Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

52 Bugie d'addio

 Mina

Sul letto a due piazze della camera degli ospiti, con il vestito ancora indosso e lo sguardo fisso sulla maniglia della porta, restai seduta qualche minuto. Ondeggiavo tra la voglia di cancellare le parole di Carol e dar loro ragione. Perché di ragione, a essere onesta con me stessa, ne avevano e parecchia. Dopo undici anni passati senza nemmeno una telefonata per tenerci in contatto, potevo davvero affermare di conoscere Tom e il nuovo uomo che era diventato?

Ma soprattutto, in nome del sentimento che provavo per lui, ero disposta a rovinare quell'occasione di felicità che si era costruito?

Non volevo darla vinta alla foglia d'insalata, come la chiamava la nonna, ma purtroppo Carol era scaltra ed era riuscita ad impugnare l'unica arma che avrebbe potuto trovare per tenermi lontana da Tom.

Posai lo sguardo sul telefono. Il piccolo orologio digitale sullo schermo segnava le quattro di pomeriggio. Uscii in fretta dalla camera e raggiunsi quella della nonna. «Ascolta, dobbiamo parlare di...» La fissai sconvolta. «Cosa stavi facendo in piedi sul letto?»

Era appoggiata al muro che dava verso la mia camera. Nascose dietro la schiena qualcosa che non riuscii a vedere e iniziò a marciare sopra il materasso. «Niente, facevo ginnastica per le articolazioni.»

«Sul materasso?» Per dare manforte alla sua bugia, restò in equilibrio su una sola gamba mentre la sorella veniva alzata nel vano tentativo di toccare il gluteo con il tallone. Mi avvicinai di scatto quando la vidi vacillare in maniera preoccupante. «Scendi giù, ché rischi di farti male.»

«Quante storie, non sono così vecchia e decrepita come credi.»

L'aiutai a scendere e infilai la mano dietro la sua schiena per scoprire cosa mi stava nascondendo. Un bicchiere. «No di sicuro, se ti comporti come una bambina e origli attraverso i muri con il bicchiere che usi la notte per mettere a bagno la dentiera.»

«Insomma, quante storie che fai. Ero curiosa! E comunque, non sono riuscita a sentire un fico secco, per tua informazione. Dai, racconta come è andata. Gliele hai cantate di santa ragione?!»

«Mi sa che è stata lei a cantarmi una canzone che non dimenticherò tanto presto. Prepara le valigie, partiamo tra poco.»

Spalancò i grandi occhi rotondi. «Che cosa stai dicendo, Mina? Partire? E il matrimonio? E tu e Tom?»

«Non c'è nessun me e Tom. Ci sono soltanto lui e la sua futura moglie.»

Tentai di evitare il suo sguardo, ma lei mi prese per le spalle per non lasciarmi scampo. «Questa non è una spiegazione sufficiente. Ti arrendi così? Che cosa ti ha detto quella foglia d'insalata per farti cambiare idea in questo modo?»

Gli occhi bruciavano, le lacrime non avevano ancora fatto capolino che già il naso mi tradiva per primo. «Nonna, ti prego. Voglio solo andarmene da qui. Poi ti spiegherò tutto.»

La furia tenace nei suoi occhi non voleva rispettare la mia resa, ma alla fine la sua presa si addolcì fino a lasciarmi libera. Raccolsi le poche cose che avevo portato con me nel viaggio e in dieci minuti ero pronta per avvisare il maggiordomo di chiamare un taxi. Per fortuna Tom non era in casa, così la mia fuga sarebbe stata un poco più semplice.

Nonna rispettò la mia decisione, ma a velocità bradipo e borbottando di continuo sottovoce. Oltre a impiegare quasi mezz'ora per infilare tutti i suoi vestiti nelle sue ottantaquattro valigie, mi costrinse anche ad aspettarla mentre occupava la doccia. Ero quasi certa che stesse cercando di farmi perdere tempo di proposito.

Ci avviammo verso il piano inferiore con la nonna che camminava ancora più lentamente, lamentando un dolore improvviso al nervo sciatico. «Domani pioverà, ne sono sicura. Succede sempre quando mi viene male.»

