2. A Fistful of dollars
In foto: Klimt e Captain Kirk
Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con il fucile, quello con il fucile è un uomo morto! (Per un pugno di dollari)
La luce tenue del neon vibrava squallidamente mentre il negozio assumeva un'aria ancora più tetra e triste delle ore diurne. Il turno di notte era appena cominciato e Klimt aveva messo a posto i nuovi articoli sugli scaffali. Se il destino avesse voluto sorridere a Klimt quella sera, nessuno sarebbe entrato a fare acquisti, ma purtroppo il fato sorrideva di rado al ragazzo e lui aveva imparato a fare i conti con qualsiasi tipo di cliente nel corso degli anni. Ubriachi, tossici in fame chimica, ragazzini in cerca di qualcosa da rubare e persino qualche ladro di professione. Un minimarket con bassa sicurezza come quello era un esca troppo ghiotta per non attirare l'attenzione di tutta la feccia nel raggio di tre isolati. Ma Klimt non aveva pensato di cambiare lavoro o licenziarsi, il signor Sahin era decisamente la figura paterna che nessuno avrebbe voluto ma il ragazzo lo trovava un uomo generoso, un uomo che non si lascia ingannare dall'aspetto della gente, anche se lo aveva chiamato "sudicio ragazzo" per i primi quattro mesi dalla sua assunzione. Poco male, ricordò a se stesso con un sorriso, alla fine aveva iniziato ad affittare una camera di motel due volte al mese per fare la doccia e si era liberato di quel nomignolo insieme alla puzza.
Ad un tratto il telefono cominciò a vibrare e Klimt si rese conto che era Jules, la sua solita chiamata di controllo era arrivata puntale come ogni sera.
-Sei vivo? Chiamo la polizia? – disse subito, ancora prima di salutare.
Il rosso scosse la testa divertito – non preoccuparti, non è ancora entrato un maniaco con il machete, direi che è atteso per le due.
-Oh certo, prenditi pure gioco del povero Jules. Il ragazzo che si preoccupa per te, che spera di rivederti sano e salvo il mattino dopo. Che lavoro di merda Klimt, ti dico sempre che in giro ormai troveresti di meglio. Quando vuoi posso mettere una buona parola dove lavoro e ...
Klimt lo interruppe – va bene così, Jules. Davvero, non lascerei mai il mio posto al market. Nessuno mi rimpiazzerebbe e non voglio creare problemi al signor Sahin.
-Beh, quel vecchio spilorcio dovrebbe pagarti di più visto il modo in cui ti fa sgobbare, persino al part time in biblioteca ti danno una paga migliore, senza che rischi la vita oltretutto.
-Non rischio la vita nemmeno qui- cercò di calmare il suo amico, ma ormai Jules era partito con la solita ramanzina sui pericoli di un commesso notturno.
-Non hai l'assicurazione sanitaria! E se ti accoltellano?!
-Direi che sono sopravvissuto a cose peggiori, grazie per l'interessamento – gli fece notare Klimt con tono eloquente.
L'altro tacque per un istante, forse perché stava ricordando alcuni dei terribili episodi che il rosso gli aveva raccontato della sua vita, ma non si perse d'animo – prima non avevi me! Ora ci sono e mi preoccupo!
-Certo, o magari sei solo a casa ad annoiarti e hai deciso di molestare me fino a quando non avrai sonno
Altro minuto di silenzio – hai forse di meglio da fare? – chiese il moro con un tono scettico.
-Vediamo un po' .... Lavorare? – gli fece notare Klimt.
-Sciocchezze, tra l'altro non mi hai ancora illustrato il tuo piano super romantico! Scommetto che non dovrò aspettarti per colazione! O per cena! O per giorni!
Klimt restò per un momento spiazzato da quelle allusioni anche se sorrise timidamente, tutto era pronto, sarebbe stato bello.
- Sì, ho chiesto le chiavi al suo coinquilino. Andrò di mattina subito dopo il turno e gli preparò la colazione, gliela porterò a letto e ... spero gli faccia piacere. Ho comprato il nuovo CD di quella band che adora, venti dollari
-Sono certo che perderà la testa per la tua visione mattutina, ma assicurati di sorprenderlo anche a letto ...
-Jules!
-E venti dollari, cazzo, lo sa quanto hai perso la testa per lui?- insistette ancora il moro.
-Ok, ti sei divertito abbastanza alle mie spalle- mormorò il rosso ma non era davvero arrabbiato, stranamente, nonostante avessero caratteri molto diversi, Klimt si trovava bene con lui, sentiva di aver trovato un posto a cui appartiene, una persona da proteggere.
