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Quindicesimo Capitolo

POV TAMMY

Fu strano poter girare per Caracas con tranquillità, senza il terrore che i lupi potessero riconoscermi e decidere di uccidermi seduta stante o scegliere di condurmi dal loro alpha. Ancora più strano doveva essere per Derek, che si trovava all'interno di una città proibita ai vampiri da ormai mesi, circondato da suoi nemici naturali, con cui mai prima d'ora era stata stipulata una tregua. I vampiri avevano piegato i lupi, certo, ma non li avevano spezzati. E, una volta riprese le forze, si erano di nuovo ribellati. Ormai entrambe le parti avevano capito che l'unico modo per porre fine a quelle violenze fosse stipulare una tregua e trovare così la tanto agognata pace per tutti.

Ma eravamo ben consapevoli che quella questione non ci riguardasse più. Nei tempi a venire, se la sarebbero dovuti cavare da soli, perché noi avevamo un'altra battaglia da affrontare, altrettanto importante e in un certo senso decisiva anche per quella difficile tregua, che non sarebbe mai stata possibile se i vampiri avessero avuto un'arma come il mio sangue da usare contro i licantropi. Era necessario che quell'arma sparisse.

Contro il volere di tutti i licantropi che avevano preso parte all'assemblea, Lucas Malan insistette per accompagnarci personalmente dalla Dama Bendata, e richiese esplicitamente che nessun licantropo ci seguisse. All'inizio anche Leo Teràn si oppose alla decisione, così raggiungemmo l'accordo di essere scortati da una pattuglia fino alla casa e di attendere fuori che uscissimo senza entrare insieme a noi.

Pertanto Malan si ritrovò al volante di un SUV nero preso direttamente dal deposito del quartier generale, mentre dietro di noi uno identico ci seguiva a debita distanza, con a bordo due uomini della Melena Dorada. Il mio ex professore li fissava dallo specchietto con espressione corrucciata. - Leo Teràn doveva proprio sguinzagliarci dietro i suoi cani?

-È già tanto che non siano sull'auto insieme a noi - ribatté Derek - e che abbiano l'ordine di non entrare con noi a sentire ciò che la Dama Bendata ci riferirà.

-Sai che affare - borbottò l'altro, senza cambiare espressione.

Io ero seduta dietro, mi sporsi tra i due sedili (Derek occupava il posto davanti del passeggero) e decisi di approfittare del fatto che fossimo soli per rivolgergli qualche domanda. - Lei conosce il tipo di magia di cui ha sentito parlare Derek?

Malan non sembrò contento della domanda e le rughe sulla sua fronte si accentuarono ulteriormente. - Vuole la verità?

Sbattei le palpebre confusa. - Certo.

- La strega di Valencia con cui Derek ha parlato, Caitlyn, colei che gli ha fornito tutte le informazioni che si vanta di avere, gli ha raccontato soltanto un mucchio di bugie e lo ha palesemente attirato in una trappola.

- Che cosa? - esclamammo io e Derek all'unisono.

-Ti sbagli - asserì poi lui con convinzione.

-Ah sì? E come fai a dirlo? Lasciatelo dire da uno stregone che ha studiato parecchio. La magia è qualcosa di viscerale che fa parte di te e non può essere ceduta, scambiata, passata. Hai presente la legge della conservazione della massa di Lavoisier? Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. La stessa cosa vale per la magia. Essa non può essere semplicemente eliminata.

-Cosa significa? - chiesi, ancora più confusa.

-Significa che se metti un pezzo di legno a bruciare dentro un barattolo di vetro sopra una bilancia, la quantità di cenere e fumo prodotta sarà uguale al peso del legno di partenza. Allo stesso modo, non è possibile toglierle la magia e farla improvvisamente sparire nel nulla. Perciò le chiedo: cosa succederebbe alla magia oscura contenuta nel suo sangue?

- Non lo so - quella sua affermazione mi diede molto da riflettere.

-Già, neanch'io.