Avevo già portato tutti i bagagli nel taxi ed ero tornata indietro a prenderla a braccetto, perché non si fidava delle scale della villa. «Dovrei lasciarti qui», sibilai nervosa. «Siamo a Hollywood, dopotutto. Come attrice, ti prenderebbero seduta stante.»

Il suo arrivo repentino fu preceduto dal rumore di una portiera sbattuta. Avevo creduto si trattasse del tassista, stanco di aspettare fuori dalla villa con il motore spento, invece fu Tom a varcare la soglia in anticipo e a fermarsi davanti all'enorme portone. In quell'esatto istante, nonna raddrizzò la schiena, si sfilò dal mio braccio e saltellò giù per le scale con un paio di piroette degne di Carla Fracci. «Io vado a salutare Harrison!» cinguettò con fare innocente.

"Devo ricordarmi di strangolarla sull'aereo e farlo sembrare un incidente."

«Dove stai pensando di andare?» tuonò Tom. «Perché ci sono le vostre valigie sul taxi?»

«Torno a casa.» Quanta fatica per tre misere parole. Scesi gli ultimi scalini per trovarmi di fronte a lui.

«Saresti dovuta rimanere fino a domani.»

«Che sta succedendo?» Carol spuntò dal corridoio che portava alla cucina con un bicchiere colmo di un rivoltante intruglio verde in mano.

«Mina e sua nonna vogliono andarsene prima del matrimonio», spiegò, con lo stesso tono che da bambino usava quando filava a fare la spia alla maestra per i miei scherzi.

«Oh, ma che peccato», fece lei con una sorpresa ben poco convinta. «Per quale motivo?»

«Perché se resto ancora un altro minuto qui, mi verrà voglia di infilarti le dita nel naso e in bocca e usare la tua testa come una palla da bowling», risposi in italiano.

A passo svelto fendetti i promessi sposi, scartai Tom e uscii di casa. Attraversai il porticato in pietra, ma non riuscii a raggiungere il vialetto che Tom mi si piazzò davanti. «Potresti darmi una fottuta spiegazione?!» sbraitò in italiano per evitare che Carol capisse i nostri discorsi.

«Questa pagliacciata è andata avanti fin troppo. Non ha alcun senso che io resti qui ancora.»

«Di che pagliacciata stai parlando?» Alzò gli occhi oltre la mia testa, di sicuro per sbirciare quanto fosse lontana Carol. «Ti avevo chiesto del tempo e tu te ne vai?» aggiunse a voce più bassa.

«Il tempo si è esaurito, non posso aspettare oltre. Vuoi dirmi che hai preso una decisione? Forza, avanti, parlami.»

«Non posso pensare a una cosa del genere da un giorno all'altro. Stiamo parlando della mia vita e del mio futuro.»

«Stiamo parlando anche del mio!» sbottai. «Che cosa dovrei fare secondo te? Pretendi davvero che io domani me ne starò in chiesa a guardarti metterle l'anello al dito? Che aspetterò mesi nella speranza che tu la lasci? Finendo per essere soltanto una ruota di scorta?»

Mi prese per il braccio e le sue dita strinsero con forza. «Non ho mai preso in considerazione quell'eventualità. Non sono quel tipo di persona.»

Con la coda dell'occhio notai la nonna che passava dietro una bassa siepe e di tanto in tanto si fermava per origliare la conversazione tra le foglie. «Ascolta, Tom: io capisco la tua situazione e non è mia intenzione fartene una colpa, ma mi sono resa conto che accettare quell'invito è stata la mossa più sbagliata che potessi fare.»

Tom mosse la bocca chiusa, la mascella si irrigidì. «Ah, è così?»

«Sì, è così.» Con la sconfitta negli occhi, guardai la figura di Carol che rientrava in casa, senza più preoccuparsi di noi.

«Perché per me invece non è stato un cazzo di errore, ma un modo per aprire gli occhi?» ringhiò la sua voce profonda, arricciava il naso per la rabbia.

Scrollai la testa e aprii la portiera del taxi, lui arrivò a chiuderla prima che potessi salire. «Sta' ferma per un cazzo di minuto!»

«Lasciami andare», dissi con voce dura, anche se dentro mi sentivo morire.

