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Kureto Hiiragi

(T/n)=Tuo nome

Fui svegliata da un movimento accanto a me. Mi alzai assonnata. "Kureto?" Sussurrai. "Sto andando a lavoro (T/n)." "Non è presto?" "Non è mai troppo presto. Anzi, penso che tu debba seguire il mio esempio." Si chinò baciandomi. "A più tardi." E uscì. Tornai a stendermi sul letto. Come al solito il lavoro veniva prima di ogni altra cosa per lui. Avrei voluto che qualche volta potesse passare più tempo con me, non mi sembrava di pretendere molto da colui che, in teoria, era il mio ragazzo.

Quando mi recai anch'io al quartier generale della compagnia demoniaca della luna decisi di passare dal suo ufficio. "Ciao Kureto." Dissi sorridendogli mentre entravo. "(T/n) che ci fai qui?" Chiese Kureto sorpreso. "Vi lascio soli. Possiamo continuare dopo." Disse Shinya dirigendosi verso la porta. "No, Shinya. (T/n)?" "Ti andrebbe di mangiare insieme a pranzo?" Chiesi speranzosa. "No, non posso. Ci vediamo stasera a casa. E non venire più a disturbarmi. Sono impegnato." Gli sorrisi e usciì nascondendo quanto in realtà quelle parole mi avessero ferita. Era impegnato, doveva lavorare, aveva di meglio da fare. E mai una volta che provasse a trovare del tempo per stare con me.

Mi impegnai a preparargli una bella cenetta nella speranza che potesse apprezzare. Attesi invano finché la stanchezza ebbe la meglio. Mi chiedevo quando e se sarebbe mai tornato a casa e mi addormentai.

Al mio risveglio non trovai Kureto, ma un bigliettino.

Molto gentile da parte tua attendermi sveglia, davvero. Visto che ho molto da fare mi sono recato presto in ufficio, non avrei voluto destare la principessa dai sui sogni.

Scoppiai a piangere poi, tanto per migliorare la situazione, fui costretta ad andare in bagno a vomitare. "Ormai peggio di così..." mi dissi mentre mi recai anch'io a lavorare. Questa volta non passai da Kureto, se l'avessi fatto avrei peggiorato tutto e io, nonostante tutto non volevo perderlo. Perché io lo amavo. Mi sentivo strana, un po' stanca. Forse era per tutto quello che stava succedendo con Kureto. "(T/n), tutto bene? Sembri pallida..." "No, Shinya, sto..." Ma non stavo per niente bene e sarei caduta se Shinya non mi avesse presa. "(T/n) non stai bene! Ti porto a farti visitare!"
"È grave?" chiesi al dottore. "No, stia tranquilla nelle sue condizioni è normale. Le consiglio di stare a riposo." Lo guardai confusa. "Nelle mie condizioni?" Chiesi titubante. "Non lo sapeva? Lei è incinta." Sgranai gli occhi. "Incinta?" "Si, le prescrivo un'ecografia, così vediamo come va." "O-okay..." Dissi, ancora scioccata. E adesso? Come lo dicevo a Kureto? E come avrebbe reagito? Forse sarebbe stato meglio dirglielo subito, non potevo certo continuare l'attività nell'esercito.
Mi recai nel suo ufficio trovandolo solo. "Bene, (T/n). Penso che dovremmo parlare. A partire dal tuo comportamento in questi ultimi giorni, dovresti renderti conto che uno come me non ha bisogno di una come te." Il mio cervello impiegò un secondo di troppo a registrare l'informazione. No, non poteva dire sul serio. "Kureto io vorrei solo che mi dimostrassi che per te sono importante. Non lo pretendo sempre, solo..." "Non posso stare con una persona che ha ancora una visione romantica della vita. Ti credevo diversa. È ora di finirla." Lo guardai scioccata. "Kureto non..." E sentiì le lacrime scendere sulle mie guance. "Vattene, (T/n)." Per un attimo, disperata, fui presa dal desiderio di scappare, ma se l'avessi fatto non gli avrei mai detto quello che avevo appena scopeprto. "Sono incinta." Gli sussurrai e corsi via, senza attendere una risposta.

Le successive ore furono dure per me, continuavo a dirmi che avevo sbagliato, non sarei dovuta scappare in quel modo. Una parte di me sperava che Kureto cambiasse idea, ma sapevo che sarebbe stato difficile. Sentiì la porta di casa aprirsi e io rimasi seduta sul divano, in attesa del verdetto. L'uomo che ancora amavo si sedette accanto a me. "Hai mangiato?" Scossi la testa. "Non va bene. Ora devi occuparti anche del bambino. Preparo la cena." Non sapevo se fosse una cosa positiva o negativa, ma ben presto mi fu tutto chiaro. Kureto mi disse che sarei stata congedata dall'esercito, si sarebbe preso cura di me e del bambino perché non poteva abbandonarmi.

E io come una stupida pensai che fosse un bene, che c'era speranza. Ma niente era più come prima. Si occupava di me e tutto quanto, ma era sempre freddo e distante e io ad un certo punto rinunciai. Io portavo in grembo suo figlio ed era un suo dovere occuparsi di me. Tutto qua. Niente romanticismo.
E finalmente arrivò il giorno del parto, fu lungo e difficile, eppure poco prima di iniziare a spingere Kureto entrò nella sala farfugliando una qualche scusa e dandomi un bacio sulla fronte. Ero troppo presa dal dolore e in un primo momento non vi feci caso. "Brava, (T/n), stai andando benissimo." Ero contenta che fosse venuto a sostenermi. Un pianto rieccheggiò nella sala. "È una femminuccia." E me la diedero in braccio. Io ero rapita dalla bellezza di quella creatura. "È bellissima. E tu sei stata bravissima. Sono fiero di te." Kureto mi sorrise. "E adesso? Mi odi perché ho dato alla luce una bambina?" "(T/n)...io...ti chiedo di perdonarmi. Non so che cosa mi è preso. Mi dispiace. Mi ami ancora?" Annuiì. "Come puoi?" "Non lo so." Risposi tra le lacrime. "Allora ricominciamo. Tutti insieme. Io...ti prometto che cambierò." Prese la mia mano nella sua e la baciò. "Ti amo, (T/n)." "E allora proviamoci." Dissi sorridendo.

26/03/2017

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