16. Che cazzo di nome è Persefone?!
Tom
Le opzioni disponibili per salvarmi le palle dalla furia di Mina erano ridotte a una manciata: mentire e negare fino alla morte – ma vivevamo praticamente insieme e prima o poi mi avrebbe scoperto –; deviare il discorso nella speranza che lei passasse oltre; rasarmi i capelli e fuggire con il primo aereo in partenza per il Tibet. "Chissà se riuscirei a mimetizzarmi in mezzo ai monaci tibetani..."
«Allora?! Mi vuoi rispondere?» insistette Mina mentre tornavamo verso la nostra classe.
Tentai con la seconda opzione e incrociai le dita. «Quando ti incazzi somigli troppo a tua nonna», le feci notare.
Sbaglio madornale, dato che tentò di colpirmi alla nuca con uno schiaffo. «Mi spieghi la questione dei messaggi? Da quando ti senti con quelle ragazze?»
«Mi hanno scritto loro un paio di settimane fa. Persefone mi ha invitato alla festa per il suo compleanno. Tutto qui.»
Spalancò la bocca e mi si piazzò davanti per bloccarmi la ritirata verso la salvezza. «Tutto qui?! E perché cazzo non me lo hai detto? E poi, che cazzo di nome è Persefone?!»
«La smetti di comportarti così? Sembri pazza.»
Affinò lo sguardo. Ero certo che stesse cercando di darmi fuoco dall'interno. «Mi spieghi perché le Iene hanno deciso di accorgersi della tua esistenza proprio quest'anno? Quando prima non conoscevano nemmeno il nostro nome?»
«E io che ne so?» risposi facendo spallucce. Mantenni la mia poker face, perché in realtà conoscevo la verità.
Gli altri studenti erano ormai defluiti verso le rispettive classi e il corridoio deserto lasciava riecheggiare la nostra voce. Mina decise di voltarmi le spalle e puntò la nostra aula, schiena dritta, passo svelto. Alzai gli occhi al cielo. Si era arrabbiata con me, così come quando da bambina scappava sul ramo più alto dell'albero per rifiutarsi di parlarmi. La raggiunsi che era quasi davanti alla porta chiusa della nostra classe. «Perché ti incazzi con me? Hai sentito anche tu che ho rifiutato l'invito.»
Tenevo il suo polso per evitare che mi sfuggisse e, dopo una breve occhiata intorno, cercai la sua mano. L'afferrai con decisione nonostante lei cercasse di toglierla dalla mia presa. Anche se mantenne la mascella serrata, alla lunga il gesto sembrò calmarla. Lo faceva sempre, nessuno la conosceva come me, così come nessuno sapeva cosa provassi io nel toccarla. Nonostante tutta la sua tenacia e il fuoco che la agitava, Mina era minuta e fragile quando mi stava accanto. Quando eravamo solo io e lei, senza il mondo a disturbarci, sapeva lasciarsi andare e abbassare tutte le sue difese. La sua mano era così piccola quando riposava nella mia, mi dava forza come io la davo a lei. Prese un respiro profondo e si guardò intorno. «Non mi va che quelli abbiano iniziato a girarti intorno. Noi siamo sempre stati diversi da loro.»
La mia voce si fece un sussurro. «Credi davvero che volterei le spalle a te e Luca per unirmi a quel gruppo di idioti senza cervello?»
Abbassai la testa per incontrare i suoi occhi. Mi resi conto di quanto fossi cresciuto negli ultimi anni da come fui costretto a incurvare la schiena. «Un po' idiota lo sei... saresti anche capace di farlo.»
Si sforzò di non incurvare le labbra, ma un angolo si alzò e mise fine al litigio prima ancora che lei se ne accorgesse.
«Ragazzi, mi chiedevo dove foste finiti.» La voce atona e strascicata della prof di filosofia ci interruppe. Quel mattino doveva essersi dimenticata di togliere un nido di rondine dai capelli, dato che erano tutti crespi e arruffati sopra la testa. Probabilmente, in quella selva grigia, poteva aver pure lasciato qualche bigodino. Una volta era capitato a Melania e io e Mina ci eravamo divertiti a prenderla in giro per un giorno intero.
«Arriviamo», disse Mina, cogliendo al volo la scusa per sfuggirmi.
Non volevo farla arrabbiare, dato che era in grado di covare rancore in eterno; ecco perché non avevo mai raccontato nulla dei messaggi che Persefone e Barbara avevano iniziato a inviarmi da settembre... e non solo per la festa di compleanno.
Era iniziato tutto con i primi giorni di scuola, con la scusa di chiedermi alcuni consigli per un viaggio in California che avrebbero fatto con le loro famiglie durante le vacanze di Natale. Poi erano arrivati i primi inviti alle loro feste esclusive, le cene tra le loro ricche famiglie in location affittate apposta... ogni volta dovevo inventare una scusa diversa per rifiutare.
