23. Naturale
Tom
La mano di Mina cercò la mia, ritornata nella mia immersione preferita. «Aspetta.» Lo disse in mezzo a un respiro tagliato a metà.
Sorrisi sornione. «Non dirmi che non ti piace più, perché non ti credo.»
Si morse il labbro inferiore, le cosce stringevano intorno al mio polso. «Il fatto è che... vorrei anche io...»
La scrutai di sottecchi, dubbioso. «Cosa vorresti fare?»
La domanda la spinse ad abbassare lo sguardo. Si appropriò della mia mano e se la portò alla bocca. Succhiò l'indice, fino in fondo, poi si ritrasse lentamente, leccandolo fino al polpastrello. «Questo... ma dove vuoi tu», mormorò prima di trovare la forza per guardarmi.
Ero troppo eccitato, troppo duro, troppo a lungo, che vederla compiere quel gesto con tutta la sua finta innocenza... quasi credetti di venire nei boxer e concludere in maniera tanto ignobile quel pomeriggio di interessanti novità.
Da quando avevamo messo piede nella mia stanza, la mia coscienza aveva continuato a sussurrarmi che stavo sbagliando tutto, che non avrei dovuto, che rischiavo di mandare a puttane troppi legami e non solo la mia amicizia con Luca... ma quando Mina, prendendo il coraggio delle sue azioni un poco impacciate, mi spinse ad alzarmi in piedi e si sedette sul letto, non ebbi la forza di allontanarla. L'avevo sognata per troppo tempo, e tenuta a distanza per altrettanto, per sperare di trovare un minimo di autocontrollo.
Sbottonò i miei jeans e li abbassò, mentre io restavo con le braccia sollevate a mezz'aria, impacciate dal repentino scambio di ruoli. Accarezzò il rigonfiamento dei boxer, mi guardò dal basso, un po' timida, un po' eccitata. Fu come sentire le sue labbra poggiarsi sopra di me prima ancora che avvenisse nella realtà. Un bacio veloce, poi la sua lingua calda salutò la stoffa. Con calma lenta e studiata, seguì la forma dalla base alla punta. Non ci credevo... il mio sogno proibito si stava davvero avverando?
Le mani sembravano ancora indecise quando si aggrappò al bordo dei boxer e si decise a togliere l'ultima barriera che ancora si ostinava a dividerci. Non avrei mai creduto di provare quel mix di sensazioni nello stomaco, soprattutto perché non era affatto la mia prima volta in quell'esperienza. Dovevo saperlo che con Mina era e sempre sarebbe stato diverso. Da una parte mi sentivo potente, inebriato ed eccitato all'inverosimile; dall'altra invece, quando mi concentravo sul suo viso alla luce del pomeriggio che scemava, tutta la mia sicurezza finiva per sciogliersi, evaporando via goccia dopo goccia. E allora mi ritrovavo lo stesso bambino che piangeva alla finestra dell'asilo nell'attesa che la mamma tornasse a prenderlo, piccolo, impacciato, un povero e patetico insicuro senza più barriere a difenderlo.
Mina non cercò i miei occhi mentre si faceva avanti per impugnarmi. Mi irrigidii ancora di più nel sentire la sua mano avvolgermi, anche se immobile, forse indecisa sul da farsi. Lo guardò per così tanto tempo che mi venne da sorridere, e in quel sorriso ci nascosi anche una scheggia di imbarazzo.
Stavo per spiegarle quale sarebbe stata la prossima mossa, ma qualcosa mi suggerì di stare zitto e lasciarla fare. Conoscendo quella ragazza come la conoscevo io, si sarebbe offesa nell'orgoglio.
Difatti, anche se con fare indeciso, mi fece ampiamente capire che sapeva come proseguire. Avvicinò le labbra e leccò la punta una volta soltanto, come a saggiarne il sapore. Repressi un sospiro e poggiai le mani sulle sue spalle. Ancora non mi guardava, si ostinava a tagliarmi fuori, ma io ne avevo bisogno dei suoi occhi. Come poteva non sentire il mio richiamo? A cosa stava pensando?