- E la strega di nome Khadija? Mai sentita nominare?

Malan scosse la testa. - Mai e poi mai. Mi sembra tutta una presa in giro.

-Allora perché ci stai accompagnando? - chiese con durezza Derek - perché hai insistito affinché Leo non ci mandasse dietro i suoi scagnozzi?

Malan rispose in tono pratico, per nulla intimorito dalle accuse di Derek. - Perché sono sicuro che il tuo piano si rivelerà un completo fallimento e che questa Dama Bendata non avrà proprio nulla da dirti. A quel punto dovrò farvi scappare il più in fretta possibile dalla città per evitare che i Lupi mettano di nuovo i loro artigli su di voi.

Quella risposta non fu per nulla rassicurante e mi spinse a lanciare un'occhiata al SUV che ci seguiva a poca distanza, senza perderci mai di vista.

La residenza di colei che era conosciuta dai più come la Dama Bendata si trovava, contro ogni mia previsione, nella periferia di Caracas, situata in un quartiere le cui abitazioni grigie e spoglie dominavano la scena. Tuttavia, a portare un po' di colore in quella aerea della città tanto anonima e spenta, vi pensava il grande tendone di un circo, dagli sgargianti colori rosso, arancio e giallo, che sorgeva in uno spiazzo verde vuoto come tutto il resto di quella zona, le cui luci esterne erano tuttavia spente e dal cui interno non sembrava provenire alcun rumore. Tutt'intorno, vi erano diverse roulotte, gabbie di animali, distributori di pop corn e zucchero filato, bancarelle che vendevano sia prelibatezze di ogni tipo che cianfrusaglie dall'aspetto curioso, piccole giostre, banchi in cui era possibile divertirsi in vario modo, dal tiro a segno alle prove di forza, più piccole tende disseminate qua e là lungo il campo.

Vi era una folla non molto numerosa in quel primo pomeriggio particolarmente afoso, e tutti si votarono al nostro passaggio e sembrarono osservarci in cagnesco, come se in qualche modo ci avessero riconosciuti e sapessero esattamente chi fossimo. Gli uomini di Leo che ci avevano scortati fino a lì, ci condussero da un uomo seduto fuori dal tendone principale su una malandata sedia di plastica azzurra, a fumare un sigaro dalle dimensioni spropositate. Appena ci vide l'uomo si alzò, scrutando me, Derek e Lucas Malan dall'alto in basso.

-Che gruppetto curioso - disse con voce roca, soffiandoci il fumo direttamente in faccia. Era un anziano dai fini capelli d'argento e una corta barba dello stesso colore, con indosso una salopette blu scuro ma le bretelle calate, a mostrare completamente la maglietta grigia che indossava sotto. Gli scarponi pesanti erano incrostati di fango. - Uno stregone bandito dalla sua stessa gente, un vampiro che assomiglia più a uno zombie e la prole del diavolo dai capelli rossi.

Le ultime parole erano rivolte a me e sentii la rabbia cominciare a montare.

- Chiudi la bocca, Gustavo, e limitati a fare ciò che Leo ti ha chiesto - lo apostrofarono i lupi che ci scortavano.

-Certamente, signori. In fondo che autorità ho io qui? Sono soltanto il proprietario di questo circo, nonché datore di lavoro di tutti coloro che ne fanno parte.

Gli uomini di Leo lo lasciarono parlare, per niente perplessi, e ci fecero cenno di seguirlo, ordine che noi eseguimmo.

-Non fraitendetemi - disse Gustavo, voltandosi indietro e rivolgendosi direttamente a noi - sono felice che alla fine si sia deciso per la pace e non per la guerra. Da quando siamo rinchiusi qui, non ci sono stati più morti ma i soldi non girano più come una volta, e noi stiamo facendo la fame. Prima anche i vampiri talvolta erano nostri clienti e coloro che si comportavano civilmente erano i benvenuti da noi. Non guardo troppo chi paga bene. Non mi importa chi sia o cosa sia. Molti poi venivano a vedere gli spettacoli dei nostri uomini che si trasformano in lupi ed erano disposti a sborsare parecchio per questo. Come dicevo, il nostro settore ne ha risentito.

