23. La chiamata
Svegliarsi accanto a Zlatan fu la cosa più piacevole che le era capitata da un po' di tempo a questa parte. Oltre a fare l'amore con Zlatan, ovviamente. E baciarlo.
Be', era Zlatan la cosa più bella che le fosse capitata ultimamente.
Sentiva il suo respiro regolare dietro di lei, le teneva un braccio intorno alla vita, probabilmente stava ancora dormendo. Si girò nel suo abbraccio per poterlo guardare e scoprì che in realtà era sveglio. Il sorriso che le rivolse fu così bello che le fece battere forte il cuore le illuminò il mondo.
«Ciao» disse lui.
«Ciao» rispose Sveva.
Si sporse verso di lui e gli diede un bacio. Zlatan la strinse in un abbraccio, schiacciandola contro il proprio corpo.
«Sai, pensavo che magari oggi potremmo fare un giro in barca. Io e te da soli.»
Sveva gli sorrise. «Hai intenzione di rapirmi per tutta la vacanza?»
Lui rise ma il suo volto divenne presto serio. «Non so se avrò a disposizione altri giorni.»
Lei gli accarezzò il volto. «È per via del trasferimento?»
«Sì. Mino sta trattando con la dirigenza del PSG. »
«E non vorresti goderti questi giorni anche con i tuoi amici? Non fraintendermi, mi piacerebbe molto trascorrere una giornata con te in barca e averti tutto per me. Solo che... magari anche Ignazio vorrebbe trascorrere del tempo con te.»
Zlatan sciolse l'abbraccio e si distese sulla schiena. Si passò una mano tra i capelli e sospirò.
«Hai ragione. Però stasera ho intenzione di prenotare la piscina dell'albergo solo per noi due.»
«E io non ho intenzione di oppormi a questa magnifica idea.»
Zlatan si portò su di lei e le diede un bacio. «Ah, sei irresistibile, lo sai?»
Sveva lo guardò con aria sognante. No, era lui ad essere irresistibile. Perché gli aveva suggerito di rimanere con gli amici? Non aveva nessuna voglia di lasciare quella stanza. Non aveva voglia di staccarsi da quelle labbra, di privarsi della sensazione di beatitudine che provava stando accoccolata tra le sue braccia. Ma non poteva essere egoista. Gli diede un ultimo bacio e si alzò. Zlatan protestò ma fece lo stesso. Raccolse i suoi vestiti e dopo averla riempita di baci uscì dalla camera e raggiunse la propria.
Mezz'ora dopo, erano insieme agli altri ragazzi a fare colazione. Zlatan quel giorno si sentiva triste. Nonostante i bei momenti trascorsi con Ignazio e soprattutto con Sveva, non era riuscito a goderne appieno. Dentro di sé c'era una piccola parte che continuava a ricordargli che presto avrebbe dovuto lasciarli. Presto Milano non sarebbe stata più la sua casa e il lavoro lo avrebbe tenuto lontano anche dai suoi amici. E da Sveva. La bellissima donna con cui aveva fatto l'amore due notti di fila e che voleva continuare a trovare nel letto accanto a lui ogni mattina. Era stato molto bello quel momento.
E per Sveva com'era stato? La guardò un secondo mentre faceva finta di ascoltare Mark e Ignazio. Lei stava bevendo una spremuta d'arance e non si accorse della sua occhiata.
«Com'è andata la cena, allora?»
La domanda di Ignazio lo strappò dai suoi pensieri. Questa volta, quando guardò di nuovo nella direzione di Sveva, lei lo stava guardando raggiante. Che bella che era. Dio, stava per allungarsi e darle un bacio. Era l'unica cosa che desiderava in quel preciso momento. Si costrinse a rimanere seduto e a voltarsi verso Ignazio.
«Bene» rispose.
«E dove siete andati?»
Un lieve rossore comparve sulle gote di Sveva e Zlatan non poté fare a meno di sorridere. «In un ristorante dall'altro lato dell'isola.»
