21. Confessioni
Sveva si stiracchiò nel letto, indolenzita. Zlatan non era più accanto a lei. Non lo aveva sentito andare via e non sapeva neppure che ore fossero.
Il sole era già alto nel cielo e dal balcone arrivava una leggera brezza calda.
Ripensò a quello che era successo la notte precedente, rivisse nella mente quei bellissimi momenti di piacere.
Zlatan.
I suoi bellissimi occhi che la fissavano, la sua bocca che l'accarezzava dappertutto. Le sue mani grandi e forti che la percorrevano tutta.
Zlatan su di lei. Lei sopra a Zlatan. Zlatan dietro di lei. Zlatan dentro di lei. Zlatan che godeva, il suo volto al culmine del piacere e le sue dita che lo sfioravano. Zlatan che la faceva godere e la guardava come se fosse la creatura più bella del mondo.
Le loro lingue intrecciate.
Zlatan.
Perché non era rimasto?
Aveva voglia di sentire il suo profumo; spostò la testa sul cuscino che aveva occupato lui prima di andare via e vi sprofondò con il naso. Inalò a fondo, percependo una leggera traccia del suo odore. Immaginò di essere stretta tra le sue braccia.
Il telefono della camera squillò, interrompendo sul nascere una fantasia su un risveglio con Zlatan. Si mise seduta e rispose.
«Pronto?»
«Sveva, non sei ancora pronta? Ti stiamo aspettando per la colazione.»
«Arrivo» rispose al fratello.
«Sbrigati.»
Scattò fuori dal letto, fece una doccia veloce, indossò un costume e un vestitino bianco con dei fiorellini blu e scese.
Al tavolo c'erano solo Ignazio e Mark e sul tavolo le tracce di una colazione già consumata. Zlatan non c'era.
«Ehi» disse Mark, vedendola arrivare.
«Scusatemi, non mi sono resa conto dell'ora. Avete già fatto colazione?»
«Solo le signore.»
Stava per sedersi quando udì la sua voce dietro di lei.
«Buongiorno dormigliona.»
Si voltò e lui le stava sorridendo. Le occhiaie tradivano una nottata insonne, ma il volto era sereno e rilassato.
E bellissimo.
Sperò che nessuno sentisse il suo cuore battere all'impazzata contro la gabbia toracica, o tutti avrebbero saputo cosa provava lei ogni volta che lo vedeva. E quella mattina era tutto più accentuato.
Zlatan l'accarezzò con lo sguardo e andò a sedersi di fronte.
I tre ragazzi iniziarono a parlare e lei iniziò a spalmare un po' di burro sulle fette biscottate che aveva nel piattino.
Fu il turno della marmellata e mentre alzava la fetta biscottata e la portava alla bocca, alzò lo sguardo ed incontrò quello di Zlatan.
Dio.
La guardava con aperto desiderio, come se volesse mangiarla. Mai nessuno l'aveva guardata a quel modo.
Si sentì divorata da un ardente desiderio di baciarlo e di sentire il corpo di lui che schiacciava il suo. Intrecciati. Sudati. Uniti.
Improvvisamente nella stanza c'erano solo loro due e il martellare del suo cuore mentre i loro sguardi erano incollati.
Aprì la bocca e la richiuse sulla fetta biscottata con fare provocante, Zlatan si passò la lingua sulle labbra e si spostò sulla sedia sorridendole.
Poi qualcuno accanto a loro si schiarì la gola.
Si girò verso il fratello. Ignazio passava lo sguardo da lei a Zlatan e li guardava divertito. Anche Mark li stava guardando, ma non sembrava altrettanto divertito. Zlatan fece una domanda ai due e ricominciarono a parlare; Sveva consumò in fretta la propria colazione con le guance in fiamme.
Quando ebbe finito, raggiunse le atre ragazze nel giardino dell'hotel. Zlatan le stava facendo perdere la testa. Non sapeva ancora che nome dare a quella cosa che stava nascendo tra loro e... no, non era proprio il caso di farlo sapere in giro. Nemmeno a suo fratello.
Zlatan guardò Sveva seduta su una panchina all'ombra con la compagna di Ignazio e la moglie di Mark. Era bellissima.
Prima, a colazione lo aveva provocato e si sentiva ancora eccitato. A dire il vero gli era bastato guardarla per far scattare il suo membro sull'attenti. Però c'era stato qualcosa di più del semplice desiderio sessuale. Aveva anche desiderato poterla stringere tra le braccia e affondare le mani nei suoi capelli mentre ne respirava il profumo. E un senso di possesso.
Mia.
Così gli aveva sussurrato una vocina nella testa.
Era fottuto. Si stava innamorando di lei. La conosceva da poco ma gli sembrava già di non poter più fare a meno di lei. Il solo pensiero che, finita la vacanza, lui sarebbe partito per la Francia e lei sarebbe tornata alla sua vita gli procurava una certa inquietudine. Non voleva che fosse solo sesso tra loro. Voleva sapere tutto di lei, come trascorreva le sue giornate a New York, i suoi film preferiti, il suo colore preferito, il suo fiore preferito. I suoi sogni. Il suo lavoro. Tutto.
