51. La resa dei conti
Mina
I due giorni successivi schizzarono sul calendario alla velocità di un furetto in fuga. Tom era sempre assente, un po' per impegni di lavoro, e un po' a causa delle prove per il matrimonio. Per fortuna anche Carol se ne stava raramente in casa, troppo impegnata tra parrucchiere ed estetiste col preciso intento di voler brillare di luce propria per quello che sembrava essere il giorno più importante non solo della sua vita, ma della vita di tutti gli esseri viventi del pianeta.
Il mio obiettivo speculare, invece, era di rendermi invisibile durante quel soggiorno forzato in una casa che mi ricordava ogni momento di essere ben accetta come una blatta in un croccante alle mandorle. Tom non era più riuscito a parlarmi, vedersi sembrava sempre più difficile. Più ci avvicinavamo al giorno fatidico e più la paura cresceva: Tom avrebbe davvero messo a repentaglio tutto soltanto per me? Per una persona che non vedeva da undici anni e che viveva a un oceano di distanza?
Io lo avrei fatto a parti inverse, perché lui non se n'era mai andato davvero dal mio cuore. Negli anni era stata la nonna a spingermi a incontrare altri uomini, ma anche se questi entravano nel mio letto, alla fine non riuscivano a cancellare l'ombra che Tom aveva lasciato nel mio cuore.
«Cosa ne pensi?» Accarezzai la stoffa del vestito senza eccessivo entusiasmo e controllai l'effetto generale allo specchio.
«Saresti stupenda anche con una muta da sub, ma te lo ripeto per la centesima volta: è troppo accollato.» La nonna se ne stava a braccia conserte sulla sedia della mia camera. «Insomma, le tette grosse sono l'unica cosa che ti ho tramandato: devi metterle più in mostra!»
Sfiorai lo scollo dell'abito color melanzana, lungo fino alle caviglie. Avevo impiegato quasi due settimane per trovare un abito che convincesse il mio amor proprio e non urlasse come prima impressione "Prendimi, sono tua".
«Senti, fattelo andare bene, perché non ho intenzione di comprarne un altro il giorno prima del matrimonio.»
«Sempre se il matrimonio si farà», cantilenò lei in tono malizioso.
La guardai dal riflesso dello specchio. Controllava le unghie laccate di rosso con la stessa aria trionfante di quando le avevo raccontato della notte passata con Tom. «Non lo so, manca così poco tempo. Credo che le cose non si metteranno bene per me.»
Nonna mi raggiunse per aggiustare la gonna sul retro. «Con una ragazza speciale come te, non vedo che bisogno abbia di riflettere. Dobbiamo solo capire quali sono le opzioni che sta prendendo in considerazione e ti avverto: di tre possibilità, io sono disposta ad accettarne soltanto una.»
L'aria soffiava sulle tendine ed entrava fluida nella camera da letto inondata del sole del pomeriggio. «Tom potrebbe fare tre scelte: decidere di ignorare la notte che ha passato con te e quello che prova e sposarsi comunque: è più semplice e non dovrebbe far saltare un matrimonio sfarzoso come il loro. Opzione inaccettabile.»
«La seconda opzione?»
Le sue mani salirono per aggiustare i capelli. «Lui si sposa comunque, ma decide che non riesce a dimenticarti e quindi ti etichetterà come "l'altra". Inaccettabile, peggio della prima opzione.»
«Non potrei mai accettare una cosa del genere», ammisi a testa bassa. «La terza opzione?»
«La stessa in cui speri anche tu: lui la lascia sull'altare e corre via con te, donandoti il suo cuore e giurandoti amore eterno davanti a tutti gli invitati.»
Aveva già gli occhi sognanti, guardava in un punto imprecisato verso l'alto una scena che non si sarebbe mai avverata. «Semmai è l'opzione più crudele di tutte. Dire di no sull'altare è un cliché visto e rivisto. Lo fanno solo nei film con Sandra Bullock e negli Harmony che leggi sempre tu.»
«Avresti una quarta opzione?» mi provocò.
Qualcuno bussò alla porta e mi tolse dall'impiccio di rispondere, anche perché di risposte non ne avevo disponibili nell'immediato. Non ricordavo come si dicesse avanti in inglese, così mi accontentai di dire: «Sì, sono qui.»
Con mia sorpresa, fu Carol a entrare, con un sorriso sbiancato tanto affettato da intimorirmi. «Oh, ciao cara. Stavo proprio cercando il parere di un'amica su una questione importante. Ti andrebbe di fare quattro chiacchiere con me?»
No, no e poi no. L'ultima cosa che avrei avuto voglia di fare era parlare con la possibile futura moglie dell'uomo che amavo, men che meno respirarne la stessa aria nel raggio di un chilometro. «Certo. Nonna, ci lasceresti da sole?»
Lei annuì ma, prima di andarsene nella sua camera, disse con espressione grave: «Ricorda che indosserà il velo sulla faccia. Se la tramortisci e la nascondi nell'armadio, domani potrai presentarti tu all'altare al suo posto.»
La fulminai con lo sguardo e ringrazia che Carol sapesse dire soltanto Ciao e Bravo in italiano. «Quante storie, prendila come una quarta opzione da valutare», borbottò lei. Se ne andò con la schiena ancor più curva, con quel modo che aveva di rendersi più giovane o vecchia a seconda dell'interlocutore e di quanto volesse fingersi un'ingenua vecchietta.