Ignazio ridacchio. «Così lontano? Temevate che saremmo venuti a rompervi le scatole?»
«Già. Ed è esattamente quello che stai facendo adesso.»
Ignazio tirò un pugno sul braccio di Zlatan e risero insieme.
Mark accennò un sorriso e guardò Sveva. Un'occhiata lunga e intensa. Poi tornò a rivolgere la sua attenzione ai ragazzi, senza dare molto peso allo sguardo truce di Zlatan. Era geloso, glielo leggeva in faccia. E lo capiva benissimo, perché lui provava lo stesso. Solo che, a differenza di Zlatan, lui era un uomo sposato e Sveva non gli riservava quegli sguardi pieni di amore e desiderio che invece rivolgeva all'altro. Zlatan non sapeva quanto fosse fortunato.
Dopo la colazione, il gruppo si spostò in spiaggia. Sveva giocò un poco col nipotino e poi andò a fare il bagno. Zlatan stava per seguirla ma si era appena alzato dal lettino quando il suo cellulare cominciò a squillare.
Lo prese e si pentì immediatamente di averlo fatto.
Era Mino.
«Pronto?»
«Zlatan, è fatta. Prendi il primo aereo per Parigi, domani ti aspettano per la firma del contratto.»
Fu una doccia gelata. Per qualche secondo non disse niente. Sperava di riuscire a finire almeno la vacanza a Milo prima di partire. E invece... ora doveva lasciare Sveva.
«Zlatan, mi hai sentito?»
«Sì. Ti chiamo quando arrivo in aeroporto. »
«Va bene, a dopo.»
Zlatan ripose il cellulare e si voltò a guardare Ignazio e Mark. «Mi ha chiamato Mino. Devo andare a Parigi.»
Mark e Abate parlarono quasi all'unisono. «Adesso?»
«Sì.»
«Quindi... è fatta, te ne vai...»
Zlatan non riuscì a sostenere lo sguardo di Ignazio. Guardò verso la riva, dove c'erano dei bambini che costruivano castelli di sabbia e altri che correvano schizzando acqua sui passanti e ridendo spensierati. Oltre, in acqua, c'era Sveva che nuotava da sola.
«Vado a salutare Sveva» mormorò.
Si fermò sul bagnasciuga, l'acqua fresca gli fece venire i brividi. Guardò Sveva per qualche minuto, poi quando si era deciso ad entrare in acqua, la vide avvicinarsi.
«Ehi! Non hai il coraggio di entrare? Non è molto fredda...»
Si strizzò i capelli e gli sorrise. Piccole gocce d'acqua le percorrevano il corpo. Zlatan ne seguì qualcuna, poi riportò lo sguardo sul suo volto. Sveva si accorse che c'era qualcosa che non andava nella sua espressione e una parte del suo sorriso svanì.
«Che hai?»
«Sto per partire.»
«Vuoi dire... adesso?»
Zlatan fece un cenno di assenso con la testa e prima ancora che Sveva potesse parlare la prese per un braccio e l'attirò contro il suo corpo. Si chinò su di lei e le diede un bacio. Nel momento in cui le loro labbra si toccarono, il mondo attorno a loro scomparve. Niente più grida di bambini, niente più voci. Solo loro due e il leggero ondeggiare del mare.
Sveva lo baciò con trasporto, sopresa di come il suo cuore avesse reagito alla notizia che Zlatan stesse per andare via. Quando lo avrebbe rivisto? Cosa avevano significato quei due giorni per lui? Cosa ne sarebbe stato di loro due?
Con quel bacio forse Zlatan le stava dicendo addio?
No, Zlatan le stava dicendo che non sarebbe voluto partire. Glielo lesse negli occhi quando si staccarono.
Intrecciò le dita alle sue e senza dire niente camminarono insieme e raggiunsero gli altri. Zlatan raccolse le sue cose e si avviò in albergo. Sveva lo accompagnò e lo aiutò a preparare la valigia.
Prima di scendere Zlatan la baciò a lungo e quando andò via, lei si sentì persa.
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