- Perché un vampiro avrebbe dovuto pagare per vedere la trasformazione di un lupo mannaro? - domandai.

Gustavo rise, come se la risposta alla mia domanda fosse ovvia. - Perché prima di Leo Teràn i licantropi erano quasi una leggenda. Pochi ne avevano visto uno nella loro vita. Vivevamo rintanati come ratti, poi il nostro alpha ci ha fatti ritirare dalle fogne e uscire di nuovo alla luce del sole.

- E la Dama Bendata vive qui? - chiesi, visto come si era dimostrato ben disposto a parlare - lavora nel circo?

- Oh, Raissa è il nostro pezzo forte. Tutti coloro che passano per il nostro circo, nessuno escluso, fa un salto alla sua tenda per farsi leggere i tarocchi o, per i più coraggiosi, la mano.

Raissa. Avevamo anche un nome ora.

La tenda della Dama Bendata era molto piccola, non molto lontana dal tendone principale e, a dispetto delle parole di Gustavo, non vi era nessuno in fila in attesa di entrare. L'uomo si affrettò a darci una spiegazione seguendo il nostro sguardo. - Abbiamo avvertito che non avremmo ricevuto nessuno oggi dopo la pausa pranzo. Si è preparata per il vostro arrivo.

Avvertii una punta di nervosismo. Ansia, paura, trepidazione. Se l'indovina non fosse stata capace di indirizzarci dalla misteriosa strega di nome Kjadija, cosa sarebbe accaduto? Il nostro piano sarebbe saltato. Allora cosa ne avrebbe fatto Leo Teràn di noi?

- Vi aspettiamo qui fuori - disse uno degli uomini, piazzandosi con fare minaccioso accanto all'entrata della tenda. L'altro lo imitò incrociando le braccia sul petto.

Senza ulteriori indugi, Derek scostò la tenda rossa che copriva l'ingresso, seguito a ruota da me e poi dal professor Malan. Subito ci ritrovammo in un ambiente buio, completamente privo di luce, di cui i miei occhi riuscivano a mala pena a scorgere i contorni. Fu Derek a muoversi per primo, data la sua capacità di vedere anche nell'oscurità più assoluta. Davanti a noi risultò esserci un'altra tenda, che Derek scostò quasi infastidito, e una voce melodiosa proveniente dall'altro lato ci accolse. - Prego, entrare pure.

L'ambiente che ci si presentò davanti era circolare e piccolo, ma accogliente. Nell'aria aleggiava un delicato ma deciso profumo di incenso e il monolocale era rischiarato soltanto dalla tenue luce di alcune candele profumate sparse qua e là. Un morbido e ampio tappeto ricopriva tutto il pavimento, su cui poggiava in posizione centrale una sorta di robusta cassa in legno, avente per ciascun lato alcuni comodi cuscini colorati. Il resto dell'ambiente era occupato da tavolini e piccole credenze, contenenti al suo interno ampolle con strani liquidi e polverine, ossa, pietre particolari, sfere di cristallo e altri curiosi oggetti. Io guardavo il tutto a bocca spalancata.

Una donna era di spalle in fondo alla stanza e, quando si voltò appena verso di noi, vidi che stava mischiando con gesti rapidi e meccanici un mazzo di carte. Tarocchi. Era di una bellezza mozzafiato, ma oscura quasi. Indossava un lungo mantello blu scuro in raso, costellato di tante piccole stelle luminescenti che sembravano muoversi, chiuso sul davanti da una spilla. Sotto potevo notare un lungo abito rosso cremisi dall'aspetto antico. Il cappuccio del mantello le copriva il capo, posandosi sui lunghi capelli neri e lucidi, mentre gli occhi erano decorati da una spessa riga di eyeliner e una quantità ingente di mascara. Le labbra tinte da un rossetto rosso si incurvarono in un sorriso. Notai il neo poco sopra il lato sinistro, che sapevo chiamarsi Neo della Bellezza. - Prego, accomodatevi. Se le domande che dovete pormi non vi spaventano più delle risposte che potreste ricevere.