Per anni aveva vissuto senza contare niente per nessuno, senza avere una famiglia, aveva perso più e più volte e forse ora, per quanto lentamente, stava riconquistando.
-Klimt? Ci sei ancora?- la voce del suo amico lo fece risvegliare.
-Scusa, sono qui. Cosa dicevi?- riprese.
-Ho detto che ora ti lascio al tuo fantastico turno. Devo ancora vedere il cortometraggio per la lezione di domani. Se c'è qualche problema chiamami, non farmi stare in pensiero e divertiti con il tuo bel fidanzatino! – commentò con tono malizioso.
Klimt scosse la testa- Certo, Jules, ti saluto.
Una volta chiusa la chiamata il silenzio tornò ad inghiottire la stanza e Klimt riprese a sistemare la cassa prima che il rumore della porta attirasse l'attenzione del ragazzo. Erano cominciati i clienti, sempre i soliti, con le facce pallide e gli occhi lucidi. Un uomo sulla quarantina aveva aperto la bottiglia di scotch ancora prima di avvicinarsi alla cassa, aveva bevuto due lunghe sorsate davanti allo scaffale, poi aveva sospirato e si era diretto alla cassa. Aveva tirato fuori venti dollari tutti stropicciati ed era andato via senza nemmeno prendere lo scontrino.
Poi c'erano stati due ragazzi, dall'aria parecchio euforica, avevano preso una montagna di patatine facendo cadere le altre dallo scaffale. Klimt sospirò spazientito ma attese che se ne fossero andati prima di lasciare il suo posto e riordinare quel gran casino.
Poi lo fece, sistemò gli snack e poi si incamminò nuovamente verso il bancone.
Non lo vide subito, ma lo percepì. Quel posto era troppo piccolo perché qualcuno potesse passare inosservato, Klimt si guardò intorno, poi notó il berretto scuro che si muoveva fra le due corsie. Non aveva sentito la porta cigolare, doveva essere stato attento.
Perché? Si chiese Klimt, anche se una parte del suo cervello conosceva la risposta.
In automatico si diresse verso la cassa, anche se la tensione dentro di lui saliva ad ogni passo che l'uomo compiva lungo il negozio. Non era riuscito a vederlo, teneva d'occhio quel cappello mentre la mano tremante sfiorava il fucile sotto il bancone.
Poteva davvero farlo? Se solo quell'uomo fosse uscito da lì, se solo si rivelasse l'ennesimo cliente bizzarro della serata.
Non stasera, si disse ancora, non con l'affetto di mezzo. Compra e vattene, compra e vattene.
Ci fu un suono, un tonfo sordo che fece scattare la testa di Klimt a sinistra, vide una decina di latte cadere e rotolare lungo il pavimento. Il ragazzo aggrottò la fronte e distolse lo sguardo dall'uomo solo un secondo, il tempo di vedere quella scena, ma fu troppo, quando voltò nuovamente la testa lo sconosciuto era davanti a lui. Il berretto calcato in testa, una bandana che copriva dal naso in giù e una calibro 38 puntata al petto del ragazzo.
-Se fiati o ti muovi apro un buco in quel tuo petto ossuto – disse l'aggressore – annuisci se hai capito.
Klimt lo fece, annuì, doveva stare calmo, c'era quasi abituato anche se il suo petto bruciava di rabbia ogni volta sempre di più.
- Metti i soldi qui dentro- ordinò togliendo dalla spalla lo zaino.
Klimt lo fece, in silenzio, tutti i seicento dollari.
L'uomo fece qualche passo indietro e alla fine lasciò il minimarket lanciandosi in una folle corsa fra le strade buie.
Il rosso si sedette, per un momento fu preda di una forte nausea, appoggiò la schiena alla parete e fissò l'orologio accanto alla porta, le tre di notte. Poi stirò un braccio e recuperò la cornetta del telefono, componendo quel numero ormai familiare.
-911, qual è l'emergenza? – rispose la voce del centralino.
-Chiamo dal minimarket ad Hunters Point, in Industrial St. C'è stata una rapina
-Tu sei lì? Sei il proprietario? Stai bene?- chiede ancora la voce, ma non era stupita una volta sentito da dove chiamavo.
- Sono il commesso. Sto bene, ma è meglio se mandate qualcuno. Il proprietario lo posso avvisare io.
E così fu, avrebbero mandato una pattuglia che avrebbe raccolto la denuncia del ragazzo, anche se non sarebbe cambiato molto.
La polizia arrivò un'ora e mezza dopo, con tutta calma, mentre Klimt restava teso su quella sedia. Persino chiamare il signor Sahin era difficile, sapeva già che con l'ammanco dei soldi anche il suo stipendio era a rischio.
I due poliziotti lo riempirono di domande, come se stessero facendo sul serio, ma il rosso sapeva che con il tasso di criminalità del quartiere non avrebbero perso tempo lì. Hunters Point era buono solo per prostitute e drogati, per i senza tetto e se proprio la polizia aveva voglia di vedersela con qualcuno infastidiva la gente di colore o qualche vecchio barbone.
Fu alle cinque che Klimt ebbe finalmente il coraggio di fare quella telefonata al proprietario, era il momento, così si portò nuovamente il telefono all'orecchio.
Gli squilli furono meno del previsto e la voce assonnata del signor Sahin arrivò pigramente al ragazzo.
-Che succede?- chiese il vecchio armato del suo sesto senso.
-Un furto, signore. Sono mortificato – rispose il rosso.
-Tu stai bene? Perdi sangue da qualche parte? – chiese l'altro.
-Niente sangue. Ho già parlato con la polizia
-Arrivo.
Chiamata finita, ora toccava aspettare ancora, certo meno che con la polizia, ricordò Klimt a se stesso.
Il signor Sahin fu lì mezz'ora dopo, diede un'occhiata in giro, chiede al rosso cosa aveva visto e verificò la cassa, ormai totalmente vuota. Poi la parte peggiore, il proprietario si diresse sul retro, dove, dietro una montagna di scatoloni, c'era la cassaforte con i guadagni del mese. Se esisteva una speranza per il suo stipendio era lì dentro, Klimt lo sapeva. Ma come spesso era successo nella sua vita, la speranza era morta insieme al resto, il signor Sahin aveva uno sguardo serio quando venne fuori dal magazzino.
-Ragazzo, sono desolato. In cassaforte ci sono i soldi per l'affitto e i fornitori, non è rimasto nulla per te. Contavo sull'incasso di stasera per pagarti il mese ... ma quell'incasso ...
Sarà dentro le vene di qualcuno, immaginò Klimt, o sul comodino di una prostituta o da uno strozzino, dannati soldi.
-Non si preoccupi signor Sahin, vedrò di arrangiarmi. Non sono riuscito a prendere il fucile e quello aveva una pistola- disse Klimt.
-Fortuna che non ti ha sparato, il mio amico Usuf della macelleria è in vacanza con la moglie, dove avrei potuto portarti? – mormorò rammaricato.
-Giá, sono stato fortunato.
Poi il signor Sahin prese il portafoglio, in uno dei suoi atti di incredibile bontà e ne uscì una banconota da cinque dollari. Klimt la prese, intuendo che doveva essere una sorta di liquidazione per il trauma.
-Grazie mille, signor Sahin. Posso andare via ? Serve altro? – chiese.
- No, vai a casa a dormire un po' e domani sera prenditelo libero.
Così in pochi minuti Klimt fu fuori dal minimarket, inspirò lentamente e la puzza della strada lo investí in pieno, colse il sole sorgere pigramente e l'angoscia montare nel suo corpo. Tutto quello che aveva erano cinque dollari ed un affitto di quattrocento da sborsare entro il giorno dopo. Si sentì pervadere dalla vergogna al pensiero che avrebbe dovuto chiedere quei soldi a Nigel, anche se era solo un prestito, ma non c'erano altre opzioni per non gravare sopra il suo altrettanto squattrinato amico.
Cominciò a camminare verso casa del suo ragazzo, con la speranza che quel pomeriggio insieme non sarebbe stato turbato dalla richiesta di denaro, nonostante fosse uno che non possedeva quasi nulla, a Klimt non piaceva neanche avere debiti. Il vecchio padrone di casa era peggio di uno strozzino, non avrebbe mai concesso a Klimt una settimana di tempo per ricevere lo stipendio del secondo lavoro.
Quando inserí la chiave nell'elegante portone del condominio di Nigel cercò di lasciarsi alle spalle quella vicenda per il momento. Doveva almeno passare una giornata decente, se lo meritava.
Salì con l'ascensore fino all'appartamento, inserì la chiave nella toppa ed entrò lentamente, accertandosi di non fare rumore. Tutto stava procedendo bene, si tolse la giacca e lo zaino, poi si diresse in lunga di piedi in cucina cominciando a preparare la colazione. Toast, salsicce e omelette, il caffè tutto sistemato poi accuratamente su un vassoio e poi anche il CD in bella vista.
Pesava un po' ma Klimt lo trasportó fiero lungo il corridoio fino alla camera da letto, era socchiusa e dentro Nigel doveva ancora essere profondamente addormentato. Il rosso si accostò, spingendo l'anta e aprendosi la visuale nella stanza. Il letto fu la prima cosa che mise a fuoco nonostante la poca luce e poi...
