Capitolo 03
Aleksander lasciò andare la porta di casa e chiuse gli occhi, ricercando nelle tenebre quella calma che lo aveva sempre distinto.
L'ampio monolocale lo osservava in attesa, silenzioso, freddo, vuoto.
Quel ragazzo gli aveva forzato la mano, aveva frugato fra le sue cose pungolandolo piantando le sue impertinenti parole in una ferita aperta da fin troppo tempo.
Le sue mani fremevano dall'impellenza di colpire qualcosa e cercò di ricomporsi invano, mentre quelle parole bruciavano nella sua mente come tizzoni ardenti.
Volete sapere chi è...
Odiava la verità in quelle parole.
Voleva e non voleva sapere l'identità dell'uomo che aveva stravolto la sua famiglia.
Lo aveva cercato senza troppa convinzione, temendo che sua madre potesse scoprirlo causando la riapertura in lei di quella ferita che per troppo tempo l'aveva lasciata annichilita e chiusa nel dolore allontanando persino quel bambino dai grandi occhi scuri, bramosi di affetto, ma che troppo le ricordavano quell'uomo scomparso. E la somiglianza era solo aumentata con il passare del tempo.
I lineamenti avevano perso ogni minimo ricordo della madre diventando a tutti gli effetti una copia di quell'uomo che tanto aveva amato e che era svanito dalle loro vite senza alcuna apparente motivazione. Forse per questo non aveva mai dato peso alle attenzioni che gli venivano rivolte, non riusciva ad apprezzare quel riflesso. Vedeva in esso la causa della costante mancanza di amore da parte della madre. Non che gli avesse mai fatto mancare qualcosa ma ogni scelta nei suoi confronti era parso più un obbligo imposto che un gesto affettuoso.
Forse per questo la aveva assecondata in tutto. Nel prendere in mano la direzione del giornale dello Zio quando questi si era ammalato, all'accettare di unirsi in matrimonio con la ragazza che la madre aveva preso a cuore. Una creatura perfetta, il suo opposto. Capelli del colore del miele, cristallini occhi azzurri, una pelle d'alabastro e una figura delicata, quasi fiabesca. Aleksander non provava niente per lei, né amore né odio, solo una rassegnata accettazione. Dopotutto sua madre gli aveva dato tutto, poteva sforzarsi di donarle i tanto agognati nipoti.
La scatola che gli era stato consegnata nei giorni precedenti lo osservava da dove lo aveva poggiato. La stessa da cui aveva preso la lettera che incautamente aveva lasciato in bella vista nel suo ufficio.
Guardingo le si avvicinò, la aprì e ne e osservò l'accozzaglia di oggetti che vi erano contenuti. Perché suo padre aveva deciso di farglielo recapitare alla sua morte?
Prese la lettera che aveva accompagnato la scatola e se la rigirò tra le dita, ancora sigillata.
Odiava bramare affetto da quell'uomo, nonostante tutto. Si sentiva ancora un bambino che scrutava fuori dalla finestra fiducioso nel suo ritorno.
Ripensò a quell'ultimo segreto incontro, lontano dagli occhi di sua madre.
Quel giorno gli aveva rivolto un sorriso stanco. "Conservali per me fino a stasera, sono perduto senza..." gli aveva detto prima di porgerli i suoi occhiali da lettura.
"Hai smarrito la strada..." sussurrò Aleksander prendendo in mano una foto dall'interno della scatola.
Un brivido lo percosse in esso vi era un uomo dai capelli cortissimi, lunghe cicatrici solcava il suo volto, con un largo sorriso e seduto sulle sue lunghe gambe c'era un piccolo Aleksander, che allungava senza timore le mani verso il volto di quell'uomo. Vi era tanta dolcezza in quel gesto. Con mani frementi voltò la foto e lesse una scritta di cui riconobbe l'elegante calligrafia di suo padre.
Tutto il mio cuore, tutto il mio amore, tutto il mio universo.
La foto gli scivolò tra le dita e una lacrima cadde sulla lettera che stava sottostante alla foto.
Aleksander si riscosse e la afferrò asciugando rapidamente il foglio, vide l'elegante calligrafia del padre.
Mio William, vorrei poter essere io la persona che ti salverà da quell'odio che pensi di meritare. Desideravo altri giorni felici per noi. Mi vergogno per come mi sono comportato con te, sono stato un'idiota, un saccente.
Ti prometto che dopo questa lettera non ti infastidirò più.
Ma volevo scusarmi, perché non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia.
Adesso comprendo cosa ha spinto il mio cuore verso il tuo, il dolore della perdita, il vuoto dell'abbandono. Converrai che non possiamo basare questa relazione sul vuoto che erode da che siamo al mondo il nostro spirito. Eppure so già che non ho mai amato nessuno prima di incontrare te in quella fredda stanza che ha custodito i nostri incontri. Non visti eppure esposti al mondo, il tuo mondo. Ti amerò sempre....
Aleksander accartocciò il foglio e strinse il pugno con rabbia.
William, quel nome lo tormentava da troppo.
Possibile che per un breve momento avesse creduto nell'amore attraverso quelle parole vergate su quella foto?
Come poteva aver sperato di contare qualcosa nella vita di quell'uomo?
Il suo mondo era quel maledetto William e nessun altro.
Doveva scoprire chi fosse e seppellirlo definitivamente, solo allora sarebbe potuto diventare l'uomo che sempre aveva desiderato essere. Libero da quel dolore, dalle aspettative di un amore illusorio e dal ricordo di suo padre.
Se non avesse esorcizzato quell'uomo non avrebbe potuto compiere quel passo e accantonare tanto ogni emozione, sposarsi e donare a sua madre i tanto bramati eredi.
Magari non sarebbero stati tanto simili a lui e forse in loro non avrebbe rivisto l'odio ma solo l'amore.
E gli tornò in mente lo stagista, che fosse la persona che avrebbe potuto aiutarlo? Dopotutto aveva affermato di aver scoperto l'identità di quel William.
Di certo avrebbe trovato un modo di convincerlo a seguirlo in quella ricerca, avrebbe potuto garantire un posto fisso, non più uno stage e la promessa di tenere in squadra sia lui che quella sua amica e collega avrebbe potuto garantire il suo silenzio.
Lo sguardo tornò alla foto, la prese e un modo ti rabbia gli risalì in gola.
Strappò in due la foto.
Cuore
Amore
Mondo
Non si fermò finché non rimasero che una manciata di coriandoli e sogni perduti.
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