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5. Sorprese

Zlatan si alzò presto quella mattina. Si sciacquò la faccia e lavò i denti con uno spazzolino usa e getta, poi si rivestì ed aspettò Sveva.
Erano già passate un paio di infermiere a portargli la colazione e a vedere come stesse, era anche arrivato il suo nuovo amico Mattia a salutarlo.
Se ne stava in piedi davanti alla finestra immerso nei suoi pensieri quando entrò Sveva.
‹‹Buongiorno Zlatan.››
‹‹Ciao Sveva.››
Lei si avvicinò. ‹‹Dormito bene?››
‹‹Ho passato notti migliori›› rispose lui ridendo.
‹‹Allora, ehm... siediti un attimo che ti controllo le pupille. Come ti senti? Passato il dolore alla testa?››
Zlatan si sedette sul letto e Sveva si mise di fronte a lui, il suo camice gli sfiorava le gambe.
‹‹Sì, non ho più mal di testa.››
Per una frazione di secondo Zlatan pensò di abbracciarla. Era così vicina da riuscire a sentire il suo odore e immaginò di far scorrere le mani lungo la sua schiena, fino ai glutei e di farla sedere su di sé a gambe divaricate. Voleva affondare le mani tra quei capelli biondi e vedere se erano così setosi come sembravano. Voleva assaporare quelle labbra carnose...
Sentì il suo cuore accelerare mentre la sua mente era bombardata da tutte le immagini erotiche di loro due, uniti, nudi, sudati.
Lei estrasse una lucetta sottile dalla tasca del camice e gliela puntò sugli occhi, pochi secondi e si allontanò.
‹‹Bene, direi che puoi andare. Vado a firmare le dimissioni››, si diresse verso la porta.
‹‹Okay, aspetto qui.››
‹‹Ah, dimenticavo››, Sveva tornò di nuovo vicino a lui e tirò fuori una chiave dalla tasca del camice ‹‹Queste sono le chiavi della tua macchina, me le ha portate ieri sera Ignazio ha detto di averla parcheggiata qui fuori.››
Zlatan si illumino. ‹‹Fantastico! Ignazio è un angelo.››
‹‹Già››, rispose lei divertita. ‹‹A dopo›› e scomparve nel corridoio.
Zlatan rimase altri due minuti seduto lì, poi alzò e decise di andare a salutare Mattia prima di andare via.

Sveva finì il suo giro di visite e si recò verso il suo ufficio, dove una delle infermiere le aveva detto ci fosse qualcuno ad attenderla. Pensò che potesse trattarsi di qualche sua amica o collega; tutto si sarebbe aspettata, fuorché la persona che trovò seduta di fronte alla scrivania.
Ebbe un tuffo al cuore e si bloccò sulla soglia della porta con la mano sulla maniglia, incredula, mentre emozioni contrastanti si riversavano in lei facendole mancare il respiro.
Lui le sorrise, un sorriso meraviglioso. Dio, perché doveva essere così maledettamente bello? Si costrinse a fare qualche passo avanti e a chiudere la porta.
‹‹Ehi, doc›› la salutò lui.
‹‹Logan. Che ci fai qui?››
Lui si alzò e la raggiunse per darle un bacio ma lei si scansò.
‹‹Non ti ho più vista a lavoro e mi sono preoccupato.››
Sveva inarcò un sopracciglio ‹‹E ti sei scomodato a venire fin qui solo per vedere come stavo? Potevi telefonare.››
‹‹Ci ho provato, ma il tuo numero risulta inesistente.››
Le venne da sorridere. Aveva cambiato il numero appena arrivata in Italia. ‹‹Avresti potuto telefonare qui. O a casa mia. O ad Ignazio. Le opzioni erano tante.››
‹‹Mi mancavi.››
Stronzate. Che diavolo voleva? ‹‹Logan, dimmi la verità: perché sei qui?››
‹‹Andiamo Sveva, lo sai che sono sempre stato sincero con te. Mi sono preoccupato quando mi hanno detto che saresti stata via per un po'.››
Qualcosa le si agitò dentro. Logan pensava ancora a lei? Aveva fatto un viaggio da New York fino in Italia solo per vedere come stava?
‹‹Beh come vedi sto benissimo, quindi puoi andare.››
Si allontanò da lui e andò ad appoggiarsi alla scrivania. Logan la divorò con lo sguardo.
‹‹Già, lo vedo. Sei bellissima.›› si avvicinò di nuovo, così vicino da sfiorarle le labbra con le sue. ‹‹Ti voglio di nuovo con me. A New York.››
Sveva lo respinse con entrambe le mani. ‹‹Che c'è, ti sei già stancato della tua amichetta?››
‹‹Lei non fa più parte della mia vita da molto tempo. Non è mai stata nulla per me. Volevo dirtelo già da un po' ma sapevo di averti ferita troppo e che non meritavo il tuo perdono. Però, Sveva, mi manchi veramente tanto. Ho bisogno di te.››
La sua determinazione a mantenersi fredda vacillò e Logan ne approfittò per baciarla. Le strappò un bacio rude e affamato e quando si spinse fra le sue gambe Sveva emise un gemito di piacere e di gioia nel vedere che Logan la desiderava ancora.
Ma, non poteva perdonarlo. Non poteva dimenticare. Lo respinse un'ultima volta e con il respiro affannato si diresse verso la porta.
‹‹Tornatene in America, Logan. Non abbiamo più nulla da dirci.››
Senza nemmeno guardarlo, uscì.

Zlatan era pronto per andare via, ma prima voleva passare a salutare Sveva. Gli avevano detto che era nel suo ufficio e così l'aveva raggiunta. La porta era chiusa e aveva bussato. Nessuno gli aveva risposto. Dall'interno sentiva delle voci, quindi si era affacciato alla finestrella che dava sul corridoio e aveva cercato di sbirciare all'interno attraverso le veneziane semichiuse.
Era rimasto pietrificato.
E questo chi cazzo è?, aveva pensato quando aveva visto un tizio appiccicato a Sveva che la baciava e le stritolava i fianchi.
Così aveva fatto dietrofront, deciso a lasciare il prima possibile quel posto, ma all'improvviso lei lo aveva chiamato.
Zlatan si voltò e la vide andargli incontro.
‹‹Ehi.››
‹‹Stai andando via?››
‹‹Sì. Volevo salutarti, e... Sveva, ti senti bene?›› al di là delle labbra rosse per i baci, aveva un'aria sconvolta e non sembrava affatto contenta. Di sicuro non contenta come una persona che aveva appena avuto un interludio amoroso.
Lei si sforzò di sorridere. ‹‹Sì, sì. Solo un po' pensierosa.›› Shoccata, pensò tra sé.
‹‹Oh. Beh, grazie di tutto e scusa il disturbo. Io vado.››
‹‹A presto Zlatan. E sta più attento!››
Zlatan le rivolse un rapido sorriso e se ne andò.
Rimasta sola, Sveva non poté fare a meno di pensare a Logan. Le aveva chiesto di perdonarlo e per lei era stato difficile dovergli dire di no.
Per quanto si sforzasse e cercasse di convincersi del contrario, era ancora innamorata di Logan.

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