-Cazzo- esclamò.
Così, senza riuscire a comprendere a pieno l'immagine davanti a sé, la sua bocca fu più veloce del cervello mentre elaborava la visione davanti a lui. Nigel dormiva profondamente, a petto nudo, coperto poco e niente dal lenzuolo, e proprio sulla sua spalla era appoggiata la testa di un altro ragazzo, altrettanto nudo. Ci vollero altri secondi prima che Klimt comprendesse che conosceva quel ragazzo, era un compagno di corso di Nigel, William, con cui era uscito spesso anche lui e che gli dedicava sempre grandi sorrisi e frasi di ammirazione.
Mentre si scopa il mio ragazzo, si disse tremante di rabbia.
Fu proprio quando la sua consapevole fu all'apice che Klimt lasciò andare il vassoio, giù, il suono dello schianto al suolo fece sobbalzare entrambi i corpi sul letto.
-Cristo Santo!- urlò Nigel mentre si guardava intorno confuso e William faceva altrettanto.
Poi i loro occhi si fermarono su Klimt ed il panico aumentò vertiginosamente.
-Klimt .... Cosa ... cosa – il ragazzo dai capelli castani era totalmente senza parole.
-Cosa ci faccio qui?!- lo aiutò Klimt con la voce che si sollevava di qualche ottava.
-Tu ... noi ...
Il rosso scosse la testa- doveva essere una cazzo di sorpresa! Per il nostro dannato ottavo mese insieme! Avevo preparato tutto!
Più parlava e più Klimt ricordava la merda che aveva dovuto sopportare nelle ultime ventiquattro ore, poi anche quello.
-Dammi una cazzo di motivazione!- urlò Klimt pieno di rabbia.
-Mi dispiace ... io e William, sai che siamo amici ... certe cose possono capitare.
Essere perennemente al verde, la rapina, niente stipendio, l'affitto da pagare, le bollette, venti fottuti dollari sprecati per quell'ingrato.
-Vaffanculoooo!!!- proruppe Klimt in una delle esplosioni di rabbia più intense del suo repertorio -vaffanculoooo, vaffanculoooo, vaffanculoooo!
Il rosso cominciò a saltare sui cocci e sul regalo comprato per Nigel mentre il suo corpo era pervaso dalla rabbia e quello dell'altro ragazzo era diventato pallido. Non lo aveva mai visto così, come molte altre persone del resto, Klimt sembrava così pacifico e razionale, tranne in certi momenti, quando il troppo diventava troppo oltre ogni misura.
-Datti una cazzo di calmata ora! – disse William incrociando le braccia – mi chiedo di cosa ti stupisci, credevi sul serio che a Nigel potesse bastare uno come te? Non ti rendi conto di quanto sei lontano dal suo mondo? Sei buono solo per correggere i saggi, senza offesa, ma noi siamo su un altro livello.
Quella frase lasciò Klimt pietrificato, era di questo che si trattava alla fine, come sempre: i soldi, da quale famiglia provieni e dove sei cresciuto. Il fatto che il rosso fosse in gamba non importava, il fatto che fosse uscito dalla merda con le sue mani o che fosse totalmente diverso dai soliti universitari con il cervello vuoto, non era comunque sufficiente. Lui era sempre feccia e persino Nigel lo vedeva così.
-Non dici niente?- chiese proprio al moro.
-Non è niente di personale Klimt, sul serio tu sei ok ma ... - fece una pausa in cui il ragazzo poté immaginare frasi della peggiore specie – senti, se ti va possiamo restare amici. Ti posso pagare se vuoi continuare a correggere i miei saggi.
L'ennesimo pugno allo stomaco, l'ennesimo orrendo sputo sulla sua dignità, probabilmente la sua rabbia aveva raggiunto ogni limite sopportabile e se avesse avuto una tanica di benzina in quel momento avrebbe dato fuoco alla stanza. Ma decise che era meglio voltare i tacchi ed uscire, si diresse verso la cucina dove aveva posato le sue cose, si rese conto che Nigel nemmeno lo aveva seguito.
Scosse la testa mentre attraversava il salottino diretto verso la porta d'ingresso, senza sapere perché ricordó uno dei tanti discorsi di Jules, quello che amava tirare fuori sempre quando erano nei guai: È solo il Karma, vedrai che troveremo un modo per riequilibrare l'universo. E poi i suoi occhi si posarono sul nuovo televisore di Nigel, quello di cui aveva parlato per mesi, cinquanta pollici, full HD e poi sorrise.
-E' solo il Karma, stronzo – mormorò prima di afferrarlo e gettarlo a terra.
Questo sicuramente lo avrebbe fatto alzare dal letto.
Entrare in casa dopo quella mattina assurda sembrò un oasi di pace, persino quel tugurio sembrava il paradiso. Jules doveva essere già uscito, la stanza era deserta, Klimt si gettò nel suo angolo, accucciandosi nelle coperte mentre sentiva il telefono vibrare ed un messaggio di Jules appariva sul piccolo schermo in bianco e nero.
"Come va la colazione piccante?:3"
Klimt dovette trattenere un conato di vomito: " Annullata"
Sapeva che quella parola non sarebbe mai sembrata abbastanza e infatti, una manciata di minuti dopo, il cellulare di Klimt squillava.
-Cosa diavolo è successo?!- chiese il moro allarmato.
Klimt esitò ma poi decide di dirlo – l'ho beccato a letto con un tipo, devono aver passato la notte insieme ...-
- Come? Cosa? Ma che figlio di puttana!– esclamò – ne avete parlato? Ti ha dato qualche spiegazione? Cazzo, eri pazzo di lui.
- Niente principe azzurro per me Jules, ci farò l'abitudine. Sono troppo povero e senza istruzione per i tipi del college – mormorò Klimt ripensando all'espressione compiaciuta di William.
- Ma che stronzata! Senti quando stacco dal lavoro torno subito a casa! Prendo anche una fetta di torta! Dobbiamo curare un cuore infranto- disse serio.
- Io sto bene Jules, non preoccuparti ... risparmia i soldi ...
Klimt esitò, era meglio non accennare niente della rapina a Jules per telefono, tendeva a farsi prendere dal panico davanti a notizie del genere, purtroppo avrebbe dovuto chiedere a lui i soldi per l'affitto.
-E pensare che gli avevi speso venti dollari- gli ricordó Jules con voce affranta.
-Giá, per quel CD di quel gruppo indie del cazzo ... l'ho anche fatto a pezzi ...
Risero brevemente, prima che entrambi, senza vedersi, mettevano su lo stesso sorriso malinconico.
-Ti devo lasciare ora, ci vediamo più tardi. Cerca di rilassarti un po' almeno, guarda qualche film al computer e resisti- gli raccomandó.
Klimt annuì – tranquillo, ci vediamo dopo.
La chiamata si chiuse ed il ragazzo sprofondò nuovamente nelle coperte, sentì poi un lieve rantolo e una serie di goffi passi lungo la stanza. Il Capitano Kirk era spuntato da chissà dove e ora di era piantato sulla pancia di Klimt a pretendere la sua dose di coccole e il rosso non obbiettò.
-Fortuna che uno scroccone come te non mi mollerebbe mai, vero? – disse al felino prima di tuffare la mano nel pelo morbido.
Le lezioni del professor Bosh erano sempre fonte di enorme ispirazione per Jules, l'uomo tirò su le serrande dell'aula nove nel silenzio più assoluto.
- Vi sto per lasciare un compito particolarmente arduo, ragazzi. Da qui in avanti metteremo da parte la teoria per introdurci davvero nel lavoro tecnico di uno sceneggiatore. Per questo motivo avrete un mese per prepararvi al meglio – l'uomo fece una pausa drammatica prima di rivolgersi nuovamente alla classe – vi dividerete in gruppi di tre persone e mi porterete uno spot pubblicitario bello e finito. Starà a voi scegliere l'oggetto della vostra réclame, ma badate bene di fare un lavoro all'altezza di questa Accademia, il punteggio che otterrete si sommerà al voto finale dell'esame. Sarà decisivo per passare l'anno e, non ho ancora finito, ci sarà un grosso compenso per lo spot che si aggiudicherà la vittoria. Come si suol dire ... il denaro muove il mondo.
- Non era l'amore? – Simon lanciò un'occhiata divertita a Jules, l'eccitazione era palese negli occhi dei ragazzi che adesso liberavano in fretta la stanza.
- Domani avrete alcune delucidazioni sul progetto, ma vi consiglio di iniziare già ad organizzarvi e di farmi avere la lista completa di chi intende partecipare. Sceneggiatore, addetto al montaggio e perché no ... trovate qualcuno che sappia tenere una dannata cinepresa in mano. Niente lavori mediocri, risparmiatemi una figura di merda davanti alla commissione.
- Parole incoraggianti, insomma – Elly si accostò a Simon e Jules, ancora piuttosto sotto shock davanti alla porta dell'aula – ovviamente dovete prendermi tra voi. Monterò tutto quello che la magnifica cinepresa di Simon riprenderà, sotto le fantastiche direttive del nostro Jules. Il premio sarà nostro.