Sapevo di essere cambiato parecchio negli ultimi anni: ero uscito finalmente dall'aura di invisibilità che mi aveva nascosto al mondo e ora le mie coetanee si erano accorte della mia esistenza. Lo avevo intuito già a Los Angeles, dove le ragazze erano ben diverse da quelle della mia scuola. Barbara, in confronto, valeva poco o niente in termini di bellezza e portafogli.
Dopo tredici anni di scuola, le Iene si erano accorte di me, senza contare che il mio essere mezzo americano doveva sembrare per loro un dettaglio di prestigio e non volevano lasciarsi scappare l'occasione di farmi entrare nel loro club esclusivo. Mi sentivo come Harry Potter costretto a forza a entrare nel Lumaclub. Ma non lo avrei mai fatto: per Mina, per Luca, ma soprattutto per me stesso. Loro rappresentavano tutto ciò che odiavamo nella società, gli addicted all'apparenza che ci avevano umiliati e derisi per tutta la vita. Non sarei mai passato alla loro fazione.
«Prendo i fazzoletti dalla giacca e arrivo, prof.»
La donna mi sorrise e rientrò in classe, dove già sentivo il sottofondo di parole e caos che caratterizzava tutte le sue lezioni. Con la Cooman in cattedra, tutto diventava anarchia. Quando infilai la mano nella tasca per posare l'accendino, però, trovai un pezzo di carta appallottolato. Solo allora mi accorsi che si trattava della giacca di Luca, blu scuro come la mia. Stavo per rimettere tutto a posto quando una scritta rossa come intestazione mi lasciò interdetto. M. ti penso sempre.
Non avrei dovuto farlo, lo sapevo bene... Diedi un'occhiata intorno e aprii quella che aveva tutta l'aria di essere una lettera. E non una lettera qualsiasi, ma una lettera d'amore. La scrittura era proprio quella di Luca, piccola ma estremamente ordinata.
Amore mio,
ormai averti dentro la testa e il cuore tutti i giorni è diventata la mia normalità. Riesci a vivere in ogni mio gesto, in ogni respiro. Quell'amore che ho cercato di soffocare scalpita per uscire. E lo so che è così sbagliato, che non dovrei pensarti in questo modo. Sei la mia amica più cara e...
Lo shock mi pietrificò le gambe, risalì come un brivido freddo su per la schiena e mi lasciò immobile, forse pallido come Mia Wallace dopo l'overdose in Pulp Fiction. Le parole si interrompevano così, con uno scarabocchio spigoloso, dettato dalla rabbia.
Rimisi a posto la lettera accartocciata nella sua giacca e tornai in classe, con i pensieri che erano tutto un casino. La prof parlava di qualche vecchio pensatore, i primi della fila controllavano la correttezza dei compiti di matematica in vista dell'ultima ora, sotto il banco Colosso preparava le sigarette con le cartine, il tabacco e pure qualche aggiunta, Mina pasticciava nervosamente una pagina della Smemoranda mentre Luca era l'unico in ascolto davvero interessato alla lezione.
Io, invece, riflettevo. Tentavo di farmi spazio nel caos che mi aveva appena messo sotto sopra i pensieri. Cercavo mille alternative, centinaia di spiegazioni plausibili che non ponessero proprio Mina come destinatario di quella lettera mai inviata. Forse era un capitolo cestinato del suo romanzo. Forse Luca aveva una cotta per una ragazza della scuola di cui io non sapevo nulla. Era poco probabile, dato che il mio amico mi aveva sempre raccontato tutto di sé fin da bambini e non mi avrebbe mai lasciato all'oscuro di una cosa del genere, a meno che non ci fosse qualcos'altro sotto...
Collegai infine i pezzi.
Cretino.
Cretino, cretino, cretino. Possibile che non me ne fossi accorto? Ripensai a quella stessa mattina con i riassunti per Mina sulla verifica di storia. Non avrebbe mai fatto un gesto del genere per me. Doveva aver perso quasi un'ora della sua giornata per scrivere bigliettini di cose che già sapeva, solo per darli a lei.
Come potevo essere stato così cieco e non aver mai colto i segnali? Mi ripromisi che avrei dovuto indagare nei giorni seguenti. Non avevo la certezza, ma nel cuore calò un bruttissimo presentimento fatto di problemi che incombevano su di noi, e tanta, tanta gelosia.
***
Aiutoooo... qui le cose iniziano a farsi interessanti!
Un abbraccio e ci ritroviamo al prossimo capitolo!
INSTAGRAM: maiaiam88
FACEBOOK: maiaiam
YOUTUBE: maiaiam
TWITTER: maiaiam
P.S. Vi lascio la recensione di oggi, tutta a tema fantasy. La corte di rose e spine. Avete mai letto questo romanzo?
https://youtu.be/E8UdQK_WTOc
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro