12. Baci inaspettati
Il giorno seguente Zlatan li portò a Stoccolma.
Quella mattina li avevano raggiunti anche Clarence e la moglie, che Sveva conosceva piuttosto bene e con la quale aveva un ottimo rapporto.
Fu una giornata divertente e sebbene Sveva non avesse dormito granché e si fosse alzata un pochino scontrosa, dimenticò tutte le ansie e i cattivi pensieri.
La compagnia di Zlatan era veramente piacevole, era una guida impeccabile e lei, sempre affascinata dalle storie e dai monumenti dei luoghi che visitava, non poteva che apprezzare le sue spiegazioni.
Rientrarono a casa nel tardo pomeriggio. Sarebbero rimasti fuori anche a cena ma il piccolo Matteo cominciava a fare i capricci.
Sveva salì in camera sua e iniziò a prepararsi per la cena.
Ripensando alle ore appena trascorse si rese conto di quanto avesse cercato per tutto il tempo la compagnia di Zlatan e di quanto avesse continuato a cercare il suo sguardo quando non era vicina a lui.
E quella ragazzina, Serena, non faceva che girargli intorno e cercare il contatto con lui. Più volte nel corso della giornata aveva interrotto le loro conversazioni e Zlatan era sempre stato paziente e gentile con lei, ma Sveva non aveva digerito quel comportamento.
Che fosse gelosia quella che provava?
Zlatan uscì dalla doccia e si avvolse un asciugamano in vita.
Si sentiva stranamente felice. Aveva passato una bellissima giornata con i suoi amici e aveva avuto modo di chiacchierare con Sveva. Gli piaceva il fatto che lei si fosse dimostrata così interessata ad ascoltarlo e piano piano stava imparando a conoscerla. Non pensava più che fosse una ragazza fredda e razionale, al contrario, era molto emotiva e solare. Aveva notato che gli occhi le si accendevano quando qualcosa catturava il suo interesse, quasi come una bambina, e lui ne era rimasto colpito, affascinato.
Entrando nella camera da letto stava per togliersi l'asciugamano quando si accorse di non essere solo nella stanza.
Serena era seduta sul suo letto.
Indossava un vestitino grigio perla a mezze maniche e degli stivaletti traforati che le arrivavano al ginocchio. Aveva accavallato le gambe e il vestito lasciava scoperto quasi tutto. Serena era una ragazza molto bella e sapeva bene come provocare un uomo.
Zlatan la fissò per un secondo.
«Che ci fai qui?»
Lei si scostò i capelli dal volto con un gesto sensuale. «Niente, Stephan è sotto la doccia e mi annoiavo a stare da sola...» Sorrise e fece scorrere lo sguardo sull'addome nudo di Zlatan.
«Come puoi vedere, non sono ancora pronto. Aspettami in salotto, scendo fra un attimo.»
Lei si alzò e lo raggiunse. Alzò una mano verso di lui e con un dito percorse la scia umida lasciata da una gocciolina d'acqua sul suo petto.
Lui sentì il battito accelerare e il sangue affluire alle parti basse.
Serena lo guardò negli occhi. «Ok, come vuoi.»
Lentamente uscì dalla stanza senza voltarsi, dando a lui tutto il tempo per guardarla.
Quando sentì chiudere la porta, Zlatan prese un bel respiro e si tolse l'asciugamano. Il suo pene aveva cominciato ad indurirsi ma cercò di ignorarlo. Cosa diavolo si era messa in testa quella ragazzina? Voleva metterlo nei guai?
Si vestì in fretta e scese di sotto dagli altri.
La cena trascorse tranquilla. Le ragazze si offrirono di cucinare e di lavare i piatti e i ragazzi si ritirarono in salotto a chiacchierare.
Zlatan giocò a lungo con Matteo e quando ormai il piccolo era distrutto, si offrì di metterlo a letto e di farlo addormentare.
Sveva era appoggiata al parapetto del portico sul retro della casa di Zlatan e respirava un po' di aria fresca, immersa nei suoi pensieri. Aveva appena concluso una telefonata con Christian e stava pensando a quanto fosse fortunata ad avere un amico come lui, sempre pronto a sostenerla e a darle forza nei momenti in cui credeva di non farcela. Sperava solo di essere un'amica altrettanto buona per lui.
Il rumore della porta che si apriva la fece voltare e vide Mark.
«Ehi» le disse. «Cosa ci fai qui tutta sola?»
«Prendevo una boccata d'aria.»
«Ti spiace se resto un po' con te?»
«No, figurati. Tutto bene dentro?»
«Sì. A parte quella Serena. Non perde occasione per mettersi in mostra.» Mark rise. «Quel donnaiolo di Clarence non fa che guardarla.»
Sveva rise di rimando. «Clarence donnaiolo? Ma dai, questa mi mancava. Comunque non puoi negare che sia una bellissima ragazza. È normale che la guardino. Mi vorresti far credere che tu non l'hai degnata di uno sguardo?»
Mark sorrise e si avvicinò di più a Sveva. «No, l'ho guardata. Ed hai ragione, è molto bella ma, io penso che tu lo sia di più.»
Sveva lo guardò con il sorriso sulle labbra. «Preferisci le bionde?»
«Preferisco te.»
«Oh...»
Si stavano guardando negli occhi e lo sguardo di Mark era così intenso e pieno di passione che Sveva sentì il cuore accelerare e tutto il corpo risvegliarsi.
Mark si chinò su di lei e poggiò le labbra sulle sue. Lei non si ritrasse e lui le passò le mani intorno alla vita per stringerla a sé.
Il bacio divenne più appassionato, Sveva si ritrovò a passare le dita tra i suoi riccioli e a desiderare che quel bacio non finisse mai.
Ma, c'era qualcosa che non andava, quello che stava facendo era sbagliato, anche se in quel preciso momento non riusciva proprio a ricordare cosa fosse...
Mark fece scorrere una mano lungo la sua schiena e proprio mentre raggiungeva la curva dei suoi glutei si irrigidì. Che stava facendo? Mark era sposato!
Si staccò da lui e senza dire niente corse in camera sua.
Mentre saliva le scale sperò che nessuno avesse visto quello che era appena successo sotto quel portico.
Zlatan uscì dalla camera di Ignazio e Valentina e si incamminò lungo il corridoio. Passando davanti alla camera di Sveva si rese conto che era ancora aperta e vuota. Probabilmente era di sotto con gli altri e avrebbe fatto in tempo a darle la buonanotte. Prima di scendere fece una sosta in bagno.
Non fece nemmeno in tempo a chiudere la porta che questa si aprì di nuovo ed entrò Serena.
«Ehi» disse Zlatan sorpreso.
Lei richiuse la porta. «Zlatan. Cercavo proprio te, devo dirti una cosa.»
Zlatan non potè fare a meno di guardare l'abbigliamento di Serena. Aveva una canotta di pizzo nero e un paio di mutandine in coordinato. Alzò velocemente lo sguardo dal suo seno e si concentrò sul suo volto.
«Che c'è?»
Lei avanzò verso di lui. «Tu mi piaci. Tantissimo. Non faccio altro che pensare a te...»
Zlatan sospirò, a disagio. «Serena, ma tu sei la fidanzata di Ste...»
Lei gli poggiò un dito sulle labbra. «Sh.» Si mise in punta di piedi e lo baciò.
Per qualche secondo, Zlatan ricambiò il bacio. Lei gemette quando le loro lingue si incontrarono e si schiacciò contro di lui. I suoi movimenti e i suoi gemiti stavano facendo perdere la ragione a Zlatan che stava già immaginando di strapparle le mutandine e di scoparla sul pavimento del bagno.
Ma tornò presto alla realtà, la staccò da lui il più delicatamente possibile.
«Sei impazzita?»
Senza nemmeno aspettare una sua reazione uscì dal bagno e scese velocemente le scale, intenzionato ad uscire fuori all'aria fresca e riprendere il controllo del suo corpo, ma sulla porta si bloccò.
Mark e Sveva si stavano baciando.
Appassionatamente.
Non riuscì a pensare a nulla, rimase a guardare quella scena fino a quando lei non si fermò e corse dentro.
Si nascose nell'ombra, appiattendosi vicino al muro, sperando che lei non lo vedesse. La vide salire le scale e sparire in camera sua. Rimase contro il muro per un po', con la scena di quel bacio che lo tormentava. Poi si ridestò e decise di andare in camera sua. Non voleva correre il rischio di incontrare Mark, aveva una gran voglia di spaccargli la faccia e non era sicuro che sarebbe riuscito a fermarsi se lo avesse avuto di fronte in quel momento.
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