Pain and Love

1994


Scena 9:


Ti siedi sul letto e osservi Billy rannicchiato su se stesso, aggrappato a quella coperta come se cercasse conforto in quel logoro rettangolo di stoffa.
Strizzi lo straccio dopo averlo immerso nella bacinella di acqua fresca e gli carezzi un attimo la fronte incisa dalle cicatrici avvertendolo ardente al contatto.
Lo senti sussurrare "No... Non mi toccare... Non voglio..."
Poggi il panno sulla sua fronte con sguardo preoccupato, conosci bene i suoi incubi, sai quali mostri emergono dal suo passato quando sprofonda oltre la veglia.

Quella notte hai chiamato il dottore, lo hai trovato seduto oltre la soglia in preda ai deliri febbrili, sei certo che abbia visto qualcosa che lo ha fato raggomitolare come un bambino spaventato. Si era raggomitolato tra le lacrime supplicando di lasciarlo stare, quando lo hai preso per il braccio cercando di riportarlo a letto ha urlato e ti sei rimproverato.

Dovresti ricordare della sua spalla, di quando Arthur lo gli ha portato via l'infanzia, i sogni e molto altro. Sai che cosa vuol dire sentirsi impotente davanti ad un mostro, ma almeno su di te non hanno lasciato segni visibili.
Ma sai come muoverti per calmarlo, ormai lo hai capito.
Ti sei seduto accanto a lui e ad occhi chiusi hai cercato di canticchiare la sua canzone preferita, ma non sei poi così bravo con i Metallica.


"...With time the child draws in
This whipping boy done wrong
Deprived of all his thoughts
The young man struggles on and on, he's known
Ooh, a vow unto his own
That never from this day
His will they'll take away

What I've felt
What I've known
Never shined through in what I've shown
Never be
Never see
Won't see what might have been...

...What I've felt
What I've known
Never shined through in what I've shown
Never free
Never me
So I dub thee unforgiven..."

E poi Billy è riemerso dalla foschia della paura ha allungato la mano verso di te sussurrando il tuo nome come un cucciolo smarrito che sa che mai troverà conforto nell'abbraccio di una madre che da troppo tempo lo ha rinnegato.
Lo hai stretto mentre il suo corpo ardente e sudato tremava.

Hai seguito le indicazioni del dottore in modo pedissequo e finalmente dopo un intero giorno sembra che la febbre sia sciamando via.
Ti sdrai al suo fianco e lui allenta la presa dalla sua confortevole coperta per aggrapparsi a te, nascondendosi nell'incavo della sua spalla respirando la tua pelle, assaporandola colma di bisogno.

Le note ti riaffiorano tra le labbra, lo culli passando la mano dietro la sua nuca.
I aggrappi a lui e cerchi di scacciare via anche le tue ombre, le parole di Val e il pensiero del bambino che ti scrutava fiducioso con i tuoi vecchi occhiali stretti in pugno.
Il figlio a cui Julia ha dato il nome di suo padre, Aleksander. Una minuta versione di te. Occhi neri come la notte e folti capelli d'ebano. Una piccola cicatrice sul mento, una fossetta su una guancia.
Le parole che quella donna che un tempo aveva detto di amarti ha sussurrato.
Non riesci a credere che davvero potrebbe attuare la sua minaccia, è anche sangue del suo sangue dopotutto, te lo ha estorto con l'inganno. Te lo ha tenuto nascosto per puro diletto e adesso lo usa come strumento contro di te.

"Piccolo mio... Mi dispiace..." sussurri aggrappandoti a tutto il tuo amore.
Non sei pentito di averlo scelto, ma in quelle notti oscure diventa difficile scacciare i pensieri di quello che non era stato e poi la porta cigola e una bambina assonnata ne emerge.

Le sorridi e lei senza una parola si infila sotto le coperte, insinuandosi tra di voi.

Billy avverte il corpicino della figlia anche oltre il mondo di Morpheus e la stringe a se, passandole un braccio dietro le spalle.

Quanto vorresti che anche il tuo piccolo Aleksander potesse essere avvolto da quell'abbraccio, far parte della vostra famiglia, scacciare ogni ombra del passato.