Con curate unghie smaltate di nero, indicò i cuscini posti davanti alla panca di legno e noi tre ci sedemmo, io proprio di fronte a quello che doveva essere il suo posto. Quando la Dama Bendata lo occupò, capii il perché le avessero assegnato quel nome: Raissa era completamente cieca, i suoi occhi erano velati, coperti da una sorta di patina bianca tale che era difficile comprendere di che colore potesse essere l'iride. Mi chiesi come avrebbe fatto a leggere i tarocchi senza poterci vedere. Senza smettere di mischiare il mazzo, voltò appena la testa verso Derek, lo sguardo fisso nel nulla davanti a sé. - Derek Houghton. Io e te ci saremmo dovuti incontrare tre mesi fa se non erro.

-Almeno Caitlyn ha mantenuto parte dell'accordo riferendoti il mio desiderio di incontrarti - rispose lui, all'apparenza impassibile. Mi infastidì il fatto che avesse usato il termine desiderio.

- Oh, l'ha fatto perché era molto incuriosita dalle tue domande. E devo dire che anch'io lo sono. Sono contenta di avere avuto l'occasione di saperne di più. Piuttosto, non so se lo saremo ancora quando avremo finito.

-Questo spero che potrai dirmelo tu - proseguì ancora lui, con voce atona.

- Allora cominciamo da colui che viene qui portando domande apposite. Che cosa vuoi sapere?

- Sono alla ricerca di informazioni su un tipo di magia molto antico, chiamato magia di assorbimento. Lo hai mai sentito nominare?

-Ho sentito parlare di molti tipi di magia nel corso della mia lunga esistenza, vampiro - rispose Raissa, continuando a mischiare le carte. I suoi movimenti erano quasi ipnotici e non riuscivo a distogliere lo sguardo dalle sue mani, tuttavia mi chiesi come potesse dire "lunga esistenza" quando sembrava a mala pena una trentenne. - magia ancestrale, magia antica, magia della terra, magia delle erbe, magia rituale. Ma ciò che chiedi tu, vampiro, è magia nera.

Derek non riuscì a trattenere un guizzo della mascella. - Quindi la conosci?

- Sì, la conosco. Ma non la pratico. Non solo non ne sarei capace, ma non potrei mai. La magia di noi streghe è pura, attinge dalla natura, dalle piante, dai fiori e perfino dagli animali che ci circondano. Ma la magia nera non si nutre di vita, si nutre di morte. Una volta essersi inoltrato in un tunnel simile, difficilmente se ne esce. È come una macchia di sporco che ti resta sulla pelle, un'impronta di marcio che ti divora dall'interno simile a un tumore.

Sentii un brivido corrermi lungo la schiena, una paura viscerale provocata dalle parole di quella donna. Raissa sistemò il mazzo di carte al centro della cassa e fece un cenno a Derek. - Dividi il mazzo in quattro più piccoli, vampiro. E scegli con attenzione.

Derek fece come gli era stato detto, con gesti rapidi, come se avesse fretta di portare avanti la conversazione. - A cosa serve tutto questo? - chiese, senza riuscire a non risultare scocciato - dicci ciò che sai e facciamola finita.

-Non è così che funziona, Derek. Ciò che chiedi deve trovare la giusta direzione per arrivare da te. Ho giurato a Leo Teràn di darvi ogni informazione, ma è mio dovere informarvi dei pericoli in cui incorrerete.

Raissa voltò la prima carta di ciascuno dei quattro mazzi e tutti e tre ci piegammo in avanti, a osservare quali carte avrebbero messo in mostra il futuro di Derek. Raissa mantenne lo sguardo alto, ma le sue dita laccate di nero seguirono il contorno della prima carta posta sulla sinistra. Non aveva un aspetto malaccio ed era in posizione dritta: raffigurava un giovane ragazzo che porgeva in avanti una grande coppa, in maniera quasi passiva. Alzai lo sguardo sulla Dama Bendata, aspettando che dicesse qualcosa.