Nei suoi occhi la luce del sole tremava, come un lago disturbato dal volo di un airone a filo dell'acqua. «Io ti dico che non sei stata un errore e tu mi lasci così?»

«Tom, non insistere.»

«Posso aspettare», continuò dopo momenti di teso silenzio, «posso rimandare il matrimonio.»

«Non voglio che tu rimandi il matrimonio. Tom, insomma, non ci vediamo da più di dieci anni, forse siamo cambiati troppo crescendo e potremmo non andare più d'accordo. Forse quello che abbiamo avuto insieme era stato soltanto una cotta adolescenziale.»

«Oh, ma per piacere, Mina. Che cazzate stai dicendo?» Si voltò verso la villa, Carol non si vedeva più, ma ero certa che stesse tenendo sotto controllo la situazione da una delle finestre del piano terra. «Non puoi dirmi che l'altra notte non è stato niente. Tu mi hai aperto gli occhi, mi hai fatto provare qualcosa che avevo dimenticato di aver vissuto. Ma... ma non sono passate nemmeno quarantotto ore e sono così confuso e...»

Tom non avrebbe mai capito le mie ragioni. Quante litigate da bambini perché nessuno dei due sapeva mettere da parte l'orgoglio e cedere per dare ragione all'altro. Ma diventare adulti significa anche quello e nel mio cuore sapevo di non poterlo legare a me quando non sarebbe stato corretto, quando forse sarebbe stato più felice con la donna che aveva deciso di sposare prima del mio arrivo. Io ero soltanto un incidente di percorso e il fatto che la ferita che lui aveva inciso sul mio cuore non si fosse mai rimarginata, non poteva avere conseguenze sul suo futuro. Il problema doveva restare mio. Come avrei potuto sapere che dopo qualche mese con me, lui non si sarebbe pentito della scelta? Che sarebbe tornato da Carol con la coda tra le gambe perché la vita con la nuova me non lo avrebbe reso felice?

In quel caso, sarebbe stata la mia vita a finire.

L'aria era calda, pareva spingermi verso il taxi, mentre il sole al tramonto dipingeva il cielo color lavanda. Andarmene era la mia ultima possibilità di salvezza.

«Sono fidanzata, Tom», dissi infine. Mi sforzai di guardarlo negli occhi, era l'unico modo per fargli credere alla mia bugia.

«Che cosa?» balbettò confuso.

Con la coda dell'occhio vidi la testa della nonna uscire dalla siepe, due occhi sgranati e contrariati. «Non te l'ho detto perché non volevo perdere l'occasione di restare qualche giorno con te con un tempo. Recuperare un po' del passato, capisci? Ma non posso più mentirti. Abbiamo passato alcuni momenti difficili, avevo bisogno di staccare per capire alcune cose, ma devo tornare a casa prima che la relazione diventi irrecuperabile.»

I suoi occhi sconvolti mi scrutarono a lungo. Ne approfittai di quel momento, dell'ultima foto del suo viso immobile nell'incredulità prima di aprire ancora una volta la portiera e salire. Guardai Melania e dal mio sguardo lei capì che ormai non ci sarebbe stato più nulla da fare. Si avvicinò a passo lento e accarezzò il braccio di Tom, coperto da una camicia bianca. «Ciao caro», disse prima di dargli un bacio sulla guancia.

Nonna salì alla mia sinistra. Chiusi la portiera proprio quando la voce di Tom mi arrivò per l'ultima volta. «Mina.»

Teneva una mano tesa sulla fronte per guardarmi oltre il sole che lo colpiva negli occhi. «Addio, Tom.» Non sentì le mie parole, bloccate dietro un vetro che divenne un muro invalicabile tra di noi.

Quando il taxi partì, con gran sollievo del tassista nervoso, la mano ruvida della nonna si posò sulla mia e, per fortuna, quella volta seppe rispettare il mio silenzio.

***

Ciao Apine! 

Come state? Pronte per il finale che si avvicina sempre di più?

Domani su tutti i miei canali social ci sarà il COVER REVEAL del mio nuovo romanzo: un CHICKLIT del tutto INEDITO dal titolo "L'AMORE STA BENE SU TUTTO".

Vi aspetto numerose! Un abbraccio.

Instagram: maia_autrice

Facebook: maiaiam88

Youtube: maiaiam

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro