29. Scoperte
Tom
«Thomas, caro. Entra pure», disse la madre di Luca, tenendo la porta di casa aperta.
La famiglia del mio amico aveva sempre suscitato un'attrattiva particolare su di me. Beh, anche Mina invidiava l'aria che si respirava in quella casa. Con le famiglie smembrate in cui avevamo avuto la sfiga di nascere, vedere due genitori ancora sposati per più dieci anni filati per noi equivaleva a un miracolo. Il padre di Luca era un dottore dell'ospedale, nonché sosia ufficioso di Raoul Bova, e Mina aveva passato tutta l'infanzia e l'adolescenza a fantasticare su di lui. Era un tipo in gamba, alla mano, ma spesso assente per via dei turni di lavoro. La controparte coniugale, invece, era il mio di sogno proibito. Elena era una milf a tutti gli effetti, e questo Luca lo sapeva e non lo sopportava. Capelli color cioccolato come il figlio, alta quanto bastava per spiccare tra i genitori fuori dall'uscita delle elementari, gambe chilometriche e labbra carnose. Teneva sempre il sorriso sulle labbra. Quando mi annoiavo, la infilavo in tutti i discorsi possibili per infastidire il mio amico.
«Come va?» chiesi guardandomi intorno. Perché diamine sua madre non indossava qualcosa sopra quella canottiera aderente dalla scollatura tanto profonda da annegarci? Insomma, istigava i miei occhi! Raoul Bova dei poveri spuntò con la testa dalla cucina con una coscia di pollo in bocca. Blaterò due parole che immaginai significassero un saluto e io ricambiai con un gesto della mano.
«Stasera Massimo cena tardi», si scusò Elena.
Puntai i miei occhi ad altezza del naso della donna. Zona di sicurezza. «Luca è in camera?»
«Sì, credo stia scrivendo al computer. Vai pure.»
Attraversai il soggiorno e il corridoio della casa sviluppata solo sul piano terra. Avevano comprato quella piccola villetta seguendo le esigenze di un figlio costretto su una sedia a rotelle, di modo che potesse muoversi con la maggiore autonomia possibile. Nel corridoio che conduceva alle camere da letto cercavo sempre di non guardare le foto appese ai muri, ma spesso l'occhio cadeva senza che io lo volessi. Vedere un bambino di tre anni correre spensierato per poi trovarlo qualche scatto più tardi bloccato su una sedia mi provocava una sorta di nausea dolorosa che non riuscivo a domare. Le cornici erano state messe a più di un metro e mezzo da terra non a caso.
«Ehi, quattro ruote?» mi annunciai dopo aver bussato.
La camera da letto di Luca era sempre la stessa, mai cambiata in anni eccetto per un paio di poster. Libri e videogame riempivano gli scaffali aggrappati alle pareti. Il suo mondo.
Luca non mi rispose. Se ne stava davanti alla scrivania, computer acceso e dita che battevano furiosamente sui tasti. Dovetti chiamarlo due volte affinché si accorgesse di me.
«Ciao, che ci fai qui?»
«Come che ci faccio qui? Oggi abbiamo dato l'esame e volevo raccontarti com'è andata!»
Passò una mano sul volto, premendo con forza le dita sulle palpebre chiuse. «Merda, me ne ero dimenticato!»
Guardai la scrivania, un cimitero di fogli integri e appallottolati. «Che stavi facendo? Guardavi un porno che sembravi così assorto?»
Ridacchiò. «Sto battendo a computer l'ultima revisione di "Outsiders". È tutto il giorno che ci sto dietro e mi sono completamente dimenticato della teoria. Allora? Com'è andata?»
«Passata», annunciai soddisfatto, ma solo per un secondo isolato. «Mina invece no.»
«Non ci credo», disse sorpreso.
«Già, solo per un errore, per di più. È incazzata nera.»
Si appoggiò allo schienale della sedia e la voltò appena per guardarmi. «Credevo che alla fine lo avrebbe passato anche solo per fortuna. Ora mi sento un verme a non averla aiutata a studiare.»
Tolsi le scarpe e la giacca e mi buttai sul suo letto. «Nah, non farti questi problemi. Ci ho provato anche io ad aiutarla, ma se lei non si mette in testa di studiare, nessuno può costringerla.»
Sorrisi. Luca teneva ancora le stelle fosforescenti appese sopra la testa a riprodurre il Grande Carro. O era Orione? Boh.
«Stasera non è venuta perché Melania l'ha messa in castigo?»
«No, si è messa in castigo da sola. Dice che non merita di uscire e che deve studiare. Quando l'ho lasciata, era sul letto con il libro sospeso sopra la faccia.»
«Ci scommetto che quando torni la trovi addormentata», fece una risata, ma subito strizzò gli occhi per trattenersi.
«Lo credo pure io. Che ti prende? Stai male?»
«Solo un po' di male alla testa. Oggi sono stato troppo davanti al computer.»
«Vuoi una mano?»
«No, ce la faccio da solo.»
Alzai gli occhi al cielo e lo raggiunsi. «Senti, devi superare questa cazzo di fobia che hai. A che cazzo scrivi a fare un libro se poi non vuoi farlo leggere a nessuno?»
