19. Fuoco nelle vene
Desiderare così tanto una donna, sapere che anche lei lo desiderava allo stesso modo e doversi trattenere in continuazione dal prenderla, chiuderla in uno stanzino buio e farla sua, era straziante per Zlatan.
Se ne stava in spiaggia, sdraiato sul lettino, con gli occhi chiusi, cercando di non pensare che proprio accanto a lui c'era la bellissima donna che da qualche settimana popolava tutte le sue fantasie. Gli sarebbe bastato aprire gli occhi e guardarla per infiammarsi all'istante e anzi, lo era anche ad occhi chiusi. Il solo ricordo di come lei aveva risposto ai suoi baci, alle sue carezze... Non era sicuro di riuscire a trattenere i suoi istinti che gli urlavano a gran voce di portarla via da lì e di fare l'amore con lei.
La voglia di guardarla ebbe il sopravvento, così aprì piano gli occhi e voltò la testa verso di lei. Indossava un costume verde scuro e portava un grazioso cappello di paglia, le dita delicate, che la sera prima aveva sentito tra i suoi capelli e sulla sua pelle, stringevano un giornale. Notò che lui la stava guardando e gli sorrise, un sorriso dolce e intrigante, pieno di segreti e desiderio.
Non poteva resistere a lungo, soprattutto se lei lo guardava così. Si alzò di scatto e si avviò in acqua, sperando che fosse abbastanza fredda da fargli spegnere il fuoco che gli ardeva nelle vene.
Sveva guardò Zlatan allontanarsi verso la riva e si godette lo spettacolo della sua schiena tatuata. Aveva sempre sospettato che avesse un corpo perfetto, qualche volta lo aveva visto senza maglietta in tv o su qualche foto ma ora ne aveva l'assoluta certezza. Chissà se lui la desiderava anche solo la metà di quanto lo desiderava lei... Valentina la richiamò al presente.
«Sveva, lei è Andra, la moglie di Mark.»
Di fianco a sua cognata c'era una graziosa donna bionda, con un bel sorriso, che la guardava. La moglie di Mark aveva deciso all'ultimo momento di raggiungere il marito e Sveva non poteva che esserne felice: almeno quella sera nessuno avrebbe interrotto lei e Zlatan mentre...
Si alzò e le porse la mano. «Sveva, molto piacere.»
Le tre donne si recarono al bar e presero qualcosa di fresco da bere. Trascorsero la mattinata insieme, mentre i maschi organizzavano la gita in barca che avrebbero fatto l'indomani.
Pranzarono in un ristorantino con vista sul mare. Zlatan la guardava spesso, accresceva il desiderio che aveva di lui con i sorrisi mozzafiato che le rivolgeva. Non erano seduti vicini, purtroppo, perché lei avrebbe tanto voluto che le sfiorasse la mano. Anelava un contatto con lui, disperatamente.
Si attardò sulla terrazza del ristorante per scattare delle foto. Non era la prima volta che visitava la Grecia e le Cicladi, ma lo spettacolo era sempre bellissimo. Ne rimaneva rapita sempre come se fosse la prima volta.
Era poggiata al parapetto di ferro, verniciato di rosso, e si godeva l'odore del mare quando avvertì un tocco leggero sulla spalla. Sapeva che era Zlatan senza bisogno di girarsi. Solo il suo tocco le dava quelle sensazioni. Aveva i brividi dappertutto e un indescrivibile desiderio di gettargli le braccia al collo e baciarlo.
Lui si appoggiò alla ringhiera accanto a lei.
«Zlatan.»
«Pare che sia davvero difficile riuscire a stare un po' da soli.»
Lei gli sorrise. «Adesso, per esempio, siamo soli...»
Zlatan guardò oltre la sua spalla, poi la prese per un braccio e la portò dietro un angolo riparato, lontano da occhi indiscreti.
«Ora, siamo soli.»
Senza aspettare la sua risposta la baciò. L'urgenza di accarezzare le labbra di Sveva lo rese rude e famelico. La lasciò senza fiato.
«Potremmo andarcene in albergo e trascorrere un pomeriggio piacevole...» le disse Zlatan, accarezzandole il volto. «Oppure potrei prenderti qui, adesso. Devo ammetterlo, la seconda ipotesi mi tenta.»
Sveva fu attraversata da una scarica di desiderio. «Se ce ne andassimo adesso potrebbero sospettare qualcosa.»
Zlatan le fece un sorriso sghembo. «Ti piace tenermi sulle spine, vero?»
«Stasera, Zlatan. Stasera saremo solo io e te, te lo prometto.»
«Okay.»
Si allontanò un po' ma lei lo tirò per la maglietta e lo baciò. Zlatan le strizzò le natiche, si avvicinò al suo orecchio e lo solleticò con la lingua e il respiro caldo.
«Non tentarmi, Sveva. Non hai idea di quanto ti desideri.»
«Credo di aver cambiato idea...»
Zlatan la fissò, sapeva che non avrebbe mai potuto fare l'amore con lei lì, in quel momento. Lei si mordicchiava il labbro inferiore, eccitata da quella situazione, e per un momento pensò di poterlo fare davvero. L'avrebbe sbattuta contro il muro, lei gli avrebbe avvolto le gambe intorno alla vita e lui si sarebbe perso nel suo calore, nel suo odore...
Delle voci li fecero fermare. Zlatan si rese conto che non aveva solo immaginato quella scena, ma l'aveva messa in pratica per metà. Erano avvinghiati vicino al muro, le mani di lei sotto la sua maglietta e le sue dentro il costume di Sveva. Guardarono entrambi verso la terrazza, poi si sorrisero. Zlatan le diede un bacio veloce.
«Stasera. Tutta mia.»
«Non vedo l'ora» disse lei, ansante.
Uscirono insieme e insieme raggiunsero gli altri sulla spiaggia affollata. Entrambi avevano il fuoco nelle vene, entrambi desideravano una sola cosa e non vedevano l'ora che quella giornata finisse.
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