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22. Allora guardami, Mina

Mina

Lo sapevo, lo sentivo. C'era qualcosa che Tom mi nascondeva mentre mi teneva stretta, mentre muoveva la lingua insieme alla mia. Ritmo perfetto, sincronia assoluta, un vortice di respiri, rabbia e desiderio. A volte stringeva la presa sulle mie braccia o mi intrappolava il viso con foga, altre invece sembrava volermi allontanare. L'amico d'infanzia, il fratello che credevo di conoscere meglio di me stessa, all'improvviso mi era diventato uno sconosciuto, un libro mai letto trovato per caso sul ripiano più altro della libreria. E questo mi spaventava, ma era una paura che nascondeva troppa eccitazione per riuscire a controllarla. Il modo diverso che usava per guardarmi, le vie nuove che le sue mani trovavano per toccarmi come mai prima avevano fatto. Era come trovarmi al buio completo, e c'era soltanto la sua mano salda intorno alla mia come unica guida. Il timore che, per l'ennesima volta, mi avrebbe abbandonata nel buio pronto a inghiottirmi.

In mezzo ai suoi respiri sempre più corti e rapidi, Tom farfugliava parole sconnesse. Riconobbi il mio nome, pronunciato con un tono che mai aveva usato prima. Mi aggrappai ai suoi capelli, spettinati dalle mie dita capricciose, e in tutta risposta lui spinse in avanti il bacino per intrappolarmi contro il muro. Quando mi sollevò una gamba per strusciarsi, la sua eccitazione contro la mia mi strappò un gemito. Volevo le sue labbra sul collo, sul mio seno, dappertutto nello stesso istante, senza sosta. Se avesse smesso di toccarmi così come aveva fatto quella stessa notte, quando mi aveva cacciata dalla sua stanza senza uno straccio di spiegazione, allora sarei impazzita.

Ma quel pomeriggio, nella penombra della sua stanza, Tom non mi allontanò.

Mi intrappolò contro quella parete ruvida, cercò il mio respiro tra le labbra che mi apriva con ostinazione. Senza dire una parola mi caricò su di peso per accompagnarmi sul letto. Lo tenevo stretto, braccia, gambe, cuore per paura che scappasse via. Piena di incertezze, posai i piedi sul materasso e senza darmi il tempo per capire le sue intenzioni, mi sollevò la t-shirt per lasciarmi solo con il reggiseno. Mi guardò, in quel modo che aveva solo lui, con quegli occhi che sapevano accoglierti con il calore di un maglione in pieno inverno, ma anche azzannarti come fauci impietose. Tom osservò il mio viso nella penombra, scese ad accarezzare le curve del seno, e poi di nuovo su. Fu come guardarsi per la prima volta, due estranei finalmente faccia a faccia, e all'improvviso non provai più paura alcuna. In silenzio sembrò chiedermi il permesso e con la stessa assenza di parole glielo concessi. Perché era lui, perché era l'unica persona al mondo alla quale avrei affidato la mia stessa vita.

Portai le mani sul suo viso, grande, solido e spigoloso, e lui posò la bocca sul collo. Umido nella scia che seguiva le sue labbra mentre si addentrava tra i seni. Lo tenni stretto a me, calore, affetto, legna e fuoco. La sua bocca scese e scese ancora, mentre le sue mani questa volta non chiedevano alcun permesso per spingere verso le caviglie i pantaloni della tuta e gli slip intrappolati in essi. Rapido e scaltro, senza darmi il tempo per impedirglielo, la sua bocca atterrò proprio tra quella gambe che mi teneva socchiuse. La sua lingua che si insinuava per toccarmi nel punto più sensibile mi tolse il fiato e l'equilibrio. Dovetti aggrapparmi alle sue spalle per non sciogliermi, dato che le ginocchia avevano perso consistenza all'improvviso. Ripetei il suo nome, volevo impedirgli di intrufolarsi in quella parte tanto intima di me, ma non ci riuscivo, o forse non lo volevo. Paura, imbarazzo, una sensazione nuova e tanto spaventosa da confondermi. Continuai a ripetere il suo nome per intero, Thomas, ancora, senza sosta, senza fiato, senza ragione, mentre gemevo in risposta alla sua lingua, che trovava la strada tra le mie pieghe abbandonando ogni esitazione.

Infine persi del tutto l'equilibrio e Tom non riuscì a fare altro che cadere sul materasso con me. Insieme rimbalzammo, e quasi ci colpimmo con una testata. Lo scoppio di risa fu inevitabile, e continuò ancora quando tentò di togliermi i pantaloni arrotolati intorno alle caviglie, mentre i lacci delle scarpe non sembravano voler collaborare, tanto che dovetti aiutarlo. Dopo il buio delle notti che avevano nascosto i nostri segreti più profondi, ero libera di affrontare il suo viso. E ora, all'improvviso sorridente e rilassato, quegli occhi di acciaio tornati di nuovo familiari, io ritrovai la persona che conoscevo.

Mi liberò di tutto, lampi di trepidante gioia nel suo sguardo eccitato, poi Tom mi coprì con il suo corpo. Vestiti ruvidi, dita rapide, baci fatti di un unico sapore. La sua bocca scese ancora, questa volta più in fretta, come se ne provasse un bisogno sconosciuto che non riuscivo in alcun modo a capire. Lo volevo così tanto, eppure mi vedevo cercare di chiudergli il passaggio accostando le cosce. Dovette tenerle lui divaricate per ricavarsi lo spazio. Le mie mani, nella disperazione vuota e carica di euforia, strinsero le lenzuola nei pugni. Il mio corpo si agitava a ogni carezza di quella lingua che non mi dava tregua. Prima leccava le labbra, lentamente, inesorabilmente, poi premeva appena di più per allargarle e scoprire il clitoride nascosto. Allora lo accarezzava con la punta della lingua, lo salutava con gesti gentili prima di prenderlo tra le labbra e succhiare. E poi riprendeva dal principio, aggiungendo le dita che mi accarezzavano intorno all'entrata. Succhiò di nuovo mentre entrava dentro di me. La prima volta fu cauto, la seconda penetrò più a fondo e tenne la bocca su di me mentre danzava più veloce, dentro e fuori, roteando il polso per farmi gemere più forte. Era invadente, ostinato, così prepotente come non lo conoscevo, ma proprio come lo desideravo.

Non riuscii a capacitarmi dei suoni che uscirono dalla mia bocca senza che potessi controllarli. Mugolai più forte quando introdusse un altro dito e di nuovo ricominciava quel balletto di lingua e dita. «Ti piace?» soffiò tra le mia gambe.

Aprii gli occhi per guardarlo. Ero come il pedale dell'acceleratore portato fino in fondo, il motore su di giri prima di passare alla marcia successiva.

«Che c'è?» rideva di malizia, le pupille che mi puntavano quando riprese a muovere la lingua.

Parlare mi risultò così difficile. «Mi piace guardarti.»

Spinse più a fondo e riprese il movimento regolare che non mi lasciava scampo. «Allora guardarmi, Mina.»

Lottai contro me stessa, alla spinta che il mio nome pronunciato proprio in quell'attimo mi diede, e alla fine serrai le palpebre quando il calore pungente scoppiò proprio dove le sue dita spingevano con più decisione. Mai provata un'onda del genere, che risaliva repentina al ventre, al seno, alla gola e infine alla testa, che esplose dell'immagine dei suoi occhi, della sua bocca su di me. Le dita continuarono a torturarmi, allora gli posai una mano tra i capelli. Tremavo. Lui capì, senza parole. Si fermò.

Riaprii gli occhi pochi secondi dopo, o forse erano passate ore. Per un breve attimo mi ero staccata dal mio corpo, e precipitare di nuovo in me stessa fu più difficile di quanto avessi immaginato. Tom si spostò sopra di me, sollevato sui gomiti strisciò fino a posare la fronte sulla mia. «Com'è stato?»

«Incredibile», seppi soltanto formulare, la voce come impastata da una sbronza.

Mi alzai per raggiungere la sua bocca, ma lui si scostò appena. «Sei sicura?»

«Perché non dovrei?»

«So che a certe donne non piace sentire quel gusto.»

Aggrottai la fronte. «Perché mai dovrebbe disgustarmi una parte di me?»

Si chinò per baciarmi di nuovo con la stessa passione che lo aveva spinto poco prima, mentre mi schiacciava contro la parete del corridoio. La mia si era attenuata, ma mi bastò riaverlo tra le braccia perché crescesse di nuovo, e il gusto estraneo eppure familiare, dolce e salato, coronò l'eccitazione che riprese ad ardere dentro di me. Quel ragazzo mi stava rivoltando la vita, e io ancora non me ne rendevo conto.

«Tom...» Lo fermai per poterlo guardare negli occhi. Fotografai quell'immagine, i capelli castani spettinati, le pupille dilatate, il suo viso spigoloso tanto vicino al mio. Sapevo che sarebbe finito, prima o poi, e dovevo raccogliere tutti i dettagli possibili per ricordarmene per il resto della vita. «Lo avevi già fatto prima?»

Qualcosa passò dietro i suoi occhi, e per un attimo persero il contatto con i miei. «Non voglio parlarne adesso.»

La mia solita testardaggine avrebbe insistito, ma il terrore che un'altra donna avesse goduto di lui come avevo fatto io mi sembrò insopportabile. In quel delicato momento, non avrei retto alla risposta sbagliata.

«Però a te è... è piaciuto?»

«Stai scherzando? Non vedevo l'ora di farlo.» Era Tom a parlare ora, Tom il mio amico, Tom quel fratello che non avevo mai avuto.

«Ma io non ho fatto niente. Come fa a piacerti?»

Teneva un mezzo sorriso sulle labbra mentre spingeva una mano sempre più giù. Massaggiò tra le mie gambe con movimenti circolari e poi mi guardò di nuovo. «Perché vederti ansimare e chiudere gli occhi a causa mia è estremamente eccitante. Leccare il tuo sapore è estremamente eccitante», continuò prima di passare la lingua sulle mie labbra. «Vederti venire è estremamente eccitante.»

Chiusi gli occhi, pronta a schiacciare ancora su quel pedale e riportare il motore al limite. «Se continui così, credo che mi vedrai un'altra volta.»

Le dita entrarono di nuovo, questa volta con meno delicatezza. «È proprio quello che voglio da te.»

***

Fa caldo... molto caldo, non trovate anche voi???

Ci ritroviamo al prossimo capitolo dal punto di vista di Tom ;-)

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P.S. Se avete bisogno di qualche consiglio di lettura per l'estate, ecco qui i miei! Un bacione!

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