Prologo
❝ Al mondo molta gente cerca la salvezza nella religione. Ma quando la religione ferisce e fa male, allora dove la si può trovare, la salvezza? ❞
HARUKI MURAKAMI
«Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: "È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?". Rispose la donna al serpente: "Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete". Ma il serpente disse alla donna: "Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male". Allora la donna vide che l'albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch'egli ne mangiò».
Guardavo affascinata mia madre, i suoi capelli castani erano legati in uno chignon morbido, nessuna ciocca sfuggiva da esso o le copriva il volto.
Aveva l'espressione concentrata e il capo chinato in basso verso il libro che aveva in mano e che mi stava leggendo. Genesi.
Avevo dieci anni e avevo perso il conto di tutte le volte in cui me l'aveva letto. Mi piaceva, però, era il nostro momento speciale o almeno mi piaceva credere che lo fosse. Il modo in cui leggeva, mi spiegava le cose e cercava di trasmettermi il suo amore per Dio, mi faceva sentire parte di qualcosa di profondo e che ancora non riuscivo a comprendere pienamente.
«Sai cosa successe dopo, Abigail? Te lo ricordi?» mi chiese, alzando appena gli occhi dal libro.
Iniziai a giocherellare con le mani, nervosa e timorosa di dire qualcosa di sbagliato. Dubitavo che sarebbe accaduto però, ormai sapevo quel libro a memoria. Parola dopo parola.
«Il signore Dio maledì il serpente...» risposi, convinta di aver detto il giusto. Mia madre annuì con il capo ed io mi sentii sollevata. Poi riprese a leggere.
«Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche, gli disse; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno».
La ascoltavo in assoluto silenzio, non le toglievo gli occhi di dosso e non mi lasciavo sfuggire nessuna parola. Ascoltarla leggere mi rilassava.
«Alla donna Dio disse: "Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà". All'uomo disse: "Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell'albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l'erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!"».
La guardai accigliata e mi morsicai le labbra per impedirmi di parlare. Poi pensai: "Sto per compiere undici anni, sono una signorina ormai, posso esporre i miei pensieri". O almeno questo era ciò che zia Maggie, la sorella di mamma, mi aveva detto.
Odiava che stessi zitta per la maggior parte del tempo e che mi comportassi come se la parola degli adulti fosse legge, ma era in quel modo che ero stata cresciuta.
Non sapevo come esporre i miei pensieri in una conversazione con un adulto, loro erano così saggi...
O almeno lo erano mia madre, mio padre e padre Timothy. Quest'ultimo secondo i miei genitori.
Rabbrividivo al pensiero di padre Timothy. Lui non mi piaceva, ma non avrei mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce.
«Non capisco, madre», mi sentii dire, incredula e anche un po' pentita. Ma ormai era fatta, avevo trovato il coraggio di parlare.
Mamma alzò gli occhi su di me e se era sorpresa dal fatto che io avessi osato interrompere la lettura per esporre il mio pensiero a riguardo, non lo diede a vedere.
«Cosa non riesci a capire?» mi chiese, anzi, guardandomi in attesa e con aria comprensiva.
«Essendo il signore Dio, buono e misericordioso, perché ha deciso d'infliggere loro una punizione così crudele? D'altronde hanno solo mangiato delle mele», domandai, ingenuamente. Lo vidi nei suoi occhi tutto il disappunto che provava. Però non si arrabbiò, anzi, restò calma e mi guardò paziente.
«Non li ha puniti per aver mangiato delle mele, Abigail. Li ha puniti perché hanno disubbidito alla sua parola, cadendo in tentazione», mi spiegò con tranquillità e calma. Io però continuai a guardarla accigliata, perché ancora non capivo.
«E non è forse un comportamento da tiranno, questo? Non è pretendere di avere la ragione assoluta, pretendere di essere ubbidito per forza?» le domandai e questa volta cambiò espressione.
Il disappunto non le si leggeva solo negli occhi, ma era facilmente decifrabile anche nell'espressione sul viso. «La parola di Dio è legge, Abigail», rispose risoluta. «Non è questione di tirannia, lui è il Signore. Nessuno meglio di lui sa cos'è giusto e cos'è sbagliato. Aveva detto ad Eva e Adamo che se avessero mangiato dall'albero della conoscenza del bene e del male, sarebbero morti. Lui ha dato loro una possibilità di scelta».
«Come può essere sbagliato essere curiosi? Voler sapere di più?» domandai ancora. Poi mi sedetti meglio sul letto e la guardai in attesa di una risposta.
Zia Maggie diceva che le ragazzine della mia età erano tutte curiose, non facevano altro che domande su domande, mentre io ero tutto il contrario. Volevo bene a zia Maggie, anche se trovava la mia famiglia strana e alzava gli occhi al cielo ogni volta che sentiva parlare di Dio.
«Ti stai comportando proprio come Adamo ed Eva, dubitando della saggezza di Dio», mi rimproverò mamma, poi chiuse le labbra in una linea dura, severa.
«Non sto dubitando della saggezza di Dio, sono solo...» cercai di giustificarmi, rossa in viso per via dell'imbarazzo che provavo. Ma non solo, mi sentivo anche colpevole.
«Curiosa?» mi chiese mamma con un sopracciglio alzato, come a dire "Visto? Proprio come Adamo ed Eva". Mi zittii.
«Mi dispiace, madre», dissi con sguardo basso.
Ripresi a giocherellare con le mie dita per via dell'ansia, il nervosismo e la sensazione di disagio che mi si attanagliarono allo stomaco.
Mamma si avvicinò e mi mise due dita sotto al mento per farmi alzare la testa. I miei occhi incontrarono i suoi.
«Va tutto bene, da grande capirai, Abigail. Sei ancora piccola, è normale che ti ponga delle domande», disse con voce dolce, «L'importante è non mettere mai in dubbio l'operato di Dio».
«Non lo metterei mai in dubbio, madre», risposi velocemente, perché non volevo che lo pensasse per nessuna ragione al mondo.
Poi mamma chiuse il libro, si alzò dal mio letto e mi guardò. «Dì una preghiera prima di dormire e chiedi scusa per le parole inopportune che hai usato, Dio ti perdonerà», mi disse, prima di uscire dalla mia camera e chiudersi la porta dietro.
Avevo dieci anni e vorrei poter dire che andò come disse mamma, che crescendo iniziai a capire fino a non avere più dubbi sulla fede o su Dio e il suo operato...
Ma non fu così.
Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro