3 - Ripartiamo da qui
Erano trascorsi due giorni dall'inaugurazione del Garden Flower e quella sera Sveva stava facendo una passeggiata con Valentina, la compagna del fratello, ed alcune amiche. Indossava una tuta di lino senza maniche marrone scuro e aveva legato i capelli in uno chignon. Faceva molto caldo a Milano. Nelle strade del centro c'erano tantissimi ragazzi, i locali erano pienissimi e tutta la città pulsava di via. Il vociare e le risate dei ragazzi la mettevano di buonumore.
Passeggiò con le amiche per un po', godendosi la buona compagnia, poi decise di andare Ignazio al Garden Flower prima di rientrare a casa.
Lì trovò Mark. Era seduto accanto a suo fratello e quando la vide si alzò per salutarla. Le diede un bacio sulla guancia.
‹‹Ciao Sveva, che bello vederti.››
‹‹Ciao Mark.››
‹‹Ti siedi con noi?››
‹‹Sì.››
‹‹Dov'è Valentina?››, chiese Ignazio.
‹‹È tornata a casa, il piccolo faceva i capricci.››
‹‹Ah, okay, allora vado a chiamarla. Scusatemi un attimo›› si allontanò e lasciò Mark e Sveva da soli.
‹‹Posso offrirti qualcosa?››
‹‹Ehm, sì grazie. Un succo di frutta ai mirtilli.››
‹‹Okay, vado a prendertelo.››
Mark si avviò verso il bancone e Sveva si appoggiò allo schienale del divanetto, accavallò le gambe e diede un'occhiata al locale.
Il Garden Flower era situato al piano terra di un antico palazzo e sul retro si estendeva un piccolo cortile, un chiostro, che Ignazio aveva restaurato e l'effetto era proprio quello di un bellissimo giardino fiorito.
Proprio davanti alla porta che dava sul giardino, Sveva vide Zlatan e Megan. Anche se non voleva ammetterlo, una parte di lei era affascinata da quel ragazzone alto due metri. E in quel momento ne ammirò la postura. Fiero. Sicuro di sé. Sexy. Sembrava che i due stessero discutendo, lei gesticolava e lui le lanciava delle occhiate infuocate. Si costrinse a distogliere lo sguardo prima che lui se ne accorgesse e subito dopo arrivarono Mark e Ignazio.
Mark le mise davanti un bicchiere contenente un liquido blu scuro e si sedette accanto a lei.
‹‹Grazie Mark.››
Lui le sorrise, ‹‹Ignazio mi ha detto che ti fermerai a Milano per un po'.››
‹‹Sì, credo che resterò per tutta l'estate.››
‹‹Magari qualche volta potremmo andare a cena fuori o...››
‹‹Ehi Mark, smettila di fare il cascamorto con mia sorella››, lo interruppe Abate.
Sveva rise e Mark lanciò un'occhiataccia a Ignazio, ma lui si era già fatto serio e guardava il compagno di squadra che si stava avvicinando. Il cuore di Sveva mancò un battito alla vista di Zlatan che avanzava verso di loro, ma si ricompose subito e sorseggiò il suo succo per tenersi occupata ed evitare di fissarlo.
Zlatan si sedette di fronte a Sveva e senza guardarla più di tanto la salutò. Lei ricambiò altrettanto freddamente. Ignazio spostò lo sguardo da lei a Zlatan più volte prima di parlare.
‹‹Okay ragazzi, si può sapere che avete voi due?››
Zlatan lo guardò perplesso mentre Sveva finse un'aria innocente; Mark guardò i tre senza fiatare. Ignazio sapeva bene che quello non era il comportamento abituale di sua sorella, soprattutto nei confronti dei suoi amici. Lì c'era qualcosa sotto e lui voleva vederci chiaro. La sera dell'inaugurazione si erano addirittura punzecchiati e guardati come due nemici.
‹‹Dai Sveva, non fare finta di niente. Sei mia sorella, ti conosco troppo bene, mi vuoi dire cosa c'è che non va tra voi due? O me lo vuoi dire tu, Zlatan?››
Sveva sospirò. ‹‹Abbiamo avuto un diverbio in un negozio.››
Ignazio inarcò le sopracciglia.