-Il fante di coppe - la sua lingua accarezzò ogni singola parola lentamente - simbolo per eccellenza di un amore tormentato e sfortunato. Un amore innocente, certo, ma anche snaturato.

Io e Derek ci lanciammo uno sguardo. Parlava certamente del nostro amore, ma ciò non dimostrava niente. Tutto ormai a Caracas lo sapevano e, anche se così non fosse stato, al Quartier Generale di sicuro non era sfuggito, pertanto c'era la possibilità che quell'informazione fosse arrivata fino a lì, alle orecchie della Dama Bendata.

Raissa passò alla seconda carta: anche questa volta era dritta, solo che al centro vi era raffigurata una ruota molto grande, ferma in equilibrio, alla quale sembravano aggrapparsi due strane creature, una dalle sembianze umane, l'altra animali. Sulla sommità, una figura simile a un re, con una spada in mano, aveva momentaneamente interrotto il giro della ruota. L'Indovina piegò la testa di lato, gli occhi fissi in avanti, mentre le sue dita percorrevano i contorni delle figure, come se in quel modo potesse vederle. - Questo amore che ti consuma, Derek, sembra avere trovato un equilibrio momentaneo. Sei felice, sei giunto a una svolta, hai fatto pace con i dubbi che tormentavano le tue notti. Eppure, l'equilibrio che con tanta fatica hai raggiunto è troppo instabile, basta la più piccola oscillazione per romperlo.

La terza carta era molto suggestiva, ma rovesciata: un angelo faceva capolino attraverso alcune nubi e suonava una tromba, mentre tutto intorno a lui era fuoco e fiamme. Al di sotto, alcuni uomini nudi pregavano. Raissa corrugò la fronte e io sentii un brivido corrermi lungo la schiena. - Questa carta è confusa, nebulosa, ma indica che, proprio come temevo, qualcosa rischia di rompere il vostro equilibrio - indicò l'ultima carta, rovesciata anch'essa, che raffigurava una donna dall'aria severa seduta su un trono - qualcosa di oscuro proveniente dal tuo passato. Qualcosa che avevi considerato positivo ma che in realtà è sempre stato falso e subdolo.

-Non puoi essere più precisa? - chiese Derek - cosa dovrebbe significare?

La Dama Bendata puntò i suoi occhi ciechi su di lui e contorse tutta la faccia, arrabbiata. - Non è così che funziona, vampiro. Vedo solo sprazzi di immagini e non scelgo io cosa mostrare, ma le carte. Posso dirti che qualcuno ti ha ingannato e che ha intenzione di continuare a farlo.

-Molto bene - commentò Malan - andiamo via con più domande che risposte.

-Ti sento scettico, figlio della Terra - lo rimbeccò Raissa - esistono tanti tipi di magia, non solo quelli rudimentali che voi praticate.

-Non sono più un figlio della Terra - il mio ex professore pareva offeso - e poi, loro praticano la magia più pura che esista. Chiamarla "rudimentale" è un insulto.

-Questioni di punti di vista - la donna recuperò i Tarocchi e prese di nuovo a mischiarli velocemente - certamente il confine tra magia bianca e magia nera è molto sottile. Le conseguenze nel trattare quest'ultima in particolare sono enormi. Una volta cominciato, è come se la tua anima fosse divisa a metà. Dannata. La magia di assorbimento è tra queste ed è stata abolita da ogni ordine di Streghe. Chi viene scoperto a praticarla, potrebbe essere condannato a morte.

Qualcosa nell'atteggiamento di Malan sembrò cambiare. Sbiancò, spaventato, e si chiuse in un silenzio totale che mi preoccupò. - Cosa comporta esattamente questo tipo di magia? - chiesi, desiderosa di saperne di più.

-Oh, il concetto fondamentale è piuttosto semplice. Si tratta di assorbire magia da qualcosa che ne è pregno. Ognuno di noi ha in sé una piccola quantità di magia. Chi più chi meno. Ogni cosa che sia viva è composto in parte da essa. Il concetto di base della magia bianca è prenderla in prestito, modellarla e utilizzarla, ma lasciandola sempre al legittimo proprietario. Agire secondo la sua volontà e in armonia con esso. La magia di assorbimento, invece, si appropria senza consenso della magia altrui e non ha intenzione di restituirla. È un vero e proprio furto ed esso avviene perché, nella maggior parte dei casi, il tipo di magia che si vuole attuare non è naturale e pertanto, se essa restasse all'interno del suo proprietario, quest'ultimo si opporrebbe.

-Ma io farei prelevare la mia magia spontaneamente - dissi - e solo quella del mio sangue. Questo potrebbe fare la differenza?

-Potrebbe come non potrebbe. Questo dipende unicamente dalla strega che attingerà alla magia.

Poggiò il mazzo di carte al centro della cassa e mi fece un cenno, senza bisogno di aggiungere altro: divisi il mazzo in quattro proprio come aveva fatto Derek poco prima e Raissa voltò la prima carta in cima a ciascuno di essi. La prima carta sulla sinistra era piuttosto strana e per un attimo pensai che fosse capovolta, ma poi capii che non lo era, si trattava soltanto di una diversa prospettiva: essa raffigurava un uomo barbuto appeso per un piede, con le mani legate dietro la schiena. Il suo capo era voltato e sembrava guardare la carta posta accanto a lui, un carro trapezoidale con a bordo un re, trainato da due cavalli uniti all'altezza del ventre. - Ti aspetta un viaggio, Pandora - commentò la Dama Bendata - un viaggio lungo, tortuoso e pericoloso, che ti metterà alla prova. Si tratterà di un cambiamento potente, che potrà essere tanto positivo quanto negativo, ma il suo destino potrebbe non essere stato ancora scritto.

Sfiorò la terza carta, rovesciata, con raffigurata una torre coperta da un fulmine, incendiata, che sembrava sul punto di rovesciarsi. Due persone precipitano, forse cercando la salvezza, ma essa non c'era. Il sole era coperto dalle nuvole e tutto sembrava essere destinato alla distruzione. Era una carta davvero orribile. - Dovreste abbandonare questa idea e non andare. Pericoli indicibili vi attendono, minacce terribili, nemici nascosti nell'ombra. Dovrete essere prudenti - prese l'ultima carta, un anziano vestito di una lunga veste scura, con sul volto calato un cappuccio, recante in una mano una lanterna - l'eremita vi intima di essere prudenti o difficilmente ne uscirete indenni.

-Oh, ma non scherziamo - scattò in piedi Malan, arrabbiato ma anche estremamente nervoso - si tratta soltanto di carte!

Diede un calcio con forza alla cassa e tutti i tarocchi si sparpagliarono a terra. Tutti caddero come per magia scoperti, con il disegno voltato verso l'alto, tranne uno, che celava la sua immagine agli occhi di tutti noi. Spinta da un bisogno che non mi seppi spiegare, allungai la mano e, tremante, afferrai la carta, voltandola lentamente così che tutti potessero vederla.

Sulla carta era raffigurato il diavolo.

~Angolo Autrice~
Eccomi con un nuovo capitolo davvero difficile da scrivere! Non so nulla di come si leggano i tarocchi e ho cercato di informarmi il più possibile, dal momento che questa è una parte centrale della storia. Il capitolo è venuto molto lungo e lo sarebbe dovuto essere ancora di più, ma alla fine ho deciso di dividerlo in due per non renderlo eccessivamente pesante. Che ne pensate? Vi ha incuriositi? Avete qualche idea? Come al solito, se il capitolo vi è piaciuto, lasciate una stallina e un commento con la vostra opinione. Al prossimo aggiornamento!

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