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17. Gelosie

Aveva ancora un po' del suo profumo addosso quando rientrò a casa. Si tolse i vestiti e si infilò a letto. Non sapeva di preciso cosa lo avesse spinto ad andarsene subito dopo averla baciata, quando l'unica cosa che desiderava era poterla baciare per sempre.
Era stato... incredibile. Una sensazione stupenda. Percepire il suo desiderio lo aveva fatto impazzire, la voleva tutta ma non voleva affrettare le cose, non voleva spaventarla.
Il giorno dopo, però, l'avrebbe chiamata e le avrebbe chiesto se volesse concedergli l'onore di accompagnarla alla festa di compleanno organizzata da Pippo.
Con mille immagini che gli ronzavano in testa su come immaginava la serata, Zlatan si abbracciò al cuscino e si addormentò, più felice che mai.

Sveva era seduta nella sua cucina a fare colazione quando il suo cellulare cominciò a squillare. Con il cuore a mille lesse il nome sul display, sperando che fosse Zlatan ma era suo fratello. La invitò a pranzo da lui ma Sveva declinò l'invito: il pomeriggio successivo sarebbero partiti per la Grecia e aveva ancora tante cose da preparare.
Anche Zlatan sarebbe andato con loro. Ora come doveva comportarsi con lui? Non poteva nascondere il desiderio che aveva di baciarlo ancora. Quella sera si sarebbero rivisti ed era ansiosa di capire cosa aveva significato per lui quel bacio.
Non l'aveva chiamata. E questo poteva già significare che per lui era stato un bacio senza senso. Oppure non era stato come si aspettava. Magari non gli era piaciuto, non aveva provato nulla.
Trascorse tutta la mattinata a preparare la valigia e il pomeriggio a fare shopping, ma solo quando rientrò a casa si rese conto che il suo cellulare era spento. Quando lo accese, vi trovò un messaggio.

Zlatan era stato tutta la giornata a telefono col suo procuratore Mino per parlare del suo imminente trasferimento a Parigi. Questa situazione lo innervosiva parecchio, ma se era costretto ad andare via avrebbe cercato di strappare al PSG un contratto coi fiocchi. Aveva provato a chiamare Sveva nel pomeriggio ma aveva trovato il cellulare staccato, così aveva pensato di passare a casa sua. Ma Mino, nell'ultima telefonata, gli aveva detto che stava per arrivare a Milano e che avrebbero cenato insieme. Decise allora di mandarle un sms.
'Ciao Sveva, ho provato a chiamarti oggi per chiederti se ti andava di venire con me al Garden Flower ma non sono riuscito a rintracciarti. Purtroppo ho avuto un imprevisto e verrò più tardi... spero di trovarti lì. Un bacio'
Si preparò e andò all'appuntamento con il suo procuratore.

Sveva rilesse il messaggio tre volte. L'aveva chiamata e voleva andare con lei alla festa...
Felicissima e impaziente andò a prepararsi per la serata. Indossò un abitino nero con le spalline di pizzo, tacchi alti e trucco leggero.

Al Garden Flower c'era già molta gente quando arrivò lei. Andò a salutare la festeggiata e a farle gli auguri, scambiò quattro chiacchiere con dei conoscenti e si fermò al bancone a prendere da bere.
«Ciao Sveva!»
Una voce femminile richiamò la sua attenzione. Si voltò e vide Serena accanto a lei che sorrideva.
«Ehi, ciao Serena. Come stai?»
«Molto bene, grazie. Che vestito fantastico che hai! Sei uno schianto.»
Sveva sorrise. «Grazie! Anche tu stai molto bene. E Stephan?»
«Non ne ho idea. Sai, io e lui non stiamo più insieme.»
«Oh. Non lo sapevo, mi dispiace.»
«Non dispiacerti, non era il ragazzo giusto per me. Io ho bisogno di uno più...» Serena ad un tratto fissò il suo sguardo su qualcuno alle spalle di Sveva. «Più uomo» disse, squadrando quel qualcuno dalla testa ai piedi e divorandolo con lo sguardo.
Sveva, incuriosita, si voltò a guardare.
Zlatan.
Era appena entrato e stava facendo gli auguri alla festeggiata. Anche Sveva si incantò a guardarlo: aveva una camicia bianca con le maniche arrotolate e un jeans scuro. I capelli erano tenuti fermi da un elastico dietro la nuca ed era uno spettacolo magnifico quando rideva.
Si girò nuovamente verso Serena, alzando un sopracciglio. «Zlatan?»
«Sì... è così bello e forte... e sexy.»
«Non credi che, ehm, sia troppo grande per te?»
«No, è perfetto. Se ti dico una cosa, prometti di non dirla a nessuno?»
Sveva aveva un nodo allo stomaco. «Certo.»
La ragazza si fece più vicina. «Quando eravamo a casa sua mi ha fatto capire che se fossi stata single avrei avuto una possibilità con lui.»
Cosa? Sveva strinse forte il bicchiere che aveva in mano. Era vero? O questa ragazzina si stava inventando tutto?
«Sei sicura? Non è che magari hai frainteso?»
«A giudicare dal modo in cui mi ha baciata... sono più che sicura.»
Sveva sbiancò. Accennò un sorriso. «Ma è successo in Svezia?»
«Sì sì. Oh, eccolo che arriva. Mi raccomando, non una parola con nessuno!»
Sveva aveva una gran voglia di tirargli uno schiaffo. Si sentiva delusa e amareggiata, ma si costrinse a ragionare sulla situazione. Per prima cosa, tra lei e Zlatan non c'era assolutamente niente, né ora né tantomeno quando lui aveva baciato Serena. Okay, si erano baciati la sera prima ed era stato un bacio meraviglioso, ma non poteva e non doveva incazzarsi per il bacio con Serena. D'altronde, Serena era bellissima e lei sapeva meglio di chiunque altro che anche l'uomo più innamorato del mondo poteva avere una sbandata. E Zlatan non era impegnato né innamorato.
La gelosia la stava divorando dentro ma si stampò un sorriso a trentadue denti in faccia e si girò verso Zlatan.
«Ciao ragazze» si avvicinò a Sveva e le diede un bacio sulla guancia. «Sei qui da molto?»
«Un'oretta.»
«Sono stato a cena con il mio procuratore. Sai, per il trasferimento a Parigi.»
«Ci sono novità?»
Zlatan fece un sospiro. «Sì.»
Serena si avvicinò a Zlatan e lo prese per mano. «Potresti venire un attimo con me?» gli chiese.
Lui guardò Sveva. «Torno subito.»
Sveva gli sorrise e lo vide allontanarsi con Serena, fino a quando non scomparvero oltre la porta. La tentazione di seguirli era forte, ma quando si mosse prese la direzione opposta ed andò in giardino. Pessima idea. Fu travolta all'istante dai ricordi della sera precedente, delle labbra di Zlatan sulle sue e dei suoi occhi che la guardavano con ardore.
Cielo, si stava infatuando della persona sbagliata.