La sua bocca tornò ad avanzare e questa volta mi cinse completamente, scorrendo fino alla base. Le labbra mi intrappolavano, la lingua scivolava per tutta la lunghezza, e affondo dopo affondo Mina si coordinava con la mano che continuava a pompare. Era un calore dolce, vischiosa umidità e carezze decise. Quella bocca che tanto aveva occupato le mie fantasie sotto la doccia e tra le lenzuola, ora mi stringeva con tenacia per spingere la pelle a muoversi con lei. Risacca sulla spiaggia, avanti e indietro, perpetuo. Mi trovai con i suoi capelli tra le dita che nemmeno me ne ero accorto. Le accarezzai il viso e qualcosa le suggerì di aumentare la velocità. Aprii la bocca per rilasciare un gemito, ma questo non uscì perché ero troppo sconvolto per avere ancora del respiro. Mi feci indietro di scatto, quel diavolo fatto a donna sembrava decisa ad aspirarmi ogni facoltà mentale.
«Ho sbagliato qualcosa?» domandò infine senza più potermi ignorare con lo sguardo.
Mi costrinsi a ricordare di usare l'italiano e come si faceva per mettere in ordine una frase di senso compiuto. Quel dubbio che era appena esploso nella mia testa doveva ricevere una risposta immediata. «Dove hai imparato a farlo?»
Si destreggiava con troppa agilità per essere la sua prima volta. Se avessi scoperto che Mina mi teneva dei segreti? Che mentre io passavo le vacanze oltre l'oceano, lei si divertiva con chissà chi?
La sua bocca le stirò il volto in un sorriso compiaciuto, poi anche lo sguardo si dipinse di malizia. Mi prese i fianchi per avvicinarmi di nuovo. «Ho scoperto che i film porno hanno un'ottima funzione educativa.»
Questa volta, spinta dalla sicurezza e dall'eccitazione, mi lasciò affondare e mi spinse dentro, fino in fondo, quasi a toccare la gola. Lo fece con calma, replicò il movimento ancora una volta, e ancora. Stringeva con la mano, la bocca si muovevano in sincrono, la lingua come il letto del fiume mi sosteneva e si muoveva per accarezzarmi. «Se continui così non saprò trattenermi per molto.»
In tutta risposta aumentò la velocità, mi incitò ad affondare ancora di più, succhiava per chiedermi di lasciarmi andare dentro di lei. Non trattenerti, mi stava dicendo.
«Allora guardami.»
Lo dissi perché ne avevo bisogno, perché volevo unire i miei sogni alla realtà, perché dovevo vedere Mina e nessun'altra quando fossi venuto dopo tanto averla aspettata. E lei alzò gli occhi, neri come bocche di fucili a puntarmi, profondi come l'abbraccio delle sue labbra intorno a me. Mantenne il ritmo continuo, lento, deciso. Non si allontanò quando l'avvisai, le diedi l'ultima possibilità per togliersi prima del punto di non ritorno, ma lei continuò a succhiare senza sosta. E quando schizzai nella sua bocca muovendomi da solo negli ultimi spasmi finali, nascosi le mani tra i suoi capelli per avere un ultimo appiglio nel mondo che mi stava per ingoiare del tutto.
La bambina che giocava a nascondino nei nostri giardini confinanti e che in piscina aveva tenuto solo il pezzo di sotto del costume fino ai dieci anni, la ragazza che guardava i film con me e mi ascoltava parlare di registi e sceneggiatori a confronto, quella che rubava i Kinder Bueno al supermercato quando facevamo la spesa... era la stessa che ora mi inchiodava con lo sguardo mentre faceva scivolare su di me ciò che mi aveva tolto.
«Scusa», mormorò infine quando abbassò la testa per pulirsi la bocca con il dorso della mano.
