Perché abbiamo trovato il modo di spezzare il tuo legame con mia madre. -
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