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6. Tu o io... che differenza fa?

Tom

Mina sbuffava con vigore mentre camminavamo verso casa. «Non dovremmo lasciarlo andare da solo», borbottò indicando con lo sguardo Luca, diversi metri più avanti. «Se sua madre lo viene a sapere, ci fucilerà sulla porta di casa. Lo sai com'è apprensiva.»

«E se Luca scopre che la madre ci ha chiesto di tenerlo sempre d'occhio quando usciamo, ci fucilerà lui per primo. E comunque è laggiù in fondo, lo vedi? Lo controlliamo a distanza», le feci notare.

«Secondo me è cambiato negli ultimi tempi. Prima era molto più sorridente e quando lo difendevamo, allora lui ci ringraziava.»

«Gli passerà...»

Mina sfiorò per l'ennesima volta la guancia gonfia, ma ritrasse subito la mano. «Se penso che hanno minacciato di sospendere me invece che Colosso...» ringhiò nervosa.

«Già, è assurdo. I Drughi dovrebbero esplodere come in un film di Michael Bay.»

«Michael chi?»

Alzai gli occhi al cielo per l'esasperazione. «Guardiamo film insieme da quando abbiamo sei anni e ancora non lo conosci? È il regista di Pearl Harbor, Transformes, Armageddon...»

«Ah sì, quello che fa esplodere sempre tutto.»

«Quei quattro la fanno sempre franca in un modo o nell'altro. Avrebbero bisogno di qualcuno che dia loro una bella lezione. Quasi, quasi inizio ad andare in palestra a farmi i muscoli, così poi se la vedranno con me.» "E tu non dovrai più finire in questo stato."

«Lo dici sempre e poi non lo fai mai. Non ti ci vedo in palestra, sai?» Mi studiò aggrottando le sopracciglia.

«E perché?»

«Perché tu odi fare sport.»

«Beh, potrebbe iniziare a piacermi.»

«Potresti seguire un corso di boxe, ma dovresti fare anche pesi e sollevamenti per aumentare la massa muscolare e dell'attività aerobica per...»

«Mi sento già stanco solo a sentirne parlare.»

Ridemmo insieme, ma la sua risata si interruppe quando la guancia si alzò troppo. «Cazzo, fa male.»

A ogni suo minimo lamento, sentivo montare in corpo una furia che non avevo mai provato prima. Non sopportavo il pensiero di Colosso che si accaniva su di lei. Prima o poi, i Drughi me l'avrebbero pagata per quello che avevano fatto a Mina... alla mia Mina. Nonostante passassi almeno dieci ore al giorno a litigare con lei e a volerla schiaffeggiare per quanto sapesse essere irritante, nessuno doveva toccarla senza il mio permesso. «A casa metti subito un sacchetto di ghiaccio e vedi che sgonfierà.»

«Ma quale sacchetto... Dovrei riempire una vasca da bagno di cubetti e immergermi. La nonna mi scorticherà viva appena entrerò in cucina.»

Scrollai la testa e mi avvicinai a lei. Le presi la mano e la infilai nella tasca della mia giacca. Era calda, come la mia. «Avrei dovuto farlo io, non spettava a te. Mi dispiace.»

Un poco rigida, attese qualche momento prima di parlare. Si guardò intorno e poi rilassò le dita tra le mie. Non facevo mai quel gesto in mezzo agli altri, o con Luca a tiro di sguardo. Tutti avrebbero subito frainteso, invece Mina sapeva. Non fraintendeva mai. A volte riuscivamo a dirci molto di più con quelle due mani intrecciate che con le parole. «E cosa sarebbe cambiato? Ora avresti tu la faccia che sembra un pallone. Tu o io... che differenza fa?»

Tu o io... che differenza fa?

«La differenza è che tua nonna mi adora. Mi avrebbe fatto una lavata di capo e poi per cena mi sarei comunque aggiudicato la fetta più grande di torta al limone.»

Ormai eravamo quasi arrivati alla fine della strada. Luca attraversò davanti a casa sua, non si voltò per vedere dove fossimo ed entrò dal cancello già aperto. Sua madre era piantonata alla finestra, come tutti i giorni in cui il figlio usciva con noi. Era la donna più ansiosa del pianeta e Luca questo non lo sopportava affatto. Da quel vetro incorniciato di tendine bianche in pizzo, lei lo aspettava al ritorno da scuola, quando tornava da casa di Mina o dalla mia piscina, quando andavamo insieme alle giostre... Per di più non gli permetteva mai di dormire da noi. Eppure, nonostante questo, era una donna dolcissima. Invidiavo quella famiglia unita e ciò che legava i suoi genitori. Mia madre tornava solo per qualche giorno al mese e quasi non ricordavo un tempo in cui lei e mio padre avessero vissuto insieme. L'uomo da cui avevo preso il cognome, io lo incontravo solo qualche giorno durante le mie vacanze estive, ma negli anni avevo capito che per me sarebbe sempre stato poco più che un estraneo.