«Il fatto è che non è pronto e vorrei che fosse perfetto.»
«Hai iniziato a scrivere questa storia che ancora eri nell'incubatrice. Chi se ne frega se ora hai dimenticato una a senza h. È da una vita che ci racconti di questa storia, vorrei leggerla prima di avere la cataratta a ottant'anni.»
Luca sbuffò, ma sembrava tentato. «E quindi, che cosa proporresti?»
Presi la sua sedia e lo accompagnai accanto al letto. «Tu ti distendi e ti rilassi un po'. Io invece copio e scrivo.»
«No, ci sono ancora delle modifiche da fare», si affrettò a dire.
«Allora vorrà dire che tu detti e io sto al computer. Sono veloce a scrivere, eh!»
Anche se con evidente riluttanza, Luca accettò la mia proposta. Doveva essere proprio stanco per aver ceduto con tanta facilità.
Era a buon punto nella copiatura, disse di essere già oltre la metà del libro. Chissà se un giorno avrebbe avuto il coraggio di presentarlo a una casa editrice? Io sarei diventato un regista, e lui uno scrittore di successo. Era il nostro sogno da sempre.
"Outsiders" era un libro pieno zeppo di azione. Meredith, Logan e Tyler, tre amici che senza difficoltà avrei ricondotto al nostro trio reale, stanchi degli esami all'università e delle loro famiglie disastrate partivano per un avventura on the road sulle strade degli Stati Uniti d'America del sud. Logan, l'alter ego del mio amico, era il guidatore esperto, Tyler la mente delle loro bravate, mentre Meredith era una sorta di Beatrix Kiddo di Kill Bill che soffriva il mal d'auto. Senza un soldo in tasca, i tre iniziavano a rubare e così partiva una fuga continua dalla polizia che minacciava di prenderli. Alcol, inseguimenti, scazzottate, e pure un po' di sesso di tanto in tanto perché quello vende sempre, spiegava Luca.
Stavamo lavorando da più di un'ora, cercavo di stare al passo della sua dettatura veloce, quando infine la riconobbi, e le mie dita si fermarono nella corsa. Quella lettera, io l'avevo già letta.
«Amore mio,
ormai averti dentro la testa e il cuore tutti i giorni è diventata la mia normalità. Riesci a vivere in ogni mio gesto, in ogni respiro. Quell'amore che ho cercato di soffocare scalpita per uscire. E lo so che è così sbagliato, che non dovrei pensarti in questo modo. Sei la mia amica più cara e... Perché ti sei fermato?» domandò.
Mi voltai a guardarlo, rigido come un chiodo conficcato nel legno. «Ma questa...»
«Sì, lo so. Troppo smielata vero? Forse dovrei cambiare quella roba dei gesti e dei respiri. Non è proprio da uno come Logan.»
«Quindi», balbettai confuso indicando il foglio, «è una cosa che hai scritto per il libro?»
Luca aggrottò la fronte. «No, è per mia madre perché non ho ancora superato il complesso di Edipo... ma che domande del cazzo fai? Certo che è per il libro. È da un'ora che stiamo parlando di questo.»
Lasciai perdere del tutto il computer e mi passai le mani tra i capelli. «Sono un idiota.»
«Sai che novità.»
«Quindi Mina non c'entra niente con questa lettera?»
«Mina? Cosa dovrebbe c'entrare con il libro?»
Ora che quel bizzarro pezzo del puzzle era andato al proprio posto e avevo capito cosa diamine fosse successo tra noi, confessai della lettera che gli avevo trovato nella tasca della giacca settimane prima, insieme al mio timore che si fosse preso una bella sbandata per la nostra comune amica. La sua risposta fu una risata che durò quasi due minuti filati, tanto da richiamare sua madre, che passò a curiosare in camera.
«E per quale motivo non me ne hai parlato?» disse Luca quando sua madre se ne andò. Aveva ancora le lacrime agli occhi. «A parte il fatto che lei non è proprio il mio tipo, ma se davvero avessi perso la testa per lei, te lo sarei venuto a raccontare subito, non credi?»
«Perché non è il tuo tipo?» Lo aveva detto con una sorta di disgusto nella voce che non riuscivo a capire.
«Non dico che Mina sia un cesso. È carina, ma per me lei è come un maschio, un fratellino più piccolo, insomma. Per lo più mi dimentico che è dotata di una paio di tette. E poi, a me piacciono tipi molto diversi.»
Seguii il suo sguardo, che puntò al poster di Margot Robbie tenuto in bella mostra sull'anta dell'armadio. «Bionda, capelli lunghi, bionda, formosa, bionda, un sorriso da urlo, bionda, gambe chilometriche e due tette enormi da affondarci la faccia dentro.»
Ora che mi sentivo più leggero di circa cinque tonnellate, sganciai la mia bomba, pronto ad alleggerire l'atmosfera. «Come quelle di tua madre, insomma.»
Il vaffanculo che mi regalò forse riuscì a sentirlo pure Mina da casa sua.
***
Finalmente abbiamo capito il significato di quella famosa lettera!
Un problema in meno... no?
A presto!
INSTAGRAM: maiaiam88
FACEBOOK: maiaiam
YOUTUBE: maiaiam
TWITTER: maiaiam
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro