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Capitolo XIV


Il nome di re Richard echeggiava in tutta l'Inghilterra. Lo seguivano le notizie di impiccagioni di nemici e di congiure sventate; molti che erano stati compagni di tavola del principe John furono svelti a dileguarsi oltre Manica. Il sovrano percorreva il regno in lungo e in largo con rapidità, seminando il terrore tra gli amministratori e minacciando processi sommari. Lo seguiva una coda di prigionieri, troppo illustri per essere impiccati al primo albero, come era stato inizialmente pianificato: per uomini del calibro dei fratelli Malvoisin si preparava una morte comunque infamante ma di fronte a un numero d'occhi più conveniente al loro rango. Questi prigionieri di riguardo viaggiavano a piedi, catene a mani e caviglie, sguardo basso e silenzio. Per chi si ribellava le fruste dei carcerieri bastavano a ristabilire l'ordine.

Il re e il suo seguito si trovavano a York, pronti a partire verso sud, sulla via più diretta per Londra, quando i pettegolezzi giunsero alle soglie del castello della città. Richard ne venne a conoscenza quasi per caso, tramite un proprio servo. E dopo lo scoppio d'ira con gli ufficiali e i funzionari che avrebbero dovuto avvisarlo subito, il sovrano si prese del tempo per decidere sul da farsi: gli risultava molto difficile dare credito a voci apparentemente senza senso che andavano contro le sue certezze più salde – dopotutto l'aveva visto a Templestowe, riverso e colpito a morte. Ben più semplice sarebbe stato derubricare quelle insinuazioni a mere chiacchiere e fingere di non averne mai sentito parlare. E se invece fossero state legittime? Se Bois-Guilbert fosse poi comparso armato e sostenuto dai ribelli sfuggiti alla sua giustizia? Un rischio troppo grande perché non si spendesse qualche energia, e anche qualche soldo, per appurare cosa c'era di vero in ciò che il popolo mormorava.

Perciò Richard fece raccogliere più dettagli possibili ai propri informatori e giunse alla fine ai nomi di Jeoffry lo Sfregiato e Albert, suo fratello. Due malviventi comuni, come ce n'erano tanti sparsi per il regno, annidati nelle bettole e nelle stazioni di sosta. Ma avendo saputo da alcune spie che quei due si trovavano proprio a York e che era possibile, con i giusti appoggi, rintracciarli ed arrestarli, Richard ordinò che così si facesse.

Jeoffry ed Albert erano rintanati in una delle peggiori locande di tutta l'Inghilterra, seduti a un tavolo con alcuni compagni di furti a dividere una serata di bevute, quando una pattuglia di soldati del re, armati fino ai denti, irruppe all'interno. Minacciarono di consegnare i due fratelli e senza tante rimostranze gli avventori della locanda, tutti d'accordo, collaborarono. La prima notte in carcere passò tra improperi, maledizioni e pause di tremendo silenzio. I due ignoravano il motivo, tra i tanti, che li aveva condotti lì.

La mattina successiva furono condotti in una saletta custodita da due guardie; ad attenderli c'era il re in persona, armato di una temibile spada.

«Allora, vili predoni – li apostrofò, quasi beffandosi di loro – Mi è stato detto che avete informazioni su una persona di mio interesse»

Jeoffry chinò la testa, tremando come una pecora davanti al lupo. Albert, invece, capì subito di cosa parlasse, si inchinò goffamente e parlò ad alta voce: «Vostra Maestà, noi chiediamo salva la vita e la libertà qualora Vostra Altezza trovi qualche giovamento dalle nostre parole»

Parlava bene, Albert; era sempre stato lesto d'intelletto e per un po' era stato a scuola presso i monaci. La vocazione alla rapina e all'omicidio, però, ne aveva fatto un ottimo lestofante.

«Parla!» tagliò corto il re.

«Vostra Maestà – riprese Albert, inchinandosi di nuovo – Se ci chiedete di una persona, temo che voi abbiate già saputo...»

«Tu pensa a informare il tuo sovrano di tutto ciò che sai»

«Il Templare Brian de Bois-Guilbert, Maestà, è vivo» ammise Albert.

Il re aggrottò la fronte: «Sulla base di quali prove puoi affermare una tale bestialità con quella sicurezza? Io ho visto il Templare morto a Templestowe. Vuoi tu accusare il tuo re di essere un bugiardo o uno sprovveduto?!»

«No, Maestà – balbettò Albert, sinceramente preoccupato per la propria vita – Ma posso darvi le prove che cercate. Mio fratello ed io ci siamo scontrati con un uomo, non lontano da Lincoln. È intervenuto in difesa di due ebrei, padre e figlia. Vedete la cicatrice sul volto di Jeoffry, Maestà? È opera sua! Dillo, Jeoffry!»

«E' così, Maestà – ammise – Ma cosa guadagnerei dall'accusare un morto?»

Albert annuì: «Giusto! Non abbiamo denunciato quell'uomo alla vostra autorità, Maestà, e questa è una colpa, è vero. Ma è anche ciò che conferma la nostra testimonianza: perché raccontare di aver affrontato qualcuno, quando si tratta di un morto? Cosa avremmo ricavato, se non derisione? La verità, Maestà, è che la vostra vita sarà in pericolo finché il Templare non sarà appeso al cappio, a monito per gli altri ribelli come lui»

Il re non era disposto a farsi ingannare da due ladri di sobborgo, tuttavia doveva riconoscere che Albert non aveva parlato male. Dopo una breve riflessione, se ne uscì con una proposta: «Ti ascolterò e condurrò le mie ricerche; ma voi non verrete rilasciati. La vostra vita per quella del Templare: sperate quindi che io riesca a trovarlo e, quando lo avrò, egli prenderà il vostro posto nella mia prigione»

Richard ordinò quindi che fossero rinchiusi assieme ai traditori che viaggiavano nel suo seguito e lì rimanessero mentre si cercava di fare chiarezza su cosa fosse stato di Brian de Bois-Guilbert in quegli ultimi tempi. Seguendo le indicazioni dei due malviventi, le spie del re percorsero le locande del Nottinghamshire e Lincolnshire, fino ad arrivare alla locanda del Cervo rosso.


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Angolo Autrice:

Ciao a tutti! Come procede la storia? Qualche idea su come potrebbe continuare? O qualche consiglio su come migliorare lo stile, il ritmo...? :)

Fatemi sapere cosa ne pensate! :*

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