Tastai alla cieca il comodino per aprire il cassetto e tirare fuori un fazzoletto per pulirmi prima di gocciolare dappertutto. «Scusa per cosa?» bofonchiai confuso. Strizzavo gli occhi per tenermi vigile e concentrato.
«Non ho... non ho fatto proprio come avrei dovuto. Ti ho sporcato dappertutto.»
Mi pulii senza molta attenzione, la vista sfocata stava tornando a fatica alla normalità, poi mi accucciai per fronteggiare il suo viso arrossato. Non capivo cosa si fosse aspettata prima, dato che sembrava delusa di sé. «Non credo ci sia un manuale scritto per come si deve o non deve fare.» Mi guardò titubante, le labbra arricciate al centro. «Hai fatto quello che ti sentivi, ed è più di quello che immaginavo.»
Abbozzò un sorriso, timida come una Mina diversa. Portò le ginocchia al petto, per coprirsi da me. Perché mai? «Ti è... piaciuto? Per la metà del tempo non sapevo se stavo facendo bene.»
Ora che tutto aveva finito per placarsi, che il pavimento aveva di nuovo acquisito una consistenza, che il respiro tornava regolare, fu come guardarla con occhi diversi. Per la prima volta riuscii a vederla senza il filtro del desiderio sotteso e continuo che mi aveva accompagnato da anni. Rannicchiata nel tentativo di coprirsi, le labbra gonfie, le guance radiose e gli occhi timidi, mi provocava una sensazione diversa. Non era più una tempesta, ma un lago tiepido, calmo, mi riempiva e cullava, tuttavia le correnti nascoste continuavano a pizzicarmi, di tanto in tanto.
«Vieni qui.» La presi per il mento e la avvicinai. La sua risposta al bacio fu rapida, esitante.
«Non ti fa schifo?» domandò.
Le sorrisi, memore delle sue parole di poco prima. «Perché mai dovrebbe disgustarmi una parte di me?»
Sembrò essere d'accordo. «Prima non hai risposto alla domanda... come è stato?»
La baciai di nuovo e le parlai sulle labbra. «Meglio che in tutti i miei sogni.»
Di nuovo sfuggì. Sembrava divertirla quel tira e molla. In quel momento avrei potuto aprirmi in due per mostrarle tutto quello che tenevo nascosto. Senza paure, soltanto pace dopo giorni di dolorosa agonia. «I tuoi sogni?»
Annuii sicuro. Mi accarezzò la punta del naso con la sua, ridevamo entrambi senza smettere, nudi. Nell'aria aleggiava il sentore dell'errore che avevamo commesso, eppure tutto sembrava così giusto, nell'esatto ordine in cui avrebbe dovuto essere la nostra vita. Se avessi saputo prima ciò che il mio corpo avrebbe provato quel pomeriggio con lei, avrei tenuto lontane tutte le ragazze del mio passato nell'attesa solo di quel momento. «E così tu mi sogni la notte», gongolò soddisfatta.
«Incubi terribili, per lo più.»
Arricciò il naso e ignorò il mio sarcasmo, le braccia a circondarmi il collo. «E che cos'altro facevamo nei tuoi sogni?»
«Non te lo dico, altrimenti ti spavento.»
«Guarda che ho visto la tua cronologia sul computer e non potresti sorprendermi nemmeno volendo. I porno che guardo io sono gli stessi che vedi tu.»
Sbarrai gli occhi, per un attimo fiondato fuori da quella realtà. «Che cosa hai fatto?»
Con una spinta decisa mi fece perdere l'equilibrio. Una volta a terra sul ruvido tappeto comprato con gli sconti al supermercato, Mina si mise a cavalcioni sopra di me. «Erano molto eccitanti.»
«E così tu guardi i porno?»
Fece spallucce, confusa dalla domanda. «La cosa ti sorprende? Non lo fanno tutti?»