‹‹Non sapevo che fosse tua sorella, non l'ho riconosciuta›› disse Zlatan tentando di giustificarsi. Tutta colpa di Megan, pensò. Come al solito. Ma si sarebbe comunque preso la responsabilità del suo gesto.
‹‹Beh? Che tipo di diverbio?››
‹‹Diciamo che non mi sono comportato molto bene.››
‹‹E anche io››, ammise Sveva.
‹‹Okay, ora vedete di chiarire, perché tu sei mia sorella e tu mio amico, vi incontrerete spesso e non mi piace vedervi così.››
‹‹Per me è tutto a posto, non c'è niente da chiarire.›› Zlatan piantò i suoi occhi in quelli di Sveva e i due si guardarono per un po'.
‹‹Anche per me è tutto a posto›› Sveva si alzò ‹‹Ora però, se non vi dispiace, sono un po' stanca. Me ne vado a casa›› si abbassò per dare un bacio sulla guancia al fratello ma lui la trattenne.
‹‹Sveva, non puoi aspettare un altro po'? Così ti accompagno io.››
‹‹Ma no, faccio due passi.››
‹‹Milano è pericolosa di notte.››
‹‹Milano è strapiena di gente, di notte.››
‹‹Appunto.››
‹‹Dimentichi che vivo a New York. Da sola.››
‹‹Non mi sento sicuro.››
‹‹Posso accompagnarla io››, si intromise Mark.
‹‹Ma non ce n'è assolutamente bisogno›› rispose lei, leggermente infastidita.
‹‹Ragazzi, me ne vado pure io›› Zlatan si alzò ‹‹Buonanotte.››
‹‹Zlatan, puoi dare un passaggio a Sveva?››
Sveva in quel momento desiderò tanto non avere un fratello. O poter essere in un posto con meno gente per poter inveire contro di lui. Diede la buonanotte a Mark e se ne andò.
Zlatan la seguì e fuori dal locale la chiamò. Lei si girò, incazzata. A lui venne da ridere, in un certo senso quella ragazza gli piaceva.
‹‹Che c'è?››
‹‹Hai bisogno di un passaggio?››
‹‹Volevo fare due passi.››
‹‹Bene, perché non ho la macchina.››
Gran parte della tensione scomparve dal volto di Sveva e si ritrovò a sorridere.
‹‹Dov'è la tua fidanzata? Prima vi ho visti insieme.››
‹‹È già a casa. E ha preso la mia macchina.››
‹‹Oh. Quindi è vero che non hai la macchina, pensavo lo avessi detto solo per essere carino.››
‹‹Io non sono mai carino. Sono solo un cafone con i soldi.››
Merda.
Sveva si sentì avvampare per la vergogna. Abbassò lo sguardo e quando lo alzò di nuovo lui la stava fissando impassibile.
‹‹Zlatan, ti chiedo scusa per quello che ti ho detto in quel negozio. Ero arrabbiata e me la sono presa con te senza motivo.››
‹‹Non scusarti. Allora, dove abiti?››
‹‹Poco più avanti.››
‹‹Vogliamo andare?››
Dopo alcuni secondi Sveva gli disse di sì e si incamminarono. Dieci minuti dopo erano sotto casa di Sveva.
‹‹Allora... buonanotte›› disse Zlatan, regalandole un sorriso bellissimo.
‹‹Grazie.››
‹‹Figurati. Tanto dovevo farla lo stesso, questa strada.››
‹‹Ripartiamo da qui?››
‹‹Cosa?››
‹‹Facciamo finta che non sia successo niente in quel negozio e ricominciamo tutto d'accapo?››
‹‹Ci sto.››
‹‹Okay. Beh, buonanotte›› si avvicinò a Zlatan e gli diede un dolce bacio sulla guancia, poi entrò nel portone e se lo chiuse dietro.
Zlatan camminò per altri dieci minuti prima di raggiungere casa. Quel bacio delicato che gli aveva dato Sveva bruciava ancora sulla pelle e la sensazione di quelle labbra morbide sulla sua guancia rimase con lui per tutta la notte.
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