Era con Ignazio, Mark stava parlando con il marinaio che li avrebbe accompagnati durante la gita in barca, e ne approfittò per parlargli.
«Ti devo dire una cosa» esordì.
Ignazio era chino sul cellulare, alzò la testa e lo fissò. «Ti ha chiamato Mino?»
«No. Si tratta di tua sorella.»
A Ignazio scappò un sorriso. «Mia sorella?»
«Sì. Mi piace. Parecchio.»
«Uhm. Ho visto come la guardavi stamattina.»
Zlatan sorrise. «Beh, lei...»
«Sai, io me lo sentivo che voi due sareste finiti insieme.»
«Ma non stiamo insieme.»
«Non ancora. Vi ho osservati bene a colazione, lei mi è sembrata molto presa.»
«Io non lo so se sia presa o meno, so però che io lo sono. E parecchio.»
«Okay, Zlatan. So che non sei come quello stronzo del suo ex, ma, se Sveva deciderà di donarti il suo cuore, non farla soffrire. Ha sofferto abbastanza, merita un po' di felicità.»
«Cosa è successo con il suo ex?»
«L'ha lasciata per una spogliarellista. Poi, dopo averla messa incinta, è tornato e le ha detto di amarla ancora. Sveva gli ha creduto, ma quando ha saputo del bambino... Era a pezzi, non so dove abbia trovato la forza di venire in Svezia con noi. Però è stato un bene. Forse è proprio lì che è scoccata la scintilla tra voi.»
Zlatan pensò alla sera in cui aveva scoperto che fosse la sorella di Ignazio, ai loro sguardi e a quanto fosse bella, nonostante le parole di astio che si erano scambiati. No, era stato quello il monento in cui era scoccata la scintilla. Entrambi avevano volutamente sottovalutato la portata di quell'attrazione, ma c'era stata fin dal primo momento.
Poco dopo li raggiunse Mark. Si unirono alle ragazze e insieme si incamminarono verso il porticciolo. Fu una giornata piacevole. Lui e Sveva ebbero modo di parlare, anche se non si toccarono quasi mai.
Erano rientrati in albergo e stavano aspettando l'ascensore. Erano soli. Sveva gli passò una mano sul braccio.
«Sei pieno di sale.»
Lui rise. «Anche tu, sai.»
«Ho bisogno di una doccia, mi sento tutta la pelle secca.»
«Ti serve una mano...?»
Si guardarono negli occhi e Sveva gli fece un cenno d'assenzo.
«Da me» precisò.
«Prendo le mie cose e arrivo.»
L'ascensore si aprì, ma Mark dietro di loro li chiamò. Si girarono insieme con aria interrogativa.
«Sveva, posso parlarti un attimo?»
«Certo.»
Guardò un secondo Zlatan che si era già infilato in ascensore e gli chiese scusa, tacitamente. Lui le sorrise triste e premette il pulsante per salire.
«Dimmi» disse poi, rivolgendosi a Mark.
Lui la prese per un braccio e la portò in un angolo appartato.
«Mark?»
«Sveva io ti amo» disse lui, guardandola dritto negli occhi.
Attonita, lei scoppiò a ridere. «Ma che dici?»
«Sono innamorato di te.»
«Ma hai tua moglie...»
«Da quando ci siamo baciati io non faccio altro che pensare a te. Ti desidero, Sveva. Ti sogno di continuo.»
Sveva non sapeva che fare. «Mark, avevamo detto che quel bacio era stato un errore. Credevo fosse tutto a posto.»
«Ho mentito. Io lo desideravo veramente, fin dal primo giorno che ti ho vista.»
«Mi dispiace, ma per me non è lo stesso. Io...»
«È perché sono sposato?»
«No. Sì! È ovvio, ma Mark, io sto frequentando un'altra persona.»
«Chi?»
Sveva non rispose.
«Zlatan?» chiese Mark.
«Sì. »
«E da quanto tempo?»
«Mark. Mi dispiace...» gli accarezzò il volto.
«Spero che tu sia felice con lui.»
«Tua moglie ti ama tanto e anche tu ami lei. Adesso pensi di essere innamorato di me ma non è così, è solo un periodo di stress. Passerà e tornerai ad essere felice con lei.»
Si allontanò e decise di salire a piedi. Era convinta che presto Mark si sarebbe reso conto da solo che aveva solo preso una svista e che era ancora innamorato di sua moglie. Non era poi così diverso dagli altri maschi, come Logan. E probabilmente come Zlatan. Tutto ad un tratto non aveva più voglia di trascorrere la serata con lui. Si stava legando troppo e troppo velocemente. Non voleva innamorarsi e soffrire ancora. Non voleva più donare il suo cuore a nessuno.
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