Zlatan si ritrovò a seguire Serena in un vicolo buio. Era impaziente di raggiungere Sveva all'interno così si ritrovò a sbuffare.
«Si può sapere dove stiamo andando?»
Lei si girò a guardarlo a gli lanciò uno sguardo provocante. «Cerco solo un posto dove possiamo stare tranquilli.»
«Cosa devi dirmi?»
Serena si fermò e lo spinse contro un muro. «Ho lasciato Stephan, ora sono tutta tua.»
Zlatan rise nervosamente. «Serena, io non ti ho mai chiesto di lasciare Stephan.»
Lei intanto gli stava passando le mani sui pettorali, cercò di fermarle le mani ma lei scese giù a toccargli l'uccello, che reagì all'istante.
Zlatan rimase immobile mentre lei lo accarezzava, alzava lo sguardo verso di lui e gli diceva:
«Scopami, Zlatan.»
E lui lo avrebbe fatto, perché lei era una ragazza sfacciata e provocante e meritava una bella lezione. Lo avrebbe fatto perché era un uomo e lei lo stava provocando. Lo avrebbe fatto, certo, se non avesse avuto Sveva in testa. Per una frazione di secondo pensò a lei e al loro bacio. Magari il sesso con Serena sarebbe stato fantastico, ma preferiva di gran lunga fare l'amore con Sveva. Anche se avesse dovuto aspettare una vita intera.
In quel momento si accorse di provare qualcosa di più profondo per lei.
Bloccò le mani di Serena. «Ferma.»
«Zlatan, ti prego...»
«Ti do un consiglio: smettila di giocare in questo modo con gli uomini, finirai per farti male» le lasciò le mani e si avviò verso il locale.

Una volta dentro, la vide subito. Era in piedi in un angolo della sala e stava parlando con Mark. L'immagine di loro due insieme, sotto il suo portico, gli fece ribollire il sangue nelle vene.
Sveva stava ridendo. Chissà cosa gli aveva detto quel coglione per farla ridere così. Era bellissima. Dio, era stupenda. Sarebbe potuto rimanere ore intere a guardarla sorridere.
Non andò subito da lei, si fermò con i suoi compagni di squadra per la maggior parte del tempo. Non voleva sembrarle troppo opprimente e non era più sicuro che lei gradisse la sua compagnia.

Si erano guardari per gran parte della serata e lei non gli aveva mai sorriso. Si avvicinò, Sveva stava ancora parlando con Mark e Zlatan aveva troppa voglia di stare un po' con lei.
«Ehi.»
«Oh, Zlatan» disse Mark, sorridendo.
«Che... che fate?»
Sveva si alzò. «Io stavo andando via, sono un po' stanca.»
Zlatan rimase a fissarla. Ora era lei che stava scappando.
«Vuoi un passaggio?» le chiese Mark.
Lei guardò un secondo Zlatan. «Sì, grazie.»
«Bè, buonanotte allora» disse Zlatan.
«Buonanotte» rispose lei, poi si avviò a salutare gli altri.
Zlatan strinse i pugni mentre la guardava allontanarsi con quell'idiota. Forse si era sbagliato su Sveva. Forse era solo una stronza e per lei quel bacio non aveva significato nulla.

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