«Quel vestito è davvero stupendo», iniziò Carol, guardandomi a stento.
«Grazie, immagino che il tuo sarà incredibile.»
Alzò le spalle con finta modestia. «A me piace moltissimo e spero che lascerà Tom a bocca aperta.»
«Ne sono sicura.»
Carol si avvicinò alla finestra socchiusa e sospirò. Aveva tolto il finto sorriso dalla faccia. «E quindi, tu e Tom vi conoscete fin da bambini?»
Annuii. «Ha vissuto in casa con me e la nonna per diversi anni.»
«Un bellissimo gesto da parte vostra. Sai, anche io avevo un migliore amico. Si chiamava Kevin, ora credo viva nel Montana.» Guardò tra le tendine svolazzanti. «Siamo cresciuti insieme, poi una volta arrivati all'adolescenza... beh, puoi immaginare cosa sia successo.»
Carol era furba nel cercare di estrapolare le parole dalla mia bocca, ma io non ero una sprovveduta. «Non riesco proprio a immaginarlo.»
«Ci siamo invaghiti l'uno dell'altra. Siamo stati insieme un paio d'anni, poi io sono partita per venire a Los Angeles, per cercare un agente ed essere scritturata, e così ci siamo persi di vista.»
«Così è la vita.»
«Già, un tempo credevo di amarlo davvero e che sarebbe stato l'unico amore della mia vita. Invece, la lontananza me lo ha fatto dimenticare e l'arrivo di Tom ha ridimensionato tutto. Ho capito che non ho mai provato nulla di tanto intenso come quello che provo per il mio Thomas. Capisci...» Si voltò per guardarmi, la testa appena inclinata in una posa che voleva suggerire intesa. «Crescendo insieme ci si può illudere di qualcosa che non esiste, si idealizzano i ricordi, e solo più tardi si capiscono gli errori.»
«A volte, gli errori più grandi sono quelli commessi in età adulta», replicai schietta.
«Sei una ragazza perspicace.»
Le voltai le spalle e la guardai di sfuggita dal riflesso dello specchio. «Quando i colpi sono frontali, è facile proteggersi.»
Fece due passi verso di me, l'andatura misurata ed elegante, come se ogni passo facesse parte di una coreografia creata ad hoc. «So che Tom sta cercando di aiutarti nel lavoro.»
Aggrottai la fronte. «Come?»
«Non lo sai? Tom ha chiamato Sarah e sta cercando di inserirti nella sua cerchia di stuntmen. Questo potrebbe significare che non te ne andrai tanto presto. E in questo caso, i miei piani sono costretti a cambiare.»
«Non ne sapevo nulla», ammisi in tutta sincerità.
«Nemmeno io, fino a che non ho origliato la sua telefonata questa mattina. Sai», si mise alle mie spalle e insieme guardammo i nostri riflessi in aperta battaglia. «Avrei potuto tollerare la tua presenza fino a dopo il matrimonio, persino il modo in cui Tom è cambiato da quando hai messo piede in questa casa. Ma se stai cercando di restare nella vita del mio futuro marito, allora è necessario intervenire.»
Carol era scaltra e un'acuta osservatrice. Da brava leonessa che difendeva il suo branco, aveva visto in me una minaccia e ora cercava di allontanarmi. Come non comprenderla? A parti inverse, forse mi sarei comportata allo stesso modo.
«Credo di non capire a cosa tu ti riferisca e, in ogni caso, penso che dovresti parlarne con Tom e non con me.»
Liberò una fredda risata. «Io invece credo che tu capisca più di quanto fai credere e sei di certo la persona migliore con cui parlare di questa faccenda. Gli uomini sono ingenui, non sanno pianificare e ragionare bene come noi donne.»
«Non mi sono mai piaciute le persone che pianificano troppo. Poi diventano finte e non sai più quando stanno recitando o sono sincere.»
Dovevo aver toccato un nervo scoperto, perché Carol tolse la maschera di finzione e mi voltò verso di lei per fissarmi con piglio minaccioso. «Forse a te non importa che ci sia un matrimonio di mezzo, forse sei solo una delle tante sfascia famiglie che girano intorno a Tom e alle quali lui ogni volta dà il benservito. Non mi è mai piaciuto il modo in cui mi parlava di te o ora non mi piace il modo in cui parla con te, come se aveste un codice segreto tutto vostro che io non ho il diritto di decifrare.»
«A me importa solo che Tom sia felice», affermai con sicurezza.
«Con me Tom è felice, lo è stato fino a che non sei comparsa tu. È stato lui a chiedermi di uscire insieme la prima volta, lui a baciarmi e lui a farmi la proposta sul set davanti a tutta la troupe. Quando mi dice ti amo, lui è sincero e vuole davvero passare la vita con me, ma non può farlo se si trova una parte del suo passato tra i piedi. Se davvero tieni alla sua felicità come dici, dovresti lasciarlo libero di vivere la sua vita senza interferenze. Non puoi pensare di prendere l'uomo che è adesso solo con il ricordo di ciò che era prima. Tu non conosci Thomas e restando qui, mostreresti solo il tuo egoismo.»
Espirò tutta l'aria che ancora le restava nei polmoni, poi abbassò lo sguardo, si voltò e raggiunse la porta. Si fermò per un istante con la mano sulla maniglia, come se avesse voluto dire qualcos'altro, ma invece uscì senza fiatare.
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Buona lettura apine!
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