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Capitolo 39

Tre giorni dopo...

Quella sera avremmo dovuto tenere un altro concerto ed io mi sentivo più carico del solito e, allo stesso tempo, in ansia. Su quel palco era sempre stato come se fossimo solo io e lui, anche se... Era sempre come se fossimo stati solo noi due nel mondo, almeno nel nostro. Dopo l'evento radio che tenemmo giorni prima, Federico era tornato nello stadio 'okay, non ci sto capendo niente' e io ero arrivato nello stadio 'okay, finalmente ho capito tutto'. Il problema? Come dirglielo. Non ero nemmeno in grado di spiegarlo a me stesso, figuriamoci a lui, lui che era il romanticone, quello da serenate, lettere chilometriche, mazzi di fiori, sorprese inaspettate, baci sotto la pioggia, insomma, la classica ragazzina che sogna il principe azzurro. Facevo bene, sì o no, a chiamarlo Federica?

"Ben, ci sei?"
La sua voce mi richiamò dai miei pensieri.
"Scusa, non ti stavo seguendo."
Mi scusai, concentrando la mia attenzione su di lui.
"Ho notato... Sì può sapere a che pensi?"
'A te.'
"No, nulla, ero solo distratto... Che stavi dicendo?"
Lo deviai.
"Ti ho chiesto se, secondo te, è meglio che eseguiamo Adrenalina o Prendimi per mano."
Lo guardai attentamente, per poi distogliere lo sguardo.
"Adrenalina... Rende di più il tuo talento."
Commentai e lo vidi rifletterci su, con la coda dell'occhio.
"Mh, forse hai ragione."
Sorrisi.
"Io ho sempre ragione."

Ed era lì, a saltare qua e là sul palco, non l'avevo mai visto così gasato. Ed io ero lì, a guardarlo e sorridere divertito, mentre lo assecondavo come al solito. Sembrava un bambino. Eravamo arrivati a 'Ti amo troppo forte', canzone che non sapeva fosse dedicata a lui.

"Hai visto che non c'ho messo tanto,

proprio come ti avevo detto,

hai visto non mi sono distratto,

o forse solo per un momento,"

Iniziò, venendomi incontro.

"e accelero dentro al tuo cuore,

anche senza chiamarti amore,

mi sforzo per imparare due parole..."

Mi sorrise e puntò il suo sguardo nel mio. Già, lui accelerava sempre più nel mio cuore, o meglio, la sua presenza, anche il solo sentir pronunciare il suo nome, faceva correre il mio cuore.

"Ti amo troppo forte,

ti amo troppo forte,

ma così tanto forte

che sono troppo forte.

Ti amo troppo forte,

ma così tanto forte,

che con le gambe rotte

vado sempre più forte."

Oramai non nascondeva più i suoi sentimenti per me, tutti l'avevano capito, non avrebbe avuto senso tenerseli per sé, sfogarti era l'unica cosa che gli rimaneva a detta sua. E sì, ogni giorno accelerava sempre di più, ma non se ne rendeva minimamente conto. Poi ero io l'ottuso, vero?

"Magari ci vorrà un po' di tempo,

magari il tempo scorrerà lento,

ma impareremo a vivere il momento,

magari impareremo seguendo il vento..."

Noi sapevamo benissimo 'vivere il momento', era l'unica cosa che riuscivamo a fare quando si trattava di 'noi', che volevamo davvero fare. Goderci i nostri momenti, i nostri istanti, quelli in cui i nostri sguardi si incrociavano, seguiti dai nostri sorrisi che nascevano in contemporanea, i nostri abbracci, le nostre carezze, le parole sussurrate all'orecchio... I nostri baci. Quei baci che mi mancavano l'esatto momento dopo in cui li mettevamo fine.

"Perché non c'è un giorno migliore,

sto sveglio per ventiquattro ore,

ed oggi imparo a dire due parole..."

Il mio 'oggi' fu esattamente quello.

"Ti amo troppo forte,

ti amo troppo forte,

ma così tanto forte

che sono troppo forte.

Ti amo troppo forte,

ma cosi tanto forte,

che con le gambe rotte

vado sempre più forte."

Amavo il fatto che continuasse a guardarmi, a sorridermi, ad incrociare il mio sguardo quando pronunciava quelle due parole.

"E poi facciamo a botte

col sorriso che

ci contraddistingue..."

Mi girò attorno, fermandosi alle mie spalle.

"E poi ti stringo forte,

come fosse niente,

come sempre..."

Portò un braccio intorno al mio collo e mi strinse, baciandomi una guancia.

"Ma me l'hai detto tante volte

'vai se vuoi andare, vai'.

Concentrato sempre più attento

e vado forte sempre più a tempo."

Si allontanò, lasciandomi a sorridere come un idiota, con le urla delle fan in visibilio.

"Ti amo troppo forte,

ti amo troppo forte,

ma così tanto forte,

che sono troppo forte.

Ti amo troppo forte,

ma cosi tanto forte

che con le gambe rotte

vado sempre più forte."

Ripeté il ritornello ancora un volta, per poi voltarsi verso di me ed avvicinarsi piano.

"Sempre più forte...

Sempre più forte...

Sempre più forte-e..."

Era arrivato di fronte a me.

"Sempre più for-Te."

Sorrisi, abbassando lo sguardo e scuotendo appena la testa.

Continuammo così tutto il concerto, tra battutine, frecciatine, risate, sorrisi, sguardi, urla, musica ed una certa voce angelica, fin quando non arrivò un momento, che per me fu 'quel momento'. Mi andai a sedere su uno dei gradini a fare respiri profondi e a ripassare per la milionesima volta quel fatidico discorso, di cui, improvvisamente, non ricordavo neanche una parola. Federico stava per mettere fine a quel concerto, così mi feci coraggio e mi alzai. Mi sfilai la chitarra, la poggiai dov'ero precedentemente seduto, per poi avvicinarmi al mio microfono e sfilarlo, così da potermi muovere.

"Un attimo di silenzio per favore."
Cercai di attirare l'attenzione di tutti i presenti, compresa la sua.
"Prima di mettere fine a questo concerto, vorrei dire due parole..."
Iniziai.
"Parole che sono giorni che mi preparo e mi ripeto, ma non saranno quelle che avevo pensato. Come al solito, mi toccherà improvvisare, ma il punto è che quello che dirò voglio che sia e che risulti sentito, perché è così."
Mi voltai verso Federico che mi guardava perplesso.
"Sapete tutti perfettamente, in particolare tu Fé, che non sono bravo ad esprimermi, specialmente quando si tratta dei miei sentimenti verso qualcuno."
Non stavo andando poi così male, dai, ci sarei potuto arrivare.
"Non voglio usare chissà quali parole, ma non voglio risultare nemmeno banale. Sai, ci sono due semplici parole che riuscirebbero a racchiudere, come solitamente si crede, quello che vorrei dirti, ma io non sono d'accordo. Io non credo che quelle due parole bastino, le trovo riduttive, o forse è solo una scusa per il fatto che sto parlando a macchinetta per provare a nascondere il mio attuale nervosismo."
Alzò un angolo della bocca, divertito.
"Voglio provarlo a dire in un modo mio... Nostro..."
Vidi i suoi occhi illuminarsi, ma lessi anche la paura presente in essi, paura di illudersi ancora, di rimanere delusi di nuovo. Ma quella volta fu totalmente diversa. Mi rivolsi al pubblico.
"Penso che la maggior parte di voi, se non tutti, sappia che in passato ho fatto uso di droga, alcol e quant'altro e che ho smesso... O almeno così credevo..."
Con la coda dell'occhio, vidi quella luce nei suoi occhi spegnersi, improvvisamente.
"Mi sono reso conto che probabilmente non ho mai smesso, ho solo cambiato il tipo di droga... Ho iniziato con un tipo di droga migliore, meno dolorosa, che al posto di consumarmi lentamente, di portarmi alla morte, mi fa vivere, mi ricompone pezzo dopo pezzo e mi fa stare davvero bene..."
Mi voltai nuovamente verso lui.
"Ben... Che stai dicendo?"
Sentii chiedermi flebilmente da parte del biondo.
" 'Allora dipendi da me'. Furono queste le parole che mi dicesti, quando io ti dissi che non ero in grado di farcela, che avevo bisogno di dipendere da qualcosa, che avevo bisogno di un qualcosa che mi aiutasse, a morire o a vivere."
Ed io avevo scelto di vivere, solo grazie a lui. Mi avvicinai lentamente.
"Per farla breve..."
Ero di fronte a lui, feci incontrare i nostri sguardi e...
"Non so come, quando o perché, ma posso dirti con estrema certezza che... Oramai dipendo da te."

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