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Tre

31 Agosto, ore 20:20
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Ho dormito per quasi tutto il viaggio in aereo, avevo davvero bisogno di recuperare il sonno perso.
Adesso sono pronta per affrontare quest'ultima parte della giornata.

Improvvisamente sento una forte scossa sotto di me: siamo atterrati e anche in modo molto brusco.
L'aereo è atterrato con venti minuti circa di ritardo per via del mal tempo.
Fortuna che ho dormito, ho una gran fifa di volare io!

Mia madre invece è rimasta sveglia durante tutto il viaggio e a prima impressione sembra essere davvero felice. Come se non le fosse successo nulla, come se stessimo andando ad una vera e propria vacanza...
Non voglio rovinarle quel momento di spensieratezza, dunque mi limito a chiederle come abbia passato il viaggio e lei mi risponde, con aria alquanto assente, con un semplice "bene": è troppo intenta a guardarsi intorno stupefatta.

Da uno dei finestrini dell'aereo riesco, senza alcuna difficoltà, a notare una coda lunghissima di grattacieli che illuminano l'intera visuale della città di piccole luci rosse e blu. Davanti ad essi invece scorgo alcuni tigli verdi appena piantati che fungono da recinto ad uno dei tanti parchetti della città: un paesaggio mozzafiato per una come me che proviene dalla periferia.

Scendiamo le scale del velivolo e ci dirigiamo eccitate verso l'uscita.
Qui troviamo uno strano tizio con una bandiera italiana alle spalle che saluta nella nostra direzione...non capisco se sia davvero diretto a noi quel saluto, non stiamo aspettando nessu-

Vedo mia madre correre a gambe levate verso il ragazzo.
Sembra essere un mio coetaneo, forse poco più grande. È alto, muscoloso, moro e con occhi blu. Un figo da paura.

Mamma lo abbraccia e gli dice qualcosa che non riesco a capire bene da lontano.

Okay sono confusa.

Cosa mi sta nascondendo mia madre? Chi è quel ragazzo? Cosa ci fa lì?

Rimango immobile per cinque minuti cercando di trovare delle risposte a quelle domande. Niente.

Quindi mi dirigo verso di loro e nemmeno il tempo di arrivargli accanto che sento una forte stretta da dietro togliermi il respiro per un attimo: <<Ciao cuginetta! Quanto mi sei mancata...sei cresciuta davvero tanto e wow, che schianto che sei diventata!>>

Cuginetta? Ma chi è questo che si crede mio cugino?!

<<E tu chi saresti?>> rispondo io con fare minaccioso.

Non può essere mio cugino, i miei non me ne hanno mai parlato, non può essere vero.

<<Mi chiamo Jace Brown e sono tuo cugino di primo grado, sono figlio del fratello di tua madre>> risponde ridacchiando.

Guardo mia madre per un attimo: si sta accarezzando il collo e quando lo fa vuol dire che è imbarazzata e che sta nascondendo qualcosa.

<<Mi devi spiegare tutto>> dico acida. Annuisce leggermente e vaga risponde: <<A questo ci penseremo quando saremo arrivati a casa di tuo cugino.>>

Sono arrabbiata e contenta allo stesso tempo. Arrabbiata perché mia madre mi ha nascosto questa faccenda per troppo tempo ma contenta perché ho sempre desiderato avere un cugino o un fratello più grande di me. E poi diciamolo, è davvero bello.

Mi guardano entrambi con viso interrogativo, forse perché ho lo sguardo fisso su mio cugino e la bocca aperta. Quasi sbavo. Che stupida che sono!

Scaccio via quel pensiero e ritorno in me: <<C-cosa avete da guardare voi?!Stavo solo osservando l'insetto gigante sul naso di Jace, sì proprio così, quell'orribile insetto gigante>> dico impacciata.

Scoppiamo tutti e tre a ridere di gusto. Sanno che era solo una scusa... Jace non ha nessun insetto sul naso ma per fortuna non dicono niente.
Iole, potevi inventarti una scusa più credibile.

Prendiamo l'autobus più vicino a noi per arrivare al centro di Indianapolis, la capitale. Ci avremmo impiegato circa quindici minuti.
Percorriamo la S. Perimeter Road per circa nove chilometri per poi prendere la South High School Road e arrivare all'Extended Stay American Hotel.

Mia madre dice che è di loro proprietà e che noi avremmo alloggiato in una delle stanze dell'albergo per un po'.

Saremmo state in un albergo a cinque stelle e perlopiù di nostra proprietà, si può dire!

Non credo alle mie orecchie.

Jace così ci accompagna all'ingresso dell'hotel dove si sarebbe tenuta una festa di benvenuto in nostro onore: mi ritrovo a percorrere un lungo tappeto di velluto rosso che si fa strada lungo il salone per almeno una cinquantina di metri (talmente è grande).
Alle pareti di sinistra, dipinte di rosso e decorate con motivi in oro, sono appesi numerosi quadri di vari pittori famosi. Van Gogh, Monet, Renoir, Munch... sembra quasi di essere in un museo.
Nella parte destra del salone vi è invece un enorme divano a C nero in pelle e una tv che, con tutta la sua maestosità, occupa l'intera parete destra.

Ecco che improvvisamente sento brontolare il mio pancino. Nella parte centrale del salone è apparecchiata un'immensa tavola piena di delizie. I miei occhi brillano alla vista di tale splendore.
Le emozioni che ti da il cibo solo poche altre cose sono capaci di dartele. Tipo il sesso.

Una voce mi riporta coi piedi per terra. È Jace che mi sta presentando i suoi, cioè i miei zii: <<Lei è Caroline Cook, mia madre nonché tua zia, Iole.>>

È una signora sulla cinquantina davvero molto raffinata sia nei modi che nel vestirsi, ha i capelli corti e brizzolati che le incorniciano il viso privo di rughe e dei piccoli occhi
blu notte che ti fulminano col solo sguardo, davvero misteriosi.

<<Io mi chiamo Iole Adams, come credo tu ben sappia, piacere di conoscerti>> le rispondo.

<<Il piacere è tutto mio, Iole>> mi ha detto con aria pressoché di sfida, chissà perché... magari non le sto molto simpatica.
Faccio un sorrisino forzato per non destare sospetti e poi passiamo al padre di Jace, mio zio: <<Questo è tuo zio Darrel Brown. Avrai modo di conoscerlo meglio in questi giorni, è davvero un simpaticone.>>

È vero, mio zio è proprio divertente, tanto che risponde: <<Chi? Io un simpaticone? Beh, si vede che non ha ancora visto niente del vecchio Bru...>>

Chi è il vecchio Bru?

Jace sembra avermi letto nel pensiero dato che subito risponde alla mia domanda: <<Quello è il soprannome di papà per quando è ubriaco... non gli si può stare accanto qualora sia in quelle condizioni. Se non vuoi ridere, lui ci riuscirà comunque e a quel punto non la smetterai davvero più. È scientificamente provato.>>

Scappa a tutti una risatina compiaciuta tranne a zia Caroline che, annoiata da queste "stupidaggini" (lei le intende così), cerca di velocizzare e decide di accompagnarci subito nella nostra camera.

Percorriamo un lungo corridoio che collega la hall al resto dell stanze, svoltiamo a destra ed eccoci arrivati.

<<Ecco questa è la vostra stanza, la numero otto>> risponde Jace.

Per fortuna siamo al primo piano, ce ne sono ben quattro nell'hotel ma sicuramente l'hanno pensata per mia madre, viste le sue condizioni: è davvero distrutta, ha le borse agli occhi e sbadiglia in continuazione. Per questo nessuno di noi si è permesso di dilungare ancora il discorso.

Sono le 23:00, dunque ci salutiamo e io e mamma ci chiudiamo la porta alle spalle, posiamo le valigie senza disfarle e ci buttiamo entrambe sul letto: cadiamo subito in un sonno profondo.

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