- Wow ... finalmente ci permettono di scendere in campo. Iniziavo a credere che non sarebbe mai arrivato questo momento – Jules era su di giri, aveva talmente tante idee in testa che avrebbe voluto tornare immediatamente a casa per buttare giù un primo copione, ma il lavoro al Charmers lo attendeva, puntuale come ogni venerdì pomeriggio.
- Dobbiamo metterci sotto il prima possibile. Jules tu fatti venire in mente qualcosa di figo ... sono sicuro che quei ricconi del cazzo spenderanno un sacco di soldi per cercare degli attori decenti e delle location ricercate. Sarà difficile spuntarla quando non abbiamo neanche un dannato dollaro da investire, ma se c'è qualcuno in cui credo sei tu ...
- Wow, non mi hai messo pressione per niente – commentò il moro, mentre metteva in spalla lo zaino e si preparava a spiccare una corsa – ci aggiorniamo domani, adesso devo scappare. Cazzo, sono già in ritardo per il turno al locale. Ci sentiamo più tardi!
Jules era già in strada a quel punto, in fretta e furia inviò un vocale alla collega con cui impartiva lezioni di yoga durante il fine settimana. Lo stipendio era piuttosto scarso, ma andava bene per arrotondare un po' e concedersi qualche spesa fuori dall'ordinario. Non se la sentiva di lasciare Klimt da solo, non dopo quanto era successo con Nigel, voleva provare a tirargli su il morale e per quel motivo aveva deciso di trascorrere la serata con il suo coinquilino, chiedendo alla sua collega se fosse disponibile a sostituirlo per la lezione serale.
La risposta fu affermativa, Jules tirò un sospiro di sollievo e si preparò mentalmente ad organizzare una bella serata all'insegna di vecchie commedie inglesi e dolcetti del Charmers. Avrebbe preso la millefoglie alla crema, la preferita di Klimt.
Non appena mise piede al locale, Fiona lo redarguì con un'occhiataccia.
- Lo so, sono in ritardo. La lezione è durata più del normale, scusami ... ho fatto il prima possibile. Mi metto subito al lavoro.
- Già, ti conviene. E ricordati che ti sto già facendo un favore a pagarti il mese in anticipo ... non abusare della mia gentilezza.
Jules stirò le labbra in un sorriso freddo, doveva farsi forza, da lì a meno di sei ore avrebbe avuto il suo stipendio tra le mani e ogni cosa sarebbe andata meglio. Così si mise al lavoro, ignorando le occhiate infelici dei suoi colleghi, sapeva che parlavano di lui alle sue spalle. Tutti lo consideravano il cocco della proprietaria, nonché quello che riceveva le mance più alte tra i clienti, quindi serpeggiava ormai un certo malessere tra lo staff.
Anche quel pomeriggio trascorse in fretta, Jules si muoveva velocemente e con attenzione, evitando come sempre foglietti con numeri di telefono sopra e dichiarazioni piuttosto imbarazzanti in momenti poco opportuni. Quella era la sua routine al Charmers. Il locale era stato preso d'assalto come sempre, stava sparecchiando un tavolo vicino all'entrata, perso tra i suoi pensieri, quando una voce conosciuta lo riscosse.
- Un Martini Dry.
Jules si voltò lentamente verso il bancone, per un attimo rimase stordito nell'associare la voce dell'uomo sconosciuto a quella di qualcuno con cui aveva chiacchierato quasi ogni pomeriggio nell'ultimo mese. Quello era di spalle, indossava un completo elegante blu chiaro che cadeva perfettamente sul corpo tonico dell'uomo. I capelli brillavano sotto la luce naturale del sole ormai sul punto di tramontare, erano chiari, dello stesso colore del miele, lisci e tirati all'indietro in una pettinatura da divo hollywoodiano. Sembrava venuto fuori da uno di quei colossal in bianco e nero che Jules guardava ossessivamente.
Era rimasto immobile, il vassoio pesante tra le mani e i piedi piantati a terra, incapaci di muoversi.
- Blake! Nessuno ci ha detto che stavi già tornando! Vieni qui, siediti almeno per un attimo ... raccontami della Costa Rica
Fiona non era mai stata così felice di vedere qualcuno, notò Jules, mentre dentro di lui montava il desiderio di presentarsi a quell'uomo.
- Cosa vuoi che ti dica. Alcol a fiumi, feste fantastiche, spiagge mozzafiato, donne sexy, uomini ancora più sexy ... cose di cui ci si annoia in fretta.
Quella voce ... dal vivo era diversa, ancora più intensa, se è possibile.
- Eppure non sei per niente abbronzato! Sei pallidissimo, Blake.
L'uomo rise appena, poi afferrò il drink e lo portò alle labbra – Io sono una creatura notturna, lo sai bene. Disdegno la luce del sole.
A quel punto Fiona notò finalmente l'immobilità di Jules, la sua espressione divenne confusa – Ehi, tutto bene, bella addormentata? Aspetti che quel tavolo si pulisca da solo?
Il ragazzo non ebbe il tempo di prepararsi psicologicamente, in poco meno di due secondi gli occhi di Blake furono su di lui. Si voltò, attratto dalle parole di Fiona, e a quel punto Jules rimase ancora più esterrefatto. Lo sconosciuto era perfino più bello di quanto avesse mai potuto immaginare ... e aveva fantasticato parecchio su quell'incontro. Un viso dalla mascella appena squadrata, labbra carnose, dalla forma perfetta e occhi chiari, forse tendenti al grigio, uno sguardo attento che in un attimo si tramutò in un'occhiata quasi ostile.
Il saluto morì sulla bocca di Jules, rimase perplesso, il cuore in gola e lo stomaco stretto in una morsa per la tensione di quell'incontro. Perché quell'uomo continuava ad osservarlo in quel modo? Non riusciva neanche a spiegare cosa fosse quello sguardo, era un misto di sorpresa, rabbia e tristezza allo stesso tempo.
- Lui è Jules, il nostro nuovo cameriere. Se non mi sbaglio eri già partito quando è stato assunto. E' un caro ragazzo, anche se ha qualche problema con la puntualità ... vero, Jules?
Fiona parlava e nel frattempo continuava ad asciugare i bicchieri con naturalezza, del tutto ignara di quello scambio di sguardi.
- I-io ... piacere - biascicò il ragazzo, non aveva idea di come sfuggire a quella situazione. Aveva puntato la sua attenzione sul tavolo, combattendo contro una piccola macchia di caffè. Nonostante tutto poteva ancora percepire lo sguardo di Blake perforarlo da parte a parte.
Qual era il suo problema? Perché continuava a fissarlo in quel modo?
- Oh no, è arrivato il fornitore. Devo andare subito a parlarci, Jules occupati tu di Blake. I soliti cappuccini da portare, no?
Il ragazzo tremò, i suoi colleghi stavano sgobbando fuori e lui era l'unico rimasto lì dentro, eccetto Blake e una coppia di studenti in fondo alla sala. Prese un profondo respiro e si diresse verso il retro del bancone, lì dove lo sguardo dell'uomo sarebbe stato ancora più diretto e insopportabile. Non lo guardò, gli diede subito le spalle e iniziò a preparare i cappuccini da portare.
Lo sentì schiarirsi la voce – Finalmente ci conosciamo. Sai, al telefono avevi già destato la mia attenzione, ma vederti qui in carne e ossa è tutta un'altra storia.
Jules era del tutto impreparato a quel cambiamento di modi, si voltò per ritrovare un Blake del tutto diverso. Il viso rilassato, le belle labbra piegate in un sorriso vagamente malizioso, aveva smesso di fissarlo con ostilità, anzi il ragazzo iniziò perfino a chiedersi se quell'ostilità non fosse stata frutto della sua immaginazione. Rimase impantanato in quegli occhi grigi, troppo attenti.
- Era così che mi immaginavi? – era il suo turno di mostrarsi sicuro e per niente intimidito dai modi del più grande.
- Cosa ti fa pensare che io ti abbia immaginato? – Blake stirò le labbra in un sorriso appena sadico, poi si protese sul bancone, avvicinando casualmente le dita a quelle ancora immobili del più piccolo.
- Perché io l'ho fatto – nessuna esitazione, Jules lo fissò con sguardo fermo, tanto che l'altro parve colpito.
- Sai che ti dico? Io e te dovremmo assolutamente approfondire l'argomento in un luogo più intimo. – la voce di Blake era bassa e carezzevole mentre tirava fuori un biglietto da visita e un secondo foglietto. Jules li afferrò con un sorrisetto intrigato tra le labbra.
- Cos'è questo?
- Il Sinner, dici? E' un locale davvero molto interessante. E' aperto ogni week end... fa il mio nome all'entrata e verrai trattato da Dio. Vediamoci nel mio privé domani.
- Non mi starai per caso rimorchiando, Blake Cooper? – aveva appena scoperto il suo cognome leggendolo sul biglietto da visita, gli piaceva come risuonava nella sua stessa bocca. Quell'incontro si stava facendo ogni istante più interessante.
- E' esattamente quello che sto facendo.-
Diretto in modo spaventoso. Jules non aveva mai incontrato un uomo tanto sfrontato e privo di pudore, ma allo stesso tempo non riusciva a sentirsi a disagio. Era intrigato, il suo stesso stomaco si stava rivoltando in fitte piacevoli quanto appena dolorose, segno che quel Blake gli interessava anche troppo. Il silenzio calò tra i due, entrambi erano troppo presi a studiarsi, qualcosa incrinò il sorriso del più grande, infatti distolse in fretta lo sguardo, quasi come se si fosse improvvisamente bruciato.