Quasi non la sentii. Mina era completamente nuda, proprio sopra di me, bagnata e calda mentre si muoveva. Ero appena venuto, ma capii che la situazione sarebbe peggiorata in fretta in quella posizione molto precaria. «Aspetta, Mina. È meglio se ti sposti. A meno che tu non voglia fare... altro.»
Interruppi il suo gioco. Un attimo prima ridevamo come un tempo, anche se nudi e ancora eccitati, ma le mie parole misero un freno improvviso a tutto. «Io... non lo so.»
«Lo so io.» Mi sollevai con le braccia per avvicinarmi a lei. «Direi che per oggi abbiamo fatto fin troppo.»
Le ciglia le coprirono gli occhi. «Forse... forse sì.»
Si spostò, restando rannicchiata ai piedi del letto. Una macchia di disagio sembrò allargarsi sempre di più, inglobando anche lei. «Io non ho fretta, Mina. Abbiamo tutto il tempo del mondo.»
Portò le mani al seno, mi guardò di sottecchi. «Davvero? Non scappi come le altre volte?»
«Sono qui, mi pare. Non sto andando da nessuna parte.» Ricambiai il suo sguardo, cercai di trasmetterle in quel silenzio tutto ciò che non sarei riuscito a dire a parole. «Perché ti stai coprendo?»
«Non lo so... è che mi fa strano.»
«Prima mi sembravi mooolto a tuo agio», scherzai.
Mi colpì il petto, ma rideva. «Scemo, è una cosa diversa. Prima non ci pensavo e ora, invece, ci penso e mi vergogno un po'. È come se fossi più nuda.»
Mi feci più vicino e, con delicatezza, le tolsi la copertura. Le accarezzai il seno, ne presi uno nella mia mano e la guardai negli occhi. Non avrei mai creduto fosse così bello toccare una donna, perché con le altre era soltanto carne vuota, non mi era mai capitato di provare tanto. Perché le altre donne non erano lei. «Un po' ti capisco.»
Alzò le sopracciglia, incuriosita. «Non dirmi che prima di vergognavi, perché non ci credo.»
«Prima no, perché lui era sveglio», indicai in basso con lo sguardo. «Ora è diverso.»
Seguì la direzione del mio sguardo, tentai di risultare rilassato ma il senso di imbarazzo non riuscivo proprio a cancellarlo. «E perché te ne vergogni? Ha solo cambiato... consistenza.»
Stava ridacchiando. «Diciamo che noi uomini siamo molto sensibili sull'argomento, anche se nessuno verrà mai a dirtelo.»
«Vi vergognate di ammettere che vi vergognate?»
«Esatto.»
Arricciò il naso, sembrava divertirla quel discorso. Passò una mano tra i capelli, sparati sulla fronte e sulle tempie. Quelle guance piene, tirate nel sorriso... avevo voglia di morderle.
«Stavo riflettendo su una cosa», disse.
«Anche io.»
Assottigliò gli occhi, sulla difensiva ma curiosa. «Allora prima tu.»
Le passai una mano tra i capelli. «Sei bellissima in questo momento.»
Restò a bocca aperta, letteralmente. Si sbloccò solo per dire: «Smettila, non prendermi in giro.»
«Non ti sto prendendo in giro, sono sincero.»
«Non me lo hai mai detto, però.»
«Perché prima ti guardavo, ma era come se non riuscissi a vederti davvero. Non ha molto senso, ma...»
La sua mano trovò le mie labbra e si avvicinò, fino a posare la fronte sulla mia. «Ti capisco, invece.»
Nonostante tutto quello che avevamo fatto insieme, mi mossi con impaccio per baciarla, per stringerla tra le braccia. Avvenne in quel momento che la macchia scura tra di noi si riassorbì completamente. Stare con lei non mi era mai sembrato più semplice, più naturale.
***
Spero tanto che il capitolo vi sia piaciuto! Ammetto che immedesimarmi nel lui della situazione in questo frangente non è stato affatto semplice ahaha
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Vi lascio qui la mia ultima recensione! Un bacione a tutti!
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