Prima di entrare in casa, Mina tolse la mano dalla mia giacca e mi diede un'occhiata carica di timore. Mi feci avanti per primo e lei mi seguì. Purtroppo, Melania era proprio accanto alla porta e lo schiaffo arrivò a colpire la nipote senza darle nemmeno il tempo di accorgersene. «Ti rendi conto di quello che hai fatto?!»

Era furiosa, i grandi occhi neri sembravano uscire fuori dalle orbite. Per fortuna aveva preso la guancia sana. Mina restò di sasso, colta alla sprovvista. «Essere chiamata dal preside perché hai picchiato una compagna a scuola! È inammissibile, dovresti vergognarti!»

Mi misi subito in mezzo. «Mina non c'entra, è stata...»

Il suo sguardo severo mi impedì di continuare. «Non ti azzardare a difenderla questa volta.»

«Non è stata colpa mia, nonna! Mi hanno provocata.»

«Non mi importa! Sono stanca di essere convocata dai professori per la tua condotta. Prima era il tuo rendimento scolastico, poi salti la scuola senza dirlo a nessuno, e adesso fai le risse?! Siamo solo al primo anno, al quinto che cosa farai?»

Mina aveva gli occhi lucidi, provò ad aprire bocca, ma la nonna la anticipò. «Non ti azzardare a fiatare. Ora prendi un sacchetto congelato dal frezeer, lo metti sulla guancia e vai in camera tua senza nemmeno pranzare. Non ti voglio vedere fino alla cena di stasera.»

Si voltò di scatto. Non l'avevo mai vista così furiosa e fuori controllo, nemmeno due anni prima, quando aveva saputo che io e Mina avevamo allagato i bagni della scuola otturando tutti gli scarichi dei lavandini. Non ci degnò più di uno sguardo e tornò in cucina per finire di occuparsi del pranzo. Mina evitò la mia mano sulla spalla. Rossa in volto e prossima al pianto, si affrettò a prendere un sacchetto dal freezer e filò al piano di sopra ancora con la giacca e lo zaino senza dire nulla. Ecco, quello era uno dei rari momenti in cui mi pentivo di vivere insieme a loro. Non sapevo mai come comportarmi e non potevo ignorare la sensazione di sentirmi un intruso nelle loro liti familiari.

Dalla cucina, sentii Melania lamentarsi. Doveva essersi tagliata con il coltello mentre preparava le verdure.

«Maledizione!»

Mi avvicinai con cautela nella speranza di non essere affettato in quattro. «Prepari il soffritto con aggiunta di pollici?»

Non rispose, non mi degnò di uno sguardo. "Ok, non è il momento per le battute." «Ti sei tagliata?»

Mise il dito sotto l'acqua fredda. «Sì, ma non è niente.»

Melania aveva gli occhi grandi, Mina li aveva ereditati da lei. Così scuri che nei giorni di nuvole parevano quasi neri. In quel momento somigliavano ancora di più a quelli della nipote, bagnati di lacrime. Il misero taglietto non poteva esserne la causa.

«Mi dispiace quando litigate voi due.»

Mi voltò le spalle e si avvicinò al cassetto dei medicinali per cercare un cerotto. «Voi non riuscite a capire... io non sono sua madre, ma per me lei è come una figlia. Il giudice ha voluto darmi l'affidamento perché ha creduto di potermi dare fiducia, sono giovane abbastanza per farmene carico, ma la responsabilità che mi sento sulle spalle è doppia. Ho sbagliato con mia figlia e l'ho vista quasi in fin di vita per colpa di un'overdose... e non ho intenzione di vedere anche Mina fare questa fine.»

«Mina non è così. Lei è... è una ragazza straordinaria», mormorai la verità. Sbirciai verso le scale per assicurarmi che Mina non stesse origliando, altrimenti mi avrebbe fatto pagare per quelle parole a vita.

«Sua madre era proprio come lei alla sua età.»

«Più lo pensi e glielo ripeti, e più lei diventerà così.»

Mi guardò di sfuggita e soppesò a lungo quelle parole, poi chiuse il cerotto e gettò gli scarti. «Vai a togliere la giacca e vieni a mangiare. La pasta è quasi pronta.»

«Posso soltanto dire un'ultima cosa?»

«Se è per difenderla, no. Lo so che vi spalleggiate sempre fin da quando eravate piccoli, ma adesso non c'è scusa che tenga.»

«Non voglio difenderla, lo so che ha sbagliato e gliel'ho detto anche io. Mina ha spesso reazioni esagerate, ma... lei lo ha fatto per proteggere Luca.»

I suoi occhi si fecero interrogativi. «Cosa vuoi dire?»

«Ci sono dei ragazzi a scuola che ci tormentano. Ci sono sempre stati e ci prendono di mira dalle elementari, soprattutto Luca.»

Puntò lo sguardo poco più in basso, sembrò cercare qualcosa tra i suoi pensieri. «Perché non ne parlate con i professori?»

«Luca non vuole e se quei ragazzi scoprissero che abbiamo fatto la spia, la situazione peggiorerebbe.»

«Alzare le mani è comunque sbagliato. Tu sei un ragazzo a modo e buono, speravo che con te vicino Mina si sarebbe calmata.»

Quella responsabilità sulle spalle, io la sentivo da tempo, ma mai prima di allora ne ero stato investito in maniera ufficiale. «Non accadrà più nulla del genere. La proteggerò io, sempre. Puoi contare su di me.»

Asciugò gli occhi con il bordo della manica e annuì prima di tornare a occuparsi del pranzo. «Ok, vai a lavarti le mani, adesso. È ora di mangiare.»

Controllai che non mi vedesse e presi un panino e un'arancia dal tavolo. Li nascosi nella tasca della giacca e salii in camera. Ero a metà scala quando Melania mi richiamò. «Aspetta.»

Mi allungò una mela. «Dalle questa, lo sai che a lei non piacciono le arance.» Prese il frutto e tirò le labbra in un sorriso. «E non dirle che te l'ho data io.»

Mina era nella sua camera. Quando chiusi la porta, non mi sentì. Aveva gli auricolari nelle orecchie e se ne stava rannicchiata sotto le coperte. Il sacchetto di minestrone congelato le faceva da cuscino. Tolsi la giacca e lo zaino e mi avvicinai al letto.

«Vattene via», borbottò senza guardarmi.

La ignorai e mi ricavai lo spazio sotto le coperte spingendola più in là. Le rubai un auricolare e, come avevo immaginato, stava ascoltando i Linkin Park. Numb. «Lo sai perché le tende piangono?»

Chiuse gli occhi quando capì. «Non è il momento per le tue freddure idio...»

«Perché sono da sole!»

Mi guardò con aria di sufficienza, ma la bocca tradì i suoi intenti: scoppiò a ridere. «Sei un deficiente.»

Continuò per poco, perché all'improvviso il suo sorriso si trasformò in pianto. Coprì il viso con entrambe le mani, allora mi feci più vicino e la strinsi, perché c'era qualcosa che non riuscivo a sopportare in quelle lacrime, che mi bruciava nel petto e mi faceva soffrire con lei. Mina si rannicchiò contro di me e mentre le mie braccia si facevano casa per il suo corpo, sentii le lacrime bagnarmi la gola. «Scusa, Tom... non volevo che...»

«Che cosa?»

Il pianto rallentò, io non le permettevo di allontanarsi. Mi sentii profondamente egoista perché speravo che quelle lacrime non si fermassero mai. Vivevamo insieme da anni, eppure non eravamo mai stati così vicini, i nostri corpi così attaccati, l'abbraccio tanto solido e sincero. Non volevo nemmeno incontrare i suoi occhi, solo chiudere i miei e restare per sempre in quel calore che ci univa.

Ti proteggerò sempre, Mina.

«Non volevo che tu vedessi il litigio con la nonna. Non aveva mai più reagito così.»

«Se fossi stato tuo fratello, stai tranquilla che ne avrebbe data una dose anche a me. E comunque... Melania è solo tanto preoccupata per te.»

Mina sollevò la testa, asciugò le palpebre bagnate e gonfie con le dita. Quando aprì gli occhi, si accorse di quanto fossimo vicini, tanto che riuscivo a sentire il suo respiro rotto dai singhiozzi sulla mia bocca. Allora scattò all'indietro e il posto tra le mie braccia mi sembrò così vuoto.

«Cos'è quella roba sul comodino?»

«Il tuo pranzo.»

«Grazie... li hai rubati per me?»

«Certo, dopotutto, sono o non sono un affascinate Robin Hood senza calzamaglia?»

Con un sorriso colmo di riconoscenza, mi sorprese con un nuovo abbraccio. Si spostò quasi sopra di me, le mie braccia tornarono a stringerla, e in quel breve attimo la fame che avevo sentito da un'ora a quella parte sparì, sostituita da un'onda che mi travolse dall'interno. Che cosa mi stava succedendo? «Con una calzamaglia sembreresti un salame.»

In fretta mi lasciò. Si mise a sedere e addentò il panino.

«Sei una stronza col ciclo.»

«Come fai a sapere che ho il ciclo?» borbottò con la bocca piena.

«Mi hai appena abbracciato di tua spontanea volontà... cioè, o hai il ciclo, oppure l'Apocalisse è alle porte.»

***

Tra un paio di capitoli l'adolescenza compirà il miracolo su Tom 🔥

Gif e foto a caso che fanno sempre tanto bene al cuore ;-)

Cosa ne pensate di Tom e Mina? In quale occasione si avvicineranno?

INSTAGRAM: maiaiam88

FACEBOOK: maiaiam

P.S. vi lascio il nuovo video che ho caricato sul canale Youtube. Lo avete già visto?

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