- Adesso è meglio che vada, ho una montagna di lavoro che mi attende in ufficio. – poi si stiracchiò appena e si mise su con un movimento fluido. Bevve il suo ultimo sorso di Martini e afferrò i cappuccini da portare – a domani allora. E non farti attendere troppo, non sono un tipo paziente.
- Non mi pare di aver detto che sarei venuto di sicuro – lo provocò Jules, per niente desideroso di tornare al suo triste lavoro. Voleva prolungare quel momento il più possibile, se avesse potuto avrebbe seguito quello sconosciuto immediatamente.
Blake lo trovò divertente – Vorrà dire che domani pomeriggio tornerò a tormentarti fino a quando non avrò un sì.
- Credevo che non fossi un tipo paziente ... - gli fece notare il più piccolo.
- Ma sono ostinato.
- Sei solo abituato ad avere tutto, li conosco quelli come te – buttò lì Jules con poca delicatezza. Per un attimo si pentì di quelle parole troppo dure, soltanto per notare che non avevano scalfito per niente Blake, anzi sembrava del tutto incurante del suo giudizio, forse perfino divertito.
- No, non li conosci quelli come me, credimi.
Una frase secca, l'ultima che pronunciò prima di andar via, ma l'aveva detta con talmente tanta convinzione che fu impossibile per Jules dubitare della sua veridicità. Chi era quel tipo? Voleva solo atteggiarsi o faceva sul serio? C'era qualcosa di spiazzante in lui, questo era poco ma sicuro.
L'incantesimo che Blake aveva gettato su di lui durò parecchio, Jules trascorse le sue ultime due ore di lavoro con la testa tra le nuvole e quella strana sensazione di ansia allo stomaco che non voleva più lasciarlo. Soltanto trovarsi tra le mani lo stipendio mensile poté attenuare il peso di quell'incontro così speciale. Aveva il suo millefoglie da mangiare con Klimt e finalmente era pronto per tornare a casa. Una serata tranquilla, niente uscite o incontri con quelle sue conoscenze di Tinder, avrebbe dedicato tutto sé stesso al suo amico.
Un gruppo enorme di studenti lo aveva fatto ritardare più del normale quella sera, così aveva perso il primo notturno che lo avrebbe riportato a casa. Jules si guardò intorno sbuffando, non aveva alcuna intenzione di aspettare la coincidenza delle ventidue e trenta, mancava ancora più di mezz'ora.
- Al diavolo, ci vado a piedi, cazzo.
Simon gli aveva parlato di una scorciatoia tempo prima, gli avrebbe fatto risparmiare dieci minuti buoni, anche se non era certo di ricordare la strada esatta che lo avrebbe portato nei dintorni del suo quartiere. Beh, se Frodo era riuscito a raggiungere il Monte Fato ... certo, non c'era nessun Sam a sostenerlo durante quel viaggio solitario verso il suo appartamento fatiscente, ma Jules credeva abbastanza in sé stesso da tentare quell'avventura.
Peccato che il destino sapeva essere ironico a volte. Bastò confondere una traversa per un'altra, infilarsi in un dedalo di viuzze sempre più buie e lontane dalla strada ... perdersi era semplice. Quasi quanto imbattersi in una banda di spacciatori incazzati e sospettosi.
Erano in quattro. Jules capì di aver fatto un enorme errore, ma era troppo tardi per tornare indietro.
Non era necessario che tirassero fuori le pistole, lo avevano già accerchiato e non c'era alcuna via di scampo a quel punto.
- Tira fuori la grana se vuoi tornartene a casa sulle tue gambe.
Jules sospirò teatralmente, adesso sì che si sentiva il degno protagonista di un film tragicomico.
- Lasciatemi almeno la millefoglie.
Era un idiota. Ma l'involucro non venne toccato.
ANGOLO AUTRICI:
Buongiorno e buon capitolo! Siamo al secondo atto di quella che ormai sembra una storia tragicomica XD I nostri due tristi e squattrinati protagonisti stanno per diventare ancora più tristi e squattrinati! Voi come pensate che affronteranno la triste realtà di non avere più nemmeno uno stipendio? XD Come sempre aspettiamo i vostri commenti, diteci cosa pensate di Jules e Klimt e del misterioso Blake! Grazie a tutti i nostri lettori che seguono questa storia con entusiasmo!
Alla prossima settimana con un nuovo e disagiato capitolo!
BlackSteel
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