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18. Desiderio

Il cellulare di Zlatan squillò mentre era intento a preparare i bagagli. Lo estrasse dalla tasca dei jeans e rispose.
«Pronto?»
«Zlatan?»
«Dimmi.»
«Senti, ti dispiacerebbe andare a prendere mia sorella prima di andare in aeroporto?»
Che palle. Vedere Sveva adesso era proprio quello che ci voleva per far peggiorare il suo umore già nero. Ma d'altronde l'avrebbe vista comunque e non poteva dire di no a Ignazio. Perché non lo ha chiesto a Mark?, pensò, ma si rese subito conto che non voleva che lei stesse troppo tempo con lui. Quanto odiava questa sua strana possessività nei confronti di Sveva, non era mica sua!
«Va bene. Ci vediamo lì.»
«Grazie mille, Zlatan. A dopo.»
Finì di sistemare le sue cose, caricò il bagaglio in macchina e andò a prendere Sveva.

Lei apparve sorpresa di vederlo lì. Evidentemente il fratello non l'aveva avvertita.
«Ciao. Ignazio mi ha chiamato poco fa e mi ha chiesto di passarti a prendere. Sei pronta?»
Sveva lo fece entrare. «Devo solo prendere le valigie in camera. Intanto siediti. Vuoi qualcosa da bere?»
«No, grazie.»
«Okay, arrivo subito», si girò per raggiungere la camera ma lui la tenne ferma per un braccio.
«Sveva, posso sapere perché ti comporti così con me?»
«Così come?»
«Lo sai benissimo come. Ieri sera mi hai evitato per tutto il tempo.»
Sveva sostenne il suo sgurardo. «Serena mi ha detto che in Svezia vi siete baciati.»
«Ebbene? La cosa ti ha dato fastidio? Non c'è assolutamente nulla tra me e lei.»
«Quindi non lo neghi? Era la fidanzata di un tuo amico! Come hai potuto?»
A quelle accuse Zlatan si irrigidì. Non era stata colpa sua se accidentalmente aveva infilato la lingua in bocca a Serena dopo che lei gli era saltata addosso mezza nuda, anzi, era stato fin troppo gentiluomo e l'aveva respinta. Lei invece, lei aveva baciato un uomo sposato e adesso osava accusarlo.
«Aspetta un attimo, vieni a fare la morale a me quando tu la stessa sera stavi baciando Mark? Un uomo sposato.»
Sveva diventò rossa. «Cosa? Come... che ne sai, tu?»
«Vi ho visti. E siete stati fortunati che gli altri erano già tutti sopra.»
«È stato uno sbaglio.»
«Anche quello che hai dato a me è stato uno sbaglio?»
«Sei stato tu a baciarmi.»
«A me è sembrato che ti piacesse e che non volevi lasciarmi andare.»
Se possibile, Sveva diventò ancora più rossa. Se non fosse stato così arrabbiato, Zlatan l'avrebbe stretta tra le braccia.
«Sei troppo sicuro di te. Per me non ha significato niente e, se vuoi saperlo, non sei neanche un gran baciatore.»
Zlatan scoppiò a ridere. «No? Strano, mi era sembrato che stessi per implorarmi di scoparti.»
Lo schiaffo che gli arrivò sulla guancia fu fortissimo. Strinse i denti, se l'era meritato. Aveva esagerato, non avrebbe voluto dirle quelle cose ma la rabbia aveva preso il sopravvento. Voleva chiederle scusa ma lei gli disse di andarsene.
«Prendi le tue cose, ti aspetto sotto» disse lui.
Ora sì che aveva rovinato tutto.

Sveva e Zlatan non si parlarono per tutto il tragitto. Lei non voleva salire sulla sua auto e aveva chiamato un taxi ma Zlatan era riuscito a convincerla, dicendole che almeno davanti agli altri dovevano fingere che tra loro andasse tutto bene, a meno che non volesse spiegare al fratello cosa fosse successo.
Le parole di Zlatan l'avevano ferita. Come si era permesso di parlarle in quel modo? Era convinta che non lo pensasse veramente, comunque. Aveva notato la sua espressione sinceramente dispiaciuta dopo che lei gli aveva mollato un ceffone.
E lei era stata un'idiota. Aveva accusato Zlatan di essersi comportato male con un suo amico quando lei aveva fatto molto peggio.
Ipocrita.

Raggiunsero l'isola di Milo verso sera. Si sistemarono in albergo e poi uscirono a fare una passeggiata. Nessuno si era accorto che tra i due c'era qualcosa che non andava. Evitarono di guardarsi e di stare vicini, limitandosi a parlare solo quando era strettamente necessario.
Passata l'incazzatura iniziale, Zlatan si rendeva conto ogni secondo di più di quanto fosse stato stronzo. Voleva tanto chiederle scusa, ma era sicuro che lei non volesse più parlargli. Di certo non poteva arrendersi prima ancora di averci provato, quindi quella sera avrebbe fatto un tentativo.
Quando Sveva annunciò che sarebbe andata a letto, la seguì, prendendo le scale mentre lei saliva con l'ascensore.

Sveva non vedeva l'ora che quella giornata di merda terminasse. Aveva la testa che le scoppiava per colpa di quell'assurda conversazione avuta la mattina con Zlatan.
Uscì dall'ascensore e svoltò l'angolo del corridoio diretta alla sua stanza. Ma quando lo vide fermo vicino alla porta della sua camera si fermò.
Non aveva nessuna intenzione di ricominciare a litigare...
Lui aveva un'espressione seria. Avanzò piano.
«Hai bisogno di qualcosa?» Infilò la chiave nella serratura e la fece scattare.
«Sveva, io volevo chiederti scusa per quello che ti ho detto stamattina. Non lo penso veramente. Scusami. Io... sono stato uno stronzo, ecco.»
Lei lo fissò, era sinceramente dispiaciuto e si vedeva. Non poteva nemmeno fare finta che quelle parole non le facessero piacere. Sospirò.
«Va bene. Scuse accettate.»
Zlatan le prese la mano e se la portò alle labbra, posandovi un bacio delicato. «Sei bellissima stasera.»
Sveva indietreggiò fino ad incontrare il muro, perché Zlatan stava tentando di sedurla? Voleva dimostrare che quello che le aveva detto la mattina era vero? Le aveva appena chiesto scusa... Aveva il cuore a mille. In fondo desiderava che la baciasse proprio in quel momento. Sperò che la sua espressione non la tradisse.
Lui si fece ancora più vicino e la intrappolò al muro.
«Zlatan... che fai?»
«Non è vero che per me è stato un bacio senza senso, Sveva. Io lo desideravo. E lo desidero anche adesso...» Posò lo sguardo sulle sue labbra e umettò le sue.
«Anche io lo desideravo...»
Quelle parole per Zlatan furono come un invito. Si fece ancora più vicino, tanto da sfiorarle le labbra con le sue. Sveva rabbrividì di piacere. Il suo corpo torreggiava su di lei e irradiava un calore sensuale che le fece sciogliere tutte le ultime riserve. Lentamente alzò una mano per accarezzargli il volto.
«Sveva...»
«Sì...?»
Zlatan coprì quei pochi millimetri di distanza e la baciò. Un bacio del tutto diverso dal primo. Un bacio passionale e famelico. Un bacio che le fece perdere la testa. Gli avvolse le braccia intorno al collo e si spinse contro di lui. Zlatan strinse le mani attorno al suo corpo morbido e continuò a divorarle la bocca. L'afferrò per le natiche e l'avvicinò al suo membro duro come la roccia.
Si staccarono un attimo per prendere fiato, Zlatan la schiacciò contro la parete e lei gemette. Si schiarì la gola e si guardò intorno.
«Entriamo» disse prendendolo per mano, la voce arrochita dal desiderio.
Zlatan aprì la porta, la fece entrare e se la richiuse alle spalle. Sveva poggiò le chiavi e la borsa sul tavolino e si girò a guardarlo. Con i capelli sciolti era così bello... Zlatan le sorrise e la prese in braccio, portandola sul letto. Si sedette, con lei a cavalcioni su di lui, e le sfilò il top sottile. Le accarezzò la schiena, indugiando in quei bellissimi occhi azzurri, carichi di desiderio. Desiderio per lui.
Si baciarono ancora, e ancora, e ancora, mentre si spogliavano tra le carezze e i gemiti sommessi. Sveva chiuse gli occhi e gettò la testa all'indietro mentre Zlatan le succhiava un capezzolo, iniziando a scendere con la lingua lungo la sua pancia...
Ma furono interrotti da alcuni colpi sulla porta. Si fermarono, guardandosi negli occhi.
«Potrebbe essere tuo fratello» sussurrò Zlatan.
«Se stiamo in silenzio...»
Altri colpi, seguiti dalla voce di Mark che la chiamava. «Sveva? So che sei lì, potresti aprirmi un attimo?»
Zlatan si alzò e raccolse i suoi vestiti, scuro in volto. Si chiuse in bagno.
«Un attimo» rispose lei, infilando una vestaglia prima di aprire.
«Ehi Mark, cosa c'è?»
«Volevo vedere se stavi bene. Ho notato che non hai aperto bocca stasera...» Si accigliò, squadrandola. «Che stavi facendo?»
«Stavo per fare una doccia. Grazie per esserti preoccupato, sto bene.»
«Okay, ehm... ci vediamo domani. Buonanotte.»
«Buonanotte Mark.»
Chiuse la porta e corse in bagno, ma Zlatan si era già rivestito. Con una punta di delusione, gli chiese scusa per l'interruzione.
«Che voleva?»
«Vedere se stavo bene.»
«Si preoccupa un po' troppo.»
Sveva sorrise. «Sei geloso?»
Zlatan non rispose, l'attirò a sé e le diede un altro bacio. «Pensami stanotte, io farò lo stesso.»
«Te ne vai?» Chiese lei.
«Sì. È... è meglio così. Buonanotte.»
«Buonanotte.»
Le accarezzò il volto e le sfiorò di nuovo le labbra, poi uscì dalla stanza.
Sveva si sedette sul letto e scosse la testa, cercando di scacciare l'impulso di andare a fare una visitina a Zlatan in camera sua. Dio, quanto era eccitata. Fremeva tutta. Questo gioco con Zlatan la intrigava sempre di più e sperò che il Fato fosse così clemente con loro da concedergli ancora qualche altro momento da soli. Se lo sarebbe fatto bastare. Per il momento.

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